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Base imponibile IVA: esclusa accisa non rivalsa

Una società che commercializza liquidi per sigarette elettroniche ha contestato un avviso di accertamento IVA. L’amministrazione finanziaria aveva incluso nella base imponibile un’imposta di consumo che l’azienda non aveva addebitato ai propri clienti. La Corte di Cassazione ha dato ragione alla società, stabilendo un principio fondamentale: affinché un’accisa rientri nella base imponibile IVA, deve essere stata effettivamente oggetto di rivalsa sul consumatore finale. Poiché l’imposta non era stata riscossa dal cliente, non poteva essere considerata parte del corrispettivo e quindi non doveva essere assoggettata a IVA. La sentenza è stata annullata con rinvio al giudice di merito.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Base imponibile IVA: la Cassazione esclude l’accisa non trasferita al cliente

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato una questione cruciale per le aziende soggette ad accise: un’imposta di consumo non addebitata al cliente finale può essere inclusa nella base imponibile IVA? La risposta dei giudici è stata netta e ha tracciato una linea chiara, basata sul principio del corrispettivo effettivamente percepito dal venditore. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione per tutte le imprese che operano in settori con imposte specifiche sui prodotti.

I fatti di causa: il caso dell’accisa sui liquidi da inalazione

Una società operante nel settore dei liquidi per sigarette elettroniche ha impugnato un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate richiedeva maggiore IVA per l’anno 2015. Il Fisco contestava alla società di non aver incluso, nella base imponibile per il calcolo dell’IVA, l’intero ammontare dell’imposta di consumo (o accisa) dovuta sui liquidi venduti.

La società si era limitata a trasferire sui clienti solo una parte minima di tale imposta, legata alla quantità di nicotina, senza addebitare l’imposta calcolata sull’intero volume del liquido, come invece preteso dall’amministrazione finanziaria. La controversia è quindi giunta fino alla Corte di Cassazione per stabilire se l’accisa non oggetto di rivalsa dovesse o meno concorrere alla formazione della base imponibile ai fini IVA.

La questione della base imponibile IVA e la rivalsa dell’imposta

Il cuore del problema risiede nell’interpretazione delle norme nazionali ed europee che definiscono la base imponibile IVA. Generalmente, essa è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al venditore. La normativa include in tale base anche oneri e imposte, ad eccezione dell’IVA stessa.

L’elemento chiave, tuttavia, è se un’imposta che la legge pone a carico del produttore/venditore, ma che questi decide di non “ribaltare” sul prezzo di vendita al consumatore, possa essere considerata parte del corrispettivo. In altre parole, se il venditore non incassa l’imposta dal cliente, deve comunque calcolare l’IVA su una somma che non ha mai percepito?

La decisione della Cassazione sulla base imponibile IVA

La Corte Suprema ha accolto il ricorso della società, annullando la sentenza di secondo grado. I giudici hanno stabilito un principio fondamentale, allineato con la giurisprudenza europea.

Il principio del corrispettivo effettivamente percepito

La base imponibile IVA deve essere determinata sulla base di ciò che il soggetto passivo percepisce realmente come corrispettivo. Questo non è necessariamente l’importo che il cliente versa, ma ciò che effettivamente entra nella disponibilità del venditore a fronte della cessione del bene o della prestazione del servizio.

La condizione della traslazione dell’imposta

Di conseguenza, un’accisa può rientrare nella base imponibile IVA solo a una precisa condizione: che sia stata effettivamente traslata sul consumatore finale. Solo quando l’imposta viene addebitata in fattura o inclusa nel prezzo di vendita, essa diventa un elemento del costo del prodotto e, quindi, parte del corrispettivo che il venditore riceve. Se manca questa traslazione, l’imposta rimane un costo a carico esclusivo dell’impresa e non può essere assoggettata a IVA.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una lettura coerente del diritto unionale e nazionale. La disciplina IVA, sia nella Direttiva europea che nel d.P.R. 633/1972, mira a tassare il valore aggiunto effettivo. Un’imposta che non viene recuperata dal cliente non genera un valore aggiunto per il venditore; al contrario, ne riduce il margine. Includerla nella base imponibile IVA significherebbe tassare una somma fittizia, mai entrata nelle casse dell’azienda. La Corte ha richiamato precedenti specifici, anche in materia di accise sull’energia, consolidando l’orientamento secondo cui la rivalsa è la condizione imprescindibile per l’inclusione dell’accisa nella base imponibile.

Le conclusioni

Questa sentenza ha implicazioni pratiche di grande rilievo. Le imprese che, per strategie commerciali o per altre ragioni, scelgono di non addebitare integralmente le accise ai propri clienti, possono ora contare su un principio chiaro: l’IVA si calcola solo sul corrispettivo realmente incassato. Ciò garantisce una maggiore certezza del diritto e previene l’imposizione su ricavi inesistenti. È essenziale, tuttavia, che le aziende mantengano una documentazione chiara e trasparente per dimostrare l’effettiva mancata rivalsa dell’imposta in caso di controlli fiscali.

Un’imposta di consumo (accisa) deve essere sempre inclusa nella base imponibile dell’IVA?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’accisa entra a far parte della base imponibile IVA solo a condizione che sia stata effettivamente trasferita (rivalsa) sul consumatore finale, diventando così parte del prezzo pagato.

Cosa significa che un’imposta è “traslata” sul consumatore?
Significa che il venditore ha addebitato l’importo dell’imposta al cliente, includendola nel prezzo finale di vendita. In questo modo, il costo dell’imposta viene effettivamente trasferito dal venditore all’acquirente.

Se un’azienda non addebita un’accisa ai propri clienti, deve comunque pagarci sopra l’IVA?
No. La sentenza stabilisce che se l’azienda non ha percepito l’importo dell’accisa dai clienti, tale importo non costituisce parte del corrispettivo “effettivamente ricevuto” e, di conseguenza, non può essere soggetto a IVA.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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