Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20931 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20931 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13335/2020 R.G. proposto da :
GB PUBBLICITA’ DI RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE;
-intimato- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria, sezione di MESSINA n. 5263/2019 depositata il 13/09/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso del 24/11/2008, l ‘odierna ricorrente proponeva opposizione, presso la CTP di Messina, avverso l’avviso di accertamento
relativo all’anno 2007, emesso dall’RAGIONE_SOCIALE, quale Concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità del Comune di S. Agata di Militello (ME), relativamente l’anno di imposta 2007, e relativo a numerose affissioni, contestando il pagamento solo parziale del tributo dovuto.
Con sentenza n. 843/11/09 depositata il 08/09/2009, la CTP ha rigettato il ricorso.
Avverso la predetta sentenza, la società ricorrente ha proposto appello, e la CTR di Messina, con la sentenza in epigrafe indicata, lo ha accolto parzialmente, relativamente cioè ai criteri di calcolo degli interessi di mora, rilevando l’intervenuta abrogazione del quarto comma de ll’ art. 23 del D. Lgs. N. 503/1997 (utilizzato per i criteri di calcolo), a seguito dell’entrata in vigore, a decorrere dall’1 gennaio 2007, dell’art. 1, c. 172 della Legge 27/12/2006, n. 296. Ha altresì rilevato che l’avviso di accertamento conteneva gli elementi essenziali per l’individuazione dell’oggetto della pretesa tributaria, quali il numero e il tipo di mezzi pubblicitari, la loro ubicazione, la superficie, la tariffa applicabile e l’importo dell’imposta dovuta, e specificato che l’avviso non deve necessariamente indicare le modalità di calcolo dell’imposta, che discende dai criteri di legge, e che l’omessa indicazione del responsabile del procedimento (e la mancanza di sottoscrizione autografa) non fossero cause di nullità dell’atto.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la parte contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
La intimata non ha depositato controricorso.
La Procura Generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990,
art. 3 e del D.Lgs. n. 507 del 1993. art. 10, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.
La motivazione dell’avviso sarebbe insufficiente per la mancanza di indicazioni precise come il numero civico o la distanza chilometrica, rendendo impossibile contestare l’esistenza di un impianto pubblicitario in un luogo specifico. La CTR sarebbe dunque incorsa in violazione di legge nel ritenerlo legittimo.
1.1. Il motivo è inammissibile per violazione del principio di autosufficien za, pur nella versione dell’onere di specificazione modulata in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c. Italia), secondo i criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti per la parte d’interesse in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (cfr. Cass. 04/02/2022 n. 3612; Cass., 28/05/2024, n. 14843).
Nella fattispecie, invero, il ricorrente avrebbe dovuto indicare quale fosse l’effettivo contenuto dell’avviso di accertamento , al fine di contestarne gli elementi asseritamente mancanti.
La decisione della CTR è difatti estremamente chiara sul punto, argomentando che ‘dall’esame accertamento oggetto di impugnazione (ritualmente notificato), si riscontrino gli elementi essenziali per l’individuazione dell’oggetto e dei termini della pretesa tributaria; specificatamente: il numero dei mezzi pubblicitari e il tipo utilizzato; la riconducibilità dello stesso alla società ricorrente, recando l’impianto la dicitura della ragione sociale della RAGIONE_SOCIALE; l’esatta ubicazione di ciascun singolo impianto (con l’indicazione delia via o, nel caso di mancanza del numero civico, la descrizione del sito di allocazione); la categoria e
la superficie di ciascun impianto, con la conseguente tariffa applicabile per mq.; l’imposta a tale titolo complessivamente dovuta e la normativa applicata’.
1.3. In mancanza di (più) specifica contestazione, alla luce del verbale di accertamento, il motivo va dunque dichiarato inammissibile.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta ‘la violazione dell’art. 360 , comma 1, n. 5 c.p.c. e degli artt. 132, comma 1 n, 4 c.p.c. e 36, comma 2 n. 4 d.lgs. n. 546/1992 e art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art 360, comma 1 n. 4 c.p.c. per mancanza di motivazione’.
La Commissione Tributaria Regionale non si sarebbe pronunciata sulla censura relativa alla violazione del divieto di motivazione successiva. In particolare, durante il processo, il Comune avrebbe cambiato più volte la propria versione dei fatti, indicando diverse basi per l’avviso di accertamento (dichiarazioni, risultanze degli archivi comunali, schede di rilevazione) e tale comportamento avrebbe violato il diritto di difesa del contribuente.
2.1. Il motivo è infondato in fatto.
Non si tratta, invero, di integrazione della motivazione, ma di mera difesa in giudizio.
Del resto, come già evidenziato, la CTR ha ampiamente argomentato sulla completezza dell’avviso in contestazione, con la conseguenza che già in partenza non può dirsi esistente la necessità di integrare la motivazione.
Rispetto alla motivazione, dunque, le deduzioni dell’amministrazione hanno costituito una mera azione difensiva e la parte finisce col confondere le difese svolte in giudizio dall’Ente impositore -che rilevano ai fini del riscontro di fondatezza della pretesa impositiva -con la compiutezza motivazionale dell’atto (che, per l’appunto, il giudice del gravame ha specificamente verificato escludendo il vizio di motivazione).
2.2. La censura è infondata.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la ‘violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. e degli artt. 132 comma 1 n. 4 c.p.c. e 36, comma 2 n. 4 d.lgs. n. 546/1992 e art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 , comma 1 n. 4 c.p.c.’. In particolare, la sentenza sarebbe viziata da motivazione apparente ed obiettivamente incomprensibile, trattandosi di procedimento svoltosi al solo interno dell’amm inistrazione a seguito del rilascio della autorizzazione n. 42/01, e senza che fosse mai stata presentata alcuna denuncia della società ricorrente, che invece costituirebbe il fondamento della decisione di gravame.
3.1. Anche tale motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi , che non fa alcun riferimento a denunce del contribuente, ma nasce, invece, da un autonomo accertamento di ufficio.
Inoltre, la doglianza si palesa inammissibile anche nella parte in cui rileva errori di primo grado, anziché vizi della decisione di gravame.
3.2. La censura va dunque dichiarata inammissibile.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce ‘violazione dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. e degli artt. 132. comma 1 n. 4 c.p.c. e 36, comma 2 n. 4 d.lgs. n. 546/1992 e art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. per mancanza di motivazione’. In particolare, la società contribuente lamenta che l’avviso di accertamento non specificherebbe gli elementi necessari ad evidenziare quali sarebbero gli impianti presi in considerazione, stante l’assenza di indicazioni specifiche circa la ubicazione (quali il riferimento al civico o al chilometro). La Commissione Tributaria Regionale non avrebbe considerato adeguatamente questa omissione.
La censura è strettamente collegata al primo motivo di ricorso, alle cui argomentazioni, in tema di completezza motivazionale dell’avviso in contestazione , ci si riporta.
Inoltre, il motivo è anche infarcito di argomenti in fatto e, spesso, censura anche la sentenza di primo grado.
4.1. Va dunque dichiarato inammissibile per tutti tali profili.
Con il quinto motivo di ricorso, si contesta infine la violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, L. 241/90 come modificato dalla L. n. 15/2005, nonché dell’art. 7 , comma 2, L. 212/2000, per violazione e/o falsa applicazione di legge dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c. La società RAGIONE_SOCIALE non avrebbe mai prodotto la delibera di designazione del responsabile del procedimento.
5.1. Il motivo è infondato.
5.2. La giurisprudenza citata dalla ricorrente non assume rilievo alcuno nella fattispecie, atteso che si tratta di accertamento, e non di riscossione, e che, per giunta, si tratta di attività delegata al concessionario e non svolta direttamente dall’amministrazione .
Come chiarito dalla giurisprudenza, l’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’amministrazione finanziaria non è richiesta dall’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto del contribuente), a pena di nullità, in quanto tale sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento dall’art. 36, comma 4ter , del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2008, n. 31, applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008 (Cass. Sez. U., 14 maggio 2010, n. 11722 cui adde, ex plurimis , Cass., 9 ottobre 2020, n. 21817; Cass., 17 gennaio 2019, n. 1150; Cass., 5 luglio 2018, n. 17637; Cass., 12 maggio 2017, n. 11856; Cass., 12 gennaio 2016, n. 332; Cass., 21 marzo 2012, n. 4516; Cass., 15 aprile 2011, n. 8613; Cass., 5 maggio 2010, n. 10805).
5.3. Anche tale ultima censura non può dunque essere accolta.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Nulla deve disporsi sulle spese, stante la mancata costituzione della parte intimata.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso proposto, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26/03/2025.