Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20733 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20733 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21049/2016 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso per procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOME del foro di Milano
-ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore
-resistente –
RAGIONE_SOCIALE ( già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME del foro di Milano e NOME COGNOME del foro di Roma, giusta procura speciale in atti
-controricorrente – avverso la sentenza n. 801/6/2016 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata in data 12.2.2016, non notificata;
udita la relazione svolta alla pubblica udienza del giorno 4.6.2025 dal Cons. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto
Avviso di presa in carico- art. 19 decreto legislativo n. 546/92 –
Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per la controricorrente RAGIONE_SOCIALE l’avv. NOME COGNOME udito per l’Agenzia delle Entrate l’Avvocatura dello Stato, in persona dell’avv. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.COGNOME NOME impugnava la comunicazione di presa in carico n. 06877201400015291, notificatagli dalla Equitalia Nord s.p.a., con la quale veniva edotto di aver ricevuto dall’Agenzia delle Entrate l’incarico di procedere ad esecuzione forzata in relazione all’avviso di accertamento esecutivo n. T9D013A06248/2013, notificato in data 17.12.2013, denunciando: carenza dei presupposti per procedere ad esecuzione forzata per diversità della somma indicata nell’atto presupposto rispetto a quella inferiore indicata nella comunicazione; difetto di motivazione; violazione dell’art. 10 dello Statuto del contribuente.
2.La Commissione Tributaria Provinciale di Milano, nella resistenza dell’Agenzia delle Entrate e della Equitalia Nord s.p.a., che eccepivano preliminarmente l’inammissibilità del ricorso, riteneva impugnabile l’avviso di presa in carico, ma rigettava nel merito il ricorso, sussistendo gli elementi per l’inizio dell’esecuzione forzata, posto che il ricorso avverso l’avviso di accertamento esecutivo, atto presupposto, era stato respinto dalla C.T.P. di Milano con sentenza 672/42/2014.
3.La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (d’ora in poi C.T.R.), adita dal soccombente, dato atto dell’accoglimento dell’appello avverso la sentenza che aveva rigettato il ricorso avente ad oggetto l’atto presupposto, riteneva che la questione da decidere era ‘ priva di effetti pratici negativi per il contribuente ‘, in quanto era venuto meno il potere di procedere ad esecuzione forzata, a seguito dell’annullamento dell’avviso di accertamento esecutivo e rigettava il gravame, ritenendo che l’avviso di presa in
carico non era atto autonomamente impugnabile e che, in ogni caso, la pretesa erariale era pienamente identificabile nei suoi contenuti, in quanto riferita a quell’avviso di accertamento ben noto al contribuente che lo aveva impugnato, come esattamente ritenuto dai primi giudici, la cui decisione doveva essere confermata, seppure con diversa motivazione. Compensava tra le parti le spese processuali ‘ atteso l’esito del giudizio’ .
4.Avverso la precitata sentenza COGNOME NOME ha proposto ricorso, affidato a sei motivi.
L’Agenzia delle Entrate Riscossione (già RAGIONE_SOCIALE) resiste con controricorso.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione al solo fine di partecipare all’ udienza di discussione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Deve preliminarmente darsi atto del subentro, nella posizione processuale e sostanziale di RAGIONE_SOCIALE, dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, a decorrere dal primo luglio 2017, senza che ciò dia luogo ad interruzione del giudizio ( cfr. Cass. SS.UU. 15211/2021), nonchè della permanenza del patrocinio dei difensori della società estinta, già ritualmente costituita prima della successione ex lege (Cass. n. 3312/2022).
Con il primo motivo -rubricato « violazione e/o falsa applicazione dei principi generali del processo tributario in tema di poteri del giudice tributario, di natura del processo e degli effetti della sentenza, del decreto legislativo n . 546/92, art. 1 e 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 c.p.c.» – il ricorrente lamenta che la C.T.R., pur avendo dato atto dell’annullamento integrale dell’avviso di accertamento esecutivo, aveva ciò nonostante rigettato l’appello, con l’effetto di mantenere in vita l’avviso di presa in carico, anzichè accogliere il ricorso ed annullare l’atto impugnato. In tal modo era stato pretermesso il principio dell’effetto sostitutivo delle sentenze del giudice tributario.
2.1.Il motivo è infondato.
Il ricorrente non ha colto il senso della motivazione, con la quale, invero, la C.T.R. ha rilevato la sopravvenuta carenza di interesse a coltivare il giudizio, dal momento che, a seguito dell’annullamento dell’avviso di accertamento, atto presupposto, ‘ non (si ) potrà più procedere ad esecuzione forzata’. Il giudice di secondo grado ha pertanto esaminato il gravame in doverosa applicazione della regola della cosiddetta ‘soccombenza virtuale’, che implica una valutazione di fondatezza o meno dell’impugnazione allo stato degli atti, ai fini della regolamentazione delle spese processuali, che sono state compensate. Nella sostanza, al di là dell’imprecisione terminologica contenuta nel dispositivo (rigetto dell’appello piuttosto che declaratoria di sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione o cessata materia del contendere), la C.T.R. ha correttamente esaminato i motivi di doglianza ai fini di identificare la parte virtualmente soccombente ed in tale ottica va letta la statuizione di ‘rigetto’ dell’appello.
Con il secondo motivo, rubricato « violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2 e 19 del decreto legislativo n. 546/1992 -violazione dell’art. 24 della Costituzione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c .», si addebita alla C.T.R. di aver erroneamente ritenuto non impugnabile l’avviso di presa in carico, nonostante copiosa giurisprudenza di segno contrario, che riteneva la funzione dell’avviso di presa in carico analoga a quella dell’avviso di mora.
Con il terzo motivo -rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.» il ricorrente rimprovera alla C.T.R. l’erroneità del rigetto del motivo di gravame con il quale si era lamentata l’omessa pronuncia del giudice di primo grado sul difetto di motivazione dell’avviso di presa in carico per non essere stato esplicitato se si trattasse o meno di un atto impositivo o sanzionatorio e per essere
la comunicazione priva di un chiaro prospetto di liquidazione della somma di euro 227.373,61, in raffronto alla maggior somma indicata nell’avviso di accertamento esecutivo n. T9D013A036248/2013, né l’esatto computo di interessi, oneri ed accessori, né l’indicazione del numero di ruolo e del tipo ( ordinario o straordinario).
Con il quarto motivo, rubricato « violazione e falsa applicazione dell’art . 10 L. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c», si deduce l’erroneità del rigetto implicito del motivo di appello con il quale si era dedotta l’omessa pronuncia del giudice di primo grado sul motivo di ricorso con il quale si era sostenuta la violazione del principio di buona e corretta amministrazione, correttezza, collaborazione, buona fede e tutela dell’affidamento, per non avere l’esattore indicato con sufficiente determinazione le ragioni della pretesa di pagamento, onde consentire la piena tutela del diritto del contribuente all’immediato ed agevole controllo delle ragioni sottese alla pretesa e del diritto a predisporre una efficace difesa davanti agli organi giurisdizionali.
Le predette doglianze vanno esaminate congiuntamente, in quanto connesse e non possono trovare accoglimento.
Ed invero, premesso che nel caso in esame è pacifico che l’atto presupposto era stato notificato ed impugnato dal contribuente con esito negativo in primo grado al momento della ricezione della raccomandata di avviso di presa in carico, il Collegio intende dare continuità alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la comunicazione di presa in carico non è atto autonomamente impugnabile.
In particolare -richiamando, a tal fine, l’articolata ed esaustiva motivazione di Cass. n. 21254/2023 -occorre in questa sede ribadire: -che l’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art. 19, primo comma, del d.lgs. n. 546/1992, non deve intendersi tassativa quanto al novero dei provvedimenti
nominativamente individuati, bensì all’indicazione delle relative categorie in relazione agli effetti giuridici che producono; – che l’avviso di presa in carico è un atto con cui il concessionario della riscossione comunica al contribuente di aver ricevuto in carico le somme dell’accertamento ormai definitivo, emesso dall’Agenzia delle Entrate, che si limita ad informare il contribuente che la competenza amministrativa è passata dall’Ufficio preposto all’accertamento del maggior reddito a quello preposto ad ottenere il pagamento del debito ormai accertato; – che si tratta, pertanto, di atto privo di valenza provvedimentale, in quanto sprovvisto di forza cogente e idonea a modificare unilateralmente la situazione giuridica del destinatario; -che, pertanto, il contribuente destinatario di tale atto non è assistito da alcun interesse attuale alla sua impugnazione ( cfr. da ultimo, Cass. n. 4626/2025).
6.1. La ragione argomentativa censurata con il secondo motivo, da ritenersi giuridicamente corretta e da sola sufficiente e fondare la decisione sulla soccombenza virtuale dell’appellante, rende superfluo l’esame dei motivi terzo e quarto, da ritenersi pertanto assorbiti.
Con il quinto motivo, rubricato « nullità della sentenza per omessa statuizione -violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c .», il ricorrente si duole dell’omessa pronuncia sui motivi di gravame con i quali si era appunto dedotta l’omessa pronuncia del giudice di primo grado sulla violazione degli articoli 7 e 10 dello Statuto del contribuente, essendo la C.TR. rimasta del tutto silente al riguardo.
7.1.Il motivo si appalesa inammissibile, in quanto si pone in insanabile contrasto con i motivi terzo e quarto, atteso che con esso si denuncia un’omessa pronuncia che invece viene ritenuta esistente, ma errata in diritto, nei precedenti motivi terzo e quarto. Questa Corte ha infatti più volte chiarito che ricorre la violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. quando manchi del tutto la
pronuncia del giudice del merito (cd. omessa pronuncia) sulla domanda (o su un capo di essa) o su un’eccezione ritualmente proposte: « i vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia sono assai diversi. Con il primo si lamenta la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., (quindi, né con la denuncia di violazione di norme di diritto sostanziale né attraverso il vizio di motivazione). Il secondo, invece, presuppone che la questione oggetto di doglianza sia stata presa in esame dal giudice di merito, ma in modo non corretto, cioè senza adeguata motivazione, e va denunciato ricorrendo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa pronunzia deve sostanziarsi nella totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudice, il quale manchi completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile per la soluzione del caso concreto; al contrario, il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza via sia stato, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico oppure si sia tradotto nella mancanza assoluta di motivazione, nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» (Cass. 04/08/2021, n. 22204, Cass. n. 27551/2024).
Con il sesto ed ultimo motivo si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
8.1. Esso è inammissibile per difetto di autosufficienza, atteso che il ricorrente si limita, a pagina 2 del ricorso, al paragrafo ‘Sintesi
dei motivi’, a denunciare il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio senza poi indicare nel corpo del ricorso quale sia il fatto storico controverso non esaminato, né spiegare per quale ragione esso avrebbe comportato l’accoglimento del gravame. Ed infatti, per fatto storico decisivo deve intendersi innanzitutto un fatto (inteso nella sua accezione storico-fenomenica e, quindi, non un punto o un profilo giuridico) principale o secondario, che sia processualmente esistente, in quanto allegato in sede di merito dalle parti ed oggetto di discussione tra le parti, che risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che, se preso in considerazione, avrebbe determinato una decisione diversa (Cass. n. 9637/2017).
Il ricorso va conclusivamente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di Agenzia delle Entrate Riscossione ( subentrata ad Equitalia Servizi Riscossione s.p.a.) in euro 200 per esborsi, euro 7.800,00 per compensi, oltre IVA e CPA come per legge ed in euro 5.000,00 (fase decisionale), oltre spese prenotate a debito, in favore dell’ Agenzia delle Entrate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 4.6.2025.