Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24765 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 24765 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/09/2025
Avv. Presa in Carico IRES 2011
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14830/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME sito in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore .
-intimata –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. MOLISE n. 165/2022, depositata in data 3 maggio 2022.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 gennaio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Dato atto che il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta ed ha concluso per il rigetto del ricorso.
Sentito l’Avvocato NOME COGNOME che ha richiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento n° NUMERO_DOCUMENTO, notificato alla RAGIONE_SOCIALE nella qualità di società consolidante, la competente direzione provinciale di Campobasso ha rettificato la dichiarazione unica presentata per l’anno d’imposta 2011 dalla ‘RAGIONE_SOCIALE, aderente al regime della tassazione di gruppo di cui agli artt. 117 e ss. del TUIR, recuperando ad imposizione un maggior reddito ai fini IRES di € 12.491.440,90; l’avviso non veniva impugnato nei termini di legge. Successivamente, in data 3 marzo 2017, l’odierna ricorrente presentava istanza (attraverso il modello IPEC) chiedendo lo scomputo dal maggior imponibile derivante dalla rettifica in capo alla consolidata RAGIONE_SOCIALE della perdita di periodo del consolidato pari ad € 6.331.725,00.
L’Ufficio provvedeva a liquidare l’IRES (oltre interessi e sanzioni) senza effettuare alcuna detrazione della perdita inutilizzata di gruppo, affidando all’Agente per la Riscossione le somme così come richieste nell’atto di accertamento.
Avverso l’avviso di presa in carico n° 0277720170000134, la Emi RAGIONE_SOCIALE proponeva tempestivo ricorso dinanzi alla C.t.p. di Campobasso eccependo in via pregiudiziale l’illegittimità dell’avviso di accertamento presupposto perché notificato alla sola consolidante e non alla consolidata RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE), e, in ogni caso, l’esageratezza del carico affidato all’Agente della Riscossione che l’Ufficio aveva erroneamente quantificato senza procedere al richiesto scomputo 3. La C.t.p., con sentenza n. 353/03/2018 del 31/5/2018, accoglieva il ricorso di RAGIONE_SOCIALE.A e annullava l’avviso di presa in carico n. NUMERO_CARTA
Avverso tale decisione proponeva appello l’Ufficio dinanzi la C.t.r. del Molise; si costituiva anche la società contribuente, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
Con sentenza n. 165/02/2022, depositata in data 3 maggio 2022, la C.t.r. adita accoglieva il gravame dell’Ufficio, con compensazione tra le parti delle spese di lite.
Avverso la sentenza della C.t.r. del Molise, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.
La causa è stata trattata nella pubblica udienza del 23 gennaio 2025 per la quale sia la società contribuente che la Procura Generale hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza per assenza o mera apparenza della motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 111, comma 6, Cost., dell’art. 36 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 132 cod. proc. civ., richiamato dall’art. 1 del D.Lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha deciso con motivazione meramente apparente, facendo rinvio alle ragioni fatte valere dall’Ufficio nell’atto di appello ed alla giurisprudenza ivi richiamata, sottraendosi alla verifica analitica delle argomentazioni opposte dalla contribuente.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 19 del D.Lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto inammissibile il ricorso avverso l’avviso di presa in carico, nonostante si trattasse di primo atto con cui la società contribuente ha conosciuto della pretesa impositiva liquidata dall’Ufficio senza tener conto della perdita di periodo di consolidato richiesta a mezzo IPEC, e senza applicazione del cumulo giuridico in materia di determinazione della sanzione.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.Lgs. n. 472/97 e dell’art. 115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha riconosciuto come l’Ufficio avesse determinato il carico affidato all’Agente della Riscossione ricomprendendovi anche la sanzione irrogata nell’avviso di accertamento presupposto relativo all’anno 2011, senza tener conto delle sanzioni irrogate con i distinti avvisi di accertamento già notificati con riferimento ai tre precedenti periodi d’imposta, che, in virtù del cumulo giuridico, più favorevole per la ricorrente, ne avrebbero escluso la debenza.
Il primo motivo di ricorso è infondato; con esso, in particolare, parte ricorrente lamenta la nullità della sentenza per assenza o mera apparenza della motivazione.
2.1. Invero, con riguardo al vizio di motivazione occorre dire che la mancanza della stessa, rilevante ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e, nel caso di specie, dell’art. 36, comma 2, n. 4, D.Lgs. n. 546/1992, riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si configura quando questa manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione -ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass., SS. UU., sent. 7 aprile 2014 n. 8053; successivamente, tra le tante, Cass. n. 6626/2022 e Cass. n. 22598/2018).
2.2. Ebbene, alla stregua di ciò, risulta ictu oculi come la decisione della C.t.r. qui impugnata contenga l’esposizione di ragioni
sufficienti a rendere percepibile il senso della decisione e, dunque, superi il test del minimo costituzionale.
In essa, infatti, con una motivazione della quale è percepibile l’iter logico-giuridico sottostante si afferma che: «A voler correttamente far buon governo della normativa menzionata e della copiosa giurisprudenza di legittimità segnalata, va considerato che si verte in tema di atto dell’amministrazione fiscale che ha la mera natura di replica dell’atto di accertamento con cui viene cristallizzata la pretesa tributaria, valendo come informazione dell’avvio dell’attività coattiva da parte dell’agente della riscossione. Appare di evidenza che non si è in presenza di un titolo che legittima l’esazione quale può essere la cartella o l’avviso di accertamento e come tale non soggetto ad autonoma impugnazione, in una vicenda poi in cui l’avviso di accertamento presupposto (NUMERO_DOCUMENTO) non è stato fatto oggetto di censura ed è divenuto definitivo dando corso alla iscrizione a ruolo. Sotto il profilo delle sanzioni che la decisione gravata ha ritenuto regolare con il cumulo giuridico ritenendo una pluralità di violazioni, va seguito invece il percorso logico introdotto con l’appello giacché non sembra contestabile che in materia di società di gruppo la responsabilità tra consolidante e consolidata ha natura solidale e la sanzione non può che essere unica. La decisione impugnata deve essere pertanto riformata sotto l’aspetto della mancata considerazione dei principi espressi dalla normativa in appello richiamata ex art 19 D.Lgv 54692 e conseguentemente accolto l’appello dell’agenzia delle Entrate direzione provinciale di Campobasso anche in relazione all’aspetto della irrogazione unica della sanzione».
Il secondo motivo di ricorso è ugualmente infondato; con esso parte ricorrente censura la decisione della C.t.r. laddove ha ritenuto in ammissibile l’impugnazione avverso l’avviso di presa in carico.
3.1. Invero, questa Corte ha di recente avuto modo di ricordare che: «In tema di giustizia tributaria, possono essere oggetto di
ricorso gli atti iscritti nell’elenco di cui all’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992 e tutti gli atti amministrativi aventi natura provvedimentale, capaci di incidere autoritativamente sulle situazioni giuridiche soggettive del contribuente, modificandole unilateralmente sotto il profilo sostanziale o processuale, inerenti o conseguenti a rapporti tributari, creditori o debitori; non possono, invece, essere oggetto di ricorso gli atti privi della predetta natura, sebbene promananti dall’amministrazione finanziaria, da incaricati per la riscossione o da organismi a questi ancillari, salvo che costituiscano la prima comunicazione di esistenza di un atto tributario di natura provvedimentale, espresso, tacito o presupposto, di cui il contribuente dimostri, anche in via presuntiva, di non aver avuto notizia» (Cass. n. 21254/2023).
Nel caso in esame non ricorre alcuna di tali situazioni eccettuative, avendo la contribuente avuto piena e tempestiva conoscenza dell’avviso di accertamento presupposto ed avendo scelto di farvi acquiescenza.
3.2. Vero è che l’art. 40bis , terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 permette alla consolidante, dopo la notifica dell’avviso di accertamento, di chiedere che siano computate in diminuzione dei maggiori imponibili derivanti dalle rettifiche le perdite di periodo del consolidato non utilizzate, ma è anche vero che tale facoltà va esercitata entro il termine di proposizione del ricorso, e che ove, come nel caso in esame, l’Amministrazione non risponda, il ricorso andrà pur sempre proposto avverso l’avviso di accertamento (come si desume dall’ulteriore previsione, contenuta nell’art. 40bis , secondo la quale il termine per l’impugnazione dell’avviso di accertamento è sospeso per un periodo di sessanta giorni).
In definitiva, la domanda di cui all’art. 40bis , comma 3, non apre una fase ulteriore e diversa rispetto a quella definita dall’avviso di accertamento (sì da trasformare l’atto di presa in carico in un provvedimento conclusivo di tale nuova fase e dunque in un atto
autonomamente impugnabile); deve, semmai, ritenersi che la richiesta del contribuente di tener conto delle perdite di periodo del consolidato miri pur sempre ad ottenere un ricalcolo della somma contenuta nell’avviso e, dunque, resti pur sempre quest’ultimo l’atto da impugnare in sede giurisdizionale.
Il terzo motivo è, infine, infondato; con esso, in particolare, parte ricorrente censura la decisione di appello nella parte in cui, con riferimento alle sanzioni, ha ritenuto non applicabile il cumulo giuridico con le violazioni accertate e punite dall’Ufficio relative a precedenti periodi di imposta (dal 2008 al 2010).
4.1. In proposito, valgono le osservazioni declinate nella disamina del precedente motivo profilandosi dirimente il dato fattuale che la contribuente ha sostanzialmente fatto acquiescenza all’avviso di accertamento e, pertanto, non trattandosi di un atto autonomamente impugnabile, tale circostanza impedisce di dar corso all’accertamento richiesto.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese essendo l’Agenzia delle Entrate rimasta intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 23 gennaio 2025.