Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20476 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20476 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata presso L’Avvocatura generale dello Stato, che la difende ex lege;
– ricorrente
–
contro
NOME COGNOME nato il 13.04.1945 (Cod. Fisc. CODICE_FISCALE residente in Galbiate (Lc) alla INDIRIZZO rappresentato, assistito e difeso, congiuntamente e/o disgiuntamente dall’Avv. NOME COGNOME (Cod. Fisc. CODICE_FISCALE -indirizzo pec: EMAIL e dall’Avv. NOME COGNOME Cod. Fisc. CODICE_FISCALE -pec EMAIL ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio legale dell’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale datata 24/10/2024 rilasciata su documento separato, congiunto al controricorso mediante strumento informatico;
NOTIFICA PRESCRIZIONE
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore -intimata –
Avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, n. 722/24 depositata il 7 marzo 2024.
Udita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del quattro giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Dato atto che il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Dato atto che l’avv. NOME COGNOME difensore del controricorrente, ha concluso per il rigetto del ricorso, mentre la difesa erariale ne ha chiesto l’accoglimento.
FATTI DI CAUSA
1.In data 2.03.2022 l’Agente della Riscossione notificava al contribuente NOME NOME l’avviso di intimazione n. NUMERO_CARTA, stante il mancato pagamento, per quanto ancora d’interesse nella presente causa, delle dieci cartelle di pagamento nn. NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, 13420010031923861000, 13420020006385943000, 13420020006386044000, 13420020009881430000, 13420030003324812000.
2.Con ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lecco il contribuente impugnava la predetta intimazione di pagamento, lamentando in particolare l’inesistenza della notifica, avvenuta a mezzo p.e.c. e non suscettibile di sanatoria per il raggiungimento dello scopo. Si doleva, ancora, tra l’altro, del decorso dei termini di prescrizione quinquennale anche nel caso in cui fosse dimostrata la notifica delle cartelle di pagamento. Si costituivano in giudizio gli Enti creditori e l’Agente della
Riscossione, quest’ultimo eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso ai sensi degli artt. 19 e 21 d.lgs. n. 546/1992. Quanto al merito, sosteneva la ritualità della notifica sia delle sottese cartelle di pagamento, sia di ulteriori atti interruttivi della riscossione. Infine, segnalava l’applicabilità ai crediti erariali del termine di prescrizione decennale, decorrente dalla data di notifica dello ultimo atto interruttivo notificato al contribuente. Con sentenza n. 112/1/2022 l’adita C.G.T. di primo grado di Lecco rigettava il ricorso con riferimento alla cartella n. NUMERO_CARTA in quanto ritualmente notificata in data 1.03.2019. Inoltre, tra l’altro, quanto all’eccezione di prescrizione, distingueva il termine di prescrizione decennale, applicabile alle imposte, nella fattispecie non decorso, dal termine quinquennale applicabile alle sanzioni ed agli interessi. Di conseguenza, con riferimento alle cartelle di pagamento nn. NUMERO_CARTA 13420010028404118000, 13420010031923659000, 13420010031923760000, 13420010031923861000,
NUMERO_CARTA rilevava che: ‘è intervenuta prescrizione quinquennale relativamente alle sole sanzioni ed interessi in quanto il primo atto, della riscossione, successivo è stato notificato in data 19/10/2007, ben oltre 5 anni dopo la notifica delle cartelle’. Con riferimento, invece, alle cartelle di pagamento nn. NUMERO_CARTA
NUMERO_CARTA riteneva che ‘è intervenuta prescrizione quinquennale relativamente alle sole sanzioni ed interessi in quanto tra la notifica dell’atto di pignoramento presso terzi n° 2283 notificato il 06.02.2008 ed il successivo avviso di intimazione n° NUMERO_CARTA notificato in data 04.05.2015 sono passati più di cinque anni ‘.
Avverso la predetta sentenza interponeva appello l’Agente della Riscossione, censurando l’operato del giudice di prime cure per non
aver rilevato che dagli ultimi atti interruttivi notificati non era decorso il termine di prescrizione quinquennale applicabile alle sanzioni ed agli interessi, tenuto conto anche dei periodi di sospensione previsti dalla normativa emergenziale adottata durante la pandemia.
Il contribuente si costituiva chiedendo la conferma della decisione. All’esito del giudizio, la C.G.T. di secondo grado della Lombardia, con sentenza n. 722/6/2024, depositata il 7.03.2024, respingeva l’appello proposto dall’Agente della Riscossione.
Quest’ultima pertanto propone ricorso in cassazione affidato a un unico motivo, mentre il contribuente resiste a mezzo di controricorso, e da ultimo ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con l’unico motivo si deduce ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e 2945 c.c. e degli artt. 19 e 21 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., conseguente all’omesso rilievo dell’interruzione della prescrizione provocata dalla notifica dell’atto di pignoramento dei crediti presso terzi n. 238/2016 ‘. In particolare la CGT avrebbe errato in quanto, dalla pacifica premessa della notifica dell’avviso di intimazione in data 19.10.2007 e dell’avviso d’intimazione n. 134 2015 9001323260000 del 4.05.2015, atti della riscossione notificati medio tempore, e dalla circostanza che entrambi gli avvisi non erano stati tempestivamente impugnati dal contribuente, avrebbe dovuto conseguire che le sottese pretese creditorie, comprensive di interessi e sanzioni, si fossero ormai cristallizzate e che eventuali fatti estintivi antecedenti alla loro notifica, quali il già decorso termine di prescrizione, non potessero più essere contestati.
2. Il motivo è fondato.
Il suo esame implica la necessità di affrontare la natura dell’avviso di intimazione.
Esso è certamente un atto di riscossione, successivo ad atti impositivi, ma rientra nel novero di quelli indicati dall’art. 19 del d.lgs n. 546/1992, e pertanto deve necessariamente essere impugnato.
Invero questa Corte afferma che gli atti atipici recanti al contribuente la pretesa impositiva sono solo facoltativamente impugnabili, per cui non determinano la cristallizzazione della pretesa ove non impugnati, ma ha già affermato che appunto l’intimazione di pagamento costituisce un atto senz’altro riconducibile all’avviso di mora annoverato espressamente dall’art. 19 d.lgs. cit. (Cass. n. 8279/2008, 1658/13), e pertanto ove non impugnato si determina la cristallizzazione del credito fiscale.
E’ vero che in punto di natura facoltativamente impugnabile dell’avviso di intimazione si hanno peraltro diverse pronunce della sezione che non sono sempre sul punto sovrapponibili.
La sent. Cass. n. 6436/2025 dà piena continuità all’indirizzo che vede l’avviso di intimazione come atto necessariamente impugnabile, statuendo che ‘Con riferimento all’intimazione di pagamento in generale -quale atto il cui scopo è quello di invitare il contribuente al pagamento prima di dare avvio all’esecuzione forzata -questa Corte ha ribadito che si tratta di atti assimilati all’avviso di cui all’art. 50, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973 (cfr. tra le più recenti Cass. n. 22108 del 2024 cit.)’, dunque rientrante nell’elenco tassativo suddetto, come emerge anche da Cass. n. 3005/2020.
Il Collegio ritiene di dare continuità a tale decisione ed a quelle conformi che l’hanno preceduta.
In proposito si deve osservare che l’art. 50 comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973 prevede che, se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, la stessa deve essere preceduta dalla notifica di «un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro
cinque giorni». Detto «avviso» corrisponde al precedente «avviso di mora» di cui all’art. 46 d.P.R. cit. nella versione precedente, espressamente elencato dall’art. 19 d.lgs. n. 546/92.
Invero l’abrogato testo dell’art. 46 cit. intestato appunto «avviso di mora» -prevedeva che l’esattore prima di iniziare l’espropriazione forzata nei confronti del debitore moroso dovesse notificargli un avviso contenente l’indicazione del debito, distintamente per imposte, sopratasse, pene pecuniarie, interessi, indennità di mora e spese, e l’invito a pagare entro cinque giorni. Analoga disposizione si trova ora, dopo le modifiche di cui al d.l.gs. 26 febbraio 1999 n. 46, nell’attuale art. 50, il quale infatti prevede che se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni.
Non può allora dubitarsi che si tratti del medesimo atto e che, di conseguenza, l’avviso di cui all’art. 50 d.P.R. n. 602 del 1973 è riconducibile all’avviso di mora cui fa riferimento l’art. 19, comma 1, lett. e) d.lgs. n. 546 del 1992. In questo senso, del resto, si sono espresse anche le Sezioni Unite (cfr. Cass. Sez. U. 31/03/2008, n. 8279. Nello stesso senso Cass. 14/09/2022, n. 27093.).
Del resto, questa Corte ha già evidenziato che la questione sulla facoltatività o meno dell’impugnazione dell’atto, e quindi sull’essere un determinato atto ricompreso o meno nel novero tassativo dell’art. 19 d.lgs. n. 546/92, non si risolve sulla scorta della mera formale dizione contenuta nell’art. 19 stesso, dovendosi guardare alla funzione intrinseca, analoga a quella propria di uno degli atti tipici ivi contemplati (cfr. Cass. 15/12/2021, n. 40233).
Essendo identica la funzione dell’avviso di intimazione e di quello di mora di cui s’è sopra trattato, essi si identificano.
Tali argomentazioni superano le osservazioni contenute in Cass. n. 16743/24, consapevolmente superata già dalla ridetta Cass. n. 6436/25, secondo cui invece l’avviso di intimazione sarebbe solo facoltativamente impugnabile. Decisione che si porrebbe nel solco di altre, pur più risalenti, pronunce (Cass. n. 2616 del 11/02/2015; si vedano, altresì, Cass. n. 26129 del 02/11/2017; Cass. n. 1230 del 21/01/2020).
Invero non solo tale pronuncia si limita a prendere atto della differenza nominalistica fra l’avviso di intimazione e il novero degli atti di cui all’art. 19 più volte citato, ma è incentrata essenzialmente sull’efficacia dell’atto stesso come interruttivo della prescrizione, effetto innegabile ove il termine medesimo non sia decorso.
Quanto agli altri precedenti, Cass. 2616/2015 attiene in realtà alla qualificazione come avvisi di liquidazione di un tributo gli atti di intimazione di pagamento inerenti all’imposta sui concorsi pronostici e sulle scommesse, considerandoli atti facoltativamente impugnabili; Cass. n. 26129/2017 riguarda la natura di atto facoltativamente impugnabile del preavviso di iscrizione ipotecaria, che sicuramente non rientra fra gli atti di cui all’elenco dell’art. 19.
Quanto infine a Cass. n. 1230/20 la stessa attiene all’impugnabilità a interpello disapplicativo, e annovera poi una serie di atti facoltativamente impugnabili fra i quali la comunicazione d’irregolarità, ex art. 36 bis, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 (c.d. avviso bonario).
2.1. In definitiva va confermato l’orientamento sezionale in ordine alla ricomprensione dell’avviso di cui all’art. 50, d.p.r. n. 602/1973 fra quelli di cui all’elenco tassativo stabilito dall’art. 19 d.lgs. n. 546/92, la cui mancata impugnazione entro il previsto termine decadenziale determina appunto la cristallizzazione della pretesa impositiva in essi portata, vieppiù rafforzato dal fatto che le Sez. U. di questa Corte, sia pure in tema di pronuncia sulla giurisdizione,
hanno confermato che ‘il “sollecito di pagamento” ricevuto dal contribuente è certamente atto che precede l’esecuzione, potendo lo stesso essere assimilato, al di là dell’ininfluente differenza di denominazione, all’avviso previsto dall’art. 50, comma 2, del D.P.R. n. 602 del 1973 per l’ipotesi che l’espropriazione non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento: avviso – comunemente denominato “avviso di mora” – la cui impugnabilità innanzi alle commissioni tributarie è esplicitamente prevista dall’art. 19, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992» (Cass. Sez. U. 16/10/2024, n. 26817), dunque confermando che l’avviso in parola rientra nel novero di cui all’art. 19 cit.
Da tanto discende che qualsiasi eccezione relativa alla pretesa portata da tale atto impositivo è preclusa, ivi compresa quella di quella di prescrizione del credito fiscale che sia compiuta precedentemente alla notifica di tale atto tipico, in base al principio della non impugnabilità, se non per vizi propri, di un atto successivo ad altro divenuto definitivo perché rimasto incontestato (da ultimo Cass. 05/08/2024, n. 22108, e precedenti ivi citati).
Va dunque affermato il seguente principio di diritto
‘ L ‘intimazione di pagamento di cui all’art. 50 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 del 1973 costituisce atto rientrante nel novero di quelli tassativamente elencati all’art.19, d.lgs. n. 546/ 1992, dovendo essere ricondotto all’avviso di mora. Esso dunque, ove non impugnato nei termini decadenziali, determina la cristallizzazione della pretesa impositiva, e in particolare preclude al contribuente di eccepire la prescrizione compiutasi anteriormente allo spirare dell’anzidetto termine’.
2.2. Orbene nella specie oggetto di controversia è solo l’obbligazione derivante dalle sanzioni e dagli interessi, che la stessa RAGIONE_SOCIALE riconosce essere assoggettata al termine di prescrizione di cinque anni, di cui all’art. 2948, num. 4, cod. civ.
(per gli interessi cfr. Cass. n. 2095/2023; per le sanzioni, cfr. Cass. n. 7486/2022).
L’avviso di intimazione venne notificato pacificamente in data 4 maggio 2015.
Non essendo stato impugnato, la pretesa si è cristallizzata a quella data.
Successivamente venne notificato atto di pignoramento dei crediti verso terzi, n. 343/2015, in data 22.10.2015, concernente le sole cartelle di pagamento nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA, atto poi opposto dal contribuente in data 15.01.2016, con conseguente sospensione del decorso del termine di prescrizione fino alla conclusione del giudizio di opposizione avvenuta il 18.03.2019 (cfr. pag. 3 ss. controdeduzioni di primo grado Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Como).
Dipoi venne notificato atto di pignoramento dei crediti presso terzi 238/2016, in data 22.06.2016, relativo a tutte le cartelle oggetto di causa (ad eccezione della NUMERO_CARTA.
L’ultimo atto interruttivo è poi costituito dalla notifica dell’avviso di intimazione qui impugnato, in data 2 marzo 2022, ma occorre altresì tener conto della sospensione dei termini di cui all’art. 68, comma 4-bis, d.l. n. 18/20, che infatti ha disposto la sospensione dei termini di prescrizione dall’otto marzo 2020 al 31 agosto 2021 per il richiamo operato dalla citata disposizione all’art. 12, d.lgs. n. 159/2015.
2.4. In definitiva la sentenza impugnata, che non ha riconosciuto la cristallizzazione della pretesa ad opera dei citati avvisi di intimazione del 2007 e del 2015, dev’essere cassata con rinvio al giudice d’appello che si conformerà al principio qui espresso e provvederà altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione, provvederà altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 4 giugno-30 giugno 2025