Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21202 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21202 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
2005 aveva richiesto la detassazione delle superfici dei magazzini in quanto sulle stesse venivano prodotti scarti di imballaggi terziari, smaltiti in proprio dalla contribuente e che per gli anni di imposta 2004/2005 la pretesa del RAGIONE_SOCIALE era stata definita in sede di autotutela, avendo l’ente territoriale riconosciuto i costi sostenuti per lo smaltimento degli imballaggi, così come analoghi provvedimenti di discarico erano stati adottati per gli anni 2006/2007, mentre dall’anno 2008 il RAGIONE_SOCIALE aveva ripreso a richiedere l’imposta nella sua interezza.
L’istante ha, quindi, contestato la decisione, assumendo la necessità di un previo accertamento sostanziale da parte del RAGIONE_SOCIALE tutte le volte in cui la pretesa non si concili con la volontà del contribuente-dichiarante, consentendo l’art. 72 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 l’iscrizione diretta a ruolo solo se il credito risulti coerente con la posizione assunta dal contribuente o sia fondato su titolo non contestato, esigendo altrimenti l’emissione dell’avviso di accertamento.
Sotto altro, ma connesso, profilo, la RAGIONE_SOCIALE ha considerato errato il riferimento operato dalla Commissione regionale alla mancata redazione di una formale comunicazione di variazione dei dati originariamente denunciati, in quanto la richiesta di detassazione non riposava sulla rappresentare di dati fattuali (superficie e destinazione) modificati e per i
quali poteva esigersi la nuova comunicazione, ma si fondava sulla dedotta condizione giuridica di intassabilità rispetto alla quale nessuna norma impone l’adozione di una formale denunzia, laddove lo stesso art. 24 del reg. comunale Tarsu considera valide anche le comunicazioni postali, non redatte su moduli comunali, purchè esaurienti nei dati da comunicare, aggiungendo, infine, che non c’è dichiarazione fiscale che non sia emendabile e che ciò che conta per rendere esigibile l’accertamento è la contestazione del tributo, aspetto questo qui fuori discussione.
Con la seconda censura (v. n. 3 del ricorso, essendo il n. 2 solo una premessa alla formulazione dei motivi, come chiarito a pagina n. 12 del ricorso, volta a rappresentare che la ragione dell’esenzione richiesta risiede nella sua funzione di contrappeso all’obbligo comunitario di provvedere in proprio allo smaltimento dei rifiuti speciali), l’istante ha contestato, con riferimento all’art. 360, primo comma, n um. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e 16, comma 1, reg. comunale Tarsu, nella parte in cui il Giudice di appello ha ritenuto, ai fini dell’esclusione dell’imposta, che, per le specifiche caratteristiche e destinazione del bene, ivi si producessero esclusivamente rifiuti speciali.
Di contro, la società ha sostenuto, anche sulla base di talune pronunce della Corte, che l’inciso « di regola » contenuto nella previsione dell’art. 62, comma 3, d.lgs. cit. equivale a « non esclusivamente o a in misura non preponderante », giacchè « una diversa interpretazione della legge equivarrebbe a rendere del tutto inconsistente la possibilità legale di esenzione, perché è ben difficile immaginare un luogo, per quanto caratteristicamente industriale, in cui non si formino anche, sia pure in lieve misura, rifiuti tipicamente urbani» (v. pag. n. 14 del ricorso).
Sotto tale profilo, la ricorrente ha considerato irrilevante la presenza umana, ponendo in evidenza che ciò che conta è la natura dei rifiuti derivanti dalla produzione stessa, segnalando ancora che la ragione fondativa dell’esenzione non sta nella struttura e nella destinazione del
bene, bensì nella produzione, continuativa e prevalente, dei rifiuti speciali, restando del tutto irrilevante che sulla medesima area vi possa essere una ridotta produzione di rifiuti assimilabili agli urbani, dovuta ad eventuale presenza umana.
Con la terza doglianza (n. 4 del ricorso) la contribuente ha lamentato, in relazione al paradigma di cui all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo, costituito dagli aspetti quantitativi della produzione di rifiuti speciali (imballaggi terziari) sia in assoluto (pari a 12.564 tonnellate), che in rapporto all’eventuale sussistenza di rifiuti ordinari, che la difesa della contribuente ha ritenuto essere del tutto irrisoria e non apprezzabile, stante « la presenza umana estremamente limitata in un ambiente per lo più automatizzato » (cfr. pag. n. 17 del ricorso), così contestando l’applicazione della previsione del secondo periodo dell’art. 62, comma 3, d.lgs. cit., ritenuto applicabile « solo quando la promiscua e non agevolmente distinguibile produzione di rifiuti speciali e assimilabili si verifichi in quantità rispettivamente apprezzabili per entrambe le categorie » (cfr. pag. n. 17 del ricorso).
Con la quarta ragione (n. 5 del ricorso) di impugnazione la società ha dedotto, con riguardo all’art. 360, primo comma, n um. 3, cod. proc. civ., la falsa applicazione del secondo periodo dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e dell’art. 20 -bis del reg. comunale Tarsu, rimproverando al Giudice dell’appello di aver riconosciuto l’imposizione tariffaria richiesta in via del tutto subordinata dall’istante, erroneamente combinando la previsione dell’art. 62, comma 3, seconda parte, d.lgs. 15 novembre 1992, n. 507 con quella dell’art. 20 -bis reg. comunale, laddove era stata chiesta la disapplicazione di tale ultima disposizione, in quanto illegittima.
Nello specifico, la società ha posto in rilievo che il citato art. 62, comma 3, secondo periodo, « contempla una riduzione di superficie tassabile per quelle situazioni, da individuare per categoria di attività, in cui si producono tanto rifiuti speciali quanto rifiuti conferibili al servizio pubblico e non sia agevole individuare le rispettive localizzazioni o
proporzioni », mentre il menzionato art. 20bis non individua categorie di attività produttive di rifiuti speciali, ma « si rivolge indistintamente a tutti i produttori di imballaggi terziari e prevede una riduzione della tassa » (v. pag. n. 20 del ricorso).
Per tale via, l’istante ha considerato detta previsione priva di base normativa, non attuativa, ma confliggente con la totale esclusione impositiva prevista dal primo periodo dell’art. 62, comma 3, d.lgs. cit. per chi, di regola, produce rifiuti speciali, nonchè dall’art. 195, comma 2, lett. e ), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 per chi avvia a recupero gli scarti di imballaggio terziario.
Con il quinto motivo di impugnazione (n. 6 del ricorso) la ricorrente ha lamentato, con riferimento all’art. 360, primo comma, n um. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 195, comma 2, lett. e ), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 nella parte in cui il Giudice regionale ha ritenuto tale disposizione non applicabile, in ragione della mancata emanazione dei decreti attuativi, opponendo a tale rilievo che le prescrizioni di tale disposizione normativa non prevedono, nella loro perentorietà, alcuna regolamentazione attuativa e sono pertanto immediatamente operative, giacchè il divieto di applicare tariffe per imballaggi (terziari) avviati al recupero autonomamente non richiede alcuna norma regolamentare che ne attui il disposto, come riconosciuto da varia giurisprudenza di merito ed amministrativa, nonché dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 248 del 24 luglio 2009 e come riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione per il divieto di assimilazione degli imballaggi terziari previsto dal decreto Ronchi, anche in mancanza dei decreti attuativi.
Con la sesta censura (n. 7 del ricorso) l’istante ha contestato, con riferimento all’art. 360, primo comma, n um . 5, cod. proc. civ., l’omesso esame circa il fatto decisivo per il giudizio costituito dalla totale assenza del servizio pubblico in ordine ai rifiuti, diversi dagli imballaggi terziari, prodotti nel magazzino, considerando sfornita di prova la diversa allegazione del RAGIONE_SOCIALE, aggiungendo sul punto che il sistema è basato sul duplice criterio della prevalenza e dell’unicità, per cui chi provvede per il rifiuto prevalente è chiamato a farlo per la totalità dei rifiuti prodotti.
Con la settima doglianza (n. 8 del ricorso) la contribuente ha denunciato, in relazione al canone di cui all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per omesso esame delle questioni di legittimità costituzionale concernenti:
-il contrasto dell’art. 72 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 con gli artt. 3, 23, 24, 53, 76, 97, 111 e 113 Cost., se interpretato nel senso della non necessità di un avviso di accertamento anche nell’ipotesi di contestazione del tributo;
-il contrasto dell’art. 62 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 con gli artt. 3, 23, 24, 41, 43, 53, 76, 97, 117 Cost., se interpretato nel senso della legittimità della tassa, nonostante l’obbligo di provvedere in proprio allo smaltimento e/o al recupero dei rifiuti speciali prodotti;
-il contrasto dell’art. 195, comma 2, lett. e ), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 195 con l’art. 3 Cost, se interpretato nel senso di distinguere il trattamento tra magazzini a seconda che rientrino o meno nei parametri ivi considerati.
Con l’ottava ragione (n. 9 del ricorso) di impugnazione la società ha, infine, eccepito, con riguardo all’art. 360, primo comma, num., 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., per l’omesso esame del dedotto contrasto del diritto interno con le norme europee in tema di concorrenza, liberalizzazione dei servizi e tutela ambientale, come desunti dagli artt. 56, 59, 101, 103, 106, 113, 119, 120, 191 2 del Trattato sull’Unione europea, 14 direttiva n. 2008/98/CE: Costi, 1, direttiva 94/CE Fine, 7 della direttiva n. 94/62/CE: Sistemi di restituzione, raccolta e recupero, 15 direttiva 94/62/CE: Strumenti economici, avanzando, altresì, richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, affinchè stabilisca se le menzionate norme del Trattato e le direttive « si debbano interpretare nel senso che, laddove gli operatori economici siano tenuti a provvedere a proprie spese al recupero o allo smaltimento dei rifiuti speciali in genere e in particolare degli imballaggi terziari, senza poter far capo al servizio pubblico, e siano altresì vincolati a partecipare al RAGIONE_SOCIALE corrispondendo il relativo contributo, non
consentano a uno Stato membro di imporre ulteriori prelievi connessi alla privativa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti» (v. pag. 32 del ricorso).
Va preliminarmente disattesa l’istanza di riunione del presente procedimento con quello contrassegnato con il n. NUMERO_DOCUMENTO di ruolo generale, formulata dalla società con il ricorso, giacchè detto giudizio è stato deciso con sentenza di questa Corte n. 33422 del 27 dicembre 2018, che ha dichiarato l’inammissibilità dei ricorsi cumulativamente proposti dalla contribuente contro tre sentenze relative alla medesima imposta in esame, concernente però i diversi anni di imposta 2007/2008/2009.
9.1. Sempre, in via preliminare, vanno respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza e di giudicato avanzate dal RAGIONE_SOCIALE di Bentivoglio.
9.1.a. Sotto il primo aspetto, il RAGIONE_SOCIALE ha dedotto l’omessa esposizione nel ricorso di una chiara rappresentazione dei fatti esaminati dai Giudici di merito e la mancata indicazione della parte della sentenza che si è inteso impugnare, ponendo in evidenza che la pronuncia in esame aveva riguardato due distinti magazzini (uno inserito nel blocco 2.2 ABC dell’interporto bolognese e l’altro nel blocco 3.2 ABC del medesimo interporto), con accoglimento parziale dell’appello proposta dalla RAGIONE_SOCIALE solo con riferimento al magazzino di cui al blocco 2.2 e con decisione riguardante il pagamento dell’imposta nei termini di cui all’art. 20bis del reg. comunale, con rigetto, invece, del gravame proposto dalla società con riguardo al magazzino di cui al blocco 3.2, lamentando -il RAGIONE_SOCIALE -che la ricorrente non avesse indicato nell’impugnazione in rassegna se la stessa avesse riguardato la parte di pronuncia concernente il magazzino inserito nel blocco 2.2 oppure di quello presente nel blocco 3.2.
9.1.b. L’eccezione non ha fondamento.
Il ricorso in oggetto ha chiaramente indicato, già nella sua epigrafe, di proporre ricorso « per la cassazione della sentenza della Commissione
tributaria regionale di Bologna n. 1966/11/2016 relativa a cartella di pagamento n. 068/2011/0158474151 per Tarsu di € 5.093,00 sul magazzino di mq 3119 al blocco 2.2 dell’interporto bolognese di Bentivoglio (v. pagina n. 1 del ricorso), precisando, nella narrazione della vicenda, che il magazzino di cui al blocco 3.2 era stato aperto in sostituzione di quello di cui è causa al blocco 2.2 chiuso a fine 2010» (v. pagine nn. 2 e 3 del ricorso), per poi concludere nel senso di cassare la impugnata sentenza della Ctr di Bologna n. 1966/11/2016 e dichiarare non dovuta la tassa rifiuti sul magazzino-deposito della ricorrente al blocco 2.2 dell’interporto bolognese di Bentivoglio» (v. pagina n. 31 del ricorso).
Alla luce di tali puntuali indicazioni non vi è, quindi, dubbio che il ricorso in esame abbia riguardato -in termini chiari – solo il magazzino di cui al blocco 2.2 e la parte di sentenza ad essa relativa.
9.2. Non può ricevere seguito l’eccezione di giudicato, avanzata dal RAGIONE_SOCIALE nella memoria di cui all’art. 378 cod. proc. civ. e basata sulla pronuncia n. 33422 del 27 dicembre 2018 di questa Corte, che ha dichiarato inammissibili i ricorsi cumulativi contro le (tre) sentenze della Commissione regionale rese tra le stesse parti per i pregressi (2007, 2008 e 2009) anni di imposta ed asseritamente concernenti le medesime questioni, rendendo così definitive le predette sentenze nn. 1, 2 e 3 del 9 gennaio 2012 delle Commissioni tributarie regionali nella parte in cui hanno stabilito che « per il magazzino che genera anche rifiuti speciali la TARSU deve essere determinata detraendo le spese sostenute dalla società per lo smaltimento dei rifiuti speciali nei modi e nei termini previsti dall’art. 20 -bis del Regolamento approvato dal RAGIONE_SOCIALE di Bentivoglio» (così nella citata memoria).
L’effetto utile del giudicato risulta, infatti, impedito dalla seguente osservazione.
La decisione dei predetti Giudici di merito – da quel che risulta dal succinto resoconto fornito dalla difesa del RAGIONE_SOCIALE, ma anche dai contenuti della sentenza n. 33422 del 27 dicembre 2018 di questa Corte -si è fondata su di una valutazione giuridica circa la riconduzione della
fattispecie alla previsione dell’art. 20 -bis del regolamento comunale e, dunque, alla sua regolamentazione.
Va allora dato seguito all’orientamento, più volte espresso da questa Corte, secondo cui il giudicato può formarsi ed essere invocato solo sulle circostanze che hanno costituito oggetto di apprezzamenti di fatto e non anche su valutazioni concernenti questioni giuridiche.
Difatti, l’attività interpretativa delle norme compiuta da un giudice e, più in generale, lo scrutinio di questioni giuridiche, in quanto consustanziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può mai costituire limite all’attività esegetica esercitata da un altro giudice, dovendosi richiamare a tal proposito il distinto modo in cui opera il vincolo determinato dalla efficacia oggettiva del giudicato ex art. 2909 cod. civ. rispetto a quello imposto, in altri ordinamenti giuridici, dal principio dello ” stare decisis ” (cioè del precedente giurisprudenziale vincolante”), che non trova riconoscimento nell’attuale ordinamento processuale (così Cass., Sez. V, 7 aprile 2022, n. 11331, che richiama Cass., Sez. 5, 21 ottobre 2013, n. 23723; Cass., Sez. 5, 15 luglio 2016, n. 14509 e Cass., Sez. T., 1° giugno 2021, n. 15215 e, da ultimo, Cass., Sez. T., 5 marzo 2024, n. 5882).
Medesimo discorso vale per la valutazione, anch’essa di natura squisitamente giuridica, relativa alla questione di natura procedimentale articolata con il primo motivo di impugnazione del presente giudizio, che, come si vedrà, assume valore assorbente rispetto al merito della lite.
Il ricorso risulta fondato nel suo primo motivo, la cui decisione assume valore assorbente rispetto all’esame delle restanti censure. Queste le ragioni.
10.1. Come sopra esposto -ma giova ripeterlo – il Giudice regionale ha preliminarmente affermato « che il RAGIONE_SOCIALE non era tenuto a notificare alcun avviso di accertamento, poiché l’iscrizione a ruolo è fondata sulle ‘ autodenunce di iscrizione tassa smaltimento rifiuti solidi urbani’, ritualmente presentate dal contribuente, ai sensi dell’articolo
70 comma 1 D.Lgs. n. 507/1993, per entrambi i locali, rispettivamente il 29/9/2004 ed il 18/1/2008», aggiungendo che «Né può ritenersi, come invece sostenuto dalla difesa dell’appellante, che tali autodenunce dovevano considerarsi superate dalle successive istanze del contribuente volte a richiedere la detassazione», poiché « l’inziale autodenuncia avrebbe potuto essere superata solo da una nuova comunicazione presentata con le modalità prescritte dall’articolo 70 comma 2 D.Lgs. 546 ( rectius 507)/1993, e cioè con una comunicazione formale redatta su appositi modelli al fine di evidenziare una situazione che ‘ comunque influisca sull’applicazione riscossione del tributo in relazione ai dati da indicare nella denuncia ‘», per cui, «essendo pacifico che la società contribuente non ha mai presentato tale nuova comunicazione, legittimamente il RAGIONE_SOCIALE ha potuto emettere la cartella senza il preventivo avviso di accertamento, basandosi su autodenunce ancora valide e mai superate» (così nella sentenza impugnata priva di numerazione).
10.2. Da quanto precede, risulta, quindi, accertato, in punto di fatto, che la società aveva presentato più volte al RAGIONE_SOCIALE la richiesta di escludere dall’imposizione fiscale l’area del magazzino di cui al blocco 2.2 ABC dell’interporto bolognese del RAGIONE_SOCIALE di Bentivoglio.
Si tratta, peraltro, di circostanza non smentita dalla difesa dello stesso RAGIONE_SOCIALE, il quale non ha negato l’esistenza di tali richieste di detassazione, reputandole piuttosto non idonee allo scopo, quanto meno sotto il profilo del conseguenziale obbligo dell’ente di notificare un nuovo avviso di accertamento.
Altrettanto pacifico è che tali richieste non sono state veicolate tramite la modulistica prevista dall’art. 70 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507.
10.3. Questa Corte in analogo contenzioso promosso dalla RAGIONE_SOCIALE [TIA 2012 in cui si discuteva dell’obbligo della notifica dell’avviso di accertamento da parte del concessionario, prima della iscrizione a ruolo, nel caso in cui il contribuente avesse presentato una denuncia di variazione per le mutate condizioni di tassabilità
(smaltimento in proprio dei rifiuti prodotti)], ha avuto modo di precisare, anche sul piano dei principi, che:
-« il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70 pone a carico del contribuente l’obbligo di presentare una denuncia unica in ordine ai locali ed aree tassabili, nonché, in generale, alle condizioni di tassabilità della TARSU (denuncia originaria od integrativa) ed in ordine alle eventuali variazioni di tali condizioni (denuncia di variazione)»;
«Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 71 prevede l’emissione di avviso di accertamento nel caso di denuncia infedele o incompleta (avviso di accertamento in rettifica) o nel caso di omessa denuncia (avviso di accertamento d’ufficio) e stabilisce, a proposito della motivazione dell’avviso, che questo debba indicare -tra l’altro -le ragioni dell’eventuale diniego della riduzione o agevolazione richiesta (D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 6, comma 1, lett. e, del ha poi introdotto, nel D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 71 il comma 2 bis, anch’esso relativo alla motivazione dell’avviso di accertamento, in sostanziale attuazione della L. n. 212 del 2000, art. 7)»;
«Allorquando il concessionario o la società di raccolta di rifiuti non contesti le condizioni di tassabilità indicate nella denuncia originaria, integrativa o di variazione presentata dal contribuente, ed ove non vi sia diniego della richiesta di agevolazioni od esenzioni, è legittima l’iscrizione del maggior importo in ruoli notificati all’interessato mediante cartella di pagamento non preceduta da avvisi di accertamento (la cui emissione è consentita nei casi elencati nelle disposizioni sopra citate): ciò, in particolare, anche nel caso in cui l’errore derivi dalla mancata considerazione di uno ius superveniens (chiaramente e non discrezionalmente) applicabile alla fattispecie, quando restino ferme tutte le precedenti fattuali condizioni di tassabilità»;
«L’avviso di accertamento è invece necessario – per converso quando (e solo quando) la maggiore imposta derivi: 1) dalla rettifica apportata alle condizioni di tassabilità denunciate; 2) dall’accertamento
d’ufficio delle condizioni di tassabilità in caso di omessa denuncia; 3) dal diniego (secondo quanto sì desume dal citato D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 71, comma 2) della riduzione o agevolazione richiesta dal contribuente con apposita istanza, non surrogabile dalla contestazione giudiziale del provvedimento (v., sostanzialmente nello stesso senso, Cass. n. 7951 e n. 5895 del 2002; Cass. n. 19255 del 2003; Cass.3657 del 2015; Cass. 9731 del 2015), ovvero, infine, dall’esercizio di un potere discrezionale eventualmente riconosciuto dallo ius superveniens , anche ove restino ferme tutte le precedenti fattuali condizioni di tassabilità (Cass. 13.8.2004 n. 15858)»;
«Nella specie il contribuente aveva richiesto espressamente una agevolazione con la necessità della previa notifica di un avviso di accertamento»;
«La cartella è stata, quindi, quindi emessa per diniego implicito delle agevolazioni richieste, ed è, quindi, illegittima per la mancanza di un previo motivato avviso di accertamento (Cass 22248/15; Cass. 2016 n. 19120) » (così Cass., Sez. T., 2 marzo 2018, n. 4967).
Dunque, già con tale pronuncia la Corte aveva ritenuto necessario l’emissione dell’avviso di accertamento nel caso di diniego (anche implicito) alla richiesta di agevolazione fiscale.
10.4. Tale, condivisibile, ordine di idee è stato poi, di recente, confermato da questa Corte, ribadendosi (sempre in tema di TIA, ma con argomenti certamente spendibili anche in tema di Tarsu stante -sul punto -la continuità normativa tra le due discipline, cfr., ex multis, Cass., Sez. T., 14 febbraio 2023, n. 4564; Cass., Sez. T., 9 luglio 2024, n. 18689) che:
-«La liquidazione diretta, proprio per il suo carattere di eccezionalità, richiede quindi, da un lato, l’identità dei dati utilizzati con quelli dell’anno precedente, dall’altro la stabilità o definitività degli stessi, nel senso che non devono essere né incerti né contestati»;
«L’incertezza del dato utilizzato a seguito della contestazione dell’utente comporta, viceversa, la necessità dell’adozione dell’avviso
di accertamento, dovendo l’amministrazione esplicitare, ai sensi dell’art. 70 del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507, le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dai dati ed elementi indicati nella dichiarazione (Cass., Sez. 5^, 30 ottobre 2015, n. 22248; Cass., Sez. 5^, 28 settembre 2016, n. 19120; Cass., Sez. 5^, 9 febbraio 2018, n. 3189; Cass., Sez. 5^, 2 marzo 2018, n. 4967; Cass., Sez. 5^, 19 agosto 2020, n. 17339; Cass., Sez. 5^, 23 dicembre 2020, n. 29394; Cass., Sez. 6^-5, 26 novembre 2021, n. 37006; Cass., Sez. 5^, 11 gennaio 2022, n. 535; Cass., Sez. 5^, 8 aprile 2022, n. 11481) »;
«Per cui, allorquando il concessionario o il gestore del servizio di smaltimento dei rifiuti non contesti le condizioni di tassabilità indicate nella denuncia originaria, integrativa o di variazione presentata dal contribuente, ed ove non vi sia diniego della richiesta di agevolazioni od esenzioni, è legittima l’iscrizione del maggior importo in ruoli notificati all’interessato mediante cartella (o ingiunzione) di pagamento non preceduta da avvisi di accertamento (la cui emissione è consentita nei casi elencati nelle disposizioni sopra citate): ciò, in particolare, anche nel caso in cui l’errore derivi dalla mancata considerazione di uno ius superveniens (chiaramente e non discrezionalmente) applicabile alla fattispecie, quando restino ferme tutte le precedenti fattuali condizioni di tassabilità»;
«L’avviso di accertamento è, invece, necessario – per converso quando (e solo quando) la maggiore imposta derivi: 1) dalla rettifica apportata alle condizioni di tassabilità denunciate; 2) dall’accertamento d’ufficio delle condizioni di tassabilità in caso di omessa denuncia; 3) dal diniego (secondo quanto si desume dall’art. 71, comma 2, del D.L.vo 15 novembre 1993 n. 507) della riduzione o agevolazione richiesta dal contribuente con apposita istanza, non surrogabile dalla contestazione giudiziale del provvedimento, ovvero, infine, dall’esercizio di un potere discrezionale eventualmente riconosciuto dallo ius superveniens , anche ove restino ferme tutte le precedenti fattuali condizioni di tassabilità (Cass., Sez. T, 2 marzo 2018, n. 4967; Cass., Sez. 5^, 30 giugno 2020, n. 13106; Cass., Sez. 5^, 8 aprile 2022, n. 11481)» (Cass., Sez. T., 17 gennaio 2023, n. 1213) .
Per tale via, quindi, la necessità di redigere e notificare al contribuente un avviso di accertamento sorge tutte le volte in cui l’ente non riconosca, non si adegui al dato rappresentato dal contribuente, sì da realizzare una condizione di incertezza circa l’elemento utilizzato o mutatis mutandis -non accolga una sua richiesta, così finendo per contestarla ed integrando una situazione di (anche implicito) rigetto della richiesta della parte privata sottoposta a tassazione.
10.5. Nel caso di specie la società ha rappresentato che in data 21 maggio 2004, « nel comunicare il trasferimento del blocco 1.1 al blocco 2.2 dello stesso interporto a far tempo dal 1.2.04, ha chiesto ‘la detassazione della superfice di magazzino in quanto nella stessa vengono prodotti scarti di rifiuti di imballaggi terziari inviati nella sede principale di Monza, ove vengono avviati al recupero in forza di contratto con ditta autorizzata» (v. pagina n- 4 del ricorso); detta richiesta venne reiterata -senza smentita da parte del RAGIONE_SOCIALE -con raccomandata del 1° agosto 2005.
La predetta istanza ha, dunque, reso manifesta una chiara richiesta di applicazione del beneficio fiscale, che non è stato riconosciuto dal RAGIONE_SOCIALE e che, pertanto, avrebbe imposto, alla luce dei principi sopra illustrati, la notifica di un avviso di accertamento, dovendo escludersi la liquidazione diretta, tramite l’emissione immediata della cartella di pagamento, avendo il RAGIONE_SOCIALE considerato tassabile la medesima area che la contribuente riteneva dovesse essere esonerata sulla base delle menzionate istanze, oggetto di diniego (perlomeno quella del 1° agosto 2005), come emerge dal rilievo secondo il quale -in base a quanto rappresentato dalla società nel ricorso – con nota del 14 dicembre 2006 l’ente aveva respinto la richiesta di detassazione complessiva della superfice adibita a magazzino avanzata in data 1° agosto 2005, riconoscendo, per l’anno 2004 e 2005, solo i costi sostenuti per lo smaltimento degli imballaggi.
10.6. Alla luce di quanto precede, non può considerarsi ostativa all’esigenza della previa notifica dell’avviso di accertamento la circostanza, meramente formale, della mancata comunicazione della
richiesta di detassazione tramite l’apposita modulistica prevista dall’art. 71, comma 2, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, ove si consideri che tale modalità risulta solo funzionale alla conoscenza da parte dell’Ente del dato utilizzabile o contestabile ai fini dell’imposizione.
Ciò induce, allora, a ritenere che l’omissione di detta forma non pregiudichi l’essenziale schema procedimentale sopra descritto in base al quale tutte le volte in cui -come nella specie -il RAGIONE_SOCIALE abbia avuto conoscenza degli elementi su cui operare la tassazione o di richieste da parte del contribuente ed intenda disattendere tali dati ed istanze, così finendo con il porre a base della tassazione elemento contestati, deve necessariamente veicolare la pretesa impositiva tramite il la notifica dell’avviso di accertamento.
10.7. In tale prospettiva ed alla luce dei principi sopra riepilogati può superarsi l’ordine di idee espresso dall’ordinanza di questa Corte n. 703 del 15 gennaio 2019 nella parte in cui ha ritenuto che «La richiesta di esenzione non ha valenza di denuncia, anche laddove dovesse essere stata giustificata dalla volontà di volersi avvalere delle facoltà di cui all’art. 21 comma 7 del d.lgs. n. 22 del 1997 di avviare al recupero i rifiuti da imballaggi terziali, in quanto tale comunicazione non investe nessuno degli elementi, sia oggettivi che soggettivi, che l’art. 70 d.lgs. n. 507 del 1993 impone al contribuente di denunciare. Tale comunicazione non interessa affatto il concreto esercizio del potere impositivo dell’ente, né lo può condizionare, perché non investe né le condizioni soggettive, né quelle oggettive di determinazione del tributo indicate dalla legge. La stessa ha, infatti, solo portato a conoscenza del comune una sostanziale contestazione della debenza del tributo (Cass. n. 20646 del 2007)».
Le valutazioni espresse nelle riflessioni di questa Corte nei precedenti sopra citati dimostrano, invece, come si sia progressivamente consolidato il distinto principio secondo il quale l’aver «portato a conoscenza del comune una sostanziale contestazione della debenza del tributo» è circostanza, di per sè, sufficiente ad impegnare l’ente nella necessaria notifica dell’avviso di accertamento,
derivando propria da tale contestazione l’incertezza, la controvertibilità del dato concernente le condizioni soggettive e oggettive di determinazione del tributo, vale a dire -nella fattispecie in rassegna -la sussistenza, ai sensi dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, di un area (magazzino) ove si formano, di regola, rifiuti speciali allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi.
10.8. Alla stregua delle valutazioni esposte, preso atto della pacifica mancata notifica dell’avviso di accertamento, la cartella impugnata risulta illegittimamente emessa, non ricorrendo le condizioni per una liquidazione diretta dell’imposta (cfr., tra le tante, Cass., Sez. T, 2 marzo 2018, n. 4967 cit.).
L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata ed assorbe -come si è anticipato -l’esame dei restanti motivi di ricorso; e ciò perché, non essedo necessari accertamenti in fatto, il ricorso può essere deciso, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., nel merito, accogliendo l’originario ricorso della contribuente, con conseguenziale annullamento della cartella impugnata.
Il progressivo consolidamento dei principi sopra esposti nel corso del giudizio, giustifica l’integrale compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente.
Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 febbraio 2024.