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Avviso di liquidazione atto impositivo: sì alla sanatoria

Un contribuente ha impugnato alcuni avvisi di liquidazione per omesso versamento dell’imposta di registro. La Commissione Tributaria Regionale ha dichiarato l’appello tardivo, negando l’applicazione della sospensione dei termini prevista per le liti pendenti. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, affermando che l’avviso di liquidazione è un vero atto impositivo quando rappresenta il primo documento con cui il Fisco comunica la pretesa, rendendo così applicabile la sospensione dei termini.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Avviso di liquidazione come atto impositivo: la Cassazione apre alla definizione agevolata

Un recente intervento della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale per i contribuenti: anche un avviso di liquidazione può essere considerato un vero e proprio atto impositivo, con tutte le conseguenze del caso, specialmente riguardo l’accesso alle sanatorie fiscali e alla sospensione dei termini. Vediamo insieme cosa è successo e perché questa ordinanza è così importante.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda il proprietario di un immobile commerciale che, a seguito di un controllo, si è visto notificare dall’Amministrazione Finanziaria diversi avvisi di liquidazione per il mancato pagamento dell’imposta di registro annuale su un contratto di locazione. Il contribuente ha impugnato tali avvisi davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP).

La CTP ha emesso due sentenze contrastanti: una ha respinto i ricorsi del contribuente, mentre un’altra, emessa da una diversa sezione, li ha accolti. Il contribuente ha quindi presentato appello contro la sentenza a lui sfavorevole.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

La Commissione Tributaria Regionale (CTR) ha dichiarato l’appello inammissibile per tardività. Secondo i giudici di secondo grado, la sospensione dei termini di impugnazione prevista dalla normativa sulla “definizione agevolata delle liti pendenti” (D.L. 119/2018) non era applicabile. Il motivo? Gli avvisi di liquidazione, a loro avviso, non erano “atti impositivi” ma semplici atti di riscossione di un’imposta già definita, e quindi la controversia non rientrava tra quelle “sanabili”.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sull’avviso di liquidazione come atto impositivo

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la decisione della CTR, accogliendo il ricorso del contribuente. Il principio chiave affermato dai giudici supremi è che, per qualificare un atto fiscale, non bisogna fermarsi al suo nome formale (“avviso di liquidazione”), ma bisogna guardare alla sua funzione sostanziale.

La Funzione Sostanziale dell’Atto

La Corte ha stabilito che un avviso di liquidazione assume la natura di atto impositivo quando è il primo e unico atto con cui l’Amministrazione Finanziaria comunica al contribuente una pretesa fiscale. Se l’avviso non è preceduto da altri atti che definiscono il debito (come un avviso di accertamento), esso diventa il veicolo con cui il Fisco esercita per la prima volta il suo potere impositivo.

In questo caso, gli avvisi di liquidazione non si limitavano a richiedere un pagamento già noto, ma concretizzavano per la prima volta la pretesa dell’Ufficio per le annualità contestate. Pertanto, avevano tutte le caratteristiche di un atto impositivo, rendendo la controversia suscettibile di definizione agevolata e, di conseguenza, applicabile la relativa sospensione dei termini per l’impugnazione. La Corte ha citato numerosi precedenti, anche a Sezioni Unite, che consolidano questo orientamento: ciò che conta è che l’atto esprima una pretesa fiscale, consentendo al contribuente di difendersi non solo per vizi formali ma anche nel merito.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione è di grande importanza pratica. Stabilisce che i contribuenti che hanno impugnato avvisi di liquidazione, i quali rappresentano la prima manifestazione della pretesa fiscale, potevano legittimamente beneficiare della sospensione dei termini processuali legata alle sanatorie. La CTR ha errato nel dichiarare l’appello tardivo e dovrà ora riesaminare la questione nel merito. Questo principio rafforza le garanzie difensive del contribuente, affermando che la sostanza di un atto prevale sempre sulla sua forma.

Un avviso di liquidazione può essere considerato un atto impositivo?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, un avviso di liquidazione ha natura di atto impositivo quando è il primo atto con cui l’Amministrazione Finanziaria comunica e formalizza una pretesa fiscale nei confronti del contribuente, non essendo preceduto da altri atti erariali inerenti a tale pretesa.

Perché l’appello del contribuente era stato inizialmente dichiarato inammissibile?
L’appello era stato dichiarato inammissibile per tardività dalla Commissione Tributaria Regionale, la quale aveva erroneamente ritenuto che la sospensione dei termini prevista dalla normativa sulla definizione agevolata delle liti (D.L. 119/2018) non si applicasse, poiché qualificava gli avvisi di liquidazione come atti non impositivi.

La qualifica formale di un atto fiscale è decisiva per la sua natura?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che per determinare la natura di un atto fiscale, come un avviso di liquidazione, si deve guardare alla sua funzione effettiva e sostanziale, a prescindere dalla sua qualificazione formale. Se l’atto esprime per la prima volta una pretesa fiscale, è da considerarsi impositivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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