Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27835 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27835 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22817/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO SICILIA n. 8299/2023 depositata il 16/10/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE
L’oggetto del giudizio è costituito da un avviso di accertamento con cui l’amministrazione finanziaria, sulla base di un presupposto PVC della Guardia di Finanza, rettificava in via analitico-induttiva ai fini IRES, IRAP ed IVA gli imponibili dichiarati dalla società in epigrafe per il 2011, rilevando ricavi non dichiarati pari ad € 162.300,00 procedendo al relativo recupero a tassazione.
La società contribuente impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla CTP di Catania, deducendo il vizio di motivazione dell ‘atto e l’omesso assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Ufficio, ma con sentenza n. 10389/17 la CTP di Catania rigettava il ricorso.
L’appello della contribuente è stato invece accolto dalla sentenza n. 8299/2023, resa in data 16.10.2023 dalla Corte di Giustizia Tributaria di II Grado della Sicilia.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’RAGIONE_SOCIALE.
La società contribuente si è costituita con controricorso.
Successivamente è stata fisata udienza camerale per il 10 settembre 2025. In vista di tale udienza la contribuente ha depositato memoria scritta.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di II° grado della Sicilia, si fonda su due motivi, di seguito compendiati:
Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 D.P.R. 600/73, dell’art. 7 della L. 212/2000 e dell’art. 3 L. n. 241/90, nonché dell’art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.).
II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 39 D.P.R. 600/73 e degli artt. 2697, 2700 e 2729 c.c. (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.).
I due motivi di ricorso risultano strettamente connessi e possono, perciò, essere affrontanti congiuntamente. Gli stessi risultano altresì fondati.
Il fulcro della motivazione della sentenza impugnata (identica ad altra decisione relativa all’anno di imposta 2010) si basa sulle seguenti apodittiche affermazioni:
‘…mentre il pvc di verifica operato nei confronti dell’appellante, si deve ritenere certamente conosciuto dal contribuente che vi ha partecipato e che comunque ne ha ricevuto copia, non altrettanto si può asserire per il verbale di verifica nei confronti di RAGIONE_SOCIALE da cui scaturisce la contestazione operata con l’atto impugnato.
È quindi illegittimo l’avviso di accertamento contenente una maggiore pretesa impositiva, motivata attraverso il richiamo ad atti -p.v.c. della GdF e verifiche effettuate nei confronti di terzi – non allegati e pertanto non conosciuti dal contribuente, né dal giudice in sede processuale: In un atto impositivo tributario, la motivazione per ‘relationem’ è ammessa solo a condizione che gli atti richiamati siano direttamente conosciuti dal contribuente accertato o allegati alla decisione notificata, non potendo, in sede processuale, il giudice tributario sostituirsi ai doveri dell’ufficio, neanche in virtù dell’art.7 comma 3 del D.Lgs. 546/92′.
Tale motivazione, tuttavia, come già rilevato anche da Cass. ord. N. 25906/2022 che ha cassato, per l’appunto, l’identica decisione
della CGT-II con riferimento al 2010, non è affatto pertinente alla fattispecie in esame ed è altresì erronea in diritto.
L’avviso di accertamento di cui si discute, infatti, risulta motivato per relationem attraverso il rinvio alle risultanze di un processo verbale di constatazione della G.d.F. effettuato nei confronti della società contribuente (e non di terzi) in precedenza già notificato al legale rappresentante della stessa e, quindi, dalla medesima legalmente conosciuto, come del resto ammette -senza però trarne le dovute conseguenze -la stessa decisione in questa sede impugnata. Il PVC era altresì corredato, sin dalla sua notifica, di allegati che debbono ritenersi parimenti pienamente conosciuti, ivi comprese le fatture emesse nei confronti di società terze dalle quali era emerso, in modo indiscutibile, lo scostamento fra volume d’affari dichiarato e andamento reale dell’attività economica caratteristica.
L’avviso di accertamento oggetto di questo giudizio risulta riportato all’interno del ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza del medesimo, sì che il suo diretto esame conferma la sufficienza della motivazione ivi contenuta (vds. p. 6 e ss. del ricorso), chiarendo altresì che la motivazione non si basa su atti di indagine ed accertamento compiuti nei confronti di società terze e non conosciute dalla contribuente, ma sul PVC redatto in data 30/06/2015 dalla GdF, tenenza di Acireale, nei confronti della contribuente RAGIONE_SOCIALE, mentre le società terze, clienti di quest’ultima, sono state semplicemente destinatarie di questionari al fine di verificare il reale ammontare RAGIONE_SOCIALE fatture, di cui alla contribuente è stato fornito elenco e copia (vds. in particolare, per l’anno 2011 in esame, l’elenco riportato a p. 13 del ricorso).
Da qui le conseguenti riprese a tassazione che vengono puntualmente descritte, sì che risultava pienamente consentito alla contribuente verificarne la legittimità.
Si deve perciò ritenere che l’onere motivazionale fosse stato pienamente assolto dall’ufficio, avuto riguardo all’orientamento cui questo collegio intende dare continuità -secondo cui l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l'”an” ed il “quantum” dell’imposta. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito RAGIONE_SOCIALE ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (ex multiis, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 26431 del 08/11/2017; Cass. n. 9323 del 2017; Cass. n. 4396 del 2018; Cass. n. 24417 del 2018; Cass. n. 28375 del 2018; Cass. n. 15309 del 2021).
Più recentemente si è altresì osservato da parte di Sez. 5, ord. n. 6409 del 11/03/2025, che in tema di avviso di accertamento, la motivazione “per relationem” è legittima se il contribuente ha avuto conoscenza dell’atto a cui si è fatto rinvio, in tutti gli elementi necessari a spiegare le difese che poi sono state effettivamente approntate fin dal primo grado di giudizio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva ritenuto sufficientemente motivato l’avviso di accertamento basato su un elenco trasmesso dalla Procura della Repubblica all’Autorità fiscale contenente i nominativi di soggetti titolari di rapporti bancari con istituti di Paesi a fiscalità privilegiata). Ed ancora, si è precisato che la motivazione per relationem, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza dell’esercizio dei poteri di polizia
tributaria, non è illegittima, per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Sez. 5 – , Sentenza n. 3610 del 12/02/2025).
Da ultimo, si è altresì rilevato che non è nullo l’avviso di accertamento motivato tramite il rinvio ad atti non allegati, attenendo la mancata allegazione al piano della prova dei fatti posti a fondamento dell’atto e non a quello della sua motivazione, con la conseguenza che gli atti su cui si fonda la motivazione per relationem possono essere prodotti in giudizio per la prima volta in appello ex art. 58, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, ratione temporis vigente (Sez. 5 – , Ordinanza n. 16625 del 21/06/2025). Il che è sufficiente a tacitare la contestazione di parte controresistente circa una presunta ‘novità’ dell’elenco e RAGIONE_SOCIALE fatture di terzi rispetto all’iniziale consegna dell’avviso di accertamento.
Si tocca, con tale considerazione, il connesso profilo della prova in giudizio RAGIONE_SOCIALE contestazioni, dovendosi al riguardo osservare che in tema di accertamento analitico-induttivo, a fronte dell’incompletezza, falsità o inesattezza dei dati contenuti nelle scritture contabili, l’amministrazione finanziaria può completare le lacune riscontrate utilizzando, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici, aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c., con la conseguenza che l’onere della prova si sposta sul contribuente (cfr. Cass. n. 30985 del 2021).
Onere che, occorre subito aggiungere, la contribuente non ha per nulla osservato, non avendo neppure contestato in modo specifico di non aver avuto rapporti commerciali con i soggetti economici di
cui all’elenco già richiamato o contestato efficacemente l’obiettiva discrasia fra fatture registrate in contabilità e fatture acquisite dai terzi interpellati dalla GdF, pure esattamente identificate e quindi facilmente individuabili.
Al contrario, proprio tale documentazione è sufficiente a dimostrare i maggiori ricavi reali rispetto a quanto formalmente dichiarato.
In definitiva, alla luce di quanto precede i due motivi di ricorso proposti dall’ufficio devono essere entrambi accolti.
La pronuncia impugnata va quindi cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso attenendosi ai principi enunciati.
Il giudice del rinvio provvederà altresì alla regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese, anche per il presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie entrambi i motivi di ricorso, per l’effetto cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per un nuovo esame ed al fine di provvedere alla regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME