Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16045 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16045 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
Oggetto: IRAP ed IRPEF 2011 Commercio al dettaglio di generi di monopolio -Avviso di accertamento -Termine di decadenza ridoto ex art. 10 d.l. 201/2011 – Esclusione – Maggiori aggi – Motivazione per relationem -* Principio di diritto.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21294/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, sito in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 6659/03/2019, depositata in data 29 novembre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Il ricorrente, esercente l’attività di commercio al dettaglio di generi di monopolio (tabaccheria), impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma (d’ora in poi, per brevità, CTP) l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/2016, afferente l’anno di imposta 2011, con il quale l’Agenzia delle entrate recuperava a tassazione, per quanto qui ancora rilevi, gli aggi percepiti da soggetti come AAMS – Amministrazione Monopoli di Stato, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE s.p.a., RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE.. Nello specifico, l’Ufficio accertava la percezione di aggi pari ad € 133.882,00, rideterminando il reddito imponibile in € 183.768,00, a fronte di quello dichiarato dal contribuente in € 30.796,00; recuperava, altresì, a tassazione minori costi per € 19.000,00, corrispondenti a somme dichiarate dal contribuente come oggetto di furto.
Il ricorrente eccepiva: a) la decadenza dell’A.F. dal potere accertativo, esercitato oltre il termine abbreviato di un anno ex art. 10 l. 201/2011; b) la nullità dell’avviso di accertamento, motivato per relationem ad atti non allegati (in particolare, alle informative degli enti che avevano corrisposto gli aggi).
La CTP accoglieva il ricorso limitatamente alla deduzione di € 19.000,00 a titolo di costi, disconosciuta dall’Ufficio, confermando, quindi, nel resto, l’avviso di accertamento.
Il contribuente interponeva gravame alla Commissione tributaria regionale del Lazio (d’ora in poi per brevità CTR) chiedendone l’integrale riforma.
La CTR confermava la sentenza di primo grado rilevando, da un lato, che la categoria del ‘commercio al dettaglio di generi di monopolio’ non rientrava tra le beneficiarie della riduzione del termine di accertamento (secondo quanto statuito dal Direttore dell’ADE il 12 luglio 2012) e, dall’altro, che l’avviso di accertamento
era congruamente motivato, contenendo ‘tutti i dati e le informazioni posti a base dell’atto impositivo’ (ultima pagina della sentenza).
Per la cassazione della citata sentenza il contribuente ha proposto ricorso affidato a due motivi. L ‘Ufficio resiste con controricorso.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l’adunanza camerale del 21/03/2025.
Considerato che:
Con il primo motivo , relativo ‘alla lamentata intervenuta decadenza dell’attività accertativa’ (pag. 5 del ricorso), il contribuente lamenta che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto non applicabile nella fattispecie il regime premiale previsto dall’art. 10, comma 9, l. 201/2011 – ovvero la riduzione di un anno del termine previsto dall’art. 43 d.P.R. n. 600/1973 per l’accertamento nei confronti di contribuenti soggetti al regime di accertamento basato sugli studi di settori – sulla scorta del decreto direttoriale del 12 luglio 2012, che non comprendeva la categoria dei commercianti al dettaglio di generi di monopoli. In tal modo, opina il ricorrente, l’Agenzia avrebbe eluso il precetto legislativo, escludendo tutte le categorie non contemplate nel detto decreto, mentre il comma 12 del citato art. 10 consentiva unicamente ‘una differenziazione dei termini di accesso alla disciplina premiale’ (pag. 7 del ricorso).
Il motivo , riconducibile al paradigma dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., deducendosi sostanzialmente la violazione dell’art. 10, comma 9, l. 201/2011, è infondato.
È opportuna una breve ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
1.1. L’art. 10 del d.l. n. 201/2011, rubricato ‘regime premiale per favorire la trasparenza’, prevedeva (comma 1), in favore di alcune categorie di contribuenti (esercenti attività artistica o professionale, imprenditori individuali), a partire dal 1° gennaio 2013, taluni benefici, in particolare (lett. e) la riduzione di un anno dei termini di decadenza per l’attività di accertamento previsti
dall’art. 43, comma 1, d.P.R. n. 600/1973, e dall’art. 57, comma 1, d.P.R. n. 633/1972.
Analogo beneficio premiale era riconosciuto ai contribuenti soggetti al regime di accertamento basato sugli studi di settore (comma 9).
Il comma 12 prevedeva che ‘c on provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria, possono essere differenziati i termini di accesso alla disciplina di cui al presente articolo tenuto conto del tipo di attività svolta dal contribuente. Con lo stesso provvedimento sono dettate le relative disposizioni di attuazione ‘.
In data 12 luglio 2012 è stato emesso dal Direttore dell’ADE, sentite le associazioni di categoria, il provvedimento con cui sono stati differenziati i termini di accesso alla disciplina di favore sopra riportata. Orbene, nel detto provvedimento non compare la categoria ‘commercio al dettaglio di generi di monopoli’, cui appartiene l’odierno ricorrente , tra quelle beneficiarie della riduzione del termine di accertamento.
1.2. La CTR ha fatto, quindi, corretta applicazione del sopra delineato quadro normativo, quando ha ritenuto non elasso il termine di decadenza (individuato, nella specie, in 4 anni, non già in 3) per l’accertamento, poiché per la categoria dei commercianti al dettaglio di generi di monopoli il detto beneficio era stato escluso.
Né può sostenersi che con il provvedimento direttoriale l’Agenzia abbia eluso il precetto legislativo, atteso che era proprio quest’ultimo a rimandare ad un successivo provvedimento apicale la differenziazione dei termini di accesso alla disciplina premiale, né infine il detto atto è nullo per la mancata indicazione specifica dell’associazione di categoria dei tabaccai, tra le associazioni ‘sentite’ prima della sua adozione, atteso che nell’ incipit del provvedimento vi è l’espressa indicazione generale ‘sen tite le associazioni di categoria’.
1.3. L’assenza di precedenti specifici sulla questione rende opportuna l’enunciazione del seguente principio di diritto: «la riduzione di un anno dei termini di decadenza per l’attività di accertamento, di cui all’art. 43, comma 1, d.P.R. n. 600/1973, ed all’art. 57, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, prevista dall’art. 10 d.l. 201/2011, non si applica alla categoria dei commercianti al dettaglio di generi di monopolio».
Con il secondo motivo il contribuente lamenta, ‘relativamente alla mancata allegazione all’avviso di accertamento degli atti ivi richiamati’ (pag. 8), l’ error in iudicando commesso dalla CTR per aver ritenuto valido l’avviso di accertamento impugnato, nonostante la mancata allegazione dei documenti contenenti le informazioni ricevute dalle società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, e dall’Amministrazione dei Monopoli di Stato.
Deduce, poi, il vizio di motivazione della decisione di secondo grado, in quanto ‘apparente’, ‘essendo di per sé meramente assertiva’ (pagg. 11 e 12); se si fosse esaminato attentamente il contenuto dell’avviso di accertamento, sarebbe emerso che le pagine 3 e 4 contengono dati discrepanti e, perciò, inattendibili; mentre a pagina 3 si dà atto che la ricostruzione degli aggi e dei compensi percepiti dal contribuente è stata effettuata sulla base delle informazioni fornite da 10 distinti enti, a pagina 4 è riportato uno specchietto dove sono indicati 4 enti con una aggregazione degli stessi alla colonna ‘concessionario’ che rende impossibile la distinzione dei ricavi da aggi per ciascun ente.
Il motivo , subito superando l’eccezione di inammissibilità formulata dall’Ufficio, in quanto l’avviso di accertamento è allegato al ricorso per cassazione, è fondato nei termini appresso indicati.
2.1. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte ( ex multis , Cass. 10/06/2021, n. 16428), l’art. 7 della legge n. 212 del 2000 prescrive che, se nella motivazione degli atti
dell’amministrazione finanziaria si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama e l’obbligo di allegazione, previsto dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000, mira a garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive, laddove, in mancanza, egli sarebbe costretto ad una attività di ricerca, che comprimerebbe illegittimamente il termine a sua disposizione per impugnare (conformi, Cass. nn. 28800, 28801, 28802, 28803, 28804 del 2020, nonché Cass. nn. 17486 del 2019, 29491 del 2018, 29402 del 2017, 12468 del 2015); in tema di motivazione per relationem degli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza (Cass. n. 29968 del 2019); i n tema di avviso di accertamento, l’onere di allegazione di cui all’art. 7 della I. n. 212 del 2000 è limitato ai documenti non conosciuti né ricevuti dal contribuente e costituenti il presupposto dell’atto impositivo al fine di evitare il pregiudizio del diritto di difesa di quest’ultimo (Cass. n. 14723 del 2020).
Più recentemente si è precisato che l’allegazione dell’atto richiamato non è necessaria, essendo sufficiente che il relativo contenuto essenziale sia riprodotto nell’avviso di accertamento (Cass. 30/12/2024, n. 34906).
2.2. Ciò posto, nella specie la CTR afferma – in sostanza, ma genericamente – che gli atti erano stati riprodotti nel loro contenuto essenziale nell’avviso di accertamento, senza precisare le ragioni di tale conclusione (a fronte di una specifica doglianza del contribuente in punto di richiamo, erroneo ed inattendibile, dei detti atti nell’avviso) e senza esaminare analiticamente il contenuto dell’a tto impositivo sul punto; di qui, la carenza motivazionale della decisione gravata, denunciata dal contribuente.
In conclusione, va rigettato il primo motivo di ricorso, accolto il secondo per quanto di ragione e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, perché proceda a nuovo e motivato esame, alla luce dei principi esposti, nonché provveda anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie, per quanto di ragione, il secondo motivo di ricorso e, rigettato il primo motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 marzo 2025.