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Avviso di accertamento per relationem: quando è valido?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un avviso di accertamento per relationem è pienamente legittimo anche se non allega gli atti richiamati, a condizione che questi siano stati precedentemente portati a conoscenza del contribuente. Con questa ordinanza, la Corte chiarisce che la mancata allegazione non è un vizio di motivazione dell’atto, ma una questione che attiene all’onere della prova in giudizio. Il caso riguardava un accertamento fiscale basato su un processo verbale di constatazione già notificato alla società, annullato in appello e ora ripristinato dalla Suprema Corte.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Avviso di Accertamento per Relationem: la Cassazione ne conferma la validità

L’avviso di accertamento per relationem rappresenta una delle modalità più comuni con cui l’Amministrazione Finanziaria contesta ai contribuenti maggiori imposte. Ma cosa succede se gli atti a cui fa riferimento non sono allegati? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la validità dell’atto non è compromessa se il contribuente era già a conoscenza dei documenti richiamati. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata riceveva un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate rettificava gli imponibili IRES, IRAP e IVA per l’anno d’imposta 2011. La rettifica si basava sulle risultanze di un Processo Verbale di Constatazione (PVC) redatto dalla Polizia Tributaria, che aveva evidenziato ricavi non dichiarati per oltre 162.000 euro.

La società impugnava l’atto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, lamentando un vizio di motivazione e il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Ufficio. Se in primo grado il ricorso veniva respinto, la Commissione Tributaria Regionale (ora Corte di Giustizia Tributaria di II Grado) accoglieva l’appello della contribuente.

Il giudice di secondo grado riteneva illegittimo l’avviso di accertamento perché fondato su atti – in particolare, verifiche effettuate nei confronti di terzi – non allegati e, quindi, non conosciuti né dal contribuente né dal giudice. Secondo la Corte territoriale, la motivazione per relationem è ammissibile solo se gli atti richiamati sono direttamente conosciuti o allegati all’atto notificato. Di conseguenza, l’Amministrazione Finanziaria proponeva ricorso per Cassazione.

La questione della motivazione dell’avviso di accertamento per relationem

La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i motivi di ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza di secondo grado. Il fulcro della decisione risiede nella netta distinzione tra il requisito di motivazione dell’atto e l’onere della prova in giudizio.

La Suprema Corte ha evidenziato come il giudice d’appello sia caduto in errore. L’avviso di accertamento, infatti, non si basava su atti sconosciuti relativi a terzi, ma sul PVC redatto direttamente nei confronti della società contribuente e già notificato al suo legale rappresentante. Pertanto, il documento cardine della pretesa fiscale era pienamente conosciuto dalla società.

Quando la motivazione per relationem è legittima

Gli Ermellini hanno ribadito il loro orientamento consolidato: l’obbligo di motivazione è assolto ogni volta che il contribuente è messo in condizione di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali (il cosiddetto “an” e “quantum”) e di contestarla efficacemente. La motivazione avviso di accertamento per relationem è legittima se l’atto richiamato è già noto al contribuente. Le indagini svolte sui clienti della società erano parte integrante del PVC notificato, il quale conteneva l’elenco delle fatture verificate. Non vi era quindi alcun elemento “a sorpresa” o sconosciuto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha spiegato che la mancata allegazione di un documento richiamato non costituisce un vizio di motivazione che rende nullo l’atto. Piuttosto, attiene al piano della prova. L’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di dimostrare in giudizio la fondatezza della propria pretesa, e a tal fine può produrre i documenti necessari anche in un momento successivo, come nel giudizio di appello. Confondere i due piani – motivazione e prova – è un errore di diritto.

Inoltre, nel caso di accertamento analitico-induttivo, di fronte a scritture contabili incomplete o inesatte, l’Ufficio può utilizzare presunzioni semplici per dimostrare l’esistenza di maggiori ricavi. A questo punto, l’onere della prova si sposta sul contribuente, che deve dimostrare l’infondatezza dei rilievi, contestando specificamente i rapporti commerciali o la discrasia tra le fatture. Nel caso di specie, la società non aveva fornito alcuna prova contraria efficace.

Le Conclusioni

In definitiva, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione di secondo grado e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria per un nuovo esame. La pronuncia rafforza un principio cruciale: un avviso di accertamento per relationem è valido se il contribuente è già stato messo a conoscenza dei documenti su cui si fonda, anche se non materialmente allegati. La battaglia legale si sposta così dal piano formale della validità dell’atto a quello sostanziale della prova dei fatti contestati, dove il contribuente deve essere in grado di fornire elementi concreti per smontare la pretesa del Fisco.

Quando un avviso di accertamento motivato ‘per relationem’ è considerato legittimo?
Un avviso di accertamento motivato ‘per relationem’ è legittimo quando l’atto o i documenti a cui fa riferimento sono già stati portati a conoscenza del contribuente o sono a lui accessibili, mettendolo in condizione di comprendere pienamente la pretesa fiscale e di esercitare il proprio diritto di difesa.

La mancata allegazione di un documento richiamato rende nullo l’avviso di accertamento?
No. Secondo la Corte, la mancata allegazione di un documento richiamato non è un vizio di motivazione che comporta la nullità dell’atto. Riguarda invece l’onere della prova in giudizio: l’amministrazione finanziaria dovrà produrre tali documenti nel corso del processo per dimostrare la fondatezza della sua pretesa.

In caso di accertamento basato su presunzioni, su chi ricade l’onere della prova?
Quando l’amministrazione finanziaria utilizza presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti per dimostrare l’esistenza di maggiori ricavi non dichiarati, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Sarà quest’ultimo a dover dimostrare l’infondatezza dei rilievi, fornendo prove contrarie concrete e specifiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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