Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21210 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21210 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4259-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis ;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
rappresentati e difesi dall’Avv ocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso;
-controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 6821/24/2021 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 17/09/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/4/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania, in sede di rinvio da Cass. n. 5634/2020, aveva accolto l’appello di NOME e NOME COGNOME avverso la sentenza n. 29/2011 della Commissione tributaria provinciale di Napoli, in rigetto del ricorso avverso avvisi di liquidazione con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva rideterminato l’imposta di registro dovuta sull ‘atto di divisione del patrimonio immobiliare loro pervenuto, parte per successione del padre, NOME COGNOME e parte per donazione, con il medesimo atto, della madre, NOME COGNOME
I contribuenti resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale affidato ad unico motivo, ed hanno da ultimo depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con l’unico motivo Agenzia delle entrate denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., in primo luogo violazione dell’art. 34 del D.P.R. n. 131/1986 per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto la divisione ereditaria tra i germani come un atto dichiarativo e non traslativo, nonostante la presenza di masse plurime derivanti da più atti, ovvero dalla successione del padre dei ricorrenti e dalla donazione inter vivos della madre.
1.2. L’ Agenzia delle entrate ha altresì lamentato che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente annullato l’atto impositivo anche sotto il profilo di difetto di motivazione.
1.3. La Commissione tributaria regionale ha, invero, rilevato la nullità dell’atto impugnato , in quanto «privo di adeguata motivazione circa i criteri adottati per la liquidazione dell’imposta suppletiva, non potendo ritenersi satisfattiva di detta esigenza l’affermazione apodittica che trae origine dalla legge» senza indicare, ai fini della «individuazione dell’imposta da applicare, il rapporto tra quota di diritto e quota di fatto» atteso che «nel caso in cui quest’ultima superi la pars iuris , la divisione, per l’eccedenza, perderà la sua natura dichiarativa, per divenire un negozio parzialmente traslativo, assoggettato alla relativa imposta di trasferimento».
1.4. Come più volte affermato da questa Corte, l’obbligo di motivazione di cui all’art. 7, legge. n. 212 del 2000, impone che sia possibile per il contribuente individuare la base imponibile e l’aliquota tariffaria applicata dall’Ufficio, sia pure all’esito di una operazione di mero calcolo matematico, senza margini d’incertezza , af fermandosi, quindi, « la necessità che l’Ufficio provveda ad esplicitare con chiarezza nell’avviso di liquidazione indipendentemente dalla allegazione o non allegazione della sentenza – i criteri seguiti nel calcolo dell’imposta, in tutti i casi in cui, per la presenza di profili di complessità nella fattispecie oggetto del titolo giudiziario tassato, il contribue nte sarebbe all’oscuro del criterio di liquidazione in concreto adottato dall’Amministrazione finanziaria e conseguentemente costretto a basare la propria opposizione all’avviso di liquidazione su ipotesi ricostruttive meramente congetturali di applicazione dell’imposta, il che è certamente contrario ai principi di tutela sostanziale ed effettiva» (cfr. Cass. n. 26340 del 2021; conf. Cass. n. 11284 del 2022).
1.5. In tema di determinazione dell’imposta di registro, in particolare, l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica, avendo la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa e, al contempo, di consentire l’esercizio del diritto di difesa del contribuente, deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto, in base al quale la rettifica è stata operata, poiché solo nella fase contenziosa l’Amministrazione ha l’onere di provare l’effettiva sussistenza dei presupposti fattuali per l’applicazione del criterio prescelto (cfr. ex plurimis Cass. n. 24449 del 2022).
1.6. È quindi necessaria, oltre ad una chiara e precisa indicazione del provvedimento oggetto di tassazione, l’indicazione dei criteri per il calcolo dell’imposta di registro, oltre che dei riferimenti normativi e tariffari, la base imponibile, l’aliquota e l’imposta (cfr. Cass. n. 30084 del 2021), avendo, in termini più generali, la Corte, infatti, rilevato l’imprescindibilità dell’indicazione della base imponibile oggetto di recupero a tassazione, e delle relative aliquote applicate ( ex plurimis , cfr. Cass. n. 18389 del 2018, Cass. n. 4187 del 2009, Cass. n. 15381 del 2008).
1.7. Nella fattispecie in esame, nel l’avviso di liquidazione, riprodotto dalla ricorrente nel ricorso in cassazione, se da una parte vi era precisa indicazione degli estremi dell’atto tassato ( «…atto stipulato il 17/05/2006 dal Notaio COGNOME NOME Repertorio N. 115621/320411 Registrato Telematicamente il 05/06/2006 al n. 4309 presso l’Ufficio Reg. – Napoli 4 dante causa: COGNOME NOME … e altri avente causa: NOME … e altri … »), dall’altro mancava del tutto l’indicazione della base imponibile incisa e delle aliquote applicate, nonché dei criteri tariffari di applicazione dell’imposta di registro, limitandosi l’atto, come correttamente indicato nella sentenza di primo grado, ad indicare che «trattasi di comunioni plurime tra medesimi condividendi», senza menzionare «una massa successoria iniziale ed una rinuncia all’eredità …», ma riportando «singole masse …( ndr . senza il relativo) … ammontare» e neppure indicando la presenza di richiesta di «agevolazioni per prima casa».
1.8. L’atto impugnato, come correttamente affermato dalla Commissione tributaria regionale, risultava dunque illegittimo per difetto di motivazione.
1.9. Trattandosi di ratio decidendi, alternativa rispetto alla ratio dianzi illustrata circa la tassazione della divisione ereditaria come atto dichiarativo e non traslativo, e sufficiente a sorreggere autonomamente l’impugnata decisione con riguardo al ricorso avverso l’avviso di liquidazione in oggetto, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va conseguentemente respinto sotto tale profilo.
2.1. I contribuenti, con l’unico motivo di ricorso incidentale, denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. violazione «dell’articolo 2233 c.c., del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 15, nonché del Decreto
Ministeriale 5 aprile 2014, n. 55, del Ministero della Giustizia come modificato dal Decreto Ministeriale n. 37 del 2018 e delle tabelle 13 -23 -24 dei parametri ad esso allegate».
2.2. In particolare, lamentano che i Giudici d’appello, in punto di spese processuali, non avrebbero, da un lato, provveduto alla regolamentazione delle spese dei precedenti gradi del giudizio medesimo, essendosi limitati a liquidare unicamente quelle di cui al giudizio di cassazione e di riassunzione, e dall’altro, le avrebbero liquidate, per i suddetti giudizi, in misura inferiore ai minimi tariffari.
2.3. In punto di diritto il Collegio osserva che in materia di spese processuali, la parte soccombente nei gradi di merito precedenti a quello di legittimità, che poi risulti vittoriosa all’esito del giudizio di rinvio, ha diritto ad ottenere la liquidazione non solo delle spese processuali relative ai giudizi di rinvio e di cassazione, ma anche di quelle sostenute nel corso dell’intero processo; pertanto, ove ne abbia fatto richiesta, la mancata statuizione sul punto del giudice del rinvio integra un’omissione censurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 1407 del 2020; Cass. n. 15868 del 2015).
2.4. Gli odierni ricorrenti incidentali sono risultati vincitori all’esito della precedente sentenza pronunciata da questa Corte e, di conseguenza, avrebbero avuto diritto alla liquidazione delle spese di giudizio anche in relazione ai precedenti due gradi di merito nei quali erano rimasti soccombenti.
2.5. La Commissione tributaria regionale, invece, dopo aver accolto la domanda nel giudizio di rinvio, ha riconosciuto la liquidazione delle spese soltanto quanto a quel giudizio e a quello di cassazione, il che configura una sicura omissione in considerazione dell’esistenza di una formale richiesta in tal senso, né vi può essere, su questo punto, un rigetto implicito.
2.6. Questa Corte ha inoltre chiarito e ribadito che: «in tema di spese giudiziali, il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari in relazione a ciascun grado di giudizio, poiché solo tale specificazione consente alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati e di conseguenza le ragioni per le quali sono state eventualmente ridotte le richieste presentate nelle note spese» (cfr. Cass. n. 20935 del 2017; Cass. n. 19623 del 2016; Cass.
n. 24890 del 2011); «in tema di spese processuali, il giudice, nel pronunciare la condanna della parte soccombente al rimborso, in favore della controparte, delle spese e degli onorari del giudizio, deve liquidarne l’ammontare separatamente, con conseguente illegittimità della mera indicazione dell’importo complessivo, priva della specificazione delle due voci, in quanto inidonea a consentire il controllo sulla correttezza della liquidazione, anche in ordine al rispetto delle relative tabelle (cfr. Cass. n. 23919 del 2020; Cass. n. 18905 del 2017)»; « la liquidazione dei compensi in applicazione del d.m. n. 55 del 2014 deve essere effettuata per ciascuna fase del giudizio, in modo da consentire la verifica della correttezza dei parametri utilizzati ed il rispetto delle relative tabelle (cfr. Cass. n. 19482 del 23/07/2018)» (così Cass. 16 maggio 2022, n. 15533).
2.7. L ‘operata unica liquidazione, forfettaria ed onnicomprensiva per il giudizio di legittimità e per quello di rinvio da parte della Commissione tributaria regionale, risulta, dunque, contraria ai principi di diritto sopra riepilogati, non consentendo neppure di verificare la lamentata violazione dei minimi tariffari.
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, va accolto il ricorso incidentale, respinto il ricorso principale, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da