Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23164 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23164 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 12/08/2025
Registro Invim Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14973/2024 R.G. proposto da COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate (06363391001), in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (P_IVA), presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO ope legis domicilia (EMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 2589/2024, depositata il 18 aprile 2024, della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio tenutasi in data 11 luglio 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
–COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 2589/2024, depositata il 18 aprile 2024, con la quale la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio ha rigettato l’appello dagli stessi odierni ricorrenti proposto avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di rettifica e liquidazione delle imposte di Registro ed ipocatastali dovute in relazione alla compravendita di un immobile.
-L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
I l ricorso viene all’esame della Corte sulla richiesta di decisione formulata dai ricorrenti in esito alla proposta di definizione formulata ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., i ricorrenti denunciano «nullità della sentenza per contrasto tra affermazioni inconciliabili e motivazione incerta» e chiedono alla Corte di «ribadire il seguente Principio di Diritto: in base alla ritenuta non corrispondenza del soggetto acquirente persona fisica e lo stesso soggetto (identico Codice fiscale) Ditta Individuale, al fine della esatta individuazione del soggetto stipulante il mutuo ritenuto diverso dal soggetto utilizzatore dell’immobile. ».
-Il motivo è manifestamente destituito di fondamento.
2.1 La non felice sintesi espressiva, di cui s’è appena dato conto, si incentra, per vero, sui rilievi che la Corte di merito ha (sul punto) articolato nei seguenti termini: «con riferimento alle fatture depositate dai contribuenti a comprova del valore dei lavori di ristrutturazione,
osserva il Collegio come le stesse sono intestate a soggetto diverso dagli acquirenti (RAGIONE_SOCIALE p. iva P_IVA e sono chiaramente riferibili ai lavori effettuati nel locale per trasformarlo in laboratorio e studio da odontotecnico. L’immobile, infatti, risulta ultimato nel 2012, né i contribuenti hanno dedotto una situazione di degrado rispetto allo stato di immobile di recentissima costruzione. Pertanto, ad avviso del Collegio, è plausibile la ricostruzione dell’Agenzia secondo cui l’immobile era nuovo ed in perfetto stato, e quindi valutabile secondo i parametri proposti, e che i costi di ristrutturazione erano stati spesati e ammortizzati dal COGNOME per la propria attività di fabbricazione e riparazione di protesi dentarie, come si evince proprio dalla dichiarazione ISA presentata dallo stesso e allegata dall’Agenzia .».
Diversamente, allora, da quando si assume con le censure in esame, non v’è nella motivazione della gravata sentenza alcuna inconciliabilità di conclusioni, ovvero perplessità ed incertezza argomentativa, essendosi limitato il giudice del merito a rilevare -piuttosto che la mera difformità soggettiva tra la parte che aveva acquistato il bene e quella che aveva proceduto ai lavori fatturati -che da una siffatta difformità poteva arguirsi che i lavori di cui alle prodotte fatture erano volti alla trasformazione del locale acquistato «in laboratorio e studio da odontotecnico», che, pertanto, « l’immobile era nuovo ed in perfetto stato» (siccome «ultimato nel 2012, né i contribuenti hanno dedotto una situazione di degrado rispetto allo stato di immobile di recentissima costruzione.»).
Il tutto, peraltro, nella più generale prospettiva delle censure che i contribuenti avevano articolato con riferimento alla rettifica di valore operata dall’Agenzia.
2.2 -Quanto, poi, alla deduzione secondo la quale l ‘immobile («di recentissima costruzione») « all’interno non era stato ancora ultimato
nella pavimentazione, negli impianti elettrici a norma e negli impianti di climatizzazione a norma, tutti elementi che invece dovrebbero già sussistere in un locale commerciale ritenuto in perfetto stato e idoneo alla vendita ed all’uso professionale. », rimane del tutto evidente che (così) -in aperta contraddizione con l’accertamento in fatto operato dal giudice del gravame (che, come detto, involgeva la trasformazione della destinazione d’uso del bene, non anche la sua ultimazione) inammissibilmente si introduce nel giudizio di legittimità una censura volta alla rivisitazione del merito della controversia, e del tutto al di fuori dei limiti del sindacato di legittimità che postula la ricorrenza di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, fatto dal giudice del merito non esaminato.
-Col secondo motivo, e sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., i ricorrenti denunciano nullità della «sentenza per motivazione illogica» e chiedono alla Corte di «ribadire il seguente Principio di Diritto: Nullità degli avvisi di rettifica effettuati sulla sola base di comparazione di Quotazioni OMI riportanti i soli estremi catastali, senza alcun elemento rafforzativo della pretesa, senza preventivo contradditorio né sopralluogo sugli immobili di cui trattasi.».
-Nemmeno questo motivo può trovare accoglimento.
4.1 -Per quanto la formale articolazione del motivo di ricorso alluda ad una nullità processuale, e ciò non di meno, come ripetutamente statuito dalla Corte, l’onere di specificità dei motivi di ricorso, posto dall’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., non deve essere inteso quale assoluta necessità di formale ed esatta indicazione dell’ipotesi, tra quelle elencate n ell’art. 360 c.p.c., comma 1, cui si ritenga di ascrivere il vizio, né di precisa individuazione, nei casi di deduzione di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali o processuali, degli articoli, codicistici o di alti testi normativi,
comportando invece l’esigenza di una chiara esposizione, nell’ambito del motivo, delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta, che consentano al giudice di legittimità di individuare la volontà dell’impugnante e stabilire se la stessa, così come esposta nel mezzo di impugnazione, abbia dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivocamente, riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all’art. 360 cit. (Cass. Sez. U., 24 luglio 2013, n. 17931 cui adde : Cass. Sez. U., 8 novembre 2021, n. 32415; Cass., 30 giugno 2021, n. 18390; Cass., 19 giugno 2018, n. 16170; Cass., 23 maggio 2018, n. 12690; Cass., 7 maggio 2018, n. 10862; Cass., 27 ottobre 2017, n. 25557; Cass., 17 dicembre 2015, n. 25386; Cass., 20 febbraio 2014, n. 4036; Cass., 21 gennaio 2013, n. 1370).
4.2 – Tanto premesso, e come del resto implicitamente assunto dalla stessa proposta di definizione anticipata del giudizio, non sussistono le denunciate violazioni di legge.
4.3 -Quanto alla motivazione dell’atto impositivo, difatti, il giudice del gravame ha specificamente rilevato che « dalla lettura all’avviso di rettifica emerge come l’Agenzia non solo ha indicato (riportandoli) i criteri di cui alla Banca dati OMI, ma ha puntualmente trascritto gli atti di trasferimento immobiliare considerati comparabili, riportandone nell’atto gli elementi essenziali e quindi integrando pienamente l’onere di motivazione imposto dall’art. 52 comma 2bis del DPR n.131 del 1986, anche secondo il più recente orientamento della S.C. (cfr. per tutte Cass. n.7158/2021).».
E detto rilievo pianamente resiste alle proposte censure che, per di più, non danno alcun conto dell’effettivo (in tesi difforme) contenuto dell’atto impositivo (per il rilievo che la censura involgente la congruità della motivazione dell’avviso di accertamento necessariamente richiede che il ricorso per cassazione riporti i passi della motivazione dell’atto
che, per l’appunto, si assumano erroneamente interpretati o pretermessi, v. Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde , ex plurimis , Cass., 19 novembre 2019, n. 29992; Cass., 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., 29 maggio 2006, n. 12786).
La Corte, difatti, in tema di motivazione dell’avviso di rettifica, ha statuito che – assolvendo la motivazione dell’atto alla funzione di delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa e, al contempo, di consentire l’esercizio del diritto di difesa del contribuente – l’obbligo in questione deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto in base al quale la rettifica è stata operata, laddove (solo) nella eventuale fase contenziosa viene in considerazione l’onere dell’Amministrazione di provare l’effettiva sussistenza dei presupposti fattuali per l’applicazione del criterio prescelto, fase, questa, nella quale il contribuente ha la possibilità di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri (v. già Cass. Sez. U., 26 ottobre 1988, n. 5783, cui adde , ex plurimis , Cass., 8 agosto 2022, n. 24449; Cass., 26 gennaio 2018, n. 1961; Cass., 6 giugno 2016, n. 11560; Cass., 25 marzo 2011, n. 6914; Cass., 1 dicembre 2006, n. 25624; Cass., 12 maggio 2003, n. 7231; Cass., 19 ottobre 2001, n. 12774; Cass., 8 marzo 2001, n. 3419; Cass., 25 luglio 1997, n. 6958; Cass. Sez. U., 4 gennaio 1993, n. 8; Cass. Sez. U., 21 dicembre 1990, n. 12141).
4.4 -Posto, poi, che alcun sopralluogo poteva ritenersi necessario in relazione al potere accertativo che, nella fattispecie, è stato speso, va ribadito, altresì, che nemmeno sussisteva obbligo di osservare un qualche contraddittorio endoprocedimentale.
Come le Sezioni Unite della Corte hanno statuito, difatti, «l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta
l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito.» (Cass., Sez. U., 9 dicembre 2015, n. 24823).
E il principio di diritto in questione è stato, poi, più volte ribadito dalla Corte (v., ex plurimis , Cass., 5 maggio 2022, n. 14357; Cass., 23 febbraio 2021, n. 4752; Cass., 15 aprile 2021, n. 9978; v., altresì, Corte Cost., 21 marzo 2023, n. 47), anche con riferimento all’imposta di registro (v. Cass., 27 gennaio 2023, n. 2585).
Né, nella fattispecie, potevano trovare applicazione le disposizioni introdotte ( ex novo ) dal d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219.
4.5 -In punto di verifica della compiutezza del giudizio estimativo sotteso alla rettifica, il giudice del gravame ha rilevato che la rettifica di valore risultava fondata «sia sui valori di riferimento espressi dalla banca dati OMI, sia (come si è visto) in riferimento ai valori relativi a trasferimenti di immobili similari intervenuti in epoca analoga per immobili siti nella stessa zona e di categoria e consistenza comparabili, puntualmente riportati nei loro elementi essenziali nell’avviso impugnato, che hanno portato ad una rivalutazione dell’immobile al mq rispetto al valore dichiarato nell’atto di compravendita .».
E’, dunque, inconcludente il riferimento operato dai ricorrenti all’agibilità probatoria dei dati desunti dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare, nella fattispecie detti dati risultando utilizzati a mero riscontro della concludenza del giudizio estimativo fondato sul metodo comparativo e, dunque, sulla considerazione, come ben rilevato dal giudice del gravame, dei «valori relativi a trasferimenti di immobili
similari intervenuti in epoca analoga per immobili siti nella stessa zona e di categoria e consistenza comparabili» (v., ex plurimis , Cass., 13 agosto 2024, n. 22804; Cass., 8 agosto 2022, n. 24447).
– Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza delle parti ricorrenti nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater ).
5.1 – Trattandosi, poi, di ordinanza il cui contenuto decisorio è conforme alla proposta di definizione comunicata alla parte, va rilevato che l’art. 380 -bis cod. proc. civ. , con riferimento alla decisione accelerata dei ricorsi, al terzo comma prevede che «Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96. »; e l’art. 96 cod. proc. civ., a sua volta, dispone che: – «In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai s ensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata» (comma 3); – «Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore a euro 5.000» (comma 4, introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, art. 3, comma 6).
5.2 – Le Sezioni Unite della Corte -nel rimarcare l’immediata applicabilità delle disposizioni di cui al novellato art. 380bis cod. proc. civ. con riferimento ai «giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1 gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza
o adunanza in Camera di consiglio» (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, art. 35, comma 6) – hanno statuito, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, che l’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ. -il quale, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché non attenersi ad una valutazione del proponente poi confermata nella decisione definitiva lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U., 27 settembre 2023, n. 27433).
5.3 -Mentre, allora, va determinata in € 1.500,00 la somma da versare in favore della Cassa delle Ammende, la disposizione sanzionatoria di cui all’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. va quantificata in € 2.410,00 e, così, correlata alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, avendo la Corte già rilevato che il terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., rinviando all’equità, richiama il criterio di proporzionalità secondo le tariffe forensi e quindi la somma da tale disposizione prevista va rapportata alla misura dei compensi liquidabili in relazione al valore della causa, ovvero ad un loro multiplo, nei limiti segnati ad ogni modo da ragionevolezza (v. già Cass., 30 novembre 2012, n. 21570 cui adde Cass., 15 dicembre 2022, n. 36874; Cass., 11 ottobre 2018, n. 25177; Cass., 21 novembre 2017, n. 27623; v., altresì, Cass., 4 agosto 2021, n. 22208; Cass., 18 novembre 2019, n. 29812 nonché Corte Cost., 6 giugno 2019, n. 139).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento in solido, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio di
legittimità liquidate in € 2.410,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito, nonché, ai sensi dell’art. 380 -bis , comma 3, cod. proc. civ., della ulteriore somma di € 2.410,00; condanna i ricorrenti al pagamento della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il proposto ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 11 luglio