Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32165 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32165 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9640/2017 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELL’EMILIA ROMAGNA n. 2689/2016 depositata il 18/10/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso alla CTP di Bologna la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE società cessata il data 16 aprile 2003, impugnò l’avviso di mora n. 7003621, datato 30 agosto 2007, notificato il 6 settembre 2007 dal concessionario per la riscossione, RAGIONE_SOCIALE e inerente pretese erariali relative all’Iva anno 1987. Nell’occasione la contribuente eccepì la mancata notifica della cartella, quale atto prodromico, adducendo la conseguente sopravvenuta prescrizione della pretesa erariale. Con sentenza n. 132/12/2008 del 21 aprile 2008 la CTP di Bologna annullò l’avviso di mora. L’Agenzia delle Entrate impugnò la sentenza di primo grado, evidenziando, tra l’altro, che la mancata notifica della cartella esattoriale presupposta dall’avviso di mora impugnato, non faceva venir meno la pretesa erariale. Con ordinanza n. 04/07/2011, la CTR di Bologna sospese il giudizio stante l’avvenuta proposizione dinanzi al Tribunale Civile di Bologna di giudizio avente ad oggetto querela di falso relativamente alla cartolina di ricevimento di un primo avviso di mora, notificato al predetto NOME COGNOME il 12 novembre 1997, e avente lo stesso contenuto dell’avviso di mora n. 7003621 impugnato nell’odierno giudizio. Il Tribunale di Bologna dichiarò l’improcedibilità del giudizio per querela di falso. RAGIONE_SOCIALE, succeduta ad RAGIONE_SOCIALE, a sua volta succeduta al primigenio concessionario RAGIONE_SOCIALE, riassunse il giudizio.
Con memoria successivamente depositata in data 21 settembre 2016, NOME COGNOME eccepì d’aver intrapreso nuovo giudizio per querela di falso contro la cartolina di ricevimento dell’avviso di mora notificatogli in data 12 novembre 1997, insistendo per una nuova sospensione del giudizio. RAGIONE_SOCIALE eccepì che la querela di falso proposta in data 20 settembre 2016 era stata promossa nei confronti di un soggetto diverso, ossia contro RAGIONE_SOCIALE insistendo, pertanto, per la prosecuzione del giudizio. La CTR, rilevato che l’atto di citazione introduttivo del giudizio di falso non era stato ritualmente notificato a Equitalia RAGIONE_SOCIALE respinse l’istanza di sospensione e, infine, pronunciando nel merito, in riforma della sentenza di primo grado, respinse il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME avente ad oggetto l’avviso di mora n. NUMERO_DOCUMENTO. Quest’ultimo affida ora il proprio ricorso per cassazione a quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria. Resiste Equitalia Servizi con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 112 e 115. C.p.c. nonché dell’art. 2, co. 3, D.Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., per avere la CTR, pronunciando in modo illogico e del tutto contraddittorio, tralasciato di sospendere il giudizio in presenza di querela di falso.
Con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 D.Lgs. n. 546 del 1992 nonché degli artt. 121 e 122 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la CTR trascurato di sospendere il giudizio, pendente il processo sulla querela di falso avanti al giudice ordinario.
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 112 e 115 c.p.c., degli artt. 26 e 46
d.P.R. n. 602 del 1973 nonché dell’art. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 2697 e 2946 c.c., per avere la CTR omesso si pronunciarsi sulla correttezza o meno della notifica dell’avviso di mora avvenuta in data antecedente a quella indicata sul medesimo documento.
Con il quarto motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 26 e 46 d.P.R. n. 602 del 1973, degli artt. 19, co. 3, e 54, co. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, degli artt. 100 e 324 c.p.c. e degli artt. 2697, 2946 e 2909 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la CTR erroneamente gravato il contribuente dell’onere di impugnare nel merito l’atto presupposto anche se da questi ritenuto omesso, reputando formato un giudicato su questioni oggetto del giudizio di secondo grado.
I quattro motivi si prestano ad una trattazione unitaria per intima connessione; sono infondati e vanno respinti.
La sentenza della CTR contiene alcune affermazioni che vanno lette in convergenza: i. l’atto di citazione per querela di falso relativo alla cartolina di ricevimento dell’avviso di mora notificato il 12 novembre 1997 non è stato ritualmente instaurato nei confronti di Equitalia Centro s.p.a.; ii. l’avviso di mora n. 7003621 è stato preceduto da avviso di mora di identico contenuto, non impugnato e come tale idoneo a rendere inammissibili le doglianze relative e alla mancata notificazione della cartella esattoriale e alla prescrizione del credito; iii. l’avviso di mora n. 7003621, successivo ad un primo avviso di mora definitivo e ormai inoppugnabile, è stato impugnato, eccependo unicamente la nullità per mancata notifica dell’atto di imposizione prodromico, senza alcuna deduzione inerente il merito della pretesa fiscale; iv. l’avviso del 12 novembre 1997 è da ritenersi ritualmente notificato, essendosi anche la questione della notifica cristallizzata dal momento che nel giudizio riferibile a detto primo avviso non è stato presentato appello.
Rebus sic stantibus le tre censure sono prive di fondamento alla luce del principio affermato da questa Corte (Cass. n. 13483 del 2007), secondo cui, in tema di riscossione delle imposte, l’avviso di mora assolve a due funzioni: la prima, equivalente a quella del precetto, è di carattere necessario, e consiste nell’accertare il mancato pagamento del debito tributario e nell’intimare al contribuente l’effettuazione del versamento dovuto entro un termine ristretto, con l’avvertenza che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata; la seconda funzione, è solo eventuale, è di natura sostanziale, e consiste nel portare a conoscenza del contribuente per la prima volta la pretesa erariale, ove l’avviso di mora non sia stato preceduto dalla regolare notifica dell’avviso di accertamento o di liquidazione o della cartella esattoriale.
All’avviso di mora, in altri termini, è attribuita una doppia finalità: da un lato, in via primaria e necessaria, l’avviso di mora è simmetrico al precetto; dall’altro lato, in via eventuale e, perciò, secondaria, le norme processuali tributarie lo considerano anche come un atto eventualmente equivalente ad un atto d’imposizione tributaria.
Questa seconda funzione è attribuita all’avviso di mora dalla legge processuale tributaria in tutte le ipotesi in cui esso sia -tra gli atti della serie procedimentale amministrativa che si snoda a partire dall’atto di accertamento e di liquidazione e della cartella di pagamento e che potrebbe concludersi con l’avviso di mora -il primo atto di gestione del rapporto tributario sostanziale reso conoscibile al contribuente. Solo in ipotesi in cui, né avviso di accertamento, né avviso di liquidazione, né cartella di pagamento, siano mai stati notificati, o siano stati irritualmente notificati al contribuente, e dunque quest’ultimo sia stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità della pretesa tributaria per la prima volta con la notificazione dell’avviso di mora, egli può -e deve, a pena della loro inoppugnabilità -contestare, unitamente
all’impugnazione dell’avviso di mora, gli atti autonomamente impugnabili che sono stati adottati precedentemente e che ne costituiscono il presupposto, pur se non portati a sua conoscenza.
Nel caso che occupa, risulta accertato dal giudice d’appello, ed è incontestato tra le parti, che la presente controversia riguarda un secondo avviso di mora di contenuto identico al primo.
Ora, se alla notificazione di un primo avviso di mora l’ufficio tributario o il concessionario dell’esazione faccia seguire, dopo che siano trascorsi almeno 180 giorni senza che si sia proceduto all’esecuzione, la notificazione di un altro avviso di mora, com’è accaduto nel caso di specie, le autorità pongono in essere comportamenti che tengono conto solo della prima delle due riassunte funzioni dell’avviso di mora come atto di precetto, la cui efficacia scade dopo 180 giorni e che dev’essere, quindi, reiterata, se si vuole rinnovarne l’efficacia esecutiva. Ogni nuovo avviso di mora è, in altre parole, meramente innovativo dell’effetto di esecuzione di ogni avviso di pari struttura precedentemente notificato, connotandosi come atto meramente reiterativo del primo avviso di mora. Ne consegue che la mancata impugnazione di quest’ultimo, rendendo inoppugnabile sia l’avviso di mora, sia gli atti di esso presupposti non notificati o irritualmente notificati, preclude l’impugnazione del successivo avviso di mora.
Poiché, nel caso di specie, è stata accertata la definitività del primo avviso di mora, notificato al contribuente e dal medesimo non impugnato davanti al giudice tributario, ciò porta, come ineluttabile conseguenza, che sono divenuti inoppugnabili e definitivi sia l’avviso di mora del 1997, sia la cartella di pagamento, quest’ultima quand’anche (in ipotesi) non notificata.
Ne deriva che è irrilevante qualunque altro accertamento sulla legittimità o meno dell’avviso per cui è causa data la pregressa definitività di tutti gli atti presupposti (v. in quest’ottica anche Cass. n. 3374 del 2012).
Consegue da quanto sopra il rigetto di tutte le censure. Le spese sono regolate dalla soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente RAGIONE_SOCIALE delle spese del giudizio, che liquida in euro 5.800,00, euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese forfettarie e gli accessori di legge . Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 09/10/2024.