Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5754 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5754 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
Oggetto: II.DD. – IVA – operazioni attive – costi operazioni passive – note di credito
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17282/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE IN FALLIMENTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO , elettivamente domiciliata presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n.64/1/2016 depositata l’11 gennaio 2016, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 16 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania è stato accolto l’appello proposto da ll’RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 16024/25/2014 avente ad oggetto l’avviso di accertamento II.DD. IVA e accessori per l’anno di imposta 2007, emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in fallimento.
L’accertamento era basato sul p.v.c. della Guardia di Finanza del 7.12.12, con il quale venivano addebitati alla contribuente costi non documentati, oltre che operazioni attive non contabilizzate e venivano disconosciute note di credito in diminuzione dell’imponibile ritenute non giustificate.
L’adita Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso, ritenendo che l’accertamento non fosse sufficientemente provato, in quanto dalla documentazione prodotta da parte ricorrente (mastrini e documenti di trasporto) risultava la regolarità RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate.
Il giudice d’appello in via preliminare disattendeva le doglianze di parte contribuente. Tra l’altro, riteneva che l’accertamento fosse sufficientemente motivato e che l ‘ allegazione del p.v.c. della Guardia di Finanza non fosse necessaria in quanto dell’atto la parte fosse già a conoscenza. Nel merito, riteneva che in ordine ai costi non documentati per euro 400 non vi fosse una specifica contestazione. ln ordine al l’omessa fatturazione per complessivi euro 382.035, la ripresa era fondata su un compendio probatorio, in particolare sulla
documentazione extracontabile rinvenuta dalla G.d.F. presso l’abitazione dell’allora amministratore della società. lnfine, con riferimento alle note di credito contestate, non erano state chiarite le ragioni della riduzione dell’imponibile originario e le giustificazioni erano state addotte non in modo generico.
Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE in fallimento, affidato a sei motivi che illustra con memoria, cui replica l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, ai fini dell’art.360 primo comma n.5 cod. proc. civ., la ricorrente prospetta l’omesso esame su di un fatto decisivo della controversia in quanto, sin dal primo grado, ha eccepito la violazione dell’art. 7 RAGIONE_SOCIALE Statuto dei diritti del contribuente, il quale impone che gli atti dell’amministrazione finanziaria debbano essere motivati e, qualora la motivazione faccia riferimento ad altro atto, questo deve essere allegato. La ricorrente si duole che il fatto della mancata riproduzione nell’avviso di accertamento dei contenuti essenziali del p.v.c., di cui la parte non è stata giornalmente partecipe in violazione del principio del contraddittorio, non sarebbe stato valutato dalla CTR, la quale, in tal modo, avrebbe omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio.
Il motivo è inammissibile, poiché non tiene conto che di parte della ratio decidendi espressa dalla CTR. Il giudice ha in primo luogo accertato che la contribuente ha già avuto conoscenza aliunde del p.v.c., parte essenziale della ratio idonea a sorreggere di per sé l’esito decisorio.
Con il secondo motivo la ricorrente, ai fini dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ., lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 legge 27/7/2000 n. 212 e dell’art. 3 legge 241/90, per aver la sentenza gravata disatteso la doglianza di illegittimità dell’atto impugnato, limitandosi ad affermare che la conoscenza del p.v.c. da parte del contribuente avrebbe esonerato l’ufficio impositore dall’allegarlo comunque all’avviso di accertamento.
9. Il motivo è inammissibile, in quanto nel corpo della censura riporta il passaggio pertinente della sentenza impugnata, ma non contesta specificamente il fatto decisivo, ossia l’accertato intervenuto raggiungimento degli effetti e così la avvenuta piena conoscenza aliunde del p.v.c. da parte della società, limitandosi a riproporre la propria prospettazione, già sottoposta all’attenzione del giudice d’appello e da questi disattesa.
10. Il terzo motivo di ricorso, in relazione all’art.360 primo comma n.5 cod. proc. civ., deduce l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia in ordine alla violazione RAGIONE_SOCIALE garanzie del contribuente sottoposto a verifica fiscale con riferimento al capo della sentenza il quale statuisce che « la delega rilasciata dalla parte alla G.d.F. a procedere a verifica in sua assenza non comporta alcun specifico obbligo a carico dei verificatori, salvo quello generale, prescritto dall’art. 52 d.P.R., di redigere processo verbale di ogni accesso (da intendersi nel senso della complessiva verifica) e di darne copia alla parte ».
A dire della ricorrente la sentenza, da un lato confermerebbe l’esistenza dell’obbligo in capo ai verificatori di dover consegnare alla parte i verbali giornalieri e, dall’altro, ometterebbe di considerare il fatto della incontestata mancata consegna di detti verbali, non accogliendo l’eccezione mossa sul punto dalla società.
11. Il mezzo di impugnazione è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi , la quale chiaramente e correttamente afferma che l’unico obbligo a carico dei verificatori era consegnare il p.v.c. finale alla parte verificata e non una pluralità di verbali giornalieri, non essendovi traccia della contraddittorietà supposta, né l’omesso esame ipotizzato.
Con il quarto motivo il fallimento, ai fini dell’art.360 primo comma n.5 cod. proc. civ., lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia, nella parte in cui la CTR avrebbe apoditticamente ritenuto non provata la contabilizzazione di 110 assegni bancari, non esaminando la documentazione esibita (mastrini e fatture) dalla società.
13. Il motivo è inammissibile perché tende ad ottenere una nuova valutazione della prova e non si confronta con l’articolata motivazione espressa dalla CTR nella penultima pagina della sentenza, in cui espressamente affronta il fatto e accerta tra l’altro che « la documentazione contabile prodotta dalla parte (…) è già stata tenuta in conto dai verificatori, come risulta dal p.v.c. ove si legge (…) ». A fronte di tale accertamento fattuale parte ricorrente non fornisce prova del fatto che i mastrini depositati con il ricorso e succintamente indicati nel motivo alle pagg.11-13 del ricorso sarebbero in tutto o in parte diversi da quelli già esaminati dai verificatori, i quali ne hanno tentato la riconciliazione con i rispettivi registri facendo emergere le differenze contestate e ponendole a base dell’atto impositivo.
14. Con il quinto motivo la ricorrente, in rapporto all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ., censura in ordine alla statuizione della CTR circa la ripresa per importi non fatturati e dichiarati, che sarebbe stato violato l’art. 32 d.P.R. 600/73 e per non aver la CTR tenuto conto che in sede procedimentale la contribuente non ha ricevuto mai alcun invito da parte della G.d.F. al contraddittorio e a chiarimenti in ordine alle contestazioni mosse dall’Amministrazione.
15. Il motivo è inammissibile. Da un lato il succinto argomentare al pagg.14 e 15 del ricorso si limita a riportare il testo dell’art.32 cit. e, dall’altro, dalla sentenza non risulta che la questione dell’invito al contraddittorio e chiarimenti ai fini dell’art.32 sia stata posta all’attenzione del giudice d’appello, né il motivo dà evidenza che sia stata riproposta nelle controdeduzioni in appello. In ogni caso, premesso che quella dell’art.32 cit. è una mera tecnica di indagine e non costituisce un autonomo moRAGIONE_SOCIALE di accertamento, ai fini del contraddittorio procedimentale si osserva che è pacifico il rilascio del p.v.c. nel caso di specie e non è contestato il rispetto del termine dilatorio ex art.12 comma 7 l. n.212/2000 di 60 giorni anteriormente alla notifica dell’atto impositivo ai fini del contraddittorio, che è onere della parte instaurare.
16. Con il sesto motivo, in relazione all’art.360 primo comma n.5 cod. proc. civ., la contribuente prospetta l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia con riferimento all’art. 26 d.P.R. 600/73, con riferimento alla ripresa per contestate note di credito per un imponibile complessivo di euro 23.067,85, avendo la CTR mancato di rilevare che la nota di credito non necessita di requisiti di forma particolari e il contribuente avrebbe chiarito, documentalmente, il contenuto RAGIONE_SOCIALE note di credito emesse, giustificando ognuna di esse.
17. In accoglimento dell’eccezione dell’RAGIONE_SOCIALE, la censura è inammissibile, in quanto chiaramente diretta ad ottenere da parte del giudice di legittimità una nuova valutazione della prova, già oggetto dell’apprezzamento del giudice d’appello nell’ultima pagina della sentenza. In particolare è stato accertato dalla CTR: « non si rilevano agli atti i documenti di trasporto citati dal primo giudice» e che la contribuente non « precisa le quantità restituite, la natura RAGIONE_SOCIALE merci ed il destinatario RAGIONE_SOCIALE stesse », né la ricorrente contrasta tale accertamento allegando e dando evidenza della presenza dei documenti in sede di appello, se del caso attraverso un indice foliario degli atti del giudizio di appello con attestazione di cancelleria da cui emerga la circostanza contraria.
18. Il ricorso è conclusivamente rigettato per inammissibilità dei motivi. Le spese di lite sono regolate come da dispositivo e seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite, liquidate in Euro 6.000,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso il 16.1.2024