Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21011 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21011 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere – rel.-
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
REGISTRO SENTENZA
USUCAPIONE –
MOTIVAZIONE AVVISO
LIQUIDAZIONE
Ud. 10/04/2025
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29317/2022 del ruolo generale, proposto
DA
COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, giusta procura e nomina da intendersi poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
l ‘RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 281/1/2022 della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo depositata in data 4 maggio 2022.
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 10 aprile 2025. Numero sezionale 2581/2025 Numero di raccolta generale 21011/2025 Data pubblicazione 24/07/2025
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è la pretesa contenuta nell’avviso di liquidazione in atti con cui l’Ufficio accertava le imposte di registro ed ipocatastali dovute in relazione alla sentenza n. 1472/2016 emessa dal Tribunale di Teramo, la quale aveva dichiarato l’acquisto a titolo di usucapione da parte della ricorrente di tre unità immobiliari, determinando nella somma di 9.031,75 € il prelievo fiscale su di una base imponibile stimata in 99.141,00 €.
La Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 53/1/2021 della Commissione tributaria provinciale di Teramo e rideterminava la somma dovuta a titolo di imposta di registro nella misura di 5.948,46 €, considerando per quanto ora occupa in ordine ai motivi di impugnazione -che:
la registrazione della sentenza era stata effettuata di ufficio, stante l’omesso pagamento dell’imposta, ai sensi dell’art. 54 d.P.R. n. 131/1896 (da ora anche T.U.R.);
-l’avviso di liquidazione, contenente l’indicazione della sentenza tassata e dei suoi contenuti, della base imponibile e delle voci delle varie imposte richieste in pagamento, doveva reputarsi motivato, anche se l’atto oggetto di imposizione non era stato allegato all’avviso, essendo esso conosciuto dal contribuente ed essendo stati riportati gli elementi identificativi dello stesso, nonché i criteri normativi e matematici di determinazione dell’imposta (base imponibile, aliquota tariffaria ed imposte);
l’assoluta semplicità del giudizio civile svoltosi dinanzi al tribunale di Teramo per accertare l’usucapione sui predetti immobili
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rendeva l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro sufficientemente motivato con l’indicazione dei suddetti elementi, che palesavano in modo chiaro il contenuto della pretesa; Numero di raccolta generale 21011/2025 Data pubblicazione 24/07/2025
il valore dell’immobile era stato, peraltro, in sede di giudizio, confermato dal prezzo di vendita dei medesimi beni di cui agli atti di alienazione stipulati dal contribuente il 16 giugno 2020 per un valore complessivo di 112.000,00 €, cifra di molto superiore a quella dichiarata (peraltro solo in giudizio) dalla contribuente pari a 35.000 €.
Avverso tale pronuncia NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, notificandolo in data 5 dicembre 2022, formulando tre motivi d’impugnazione, successivamente depositando memoria ex art. 380bis .1. c.p.c.
L’Agenzia delle Entrate depositava in data 8 ottobre 2023 controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Motivi di ordine logico-giuridico suggeriscono di esaminare, per il suo carattere pregiudiziale, il secondo motivo di ricorso, con cui l’istante ha censurato la sentenza impugnata, eccependo, con riguardo al canone di cui all’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per motivazione apparente.
E ciò, per non avere il Giudice regionale provveduto a confutare le argomentazioni della sentenza di primo grado (che aveva riconosciuto invece il difetto di motivazione dell’avviso), reputando l’atto di liquidazione motivato senza, però, spiegare le relative ragioni e quali sarebbero stati i criteri adottati dall’ufficio per assegnare il valore al bene oggetto di tassazione.
1.1. Il motivo non ha fondamento.
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Sul piano dei principi va ricordato che questa Corte (a partire da Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053) ha ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché munita di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, in modo tale da non consentire alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture: Numero di raccolta generale 21011/2025 Data pubblicazione 24/07/2025
Risulta, invece, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (v., tra le tante, Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass., Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass., Sez. U., 9 giugno 2017, n. 14430; Cass., Sez. U., 19 giugno 2018, n. 16159; Cass., Sez. U., 18 aprile 2018, n. 9558 e Cass., Sez. U., 31 dicembre 2018, n. 33679; Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., Sez. T, 31 gennaio 2023, n. 2689; e da ultimo Cass., Sez. T., 29 luglio 2024, n. 21174).
Va aggiunto sul punto che il giudice del merito non deve dar conto di ogni argomento difensivo sviluppato dalla parte, non è tenuto cioè a discutere ogni singolo elemento o a argomentare sulla condivisibilità o confutazione di tutte le deduzioni difensive, essendo, invece, necessario e sufficiente, in base all’art. 132, secondo comma, num. 4, c.p.c., che esponga gli elementi in fatto e di diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo in tal modo ritenersi disattesi, per implicito, tutti gli argomenti non
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espressamente esaminati, ma considerati subvalenti rispetto alle ragioni della decisione (cfr. Cass., Sez. T, 19 maggio 2024, n. 12732; Cass., Sez. VI/T, 2 febbraio 2022, n. 3108, che richiama Cass., Sez. II, 25 giugno 2020, n. 12652; Cass., Sez. I, 26 maggio 2016, n. 10937; Cass., Sez. VI, 17 maggio 2013, n. 12123 e anche Cass., Sez. I, 31 luglio 2017, n. 19011, Cass., Sez. I, 2 agosto 2016, n. 16056 e Cass., Sez. T., 24 giugno 2021, n. 18103). Data pubblicazione 24/07/2025
1.2. Ciò posto, nella specie, emerge dal resoconto della sentenza impugnata che le ragioni della decisione si sono basate sulla considerazione della sufficienza dei suindicati elementi fattuali (indicazione della sentenza oggetto di tassazione e del suo contenuto, valore dei beni, aliquota applicata) e dei criteri normativi e matematici applicati, anche in ragione della semplicità dei dati da considerare in relazione ad una sentenza che aveva definito un giudizio che non presentava elementi di complessità.
Si tratta di un apparato argomentativo, condivisibile o meno, ma che certamente ha dato conto delle ragioni della decisione, rendendo cioè manifesta la sua ratio, per cui la riferita motivazione va considerata ampiamente compatibile con il minimo costituzionale esigibile.
Vanno ora esaminati congiuntamente il primo ed il terzo motivo di ricorso in quanto connessi.
2.1. Con la prima censura il ricorrente ha eccepito, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 51, 52, 53 e 54 d.P.R. n. 131/1986, in combinato disposto con l’art. 7 della legge n. 212/2000, contestando la valutazione del giudice regionale per aver ritenuto assolto l’onere motivazionale dell’atto di liquidazione mediante la mera indicazione del disposto normativo ed utilizzando poi a
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conforto elementi di prova postumi introdotti dall’Agenzia solo nel corso del giudizio. Numero di raccolta generale 21011/2025 Data pubblicazione 24/07/2025
L’istante ha aggiunto che la considerazione di un solo elemento per la determinazione del valore dell’immobile, anche se di una certa rilevanza, non poteva costituire presupposto per procedere ad una rettifica di valore, contestando all’ufficio di aver omesso di valutare i fatti nel loro complesso e di motivare adeguatamente il valore assegnato ai beni, peraltro facendo riferimento anche ad atti successivi di oltre tre anni la sentenza oggetto di tassazione ad emessi in un periodo di crisi del settore, in quanto condizionato dalla emergenza epidemiologica dovuta al COVID, concludendo sul punto nel senso che le valutazioni della Commissione regionale sono state sviluppate sulla scorta di una errata applicazione della normativa sopra richiamata.
2.2. Con la terza doglianza l’istante ha ribadito, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 51, 52, 53 e 54 d.P.R. n. 131/1986, in combinato disposto con l’art. 7 della legge n. 212/2000, rimproverando alla Commissione di aver ribaltato la valutazione del primo Giudice e di aver ritenuto l’avviso motivato attraverso il solo richiamo alla previsione dell’art. 53 T.U.R. e gli estremi della sentenza l’oggetto dell’imposta, nonostante la mancata allegazione dell’atto giudiziario.
2.3. Dette censure non hanno fondamento.
Va subito chiarito che, nonostante la dedotta violazione delle previsioni degli artt. 51, 52, 53 e 54 T.U.R., i motivi in esame lamentano, nella loro concretezza, il vizio motivazionale dell’avviso di liquidazione, come emerge in termini assolutamente chiari dall’assunto secondo il quale nell’atto « non erano stati indicati tutti gli elementi necessari per una esauriente motivazione, in
relazione agli elementi in base ai quali era stato determinato il valore degli immobili e cioè la base imponibile su cui calcolarsi l’imposta, non potendo ritenersi sufficiente la ripetizione della formula ‘… base imponibile determinata ai sensi dell’articolo 53, comma 1, DPR 131/89, pari ad euro 99.141,00» (v. pagina n. 18 del ricorso). Numero sezionale 2581/2025 Numero di raccolta generale 21011/2025 Data pubblicazione 24/07/2025
Allo stesso modo, il cuore del terzo motivo riposa sul rilievo secondo il quale « l’impugnato provvedimento è del tutto insufficiente non essendo stato allegato l’atto giudiziario tassato, comportando la radicale nullità dell’avviso per carenza di motivazione» (v. pagina n. 31 del ricorso).
In tali termini, va considerato eccentrico rispetto alle menzionate ragioni di contestazione il riferimento alla non rilevanza probatoria dei due atti prodotti dall’Agenzia in ragione della loro collocazione temporale rispetto alle previsioni dell’art. 52 d.P.R. n. 131/1986, trattandosi di profilo che attiene alla correttezza della determinazione della base imponibile, non anche al tema, qui in discussione, della motivazione dell’atto.
2.4. Come si diceva, i suddetti motivi non possono essere accolti.
Occorre ricordare che la tassazione in esame è avvenuta all’esito della registrazione di ufficio della sentenza ai sensi dell’art. 15 T.U.R. e l’art. 54, comma 5, ultima parte, del medesimo testo unico stabilisce che «Nell’avviso devono essere indicati gli estremi dell’atto da registrare o il fatto da denunciare e la somma da pagare».
Si tratta di una norma specifica in punto di motivazione dell’avviso di liquidazione, che definisce il contenuto mimino essenziale dello stesso, caratterizzato dal fatto che, diversamente da quanto previsto dagli artt. 51 e 52 TUR (in cui occorre indicare
gli elementi in base ai quali è stato determinato la base), qui non vi è un valore dichiarato da rettificare, ma l’Ufficio determina direttamente la base imponibile su cui calcolare l’imposta. Numero sezionale 2581/2025 Numero di raccolta generale 21011/2025 Data pubblicazione 24/07/2025
E si tratta di una norma che in detto contenuto minimo soddisfa i requisiti imposti dall’art. 7 della legge n. 212/2000, che richiede l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche dell’avviso, nel caso di specie soddisfatti dalla previsione dell’art. 54 T.U.R. citato, vale a dire dall’indicazione degli estremi dell’atto da registrare della somma da pagare, a cui si aggiunta nella specie la base imponibile.
2.5. Questa Corte ha affermato che «se le indicazioni di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 54, comma 4, risultano riportate nell’atto, tanto basta ai fini della motivazione dell’avviso di liquidazione, “non essendo neanche necessario allegare agli atti la sentenza o il suo contenuto essenziale ai fini del pagamento dell’imposta di registro, trattandosi di pronuncia resa a seguito di giudizio che ha visto i ricorrenti quali parti in causa, trattandosi di provvedimento quindi conosciuto dalle parti, non potendosi ravvisare alcuna violazione del diritto di difesa tutelato dalla L. n. 212 del 2000, art. 7 (Statuto dei diritti del contribuente)” (Cass. n. 24098/2014)» (così Cass., Sez. T., 12 ottobre 2021, n. 239).
I principi enunciati dalla Corte sono all’evidenza applicabili al caso di specie proprio perché la sentenza del tribunale soggetta ad imposta di registro era atto conosciuto o conoscibile dalla ricorrente, in quanto parte del relativo giudizio.
Siffatta interpretazione è stata ritenuta « in sintonia con il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2bis , seconda parte, (quale introdotto dal D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 4, comma 1), secondo il quale, in relazione al contenuto dell’avviso di rettifica e di liquidazione per l’imposta di registro su atti aventi ad oggetto
beni immobili o diritti reali immobiliari “se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale”» (così Cass., Sez. T., 12 ottobre 2021, n. 239 cit.). Numero sezionale 2581/2025 Numero di raccolta generale 21011/2025 Data pubblicazione 24/07/2025
Si tratta, dunque, di obblighi (allegazione dell’atto di riferimento o riproduzione del suo contenuto essenziale) inerenti al corredo motivazionale dell’avviso, da considerarsi alternativi, paritari ed equipollenti, dovendosi intendersi per contenuto essenziale l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale -di definire l’oggetto del contendere (cfr., tra le tante, Cass., Sez. VI/T. 78 aprile 2021, n. 9344; Cass., Sez. V, 8 ottobre 2020, n. 21713 e la giurisprudenza ivi richiamata).
Deve, quindi, ribadirsi l’orientamento più volte espresso da questa Corte, secondo cui «in tema di imposta di registro su atti giudiziari, l’obbligo di motivazione dell’avviso di liquidazione, gravante sull’Amministrazione, è assolto con l’indicazione della data e del numero della sentenza civile o del decreto ingiuntivo, senza necessità di allegazione dell’atto, purché i riferimenti forniti lo rendano agevolmente individuabile, e conseguentemente conoscibile senza la necessità di un’attività di ricerca complessa, realizzandosi in tal caso un adeguato bilanciamento tra le esigenze di economia dell’azione amministrativa ed il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente (cfr. Cass. n. 11283 del 07/04/2022, Cass. n. 30084 del 26/10/2021)» (così, tra le tante, da ultimo, Cass., Sez. T., 23 gennaio 2024, n. 2294).
2.6. Sul piano dei principi generali, poi, giova ricordare che « l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi
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adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’ an ed il quantum dell’imposta; in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass., 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2555; Cass., 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., 10 novembre 2010, n. 22841; Cass., 15 novembre 2004, n. 21571)» (così Cass., Sez. T., 26 luglio 2023, n. 22702, che richiama Cass. 24 agosto 2021, n. 23386; Cass. 30 gennaio 2019, n. 2555; Cass. 8 novembre 2017, n. 26431; Cass. 10 novembre 20101, n. 22841; Cass. 15 novembre 2004, n. 21571 ed ancora, tra le tante, Cass. 29 ottobre 2021, n. 30887/2021; nello stesso senso, Cass., Sez. T., 2 maggio 2023, n. 11443 e n. 11449). Data pubblicazione 24/07/2025
2.7. Alla luce di tali principi, va allora, riconosciuto la sufficienza della suindicata motivazione dell’avviso impugnato, nel senso della sua capacità di rappresentare le ragioni essenziali della pretesa.
Va solo aggiunto, al riguardo, che non va confusa la motivazione dell’avviso con la dimostrazione (prova) dei fatti costitutivi della pretesa fiscale, dovendo sul punto considerarsi che «La motivazione dell’avviso di accertamento costituisce requisito formale di validità dell’atto impositivo, distinto da quello dell’effettiva sussistenza degli elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa tributaria, l’indicazione dei quali è disciplinata dalle regole processuali dell’istruzione probatoria
operanti nell’eventuale giudizio avente ad oggetto detta pretesa» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 4639 del 21/02/2020)» (cfr., tra le tante, Cass. Sez. T., 14 maggio 2024, n. 13305, che richiama Cass. Sez. T., 21 febbraio 2020, n. 4639 e, nello stesso senso, Cass. 5 aprile 2013, n. 8399; Cass. 28 settembre 2020, n. 20428; Cass. 10 maggio 2022, n. 14744). Numero sezionale 2581/2025 Numero di raccolta generale 21011/2025 Data pubblicazione 24/07/2025
Con la quarta doglianza la contribuente ha dedotto, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c. la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., contestando al Giudice regionale di aver compensato le spese dell’intero giudizio in ragione della soccombenza reciproca, laddove detta ipotesi poteva ritenersi integrata solo nel grado di appello, ma non anche con riferimento al primo grado di giudizio, ove la domanda della contribuente era stata integralmente accolta.
A dire della difesa della ricorrente, la Commissione regionale avrebbe, pertanto, dovuto confermare la condanna di spese di lite del primo grado di giudizio o al più provvedere ad una compensazione parziale delle spese di primo grado.
Il motivo si rivela palesemente infondato, essendo sufficiente osservare che il Giudice dell’appello, quando riformi la sentenza di primo grado – come avvenuto nella specie – è tenuto a liquidare le spese dell’intero giudizio, tenendo presente l’esito complessivo della lite.
Non può, quindi, parcellizzare la liquidazione delle spese in relazione i vari gradi di giudizio, ma deve procedere ad una liquidazione unitaria, considerando se la parte risulti, alla fine del giudizio di primo grado, vittoriosa o soccombente.
Come, infatti, più volte precisato, anche da ultimo da questa Corte (v. Cass., Sez. T., 24 gennaio 2024, n. 2365 e Cass., Sez. T, 19 novembre 2024, n. 29677), in caso di riforma, totale o parziale,
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della sentenza di primo grado, il giudice di appello deve procedere ad un nuovo regolamento delle spese processuali, liquidando e rideterminando le spese di entrambi i gradi, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite, poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, ove si consideri che, in base al disposto dell’art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese (v., ex multis , Cass. 22 agosto 2018, n. 20920/2018 e Cass. 22 febbraio 2016, n. 3438). Data pubblicazione 24/07/2025
La valutazione della Commissione regionale di compensare spese dell’intero giudizio per l’accoglimento parziale (e non per la reciproca soccombenza) della pretesa, in assenza di altre contestazioni sul punto, si rivela, dunque, corretta.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza.
Va, infine, dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore dell’Agenzia delle Entrate nella misura di 2.500,00 € per competenze, oltre al pagamento delle spese prenotate a debito.
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Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso. Numero di raccolta generale 21011/2025 Data pubblicazione 24/07/2025
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 aprile 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME