Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8804 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8804 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 03/04/2024
Registro Invim Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22665/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE S.p.a., in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 15/19, depositata il 15 gennaio 2019, della Commissione tributaria regionale del Veneto;
Udita la relazione della causa, svolta nella pubblica udienza del 5 dicembre 2023, dal AVV_NOTAIO; uditi l’AVV_NOTAIO , per la ricorrente, e l’AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, per l’ RAGIONE_SOCIALE; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 15/19, depositata il 15 gennaio 2019, la Commissione tributaria regionale del Veneto ha accolto l’appello principale proposto dall’ RAGIONE_SOCIALE, e disatteso quello spiegato in via incidentale da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE S.p.a., così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che aveva parzialmente accolto l’impugnazione di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro emesso in relazione alla registrazione di sentenza del Tribunale di Padova (n. 1133/2015, del 14 aprile 2015) che recava condanna al pagamento della somma di € 3.777.608,20 «oltre rivalutazione ed interessi legali».
1.1 -A fondamento del decisum , il giudice del gravame ha rilevato che:
trattandosi di un credito di valore (derivante da pronuncia risarcitoria), e secondo consolidata giurisprudenza, il credito risarcitorio andava rivalutato con applicazione, anno per anno, degli interessi sul rivalutato, così che in detti termini andava interpretato il dispositivo della sentenza civile;
-l’ufficio a tanto si era attenuto «utilizzando sia per la rivalutazione che per gli interessi gli indici e i tassi ufficiali fissati dal legislatore, senza alcun intervento di natura discrezionale»; né l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto tener conto della documentazione processuale (in specie della
perizia prodotta in corso di causa) per far decorrere «la rivalutazione da una data non corrispondente a quella della domanda»;
-non sussisteva, pertanto, il difetto di motivazione dell’atto impositivo, qual dedotto a fondamento dell’appello incidentale, in quanto l’avviso di liquidazione riportava l’indicazione della sentenza tassata (peraltro nota alla contribuente) e della somma sottoposta a tassazione, così che l’imposta liquidata (quando a rivalutazione ed interessi) conseguiva «da un semplice calcolo» sulla base di «tabelle previste dalla normativa in vigore» RAGIONE_SOCIALE quali si doveva «presumere la perfetta conoscenza da parte di un istituto bancario».
– La RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi, ed ha depositato memoria.
L’ RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, assumendo che -così come reso inequivoco dall’obiettivo tenore della sentenza impugnata il giudice del gravame aveva confermato la legittimità dell’avviso di liquidazione, in punto di tassazione di rivalutazione monetaria e di interessi, prescindendo (del tutto) dal contenuto dell’atto sottoposto a tassazione (una sentenza) ed affidando il decisum a criteri astratti di regolazione di detti istituti;
spiega, in particolare, la ricorrente che:
non risultando determinato dalla sentenza civile il dies a quo di rivalutazione ed interessi, del tutto erroneamente -ed ancora una volta (solo) opinando in astratto -il giudice del gravame aveva rilevato che l’RAGIONE_SOCIALE non avrebbe dovuto tener conto della documentazione
processuale (in specie della C.T.U. assunta in corso di causa) per far decorrere «la rivalutazione da una data non corrispondente a quella della domanda» in quanto da una siffatta omessa indicazione altra ricaduta avrebbe potuto trarsi se non (solo) quella della debenza di rivalutazione ed interessi a decorrere dalla stessa pronuncia di condanna;
-l’omessa considerazione del contenuto complessivo della sentenza sottoposta a registrazione -ov’erano riportate (dietro riproduzione in fotocopia) le perizie che si erano succedute in corso di causa sino a quella depositata il 27 giugno 2012 -aveva precluso la corretta interpretazione della sentenza stessa che -nel rilevare la maggiore affidabilità, ai fini della determinazione del quantum risarcitorio da correlare ai denunciati vizi e difetti di costruzione di un complesso immobiliare, della indicazione peritale che aveva individuato nei «costi massimi» la soluzione «più adatta in ragione del tempo trascorso» -aveva (così) tenuto conto, ai fini della determinazione della somma liquidata a titolo risarcitorio, di valori già rivalutati, ed attualizzati, quantomeno alla data dell’ultima CTU (del 27 giugno 2012), così che non si giustificava una diversa decorrenza degli accessori ( id est dalla data della domanda);
1.2 -il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., reca la denuncia di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, così la parte riproponendo, sotto il detto parametro del sindacato di legittimità, la denuncia di omesso esame dell’intero contenuto della sentenza civile sottoposta a tassazione, sentenza ov’erano trascritti quegli stessi elaborati peritali che davano conto dei criteri di liquidazione (ed attualizzazione) del danno;
1.3 -col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione della l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, deducendo, in sintesi, che -se l’avviso di liquidazione recava esplicitazione della base imponibile, e dell’aliquota (3%) di imposta applicata , a riguardo della pronuncia di condanna emessa per l’importo di € 3.777.608,20 (cui si correlava un ‘imposta pari ad € del -113.328,25), e ciò non di meno tutto inespressi erano rimasti i criteri di tassazione dell’atto correlati di dispositivo secondo il quale detta somma dictum (questa volta) al era dovuta «oltre rivalutazione ed interessi legali»; ne conseguiva, pertanto, che l’atto impositivo difettava di ogni indicazione con riferimento agli accessori della somma liquidata a titolo risarcitorio e, che era stata liquidata in così, al più complessivo importo dell’imposta € 173.337,00 (per una maggiore imposta, afferente a rivalutazione ed , pertanto, per quest’ultimo importo 60.008,75); a interessi, pari a € l’avviso di liquidazione non recava indicazioni quanto a decorrenza di rivalutazione ed interessi, base imponibile ed aliquota applicata, né la motivazione avrebbe potuto essere integrata nel successivo corso del con l’atto di appello, l’RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto dei giudizio (ove, prospetti di calcolo).
-Il primo ed il terzo motivo di ricorso -dal cui congiunto esame, dettato dalla ricorrenza di una medesima quaestio iuris di fondo, consegue l’assorbimento del secondo motivo sono fondati, e vanno senz’altro accolti .
2.1 – Il d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, dispone che «L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente …» .
Come di recente lo stesso Giudice RAGIONE_SOCIALE Leggi ha avuto modo di rilevare – nel ritenere la legittimità costituzionale della novellazione di detta disposizione che correla (ora) l’intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto agli «elementi desumibili dall’atto medesimo,
prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi» – detta disposizione «nel confermare la tassazione isolata del negozio veicolato dall’atto presentato alla registrazione secondo gli effetti giuridici da esso desumibili, si mostra coerente con i principi ispiratori della disciplina dell’imposta di registr o e, in particolare, con la natura di ‘imposta d’atto’ storicamente riconosciuta al tributo di registro dopo la sostanziale evoluzione da tassa a imposta.»; e si è, quindi, rimarcato che (così) la disposizione di cui all’art. 20, cit., è stata ricondotta «all’interno del suo alveo originario, dove l’interpretazione, in linea con le specificità del diritto tributario, risulta circoscritta agli effetti giuridici dell’ atto presentato alla registrazione (ovverossia al gestum , rilevante secondo la tipizzazione stabilita dalle voci indicate nella tariffa allegata al testo unico)» (così Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158; v., altresì, Corte Cost., 16 marzo 2021, n. 39).
Del resto, la giurisprudenza della Corte ha, in più occasioni, rilevato che la natura di «imposta d’atto» comporta, nel caso in cui l’atto da registrare sia una sentenza, che per stabilire i presupposti e i criteri della tassazione occorre fare riferimento al contenuto ed agli effetti che emergono dalla sentenza stessa, senza possibilità di utilizzare elementi ad essa estranei né di ricercare contenuti diversi da quelli su cui si sia (eventualmente) formato il giudicato (v. Cass., 19 giugno 2020, n. 12013; Cass., 7 novembre 2012, n. 19247; Cass., 20 luglio 2011, n. 15918; Cass., 27 ottobre 2006, n. 23243).
2.2 -Come, allora, ben deduce la ricorrente col primo motivo di ricorso, la gravata sentenza ha (del tutto) omesso di correlare il riscontro di legittimità del contestato avviso di liquidazione all’effettivo contenuto della sentenza sottoposta a tassazione, risolvendo il decisum -specialmente in punto di liquidazione dell’imposta su rivalutazione ed
interessi riconosciuti in dispositivo sulla sorte capitale (di € 3.777.608,20) -su generali argomentazioni afferenti il règime (giuridico) in tesi applicabile alla fattispecie civilistica esaminata (una condanna al risarcimento dei danni derivati da vizi e difetti di una costruzione edilizia; art. 1669 cod. civ.), con ciò senza sottoporre ad esame, e conseguente interpretazione, (proprio) l’atto che, risolvendo detta controversia, ne aveva determinato gli effettivi termini di composizione qual sussumibili, poi, nella tipizzazione della fattispecie impositiva in concreto portata dall’avviso di liquidazione.
Modus agendi questo che, come in immediato seguito si dirà, ha precluso al giudice del merito (anche) una corretta definizione del motivo di appello che involgeva il difetto di motivazione dell’atto impositivo.
3. -Premesso che il riscontro del presupposto impositivo -secondo la specifica fattispecie declinata dall’atto che la assume a fondamento della pretesa fiscale -attiene ad un piano di valutazione -quello della fondatezza della pretesa stessa -che va tenuto distinto da quello che involge la struttura formale dell’atto stesso seppur con ricadute che incidono sulle garanzie di difesa del contribuente -e, nello specifico, il requisito della motivazione dell’atto impositivo stesso, ciò non di meno -e proprio in tema di avvisi di liquidazione dell’imposta dovuta in relazione alla registrazione di atti giudiziari -la Corte ha avuto modo di rilevare una qual certa osmosi tra atto impositivo (l’avviso di liquidazione) e atto giudiziario sottoposto a tassazione ( recte , il contenuto RAGIONE_SOCIALE stesso) e, dunque, la rilevanza dell’esame di quest’ultimo (proprio) sul piano dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione dell’avviso di liquidazione.
3.1 – Difatti si è condivisibilmente osservato che:
a i fini del riscontro della compiutezza motivazionale dell’atto impositivo «è indifferente … che gli elementi da porre a base della
liquidazione dell’imposta di registro siano desumibili direttamente dalla motivazione dell’atto impositivo, ovvero indirettamente dal contenuto di un diverso atto da questo richiamato (seppure ad esso non allegato) allorché si tratti di un atto conosciuto o comunque agevolmente conoscibile dal contribuente; ciò perché l’obbligo di motivazione non può essere inteso in senso formalistico e va anch’esso reso coerente con il principio di collaborazione e buona fede nei rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuente (l. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1), in modo tale che “l’obbligo per l’amministrazione finanziaria di comunicare, in allegato all’avviso di liquidazione, un atto già noto al contribuente integrerebbe un adempimento superfluo ed ultroneo, che, da un lato, determinerebbe un eccessivo aggravamento degli oneri connessi all’esercizio della potestà impositiva e, dall’altro, non varrebbe a fornire elementi utili e significativi per la tutela del diritto di difesa nei confronti della pretesa tributaria” (Cass. n. 21713/2020 cit.)»;
– del resto «non è neppur detto … che l’obbligo motivazionale sia sempre e comunque soddisfatto con la sola allegazione all’avviso di liquidazione dell’atto giudiziario tassato, dovendosi anche in tal caso, ed in attuazione RAGIONE_SOCIALE scopo pratico ed effettivo della motivazione, verificare caso per caso se il contribuente sia stato con ciò solo posto in condizione di prontamente (al fine di evitare attività di ricerca ed indagine erosive dei tempi liberi di impugnazione) ed esattamente (al fine di ben delimitare petitum e causa petendi dell’eventuale impugnazione) cogliere tutti gli elementi (fattuali, giuridici e matematici) del prelievo, tanto che: “la mera allegazione della sentenza civile può essere talora insufficiente ad integrare il contenuto dell’avviso di liquidazione, come nel caso in cui l’elevato grado di complessità RAGIONE_SOCIALE statuizioni giudiziali non assicuri un’agevole comprensione in ordine alle modalità di individuazione della base
imponibile ed ai criteri di calcolo dell’imposta” (Cass. n. 21713/20 cit.)»;
– «allorquando il contribuente deduca il mancato assolvimento dell’obbligo motivazionale gravante sull’amministrazione finanziaria stante la affermata esistenza di ben specificati elementi di dubbio e di non comprensibilità della pretesa, la valutazione di fondatezza di questa deduzione non si esaurisce nel mero riscontro della formale allegazione all’avviso della sentenza assoggettata all’imposta di registro … richiedendo piuttosto una globale valutazione di sufficienza circa l’indicazione degli elementi essenziali (sia normativi sia applicativi, quali la base imponibile e l’aliquota applicata: Cass. n. 13402/20) sui quali la liquidazione dell’imposta si fonda; e ciò tanto nel caso in cui questi elementi siano immediatamente riportati nell’avviso impugnato, tanto in quello in cui essi siano desumibili dal provvedimento giudiziario richiamato nell’atto impositivo (anche se a quest’ultimo non materialmente annesso), purché in entrambi i casi si tratti di un corredo di informazioni che integri, anche per relationem , una motivazione dell’atto impositivo adeguata secondo i suddetti parametri di sostanza ed effettività (Cass. n. 9344/21)»;
– ne consegue, allora, che «l’avviso di liquidazione può ritenersi adeguatamente motivato anche quando, riportando esso gli estremi identificativi essenziali sia dell’atto giudiziario medesimo (natura del provvedimento, ufficio emanante, estremi di ruolo e pubblicazione) sia dei criteri normativi e matematici di determinazione del dovuto (base imponibile, aliquota tariffaria applicata ed imposta), non alleghi l’atto in sé. Tuttavia, nel caso in cui il contribuente contesti in maniera specifica e circostanziata la sufficienza motivazionale dell’avviso e la comprensibilità della pretesa impositiva rinveniente da quelle sole indicazioni, il giudice di merito deve procedere al vaglio complessivo del livello motivazionale dell’avviso stesso, indipendentemente dalla
allegazione o non allegazione ad esso dell’atto giudiziario tassato, anche in relazione agli eventuali elementi di complessità ed equivocità che possano in concreto emergere da quest’ultimo» (così Cass., 29 settembre 2021, n. 26340; v., altresì, Cass., 7 aprile 2022, n. 11284; Cass., 12 gennaio 2021, n. 239; Cass., 8 ottobre 2020, n. 21713).
3.2 -Come anticipato con riferimento al primo motivo, anche ai fini del riscontro (ora) in trattazione, ed a riguardo del terzo motivo di ricorso, la gravata sentenza ha omesso ogni verifica in punto di contenuto dell’atto sottoposto a tassazione, così affidando il decisum a rilievi che cozzano col dato di realtà oggetto di denuncia -la liquidazione di un’imposta di registro che non corrisponde (secondo l’aliquota indicata del 3%) alla (del pari indicata) base imponibile (corrispondente alla statuizione d i condanna per € 3.777.608,20) e che si risolvono nel rinvio a (non meglio precisate) «tabelle previste dalla normativa in vigore» RAGIONE_SOCIALE quali si doveva «presumere la perfetta conoscenza da parte di un istituto bancario».
Assolvendo, difatti, all’onere di autosufficienza del ricorso, la ricorrente -che ha trascritto il contenuto motivazionale dell’atto impugnato -dà conto della (piena) riferibilità dell’aliquota indicata (3%) alla statuizione di condanna (per € 3.777.608,20) per un’imposta pari ad € epperò l’avviso recando il riferimento (anche) a 113.328,25, non -(non meglio precisati) «rivalutazione e interessi legali» che definiti in termini quantitativi (quale entità da aggiungere alla base fanno (così) ascendere il complessivo importo -imponibile) (secondo l’RAGIONE_SOCIALE ad € 173.504,50). 173.337,00 dell’imposta ad €
E’, dunque, evidente che l’imposta complessivamente liquidata non si correla ex se (in termini matematici) all’unico dato numerico espresso nell’avviso di liquidazione (la ridetta statuizione di condanna per € 3.777.608,20) così che una siffatta correlazione che, com’è evidente, attinge le componenti della rivalutazione e degli interessi –
andava cercata (ancora una volta) proprio nel contenuto della sentenza sottoposta a registrazione.
Né, come la Corte ha ripetutamente statuito, il contenuto motivazionale dell’a tto impositivo -che deve sussistere ex se , quale requisito (strutturale) di legittimità dell’atto – può essere integrato (a posteriori) in sede processuale (cfr. ex plurimis , e da ultimo, Cass., 7 aprile 2022, n. 11284).
4. -L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per la disciplina RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia attenendosi ai principi di diritto sopra esposti.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 dicembre 2023.