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Avviso di liquidazione: imposta principale, non suppletiva

La Cassazione, con la sentenza n. 14913/2024, ha stabilito che l’imposta richiesta dall’Amministrazione Finanziaria per correggere un errore del notaio in fase di autoliquidazione è di natura principale, non suppletiva. Di conseguenza, è legittimo l’invio di un semplice avviso di liquidazione al professionista, senza la necessità di un preventivo avviso di accertamento. Il caso riguardava l’errata applicazione dell’imposta fissa anziché proporzionale su un conferimento immobiliare in società.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Avviso di liquidazione: Imposta Principale e non Suppletiva se corregge l’autoliquidazione

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 14913 del 28 maggio 2024, ha fornito un’importante precisazione sulla natura dell’imposta di registro e sulla legittimità dell’avviso di liquidazione emesso per correggere errori commessi in sede di autoliquidazione. Questa decisione chiarisce che, in tali circostanze, l’imposta richiesta ha natura ‘principale’ e non ‘suppletiva’, con significative conseguenze procedurali per i professionisti e i contribuenti.

I fatti del caso: il conferimento immobiliare e l’errore in autoliquidazione

Il caso trae origine dall’impugnazione, da parte di un notaio, di un avviso con cui l’Amministrazione Finanziaria liquidava una maggiore imposta di registro. L’atto in questione era un aumento di capitale di una società, effettuato tramite il conferimento di alcuni terreni. In sede di autoliquidazione, il notaio aveva applicato l’imposta in misura fissa. L’Ufficio, invece, riteneva che l’operazione dovesse essere soggetta all’aliquota proporzionale del 12%, tipica dei trasferimenti immobiliari, e di conseguenza emetteva un avviso di liquidazione per recuperare la differenza.

Il professionista si opponeva, sostenendo tra le altre cose che la pretesa fiscale avesse natura di imposta suppletiva e che, pertanto, l’Ufficio avrebbe dovuto emettere un avviso di accertamento e non un semplice avviso di liquidazione, notificandolo peraltro alle parti dell’atto e non al notaio.

L’esito nei gradi di merito e il ricorso in Cassazione

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al notaio, ritenendo che l’atto dell’Ufficio fosse illegittimo. I giudici di merito avevano qualificato l’imposta come suppletiva e avevano criticato la carenza di motivazione dell’avviso. L’Amministrazione Finanziaria, insoddisfatta della decisione, proponeva ricorso per cassazione, basandosi su due motivi principali: l’errata qualificazione dell’imposta come suppletiva anziché principale e l’erronea valutazione sulla presunta carenza di motivazione dell’atto.

La decisione della Cassazione sull’avviso di liquidazione

La Suprema Corte ha accolto integralmente il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, ribaltando l’esito dei precedenti gradi di giudizio. I giudici hanno chiarito i punti fondamentali della disciplina dell’imposta di registro.

La distinzione tra imposta principale, suppletiva e complementare

Il cuore della decisione si basa sull’articolo 42 del d.P.R. 131/1986. La Corte ha ribadito che:
* È principale l’imposta applicata al momento della registrazione, inclusa quella richiesta dall’ufficio per correggere errori od omissioni effettuate in sede di autoliquidazione.
* È suppletiva quella applicata successivamente per correggere errori o omissioni commessi dall’ufficio stesso nella prima liquidazione.
* È complementare quella applicata in ogni altro caso (es. a seguito di accertamento di maggior valore).

Nel caso specifico, l’Ufficio stava correggendo un errore del notaio (soggetto che ha proceduto all’autoliquidazione), non un proprio errore. Pertanto, l’imposta richiesta era inequivocabilmente di natura principale.

La legittimità dell’avviso di liquidazione

Una volta stabilita la natura di imposta principale, ne consegue la correttezza della procedura seguita dall’Amministrazione. Per recuperare un’imposta principale non versata correttamente in autoliquidazione, lo strumento corretto è proprio l’avviso di liquidazione, notificato al notaio, il quale è solidalmente responsabile con le parti per il versamento di tale imposta. Non era dunque necessario un preventivo avviso di accertamento, che si utilizza invece quando l’Ufficio deve effettuare valutazioni o controlli che vanno oltre gli elementi presenti nell’atto (controlli extratestuali).

La questione della motivazione dell’atto

La Cassazione ha ritenuto infondate anche le critiche sulla motivazione dell’atto. Secondo la Corte, la ragione della ripresa a tassazione era chiarissima: l’errata applicazione dell’imposta fissa in luogo di quella proporzionale per un atto di conferimento di immobili in società. La motivazione contenuta nell’avviso di liquidazione era quindi pienamente sufficiente a permettere al contribuente di comprendere la pretesa e di esercitare il proprio diritto di difesa. La questione relativa alla deducibilità di un’ipoteca, sollevata dal notaio, è stata considerata irrilevante ai fini della motivazione, poiché il punto centrale e originario della contestazione era il regime di tassazione applicabile (fissa vs proporzionale).

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione della normativa sull’imposta di registro. La distinzione tra imposta principale e suppletiva è cruciale: la prima riguarda la corretta tassazione dell’atto al momento della sua presentazione, inclusa la rettifica di errori di autoliquidazione; la seconda riguarda la correzione di errori dell’Ufficio. Essendo l’errore originario commesso dal notaio in autoliquidazione, la successiva richiesta dell’Amministrazione Finanziaria costituisce una liquidazione dell’imposta principale. Di conseguenza, l’utilizzo dell’avviso di liquidazione e la sua notifica al notaio, responsabile in solido, sono proceduralmente corretti. La motivazione dell’atto è stata giudicata congrua poiché indicava chiaramente la norma violata e la ragione della maggiore imposta, ossia l’applicazione di un’aliquota proporzionale invece che fissa.

le conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza un principio fondamentale: l’attività di controllo dell’Amministrazione Finanziaria sulla regolarità dell’autoliquidazione dell’imposta di registro si concretizza nell’emissione di un avviso di liquidazione per la riscossione dell’imposta principale. Non è richiesto un avviso di accertamento quando la correzione si basa su elementi desumibili direttamente dall’atto registrato. Questa decisione offre certezza procedurale, confermando la responsabilità del notaio per il corretto versamento dell’imposta principale e la validità di atti di liquidazione motivati sulla base della violazione delle aliquote applicabili.

Quando l’imposta di registro richiesta dopo un’autoliquidazione è considerata ‘principale’?
Secondo la sentenza, l’imposta richiesta dall’ufficio per correggere errori od omissioni commessi dal contribuente (o dal notaio) in sede di autoliquidazione è sempre considerata ‘imposta principale’.

È sufficiente un avviso di liquidazione per correggere un errore di autoliquidazione del notaio?
Sì. La Corte ha stabilito che, trattandosi di imposta principale, l’avviso di liquidazione è lo strumento procedurale corretto per recuperare le somme dovute, senza la necessità di emettere un preventivo avviso di accertamento.

Quale motivazione deve contenere un avviso di liquidazione per essere valido in questi casi?
L’avviso di liquidazione deve contenere una motivazione sufficiente a far comprendere al contribuente la ragione della pretesa. Nel caso analizzato, è stato ritenuto sufficiente indicare che era stata erroneamente applicata l’imposta fissa anziché quella proporzionale, come previsto dalla legge per quel tipo di atto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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