Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11479 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11479 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10593/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in SALERNO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
COMUNE DI SALERNO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA , presso lo studio dell’avv. A. COGNOME, INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOMECODICE_FISCALE e dall’avv. COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA della C.T.R. della CAMPANIA n. 4545/2020 depositata il 07/10/2020 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La soc. RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza della C.T.R. della Campania che, in accoglimento dell’appello proposto dal Comune di Salerno, ha riformato la sentenza della C.T.P. di Salerno di accoglimento del ricorso avverso l’avviso di accertamento relativo al recupero della TARES per l’anno 2013.
La C.T.R. ha preliminarmente dato atto che la sentenza di primo grado aveva ritenuto nullo l’avviso impugnato per difetto di motivazione, in assenza di una puntuale quantificazione della superficie assoggettabile a tributo, sulla base della considerazione che l’atto impositivo non aveva tenuto in considerazione la sentenza della C.T.P. di Salerno n. 787 del 2017 che demandava al Comune il ricalcolo della superficie. Fatta questa precisazione, ha sottolineato che il Comune non aveva provveduto alla rideterminazione della superficie, secondo gi esiti delle risultanze peritali richiamate dalla sentenza n. 787/2017, che avevano accertato una differenza fra la superficie reale di mq. 4840,32 e quella dichiarata dalla società, pari a mq. 3933, calcolando, pertanto, la TARES per il 2013 sulla minor superficie dichiarata, così determinando la tassa in misura inferiore, sicché la contribuente non aveva patito alcun danno.
Il Comune di Salerno resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La soc. RAGIONE_SOCIALE formula tre motivi di ricorso.
Con il primo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, per violazione degli artt. 132, comma 2 n. 4 cod. proc. civ, 118 disp. att. cod.
proc. civ. e 111, comma 6 Cost.. Sostiene che la C.T.R. non abbia assolto l’onere di esplicitare il quadro probatorio, non indicando gli atti, i documenti e gli elementi fattuali sottesi alla decisione. Rileva che l’avviso di accertamento non reca alcuna indicazione degli immobili tassati, né delle superfici e delle aliquote applicate. Del tutto apodittica, dunque, è l’affermazione contenuta nella sentenza secondo cui risulterebbe in maniera univoca che la superficie sottoposta a tassazione fosse quella di cui alla dichiarazione della società, trattandosi di un fatto controverso fra le parti. Del pari carente, pertanto, si rivela la spiegazione del percorso logico-giuridico seguito dal giudice di appello.
3. Con il secondo motivo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, per violazione degli artt. 132, comma 2 n. 4 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 111, comma 6 Cost., con riferimento agli artt. 115 e 117 cod. proc. civ. ed all’art. 2697 cod. civ.. Ricorda che la sentenza di primo grado aveva annullato l’avviso di accertamento proprio perché esso non permetteva di identificare in maniera chiara la superficie tassabile, consistendo nella mera indicazione di ‘numeri di difficile interpretazione, omettendo anche l’indicazione degli identificativi catastali assolutamente imprescindibili per l’individuazione dell’immobile occupato’. Non era affatto incontestato, dunque, che il Comune di Salerno avesse redatto l’avviso di accertamento sulla base della dichiarazione della società. Tanto è vero che con il ricorso introduttivo la medesima si era doluta proprio del difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, da cui non solo non erano ricavabili i dati relativi alla superficie ed alle aliquote applicate, ma che ignorava la decisione della C.T.P. di Salerno n. 787/2016 con cui la superficie tassabile era stata determinata in mq. 4840,32, di cui mq. 57,65 per uffici. Ricorda che il
Comune, in sede di controdeduzioni, nulla aveva eccepito in ordine al difetto di motivazione, limitandosi ad allegare copia del sollecito e delle bollette citate nell’avviso di accertamento, rispetto alla cui notificazione la società aveva sollevato tempestiva eccezione. Osserva che, secondo la giurisprudenza di legittimità, quando il giudice abbia ritenuto non contestato un fatto non pacifico fra le parti, il vizio può essere fatto valere quale violazione dell’art. 132, comma 2 n. 4 c.p.c., o degli artt. 115, 167, comma 1, 183 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c..
Con il terzo motivo denuncia, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. 212 del 2000, degli artt. 3 e 21 septies l. 241 del 1990, dell’art. 1, comma 162 della l. 296 del 2006, degli artt. 24 e 97 Cost.. Sottolinea che, a mente dell’art. 7, comma 1 della l. 212 del 2000, gli atti impositivi debbono essere motivati e che l’art. 1 comma 262 della l. 296 del 2006 impone l’allegazione all’atto impositivo degli atti da esso richiamati. Rileva che, nel caso di specie, l’avviso di accertamento, non solo non indicava gli elementi necessari ad individuare la superficie tassabile, ma si limitava a richiamare il sollecito n. 55440, asseritamente notificato il 2 settembre 2015, recante l’importo di euro 53.935,00 e due bollette, rispettivamente la n. 58847 del 22 aprile 2013, per euro 37.959,00 e la n. 71336 del 14 novembre 2013, di cui non erano indicate nell’avviso le date di notifica. L’avviso di accertamento, dunque, in mancanza dell’allegazione degli atti richiamati, mai notificati alla ricorrente, risulta inidoneo a far conoscere al contribuente la pretesa impositiva ed è, pertanto, nullo.
Il primo motivo è inammissibile.
La doglianza formulata che addebita alla sentenza un error in procedendo per non avere dato conto delle ragioni per le quali ritiene sufficientemente motivato l’avviso di accertamento,
si risolve, invero, nella critica alla motivazione dell’avviso medesimo, cui addebita l’assenza di indicazioni sulle superfici tassate e sulle aliquote applicate, ancorché manchi un’aperta contestazione della coincidenza fra quanto originariamente dichiarato dalla società, in ordine alle superfici assoggettabili a tributo, e quanto indicato nell’avviso impugnato. La CTR fonda la motivazione del proprio convincimento sull’evidenza della minor superficie considerata, assunta quale incontestabile dato di fatto.
Il secondo motivo è infondato.
La ricorrente parte da una premessa corretta, ovverosia che il vizio che può essere fatto valere con il ricorso per cassazione allorquando il giudice abbia ritenuto ‘non contestato’ un fatto che ‘contestato’ era, è quello della violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., o degli artt. 115, comma 1, 167, comma 1, 183, c.p.c. e 2697 c.c. (così Cass. Sez. 2, 18/10/2018, n. 26274). Nondimeno, al di là della correttezza della valutazione sul punto (su cui infra ) alla sentenza non può ascriversi l’errore evocato, posto che la motivazione, pur nella sua stringatezza, non afferma affatto che la parte ricorrente non avesse contestato il contenuto dell’avviso di accertamento, ma ritiene incontestato che il Comune non avesse, alla data di emissione dell’avviso ‘ancora proceduto alla rideterminazione del contributo TARES 2013 in base alle risultanze peritali, richiamate nella (…) sentenza 787/2017 che avevano accertato una differenza una superficie reale di mq. 4840,32 e quella iscritta a ruolo dalla contribuente di mq. 3933’. Da ciò ricava che il Comune di Salerno abbia ‘proceduto alla riscossione dell’imposta non commisurandola alla maggior superficie accertata dalla sentenza n. 787, ma sull’originaria minor superficie di complessivi mq. 3933 iscritta a ruolo dalla società appellata’. Al di là dell’imprecisione, posto che il contribuente non iscrive a
ruolo, ma è tenuto alla dichiarazione sulla base della quale il Comune, iscrive a ruolo, ai sensi dell’art. 72, comma 1 del d.lgs. 507 del 1993, vi è che la C.T.R. ha ritenuto non contestata la corrispondenza fra la dichiarazione ed il contenuto dell’avviso (su cui effettivamente neanche in questa sede la ricorrente solleva questioni, limitandosi a sottolineare la mancata espressa indicazione delle superfici tassabili nell’atto impositivo) e da ciò ha tratto che l’imposta richiesta dal Comune coincidesse con quella calcolata in sede di avviso di accertamento sulla base della dichiarazione della società. Non si verte, quindi, in un’ipotesi di fraintendimento sulla non contestazione di un fatto ma, semmai, della presunzione di fatto, posto che dalla circostanza non contestata della coincidenza fra la dichiarazione della contribuente e l’avviso, la C.T.R. ha tratto la coincidenza fra quanto risultante dalla dichiarazione e quanto richiesto con l’avviso di accertamento, tutto derivando dalla dichiarazione della contribuente.
9. Il terzo motivo è infondato.
10. E’ bene premettere, in via generale, che ‘In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), l’art. 72, comma 1, del d.lgs. n. 507 del 1993 attribuisce ai Comuni la facoltà eccezionale, non suscettibile di applicazioni estensive, di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo secondo i ruoli dell’anno precedente, purché sulla base di dati ed elementi già acquisiti e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione, sicché, salvo il caso di omessa denuncia o incompleta dichiarazione da parte del contribuente, non occorre la preventiva notifica di un atto di accertamento; rimanendo salva la possibilità per i Comuni di emanare un avviso di accertamento, anziché iscrivere a ruolo il tributo, qualora il Comune scelga di notificare comunque l’avviso, deve farlo alle medesime condizioni, ovvero senza
applicare le sanzioni che in caso di diretta iscrizione a ruolo sono escluse dall’art. 13, comma 3, del d.lgs. n. 471 del 1997, la cui previsione sarebbe altrimenti vanificata irrogando sanzioni al contribuente anche ove la norma non lo preveda ‘ . (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 37006 del 26/11/2021).
Fatta questa precisazione, va ricordato che ‘In tema di motivazione per relationem degli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza ‘ ( ex multis : Cass. Sez. 5, 19/11/2019, n. 29968; Cass. Sez. 5, 10/07/2020, n. 14723).
Ora, ancorché la ricorrente contesti di non avere ricevuto la notifica degli atti prodromici meramente richiamati nell’avviso di accertamento, la medesima, tuttavia, non contesta che detto avviso si fondasse proprio sulla dichiarazione resa dalla società in ordine alle superfici tassabili -peraltro successivamente accertate giudizialmente in misura superioresicché la mancata allegazione del sollecito di pagamento si rivela inconferente rispetto al pregiudizio del diritto di difesa che l’art. 7 della l. 212 del 2000 mira ad evitare, posto che l’atto impositivo era sostanzialmente fondato su quanto denunciato dalla società e pertanto dalla stessa certamente conosciuto.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, da liquidarsi in euro 6000,00 oltre ad euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Sussistono, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, da liquidarsi in euro 6000,00 per compensi oltre ad euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2025 .