Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33244 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33244 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9917/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in AVEZZANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale del 31/07/2024;
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE, AGENZIA DELLE ENTRATE
-intimati-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA n. 7960/2017 depositata il 29/09/2017.
Udita la relazione svolta nelle camere di consiglio del 08/11/2024 e, in sede di riconvocazione, del 12/12/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza n. 7960/2017 depositata in data 29/09/2017, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 597/2016, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Benevento aveva rigettato l’appello proposto dal contribuente e accolto quello proposto dall’amministrazione finanziaria, nell’ambito del procedimento instaurato per l’impugnazione della cartella di pagamento n.NUMERO_CARTA relativa all’anno d’imposta 2007 ed emessa a seguito della sentenza emessa dalla stessa CTR n. 11027/50/14.
A fronte della statuizione del giudice di prime cure che aveva ritenuto la sentenza appena richiamata riferibile ai soli soci, la CTR, aveva diversamente ritenuto riferibile alla società contribuente la sentenza emessa in merito all’avviso di accertamen to sotteso alla cartella.
Contro la sentenza della CTR n. 7960/2017 RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione con sei motivi.
La parte intimata non si è costituita.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata contestata l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
1.1. La ricorrente rileva che i giudici della CTR, senza esaminare la documentazione prodotta dal contribuente e non contestata dall’ufficio nemmeno nella trattazione in pubblica udienza, hanno
respinto l’appello del ricorrente, accogliendo quello dell’amministrazione finanziaria. L’esame della sentenza rivela una carenza di plausibilità del percorso logico che, dall’esposizione dei fatti e dall’enunciazione della loro valutazione porta all’emiss ione del dispositivo. La motivazione è meramente apparente, in quanto non esiste logica che unisca il percorso compiuto ed espresso dal giudice per giungere al dispositivo della sentenza. Nell’avviso trasmesso alla ricorrente viene fatto riferimento alla decisione della CTR n. 11027/50/2014. Tuttavia, nessun appello è stato proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e nessun processo è stato celebrato dalla CTR di Napoli nei suoi confronti. La sentenza non è stata emessa nei confronti della società ricorrente, ma solo nei confronti dei suoi soci. La ricorrente contro la cartella di pagamento aveva proposto ricorso ex art. 17 bis d.lgs. n. 546 del 1992 con istanza di mediazione, tuttavia non accolta.
Con il secondo motivo è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ., degli artt. 53, 56 57 e 23 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
2.1. Ad avviso della ricorrente i giudici d’appello non hanno riscontrato la genericità delle censure proposte dalla parte appellante, come emerge chiaramente dall’atto d’appello. L’appello dell’amministrazione finanziaria è totalmente generico e non prend e in considerazione le argomentazioni della sentenza di primo grado. Non contiene, quindi, argomentazioni volte a confutare le ragioni e le prove poste dal primo giudice a fondamento della propria decisione, con la conseguenza che la critica non è rivolta alla sentenza impugnata. I giudici della CTR non hanno, inoltre, rilevato che l’appello dell’Agenzia delle Entrate è inammissibile ai sensi
dell’art. 53, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto mancano o sono comunque incerti i motivi specifici dell’impugnazione.
Con il terzo motivo è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
3.1. La ricorrente con tale motivo deduce che i giudici d’appello non si sono pronunciati sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. Ha contestato che i giudici di secondo grado hanno rigettato l’appello della ricorrente per le sole spese di giudizio e hanno accolto l’appello dell’Ufficio senza esaminare alcuna prova e alcun documento. Tali prove e documenti, al contrario, erano stati esaminati dai giudici di primo grado che avevano accolto il ricorso del contribuente. Nel corso del giud izio di primo grado l’Agenzia delle Entrate non ha contestato tali prove e, ciò nonostante, ha proposto appello, affermando fatti non veri che non trovano riscontro negli atti processuali.
Con il quarto motivo è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., dell’art. 116 cod. proc. civ. dell’art. 167 cod. proc. civ. e dell’art. 23 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, co d. proc. civ.
4.1. Con tale motivo la ricorrente contesta che i giudici di secondo grado non abbiano esaminato la documentazione presentata dal contribuente nel corso del giudizio. Non hanno rilevato che tali prove e fatti non sono stati contestati specificamente dall’Ufficio neanche nel giudizio di primo grado. L’amministrazione finanziaria non ha neppure indicato le prove di cui intendeva avvalersi, con la conseguente violazione sia dell’art. 115 cod. proc. civ. che dell’art. 23 d.lgs. n. 546 del 1992. L’atteggiamento inerte della controparte nella fase difensiva avrebbe dovuto comportare un argomento di prova oggetto di valutazione ex art. 116 cod. proc. civ.
Con il quinto motivo è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
5.1. Ad avviso della ricorrente le argomentazioni del giudice sono inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentono l’identificazione dell’iter logico seguito dalla CTR per giungere alla conclusione indicata nel dispositivo. Il percorso argomentativo è del tutto generico e non esamina i motivi di ricorso posti a fondamento dell’impugnazione e le lapidarie argomentazioni non sono ancorate né a presupposti di fatto specifici propri della vicenda esaminata, né alle ragioni di diritto idonee a supportare la decisione assunta, tenuto conto delle numerose eccezioni sollevate dal contribuente.
Con il sesto motivo è stata contestata la nullità della sentenza ex art. 36, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, 112 cod. proc. civ. e 118 d. att. cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
6.1. La ricorrente rileva che la sentenza è nulla anche ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto non vi è corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, con il conseguente vizio di extrapetizione. Tutti i parametri normativi posti a fondamento di tale motivo di ricorso, ad avviso della ricorrente, sono stati violati, dal momento che la CTR ha omesso di motivare i punti della controversia e di rendere conto delle ragioni di fatto e di diritto che hanno determinato l’accoglimento dell’appello.
In via preliminare occorre dare atto che la comunicazione di cui all’art. 377 c.p.c. è stata correttamente effettuata dalla Cancelleria di questa Corte in data 18/07/2024 (anteriormente alla nomina dell’avv. COGNOME avvenuta con procura speciale del 31/07/2024) all’avv. NOME COGNOME originario difensore della parte ricorrente ma cancellata dall’Albo degli avvocati ed il cui
indirizzo PEC non è stato, quindi, rinvenuto in Reginde, mediante deposito della comunicazione in cancelleria ex art. 16, comma 6, del d.l. n. 179/2012, conv. con modif. dalla legge n. 221/2012, ed è stata in ogni caso anche inviata all’indirizzo pec indicato dal predetto difensore nel ricorso per cassazione.
7.1. Nel merito, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto è stato notificato a mezzo posta, ma non risulta prodotto agli atti l’avviso di ricevimento .
Deve essere data, infatti, continuità all’orientamento secondo il quale, ai fini della verifica della tempestività del ricorso per cassazione, la notifica a mezzo del servizio postale non si esaurisce con la spedizione dell’atto per raccomandata, ma si perfeziona con la consegna del plico al destinatario, attestata dall’avviso di ricevimento da allegarsi all’originale a norma dell’art. 149, ultimo comma, c.p.c., con la conseguenza che la mancanza di tale documento impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso per inesistenza della notifica, senza possibilità di rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c. (Cass., 21/07/2021, n. 20778). Tale orientamento è, infatti, conforme a quanto precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo le quali: « La produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 cod. proc. civ., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 cod. proc. civ., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza
di discussione di cui all’art. 379 cod. proc. civ., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal primo comma della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372, secondo comma, cod. proc. civ.. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ.; tuttavia, il difensore del ricorrente presente in udienza o all’adunanza della corte in camera di consiglio può domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell’art. 184-bis cod. proc. civ., per il deposito dell’avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto dall’art. 6, primo comma, della legge n. 890 del 1982. » (Cass., Sez. U, 14/01/2008, n. 627).
Questa Corte ha, successivamente, precisato che: « Ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione la prova dell’avvenuto perfezionamento della notificazione a mezzo posta dello stesso deve essere data tramite la produzione dell’avviso di ricevimento entro l’udienza di discussione, che non può essere rinviata per consentire all’impugnante di effettuare tale deposito, in contraddizione con il principio di ragionevole durata del processo, sancito dall’art. 111 Cost., ferma la possibilità per il ricorrente di chiedere ed ottenere la rimessione in termini, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere, a norma dell’art. 6, comma 1, della l. n. 890 del 1982, un duplicato dell’avviso stesso. (Nella
specie, la SRAGIONE_SOCIALE ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto, in quanto il ricorrente aveva richiesto all’amministrazione postale il rilascio del duplicato della ricevuta di ritorno solo dopo sei anni dalla data di spedizione dell’atto, senza verificare in precedenza la sorte del plico postale).» (Cass. 28/03/2019, n. 8641 e v. anche Cass., 18/09/2024, n. 26125).
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese di lite, considerata la mancata costituzione della parte intimata.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo un ificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, in data 12 dicembre 2024