Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21331 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21331 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9956/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
MOLA DONATO
-intimato- avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della PUGLIA n. 2487/2019 depositata il 10/09/2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
NOME COGNOME impugnava l’avviso di liquidazione per imposta di registro e sanzioni, relativamente alla sentenza civile dichiarativa di intervenuta usucapione n. 8/2011 del Tribunale di Brindisi- Sezione distaccata di Fasano, e l’adita Commissione tributaria provinciale di Brindisi accoglieva il ricorso annullando integralmente l’atto impositivo, con decisione successivamente confermata, a seguito di appello della RAGIONE_SOCIALE, dalla Commissione tributaria regionale della Puglia, con la sentenza n. 2487/24/2019 depositata in data 10/9/2019 e non notificata;
1.1. i giudici di secondo grado ritenevano che la motivazione dell’atto impositivo fosse carente in quanto l’ufficio non aveva provveduto ad effettuare apposite indagini tecniche finalizzate ad accertare il reale valore dei cespiti né aveva preso in considerazione la specifica quota realmente acquisita in proprietà dal contribuente, tenuto conto che la sentenza riguardava anche la posizione del germano del contribuente, NOME COGNOME;
l’RAGIONE_SOCIALE ricorre, con quattro motivi, per la cassazione della sentenza mentre NOME COGNOME è rimasto intimato;
CONSIDERATO CHE
con un primo motivo l’ufficio lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare, degli artt. 43 e 57 d.P.R. n. 131 del 1986 nonché dell’ art.78, comma 25, legge 413/1991 e dell’art.8 Nota II bis Tariffa Parte I del d.P.R. 131/1986, giacché la C.T.R. ha erroneamente considerato non assolto l’obbligo di motivazione dell’avviso di liquidazione in oggetto sebbene il ricorso ai parametri OMI si fosse reso necessario in ragione della circostanza che il contribuente, sebbene sollecitato, si era rifiutato di fornire indicazioni circa il valore dei cespiti;
con il secondo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cd. proc. civ., violazione e falsa applicazione di norme
di diritto, in particolare, degli artt. 43 e 57 d.P.R. n. 131 del 1986, per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto che fosse necessario indicare il valore della specifica quota usucapita dal contribuente, non considerando che, trattandosi di tassazione di una sentenza di usucapione, il valore imponibile andava calcolato, in solido, in relazione a tutti i beni oggetto della pronunzia;
con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione degli artt. 132, secondo comma, cod. proc. civ. e 36 d.lgs. 456/1992, atteso che la C.T.R. ‘aveva motivato solo apparentemente la propria decisione in quanto non ha né specificato per quali ragioni riteneva applicabile uno standard motivazionale più elevato di quello individuabile in base alla lettura della normativa in mat eria (che fa riferimento… unicamente alla determinazione del valore venale) nè ha chiarito perché detto standard non sarebbe stato rispettato dall’agenzia nel caso di specie nonostante la documentazione di causa potesse indurre a diverse conclusioni sul punto’;
con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, co d. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in quanto i giudici del secondo grado, senza esaminare tutte le specifiche censure formulate, avevano provveduto ad annullare tout court l’atto senza, invece rideterminare la somma dovuta;
il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate; 6. per ragioni di ordine logico va esaminato, preliminarmente, il terzo motivo, in forza del quale l’ufficio ha lamentato il vizio di motivazione apparente, motivo che deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate;
6.1. orbene, per le Sezioni Unite di questa Corte la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il
ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass. Sez. U. 19/06/2018, n. 16159 , che menziona Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; conf.: Cass. Sez. U. nn. 22229, 22230, 22231, del 2016. I medesimi concetti giuridici sono espressi da Cass. Sez. U. 24/03/2017, n. 766; Cass. Sez. U. 09/06/2017, n. 14430 ; Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9557 ). Ancor più di recente, Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, 18/04/2018, n. 9558; Cass. Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) ha avuto modo di ribadire che «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione»;
6.2. deve ritenersi che la sentenza, nel ritenere fondate le contestazioni relative alla illegittimità dell’atto impositivo per gravi carenze motivazionali in ragione dell’ insufficiente richiamo ai valori OMI ed all’assenza di dati concreti cui ancorare i l valore del bene, raggiunga certamente il c.d. ‘minimo costituzionale’ , essendo chiara la ragione decisoria sul punto;
il primo motivo è privo di fondamento;
7.1 va premesso che le quotazioni OMI esprimono un intervallo di valore tra un minimo ed un massimo per unità di superficie, riferite ad unità immobiliari «ordinarie» e tipizzate, classificate in una
determinata tipologia e situate in un ambito territoriale omogeneo. Tali quotazioni, risultanti dal sito web dell’RAGIONE_SOCIALE, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova ma strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicché, quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, utilizzabili dal giudice ai sensi dell’art. 115, comma 2, c.p.c., sono idonee solamente a condurre indicazioni di valori di «larga massima» (cfr. Cass. n. 25707/2015). È stato ripetutamente ribadito da questa Corte che le stime dell’OMI, meri valori presuntivi ed indiziari inidonei da soli a determinare un maggiore valore, non sono idonee a fondare il differente accertamento del valore effettuato dall’Ufficio e devono essere integrate da altri elementi probatori, per essere considerate ragionevolmente attendibili. Nell’ambito dei processi estimativi, le stime OMI non possono intendersi sostitutive della stima puntuale, in quanto forniscono indicazioni di valore di larga massima. Questa Corte (cfr. ordinanza n. 13992 del 2019) ha dunque ribadito l’illegittimità dell’avviso di liquidazione fondato esclusivamente su tali valori, in quanto non ritenuti idonei e sufficienti a certificare il valore dell’immobile, e ciò in quanto il valore venale in comune commercio di un bene oggetto di accertamento può variare in funzione di molteplici parametri, quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico e le oscillazioni del mercato immobiliare;
7.2. l’ ufficio avrebbe potuto ( rectius : dovuto), muovendo eventualmente dal valore catastale del cespite, effettuare una adeguata valutazione tecnica circa il valore del bene, e non basarsi sui semplici valori OMI, mentre la circostanza che il contribuente, sebbene sollecitato, si sia rifiutato di fornire indicazioni circa il valore dell’immobile usucapito non può mutare i termini della questione nel senso di attribuire valenza ‘significativa’ ai detti valori OMI, e lementi privi, in sé di, ‘precisione e gravità’ (vedi Cass. 24550/2020);
7.3 le superiori considerazioni -non inficiate dal fatto che si potesse trattarsi di prima attribuzione di valore, e non di rettifica – sono tali da rendere corrette le conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito circa la nullità dell’atto impositivo per difetto di motivazione, mentre l’ulteriore argomento di valutazione – circa il fatto che la stima non riguardava la specifica quota realmente acquisita in proprietà dal contribuente (tenuto conto che la sentenza riguardava anche la posizione del germano del contribuente, NOME COGNOME) -non costituisce una autonoma ratio decidendi, da ciò discendendo la inammissibilità del terzo motivo;
8. muovendo dai principi che precedono, trattandosi di un vizio genetico che ha inficiato a monte l’ atto impositivo rendendolo nullo, il giudice di merito non poteva rideterminare il quantum dovuto come preteso dal l’ufficio, con conseguente infondatezza del quarto motivo; 9. in conclusione il ricorso va rigettato. Nulla va disposto in ordine alle spese, stante la mancata costituzione del contribuente;
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione