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Base imponibile IVA e imposta di consumo: il caso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4140/2025, ha stabilito che l’imposta di consumo sui liquidi da inalazione può essere inclusa nella base imponibile IVA del rivenditore solo se viene provato che tale costo è stato effettivamente trasferito sul consumatore finale. Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato l’IVA dovuta da un rivenditore includendo tale imposta, ma aveva solo dimostrato il trasferimento dal fornitore al rivenditore, non dal rivenditore al cliente. La Corte ha quindi cassato la sentenza precedente, sottolineando che senza la prova della traslazione finale, l’imposta di consumo non concorre a formare la base imponibile IVA.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta di Consumo e Base Imponibile IVA: La Cassazione Fa Chiarezza

La corretta determinazione della base imponibile IVA è un tema cruciale per ogni operatore economico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4140 del 2025, ha affrontato una questione specifica e di grande interesse per i rivenditori di liquidi da inalazione: l’imposta di consumo su tali prodotti deve essere inclusa nella base imponibile ai fini IVA? La risposta della Corte fornisce un principio fondamentale legato alla prova della traslazione dell’imposta sul consumatore finale.

I Fatti del Caso: La Rettifica dell’Agenzia delle Entrate

Il caso ha origine da due avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una ditta individuale, titolare di una rivendita di liquidi da inalazione. L’Amministrazione Finanziaria aveva rettificato la base imponibile IVA dichiarata dal contribuente per gli anni 2015 e 2016, includendovi anche l’importo relativo all’imposta di consumo prevista dall’art. 62-quater del Testo Unico Accise (D.Lgs. 504/1995).

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione al contribuente, sostenendo che la traslazione dell’imposta di consumo dal fornitore al rivenditore non fosse obbligatoria e che, in ogni caso, l’Agenzia non ne avesse fornito la prova. Successivamente, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Agenzia e ritenendo che la base imponibile IVA fosse comprensiva dell’imposta di consumo, la cui traslazione era stata provata in via presuntiva. Contro questa decisione, il contribuente ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il concetto di base imponibile IVA

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente, cassando la sentenza di secondo grado e rinviando la causa ad un’altra sezione della Corte di Giustizia Tributaria. Il punto centrale della decisione ruota attorno alla distinzione tra i soggetti tenuti al pagamento dell’imposta di consumo e il meccanismo di funzionamento dell’IVA.

Le Motivazioni della Sentenza

I giudici hanno chiarito che, ai sensi della normativa nazionale (art. 62-quater TUA), i soggetti obbligati al pagamento dell’imposta di consumo sono i depositari autorizzati o i rappresentanti fiscali che immettono i prodotti sul mercato, non i rivenditori al dettaglio. Questi ultimi acquistano i prodotti con l’imposta già assolta a monte.

Per quanto riguarda l’IVA, la normativa europea (art. 78, Direttiva 2006/112/CE) e quella nazionale (art. 13, D.P.R. 633/72) stabiliscono che la base imponibile IVA include imposte, dazi e prelievi, ad eccezione dell’IVA stessa. Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha specificato che l’inclusione di tali oneri è giustificata solo se esiste un ‘legame diretto’ con la cessione del bene. Questo legame si concretizza quando l’onere viene effettivamente trasferito sul prezzo pagato dal consumatore finale.

Nel caso specifico, la Corte di secondo grado aveva errato nel ritenere sufficiente la prova della traslazione dell’imposta dal fornitore (soggetto passivo dell’imposta di consumo) al rivenditore. Secondo la Cassazione, questo è solo il primo passaggio. Per includere l’imposta nella base imponibile IVA del rivenditore, l’Amministrazione Finanziaria avrebbe dovuto dimostrare un secondo passaggio: la traslazione di quell’onere dal rivenditore al suo cliente finale. In assenza di tale prova, l’imposta di consumo rimane un costo per il rivenditore, ma non diventa parte del corrispettivo su cui calcolare l’IVA.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale in materia di IVA: la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente percepito dal cedente. Un’imposta o un onere accessorio può entrare a far parte di tale base solo se viene dimostrato che esso è stato effettivamente ribaltato sul consumatore finale, diventando così parte integrante del prezzo di vendita. Per i rivenditori di prodotti soggetti a imposte di consumo, ciò significa che l’onere della prova di tale traslazione spetta all’Amministrazione Finanziaria. Una semplice presunzione basata sul trasferimento del costo dal fornitore al rivenditore non è sufficiente a giustificare una rettifica dell’IVA dovuta.

L’imposta di consumo sui liquidi da inalazione deve essere sempre inclusa nella base imponibile IVA del rivenditore?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’imposta di consumo viene inclusa nella base imponibile IVA del rivenditore solo se viene provato che tale onere è stato effettivamente ‘traslato’, ovvero trasferito, sul consumatore finale come parte del prezzo di vendita.

Chi è il soggetto obbligato per legge a pagare l’imposta di consumo?
La legge individua come soggetti obbligati al pagamento dell’imposta di consumo i ‘depositari autorizzati’ (produttori o importatori) o i loro rappresentanti fiscali, ovvero coloro che immettono i prodotti nel mercato. I rivenditori al dettaglio acquistano i prodotti quando l’imposta è già stata assolta a monte.

Cosa deve dimostrare l’Agenzia delle Entrate per poter includere l’imposta di consumo nella base imponibile IVA di un rivenditore?
L’Agenzia delle Entrate deve fornire la prova che il rivenditore ha a sua volta trasferito il costo dell’imposta di consumo sul prezzo pagato dal cliente finale. Non è sufficiente dimostrare che il fornitore abbia addebitato tale imposta al rivenditore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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