Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30916 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30916 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17742/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME (C.F. CMPMGR65C60M059F), COGNOME NOME (C.F. CMPLRD29D08D403X), COGNOME NOME (C.F. GLLVCN33S50A241C), COGNOME NOME (C.F. PRTFNN56E14D643J), rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME presso il cui
DINIEGO DI RIMBORSO IRPEF
studio sono elettivamente domiciliati in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore ;
-intimata – avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA TOSCANA n. 750, depositata in data 18/4/2018; Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME
Napolitano nella camera di consiglio del 2 ottobre 2024;
Fatti di causa
In data 31/5/2012 i ricorrenti (d’ora in avanti, anche ‘i contribuenti’ ) depositarono all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Empoli separate istanze di rimborso per gli anni d’imposta dal 2002 al 2010, per la mancata fruizione dei benefici previsti dall’art. 11, comma 2, della legge n. 413 del 1991 per i redditi prodotti dagli immobili in Firenze gravati dal vincolo storico e archeologico.
L’Ufficio emise un atto di diniego espresso del rimborso chiesto per gli anni dal 2002 al 2010, che i contribuenti impugnarono dinanzi alla C.T.P. di Firenze.
Quest’ultima rigettò i ricorsi.
Interposto appello dai contribuenti, la C.T.R. dichiarò estinto il giudizio per cessazione della materia del contendere, ritenendo che vi fosse stato il rimborso in relazione agli anni dal 2007 al 2010.
Impugnata per revocazione la sentenza d’appello da parte dell’Ufficio, la C.T.R. revocò in sede rescindente la sentenza e, in sede rescissoria, rigettò l’appello dei contribuenti.
Avverso la sentenza pronunciata dalla C.T.R., i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata .
Ragioni della decisione
Innanzitutto, deve rilevarsi la nullità della notificazione del ricorso per cassazione, essendo stata quest’ultima eseguita presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stat o (che non aveva difeso l’Amministrazione finanziaria nei gradi di merito) e non presso la sede dell’Agenzia delle Entrate ( ex multis , Cass., sez. 5, Ordinanza n. 17700 del 22/06/2021).
Tuttavia, la complessiva infondatezza del ricorso, per come infra si dirà, esime dal disporre la rinnovazione della notificazione, in ossequio al principio della ragionevole durata del processo (cfr. Cass., sez. 2, Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018).
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 64 d.lgs. n. 546 del 1992 e 395, comma 1, n. 4 c.p.c.’ , i contribuenti impugnano il disposto rescindente della sentenza impugnata deducendo che da tutti i documenti prodotti in giudizio si evincerebbe che l’Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate di Empoli avrebbe erogato il rimborso richiesto con le istanze con numero di protocollo 80973, NUMERO_CARTA, 81005, 80985 del 31/5/2012, con l’aggiunta del 2% annuo, per tredici semestri.
Sostengono i contribuenti che i giudici di appello non sarebbero incorsi in un errore percettivo nel dichiarare estinto il giudizio per cessata materia del contendere, e che, comunque, non vi erano i presupposti normativi per revocare la sentenza d’appello per errore di fatto.
1.1. Il motivo è inammissibile.
L’accertamento se vi sia stato o meno un rimborso d’imposta è frutto di un giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità.
Il motivo, inoltre, pecca di difetto di autosufficienza e di specificità, non essendo stati indicati nel ricorso i documenti e gli atti la cui ‘svista’ da parte della C.T.R. avrebbe viziato il dispositivo rescindente della sentenza impugnata ( ex coeteris , Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 777 del 15/01/2019, Rv. 652190 – 01).
2.Con il secondo motivo di ricorso, rubricato applicazione degli artt. 16 e 16 bis del d.lgs. n.
‘Violazione e falsa 546 del 1992 e dell’art.
137 c.p.c.’ , i contribuenti deducono che l’Ufficio avrebbe inammissibilmente notificato il ricorso per revocazione direttamente tramite pec, senza l’intermediazione dell’Ufficiale giudiziario.
Si tratterebbe di vera e propria inesistenza, insuscettibile di sanatoria, sicché la sentenza impugnata sarebbe irrimediabilmente nulla, in quanto il giudizio di revocazione non avrebbe potuto aver luogo.
2.1. Il motivo è infondato.
Sin da quando il processo tributario telematico è stato progressivamente introdotto nell’ordinamento, le fonti normative hanno previsto la possibilità della notificazione diretta a mezzo pec alla controparte, alla stregua di quanto previsto per il processo civile.
Orbene, al tempo della notifica del ricorso per revocazione (seconda metà del 2016), era già in vigore per le Commissioni tributarie della Regione Toscana la possibilità di notificare i ricorsi (anche nei gradi successivi al primo) direttamente via pec (cfr., per un riepilogo della disciplina all’epoca vigente, la circolare n. 2/DF , prot. n. 5249 dell’11 maggio 2016).
L’Ufficio, dunque, nel notificare il ricorso per revocazione, non aveva alcun onere di rivolgersi al l’ufficiale giudiziario.
3.Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 2, 2 bis e 21 septies della legge n. 241 del 1990, degli artt. 37 e 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000’ , i
contribuenti si lamentano che la C.T.R. abbia esaminato il merito della spettanza del diritto al rimborso richiesto prescindendo dal tenore del diniego espresso del rimborso, che non riguardava il diritto azionato ma la competenza amministrativa dell’ufficio finanziario (Empoli) al quale il rimborso era stato chiesto.
L’ufficio di Empoli , al quale era stato chiesto il rimborso, non avrebbe dovuto emettere un diniego di rimborso sulla base della sua rilevata incompetenza amministrativa, ma avrebbe dovuto trasmettere l’istanza all’ufficio competente a provvedere sull’istanza, con la conseguenza che la C.T.R. avrebbe errato nel sindacare direttamente il merito della richiesta di rimborso.
3.1. Il motivo è infondato.
E’ ben vero che esiste un orientamento giurisprudenziale di legittimità che attribuisce natura impugnatoria al giudizio sulla spettanza del diritto al rimborso (cfr., ex coeteris , Cass., sez. 5, Sentenza n. 19187 del 06/09/2006, Rv. 593168 – 01), ma deve affermarsi che tale natura caratterizza solo l’accesso alla giurisdizione tributaria, che può avvenire tramite l’impugnazione di uno degli atti di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Anche qualora l’amministrazione opponga un diniego espresso, infatti, il giudizio sul diritto al rimborso è caratterizzato da alcune peculiarità: il contribuente assume la veste di attore in senso sostanziale, con l’onere di provare i fatti posti a fondame nto della domanda.
L’ editio actionis spetta a lui, mentre l’amministrazione, assumendo la veste sostanziale di soggetto convenuto, può difendersi anche ampliando il thema decidendum rispetto ai motivi posti a sostegno del diniego espresso di rimborso (giurisprudenza consolidata: cfr. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25999 del 02/09/2022, Rv. 665511 – 01).
Nella fattispecie di causa, dunque, bene ha fatto il giudice a pronunciare sulla spettanza del diritto al rimborso, indipendentemente dai motivi posti a base del diniego espresso opposto dall’ufficio.
4. Con il quarto motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 comma 2 della legge n. 413 del 1991, dell’art. 3 della legge n. 1089 del 1939, dell’art. 129 comma 1 del d.lgs. n. 42 del 2004 e dell’art. 115 c.p.c.’ , i contribuenti deducono che gli immobili del centro storico di Firenze sono beni culturali ope legis , ai sensi del combinato disposto della legge n. 184/77 di ratifica della Convenzione UNESCO del 1972 , dell’art. 129, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004 e dell’art. 1 della legge n. 77 del 2006.
Ne conseguirebbe, secondo i contribuenti, che ai fini del godimento dei benefici fiscali di cui all’art. 11, comma 2, della legge n. 413 del 1991, vigente ratione temporis , in relazione ai redditi degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, non sarebbe necessario che tali immobili siano oggetto di uno specifico atto amministrativo che riconosca tale interesse, in quanto quest’ultimo caratterizzerebbe tutti gli immobili che si trovino nei luoghi inseriti nelle liste UNESCO, a prescindere da qualsivoglia provvedimento amministrativo.
5. Con il quinto motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 10, 11 e 128 del d.lgs. n. 42 del 2004’ , i contribuenti deducono che il vigente codice dei beni culturali e del paesaggio si pone in continuità normativa rispetto alle precedenti leggi, con riferimento ai vincoli culturali. Sostengono i contribuenti, in particolare, che in assenza di vincoli trascritti, occorrerebbe fare riferimento alla carta dei vincoli comunali, dove risulterebbe che gli immobili di via Panicale 12 sarebbero stati oggetto di notifica ai sensi della legge n. 1089 del 1939. Sugli immobili in questione, inoltre, vi sono stemmi ed elementi decorativi scultorei sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. n. 42 del 2004, e tanto basterebbe per considerare di
interesse storico gli immobili nella loro totalità, tale da attribuire il diritto ai contribuenti odierni di fruire dei benefici fiscali per i quali è causa.
5.1. Il quarto e il quinto motivo, per la loro evidente connessione oggettiva, possono essere esaminati e decisi congiuntamente. Essi sono infondati.
La C.T.R. ha insindacabilmente (in esito a un giudizio di fatto) accertato che sugli immobili dei contribuenti non vi fossero vincoli di interesse storico trascritti , ai sensi dell’art. 3 della legge n. 1089 del 1939.
Il carattere eccezionale dei benefici fiscali fa sì che le norme che li prevedano debbano essere interpretate in maniera tassativa e non estensiva.
Ne consegue che, se il legislatore ha voluto concedere benefici fiscali ai proprietari di immobili sui quali grava un vincolo dichiarato e trascritto di interesse storico, l’interprete non può estendere quei benefici ai proprietari di immobili non resi oggetto di vincolo storico dichiarato e trascritto.
Peraltro, la limitazione dei benefici agli immobili oggetto di vincolo storico dichiarato e trascritto non è irragionevole, perché subordina la concessione dei benefici a determinati presupposti oggettivi facilmente accertabili.
Inoltre, è proprio la continuità normativa del d.lgs. n. 42 del 2004 con l’abrogata legge n. 1089 del 1939 a deporre nel senso che, ai fini della fruizione dei benefici fiscali in questione, è necessaria la presenza di un vincolo di interesse storico dichiarato e trascritto.
6. Il ricorso è rigettato.
Il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’Agenzia delle Entrate esime dal regolare le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 ottobre 2024.