Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8165 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8165 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/03/2024
ORDINANZA
sui ricorsi riuniti iscritti al n. 9001/2015 R.G. e n. 13806/2018 R.G. proposti da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata (nella prima causa) in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e (nella seconda causa) in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che, nei rispettivi giudizi, la rappresentano e difendono unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e (solo nella seconda causa) unitamente anche all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata (nella prima causa) in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), e (nella seconda causa) in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che la rappresentano e difendono (nelle rispettive cause) unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e (solo nella seconda causa) unitamente anche all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso le SENTENZE di COMM.TRIB.REG. LIGURIA n. 92/2015 depositata il 21/01/2015 e di COMM.TRIB.REG. LIGURIA n. 1627/2017 depositata il 27/11/2017, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Nel giudizio r.g. n. 9001/2015 RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la cartella di pagamento avente ad oggetto la t.i.a. 2006, le relative fatture per gli anni 2006, 2007, 2008 e 2009, gli avvisi di pagamento aventi ad oggetto la t.i.a. 2010 e 2011.
Il ricorso è stato parzialmente accolto in primo grado, riconoscendosi la debenza della sola quota fissa del tributo.
In secondo grado è stato respinto l’appello principale della contribuente ed accolto quello incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’assoggettamento della Tia ad i.v.a..
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale la contribuente ha proposto ricorso per cassazione.
RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso, chiedendo il rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Nel giudizio r.g. n. 13806/2018 RAGIONE_SOCIALE ha impugnato le cartelle di pagamento avente ad oggetto la t.i.a. per le annualità 2007, 2008 e 2009.
Il ricorso è stato rigettato in primo grado, con sentenza confermata in appello.
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale la contribuente ha proposto ricorso per cassazione.
RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso, chiedendo il rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Le due cause sono state trattate all’adunanza camerale del 14 marzo 2024 e vanno riunite in considerazione della connessione soggettiva e della parziale coincidenza dell’oggetto, tenuto conto che le cartelle di pagamento relative alla t.i.a. per le annualità 2007, 2008 e 2009 (oggetto del giudizio r.g. n. 13806/2018) hanno assorbito le fatture emesse per la t.i.a. 2007, 2008 e 2009 (che costituiscono parte dell’oggetto del precedente giudizio). In proposito va ricordato che, in tema di contenzioso tributario, l’ingiunzione di pagamento ed in generale tutti gli atti di accertamento o di riscossione successivi sostituiscono, provocandone la caducazione in via definitiva, la fattura commerciale con cui il gestore del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani ha richiesto il pagamento della T.I.A. e conseguentemente determinano la sopravvenuta carenza di interesse delle parti alla decisione del giudizio riguardante il rapporto documentato dalla fattura, sulla cui base non possono più essere avanzate pretese tributarie di alcun genere (Cass., Sez. 5, 17 gennaio 2023, n. 1213).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Nel giudizio r.g. n. 9001/2015, avente ad oggetto la fattura t.i.a. 2006 e gli avvisi di pagamento aventi ad oggetto la t.i.a. 2010 e 2011, stante l’assorbimento delle fatture per le altre annualità nelle successive cartelle di pagamento, impugnate nell’altra causa, la contribuente ha dedotto: 1) 2) e 3) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 4,
cod.proc.civ., degli artt. 72, comma 1, d.lgs. n. 507 del 1993 e 23, comma 4, del regolamento comunale e la conseguente nullità della sentenza per la mancanza di motivazione (da intendersi come manifesta ed irriducibile contraddittorietà) sul punto, non essendo intervenuta la richiesta relativa al secondo semestre del 2006 nel termine di decadenza previsto dall’ancora vigente art. 72 cit. (nonostante la ritenuta abrogazione da parte della sentenza), da non confondere con il termine di prescrizione ribadito dal regolamento comunale: richiesta che deve essere consacrata in un atto impositivo laddove si discosti, come nel caso di specie, dalla dichiarazione del contribuente o sia in contrasto con le allegazioni di questi; 4) e 5) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod.proc.civ., degli artt. 62, commi 3, 4 e 5, e 69 del d.lgs. n. 507 del 1993, dei regolamenti comunali, dell’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 e dell’art. 195, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, oltre alla motivazione apparente su tale ultimo punto, considerato che la legislazione vigente prevede una esenzione totale per le aree produttive di rifiuti il cui smaltimento è a carico dell’operatore economico, e non solo della parte variabile del tributo, in applicazione del principio comunitario «chi inquina paga», problema che è stato superato, in modo solo apparente, dalla motivazione della sentenza impugnata, con l’individuazione di taluni costi fissi del servizio che andrebbero, comunque, remunerati; 6) la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod.proc.civ., per non aver affrontato la questione del contrasto con i principi costituzionali e comunitari; 7) la violazione del giudicato interno, essendo state riformate le spese della pronuncia di primo grado, nonostante il mancato appello sul punto della controparte; 8) la violazione del regime i.v.a., che va applicata ai corrispettivi e non ai tributi.
I primi tre motivi (relativi solo alla pretesa avente ad oggetto il secondo semestre del 2006), possono essere affrontati
unitariamente, in quanto connessi, visto che pongono tutti la questione della necessaria adozione, nel termine di decadenza previsto dalla legge, di un avviso di accertamento laddove l’atto impositivo si discosti, come nel caso di specie, dalla dichiarazione del contribuente o sia in contrasto con le allegazioni del contribuente.
In proposito deve premettersi che tendenzialmente, in tema di t.i.a. 1, trovano applicazione i principi vigenti in tema di t.a.r.s.u., in assenza di un autonomo corpo normativo, sicché vale il termine di decadenza di cui all’art. 72 d.lgs. n. 507 del 1993.
2.1.Come ha già rilevato la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 238 del 2009, «con riguardo alla disciplina dell’accertamento e della liquidazione della TIA, la lacunosità delle statuizioni contenute nel comma 9 dell’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 (il quale si limita a prevedere che <>) può essere colmata con l’esercizio del potere regolamentare comunale previsto per le entrate <> dal citato art. 52 del d.lgs. n. 446 del 1997 o in via di interpretazione sistematica». La disciplina regolamentare del Comune può, dunque, integrare, quanto all’accertamento ed alla riscossione, la lacunosa disciplina legislativa, ma pur sempre, ai sensi dell’art. 119 Cost., nel rispetto dei principi di coordinamento del sistema tributario, di cui fa parte la necessità, in ossequio al principio di certezza dei rapporti giuridici, della previsione, accanto al termine di prescrizione (espressamente disciplinato dall’art. 23 del regolamento comunale in esame), anche di un termine di decadenza. Al contrario, il termine di decadenza non è stato disciplinato nel regolamento comunale, per cui, in via di interpretazione sistematica, deve ricorrersi all’invocato art. 72 del d.lgs. n. 507 del 1993 per colmare la lacuna in esame.
Del resto, questa Corte ha già chiarito che, in tema di servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la generale potestà attribuita agli enti locali in materia di ripartizione dei costi ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997, non implica, in difetto di espressa previsione normativa, anche quella di adottare un autonomo procedimento tributario di accertamento e di riscossione del tributo, né stabilire un termine di decadenza o prescrizione diversi da quelli contemplati dalla legge (Cass., Sez. 5, 31 ottobre 2018, n. 27805).
2.2. Parimenti, deve applicarsi anche alla t.i.a. l’orientamento della giurisprudenza di legittimità formatosi in materia di t.a.r.s.u., secondo cui è possibile iscrivere il maggior importo richiesto in ruoli suppletivi, notificati all’interessato mediante cartella di pagamento non preceduta da avviso di accertamento, solo ove non si contestino le condizioni di tassabilità indicate nella denuncia originaria, integrativa o di variazione del contribuente, mentre è nulla la cartella di pagamento emessa senza un previo motivato avviso di accertamento quando la maggiore imposta derivi, come avvenuto nel caso di specie, dalla rettifica delle condizioni di tassabilità denunciate, dall’accertamento d’ufficio delle condizioni di tassabilità in caso di omessa denuncia, dal diniego della riduzione o agevolazione richiesta dal contribuente con apposita istanza (non surrogabile con contestazione giudiziale del provvedimento), dall’esercizio di un potere discrezionale (v. Cass., Sez. 5, 24 aprile 2015, n. 3657).
2.3. I motivi de quibus devono, pertanto, essere accolti, in virtù del seguente principio di diritto: in tema di t.i.a. 1, il Comune non può esigere il pagamento di un maggior tributo, in base alla rettifica delle condizioni di tassabilità indicate dal contribuente, senza un previo motivato avviso di accertamento, ferma restando, in ogni ipotesi di accertamento/riscossione, la necessità di
rispettare i termini di decadenza previsti dalla legge, non modificabili in via regolamentare.
Devono, invece, essere rigettati il quarto ed il quinto motivo di ricorso (da analizzare congiuntamente, in quanto pongono la medesima questione, ed esclusivamente con riferimento agli avvisi aventi ad oggetto la t.i.a. 2010 e 2011, visto che, come anticipato, le fatture relative alle annualità 2007, 2008 e 2009 risultano assorbite dalle cartelle di pagamento oggetto dell’altra causa).
Con i motivi de quibus si è denunciata la violazione degli artt. 62, commi 3, 4 e 5, e 69 del d.lgs. n. 507 del 1993, dei regolamenti comunali, dell’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 e dell’art. 195, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, oltre a motivazione apparente su tale ultimo punto, considerato che la legislazione vigente prevede una esenzione totale per le aree produttive di rifiuti il cui smaltimento è a carico dell’operatore economico, e non solo della parte variabile del tributo, in applicazione del principio comunitario «chi inquina paga».
Tuttavia, secondo l’ormai consolidato orientamento di questa Corte, la tariffa di igiene ambientale ha carattere universale e vi sono assoggettati tutti i locali siti nel territorio dell’ente comunale impositore, in quanto potenzialmente idonei a produrre rifiuti, applicandosi la riduzione di cui all’art. 62, comma 3, d.lgs. n. 507 del 1993, alle parti di superfici del locale interessate dalle attività che generano rifiuti speciali non assimilati a quelli urbani, smaltiti in proprio dal contribuente, con la precisazione che l’esonero riguarda la sola parte variabile della tariffa (tra le altre, Cass., Sez. 5, 27 febbraio 2020, n. 5360; v. anche Cass. 23 maggio 2019, n. 14038, secondo cui la tariffa di igiene ambientale è composta di una quota fissa e di una variabile e, poiché la quota fissa è destinata a finanziare i costi essenziali del servizio nell’interesse
dell’intera collettività, essa è sempre dovuta per intero sul mero presupposto del possesso o della detenzione di superfici nel territorio comunale astrattamente idonee alla produzione di rifiuti, mentre ogni valutazione in ordine alla quantità dei rifiuti concretamente prodotti dal singolo, o al servizio effettivamente erogato in suo favore, può incidere solo ed esclusivamente sulla parte variabile della tariffa; cfr., da ultimo, Cass., Sez. 5, 31 luglio 2023, n. 23137).
Va, dunque, ribadito il principio ormai consolidato secondo cui la parte fissa della tariffa di igiene ambientale è dovuta sempre per intero, sul mero presupposto del possesso o detenzione di superfici nel territorio comunale astrattamente idonee alla produzione di rifiuti, essendo essa destinata a finanziare i costi essenziali e generali di investimento e servizio nell’interesse dell’intera collettività (dunque indipendentemente dalla qualità e quantità dei rifiuti prodotti, così come dall’oggettiva volontaria fruizione del servizio comunale, purchè effettivamente apprestato e messo a disposizione della collettività): si tratta di costi, di carattere generale ma pur sempre commutativo, ai quali debbono partecipare tutti i possessori di locali all’interno del territorio comunale, in quanto astrattamente idonei ad ospitare attività antropiche inquinanti e, dunque, a costituire un carico per il gestore del servizio .
4. Il sesto motivo è in parte assorbito, atteso che alcune delle prospettate questioni di costituzionalità si riferiscono all’interpretazione seguita dal giudice di merito, ma non condivisa da questa Corte, ed in parte infondato, atteso che, per quanto concerne la parte fissa del tributo in esame, lo stesso trova il suo fondamento nella legge, conformemente all’art. 23 Cost., e non contrasta con (ma anzi attua) il principio «chi inquina paga», differenziandosi, comunque, il carico fiscale in considerazione del tipo di smaltimento del rifiuto. In proposito deve, peraltro,
evidenziarsi che la ricorrente lamenta in modo alquanto generico la misura asseritamente sproporzionata della parte fissa del tributo, senza chiaramente e precisamente circostanziare la contestazione, sia nella sua sostanza, sia nei modi e termini della sua deduzione nel processo.
Il settimo motivo, avente ad oggetto le spese, risulta assorbito, atteso che l’accoglimento di alcuni motivi e la conseguente cassazione della sentenza impugnata comportano la caducazione della pronuncia accessoria sulle spese, in applicazione dell’art. 336, primo comma, cod.proc.civ..
6 . Merita accoglimento pure l’ultimo motivo, avente ad oggetto l’i.v.a., atteso che, come chiarito dalle Sezioni Unite, la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, istituita dall’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997, oggi abrogato, avendo natura tributaria, non è assoggettabile all’IVA, che mira a colpire la capacità contributiva insita nel pagamento del corrispettivo per l’acquisto di beni o servizi e non in quello di un tributo, sia pure destinato a finanziare un servizio da cui trae beneficio il medesimo contribuente (Cass., Sez. U, 15 marzo 2016, n. 5078). Nel caso di specie, la pretesa in esame si riferisce proprio al tributo di cui all’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 (T.i.a. 1), come confermato dalla mancata contestazione della giurisdizione tributaria e dal contenuto delle censure e delle difese formulate dalle parti (in particolare, anche nel controricorso, RAGIONE_SOCIALE, pur insistendo sulla possibilità di considerare la pretesa quale corrispettivo, richiama proprio il citato art. 49, insistendo piuttosto sulla sua natura di soggetto privato, che svolge la sua attività imprenditoriale in totale autonomia rispetto all’ente pubblico e, cioè, su un accertamento di fatto che non è stato compiuto in sede di merito). La pronuncia in esame è anteriore al chiarimento delle Sezioni Unite, che supera le argomentazioni dei giudici di merito, osservando che è «irrilevante … il disposto della voce 127
sexiesdecies dalla tabella A parte ifi del d.p.r. 633/1972, relativa ai beni e servizi soggetti all’aliquota del 10%, secondo cui: le “prestazioni di gestione, stoccaggio e deposito temporaneo, previste dall’art. 6, comma 1, lettere d), l) e m), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, di rifiuti urbani di cui all’art. 7, comma 2, e di rifiuti speciali di cui all’art. 7, comma 3, lettera g), del medesimo decreto, nonché prestazioni di gestione di impianti di fognatura e depurazione”; nonchè il d.m. 24 ottobre 2000, n. 370, nel disciplinare le modalità di riscossione dell’IVA, prevede espressamente, all’art. 1, che “Per le operazioni relative al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati, di fognatura e depurazione, possono essere emesse bollette che tengono luogo delle fatture, anche agli effetti di cui all’art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni, sempre ché contengano tutti gli elementi di cui all’art. 21 del medesimo decreto. Tali disposizioni sono infatti applicabili nei casi in cui le prestazioni in esame vengano svolte “con corrispettivo”, elemento assente, per quanto sopra ritenuto, nel caso in esame».
Né la debenza dell’i.v.a. può scaturire dall’indebita detrazione effettuata, che dovrà essere eliminata in esecuzione del giudicato relativo al contenzioso in esame. Difatti, questa Corte ha già evidenziato che il pagamento dell’IVA sulla tariffa di igiene ambientale ex art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 (c.d. TIA1), attesa la natura non privatistica ma tributaria di detta tariffa e la sua non assoggettabilità ad imposta, integra indebito oggettivo e legittima l’azione di ripetizione promossa nei confronti del cedente, non assumendo rilevanza la eventuale detrazione, comunque non consentita, del relativo importo ad opera del cessionario (Cass., Sez. 6-3, 5 marzo 2020, n. 6149).
Nel successivo giudizio r.g. 13806/2018, avente ad oggetto le cartelle di pagamento per la t.i.a. 2007, 2008 e 2009, la
contribuente ha dedotto: 1) e 2) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell’art. 72, comma 1, d.lgs. n. 507 del 1993, non essendo stato adottato un avviso di accertamento, nonostante la richiesta tributaria divergesse dalla denuncia del contribuente, conseguentemente al mancato riconoscimento dell’esenzione invocata per i locali adibiti a magazzino (assoggettati al tributo, sebbene solo in misura fissa), e non essendo intervenuto il ruolo entro l’anno successivo a quello di debenza del tributo; 3) la nullità del ruolo emesso in data 28 novembre 2021 e notificato in data 7 agosto 2013 in pendenza di giudizio (ricorso avente ad oggetto l’imposizione per gli anni 2006 -2011), ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., per violazione dell’art. 72, comma 1, d.lgs. n. 507 del 1993; 4) la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., per omesso esame delle questioni di costituzionalità, per contrasto con gli art. 3, 23, 24, 53, 76, 97, 111 e 113 Cost., sollevate in via subordinata (in caso di ritenuta esecutività immediata degli atti amministrativi impugnati), dell’art. 72, comma 1, d.lgs. n. 507 del 1993; 5) la parziale illegittimità del ruolo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., per violazione degli artt. 1193, 1362, 1366 e 2697 cod.civ., in considerazione della mancata imputazione del pagamento parziale (di euro 2.497,00).
8. Il primo ed il secondo motivo, con cui si è denunciata la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell’art. 72, comma 1, d.lgs. n. 507 del 1993, non essendo stato adottato un avviso di accertamento, nonostante la richiesta tributaria divergesse dalla denuncia del contribuente per il mancato riconoscimento dell’esenzione invocata per i locali adibiti a magazzino (assoggettati al tributo, sebbene solo in misura fissa), e non essendo intervenuto il ruolo entro l’anno successivo a quello di debenza del tributo, sono fondati, per le ragioni già
precedentemente evidenziate, con assorbimento di tutti gli altri motivi.
8 .1 Basterà richiamare, in proposito, quanto poc’anzi affermato (sopra, § 2.1) con riferimento a C.Cost. n. 238/09 ed ai limiti della potestà integrativa regolamentare in capo ai Comuni.
8.2. Parimenti, deve poi qui richiamarsi quanto già osservato (sopra, § 2.2) circa l’ammissibilità di riscossione diretta (senza previo motivato avviso di accertamento) nel solo caso in cui non si contestino le condizioni di tassabilità indicate nella denuncia originaria, integrativa o di variazione del contribuente.
8.3. I motivi de quibus devono, pertanto, essere accolti, in virtù del sopra formulato (§ 2.3) principio di diritto.
In conclusione, previa riunione dei ricorsi, nel giudizio r.g. 9001/2015 il primo, il secondo, il terzo e l’ultimo motivo devono essere accolti, rigettati il quarto, il quinto ed il sesto motivo, assorbito il settimo motivo; conseguentemente, la sentenza deve essere cassata in ordine ai motivi accolti e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, l’originario ricorso deve essere accolto integralmente in ordine alla fattura avente ad oggetto l’annualità 20 0 6, e limitatamente all’importo dell’i.v.a. in ordine agli avvisi aventi ad oggetto le annualità 2010 e 2011; nel giudizio r.g. 13806/2018 il primo ed il secondo motivo devono essere accolti, con assorbimento di tutti gli altri motivi, e conseguentemente la sentenza deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, l’originario ricorso deve essere accolto integralmente, con annullamento delle cartelle di pagamento aventi ad oggetto le annualità 2007, 2008, 2009.
In considerazione della complessità delle questioni, della sovrapposizione ed interferenza degli atti di recupero e dell’evolversi dell’interpretazione normativa in materia di Tia 1, le
spese dei giudizi di merito devono essere integralmente compensate, mentre quelle dei giudizi di legittimità devono essere compensate nella misura di ½ , con addebito della restante parte a carico di RAGIONE_SOCIALE in ragione di prevalente soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, decidendo previa riunione al ric.n. 9001/15 rg. del ricorso n. 13806/18 rg.;
-nel giudizio r.g. n.9001/2015, accoglie il primo, il secondo, il terzo e l’ultimo motivo, rigettati il quarto, il quinto ed il sesto ed assorbito il settimo; cassa la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso integralmente in relazione all’annualità 2006 e limitatamente alla pretesa dell’i.v.a. in relazione alle annualità 2010 e 2011; nel giudizio r.g. n.13806/2018, accoglie il primo ed il secondo motivo, assorbiti i residui; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso annullando le cartelle di pagamento aventi ad oggetto la t.i.a. per gli anni 2007, 2008 e 2009;
-dichiara integralmente compensate le spese dei giudizi di merito e, nella misura di ½, le spese del presente giudizio di legittimità;
-condanna la parte resistente RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della ricorrente, di ½ delle spese del giudizio di legittimità, che liquida (in misura già dimidiata) in Euro 2.000,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e ad altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14/03/2024, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria.
Il Presidente
NOME COGNOME