Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15943 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15943 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22570/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in LODI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE DIREZIONE PROVINCIALE CREMONA, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO LOMBARDIA n. 2518/2023 depositata il 10/08/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La contribuente società RAGIONE_SOCIALE era attinta da avviso di accertamento per l’anno di imposta 2015 in ragione di mancato versamento di imposte.
Più precisamente, gli atti impositivi traggono origine dal processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza -Nucleo Polizia Tributaria di Cremona -notificato il 18/10/2016, donde sono state contestate alla società RAGIONE_SOCIALE violazioni in materia di riscossione. In particolare, per l’anno d’imposta 2015, con l’avviso di accertamento notificato, è stato rilevato:
l’omesso versamento dell’Iva a debito, risultante dalla dichiarazione annuale Iva presentata per l’anno 2015, per complessivi € 90.587,00;
l’omesso versamento dell’imposta Ires, risultante dalla dichiarazione Modello Unico Società RAGIONE_SOCIALE presentata per l’anno 2015, per complessivi € 38.036,00;
l’omesso versamento delle ritenute su redditi da lavoro dipendente, risultante dalla dichiarazione dei Sostituti d’imposta Mod.770/2016 presentata per l’anno 2015, per complessivi € 160.950,76.
Le contestazioni dell’Ufficio sono state effettuate sulla base dell’art. 41 -bis del DPR 600/1973 e dell’art. 54, comma 5, del DPR 633/1972. Contestualmente è stato emesso un atto di contestazione per l’applicazione delle sanzioni delle ritenute d’acconto dei dipendenti.
Reagiva avanti il giudice di prossimità sollevando plurime doglianze nel rito e nel merito, rimarcando -per quanto qui
maggiormente interessa -la mancata procedura del controllo automatizzato di cui all’art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973.
Riuniti i ricorsi avverso i diversi atti impositivi, i gradi di merito erano sfavorevoli alla parte contribuente che ricorre per cassazione affidandosi a due motivi, cui replica il Patrono erariale spiegando tempestivo controricorso.
L’affare aveva posposta di definizione anticipata, opposta dalla parte contribuente che ha chiesto la trattazione in via ordinaria.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si lamenta censura ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 41 -bis, comma 1, D.P.R. 600/1973 in relazione all’art. 36 -bis del D.P.R. 600/1973 (quanto all’IRES e Ritenute) nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 54 del DPR 633/1972 in relazione all’art. 54 -bis del D.P.R. 633/1972 e, per entrambi dell’art. 25 D.P.R. 602/1973 e 43 DPR 600/1973.
La sentenza d’appello riteneva che l’art. 36 -bis D.P.R. 600/1973 e 54 -bis 633/1972 ‘ non precludono all’Amministrazione Finanziaria la possibilità di utilizzare l’istituto dell’accertamento. Tra l’altro, l’inserimento del rilievo all’interno dell’avviso di accertamento conferisce al Contribuente maggiori garanzie, lasciando inalterati gli ordinari strumenti di contestazione del rilievo stesso.’
Tale interpretazione viene criticata perché contraria alla distinzione fra mancato versamento di imposte autodichiarate ed occultamento di reddito.
1.2. Con il secondo motivo si prospetta censura ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 41 -bis, comma 1, D.P.R. 600/1973 in relazione all’art. 36 -bis del D.P.R. 600/1973 (quanto all’IRES e Ritenute) nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 54 del DPR 633/1972 in relazione all’art. 54 –
bis del D.P.R. 633/1972 e, per entrambi dell’art. 25 D.P.R. 602/1973, 43 DPR 600/1973.
In via subordinata, anche a voler interpretare la norma di cui all’art. 41 -bis D.P.R. 600/1973, in modo estensivo, l ‘ avviso di accertamento impugnato dovrebbe in ogni caso ritenersi parzialmente illegittimo.
Ed invero, la norma citata consente di poter attivare la procedura di riscossione sulla base di un accertamento di natura sostanziale che, nel caso di specie, si ritiene essere stato operato dalla Guardia di Finanza solo con riferimento ai rilievi IVA come emerge dalla lettura del Processo Verbale di Constatazione del 18/10/2016.
Il primo motivo è infondato.
2.1. Deve considerarsi ormai pacificamente ammesso che la possibilità di emettere direttamente cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato ex artt. 36 -bis d.P.R. 29.9.1973, n. 600 e 54 -bis d.P.R. 26.10.1972, n. 633 non esclude i potere dell’Agenzia delle Entrate, di emettere avviso di accertamento parziale, trattandosi, peraltro, di una procedure di maggiore garanzia per il contribuente, e non avendo, quindi, il destinatario dell’avviso interesse a dolersi del fatto che l’ente impositore abbia fatto precedere l’avviso di accertamento.
2.2. Com’è stato affermato, l’Amministrazione finanziaria, a seguito di controllo cd. cartolare della dichiarazione, può emettere, in luogo della cartella di pagamento, un avviso di accertamento nei confronti del contribuente, il quale non ha ragione di dolersi, essendone garantito maggiormente il diritto di difesa (Cass. VI.5, n, 28873/2018).
Peraltro, è stato precisato che in tema d’imposte sui redditi, l’art. 36 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973 consente all’Amministrazione finanziaria di procedere direttamente all’iscrizione a ruolo, senza previa emissione dell’avviso di accertamento, quando la maggiore
imposta risulti dovuta sulla base dei meri dati numerici esposti nella dichiarazione del contribuente, mentre è obbligatoria l’emissione dell’avviso di accertamento parziale, ex art. 41 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973, qualora il maggiore reddito si evinca dai dati dell’anagrafe tributaria; tuttavia, il contribuente non ha interesse a dolersi del ricorso, in luogo della liquidazione automatizzata, a tale ultima procedura, che costituisce una maggiore garanzia (Cfr. Cass. V, n. 7291/2017, in termini altresì Cass. VI -5, n. 27716/2017).
Il motivo è quindi inammissibile, prima ancora che infondato.
Parimenti inammissibile è il secondo motivo, in quanto la questione prospettata (inammissibilità dell’accertamento riguardante le ritenute non versate e l’IRES, in quanto non oggetto di preventiva verifica mediante p.v.c.) non è stata sollevata nel giudizio di merito in secondo grado.
3.1. La parte contribuente non ha trascritto diffusamente gli atti dei gradi di merito da cui si veda che il motivo era stato proposto e non considerato in appello, in modo da consentire a questa Corte di verificare non trattarsi di motivo nuovo, posto per la prima volta in Cassazione.
3.2. Ed infatti, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel ” thema decidendum ” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio (Cass. L., n. 18018/2024).
In definitiva, il ricorso è inammissibile e tale va dichiarato, le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €. settemilaottocento/00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito, nonché oltre ad €. tremilanovecento/00 ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c. ed €. duemila /00 ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c..
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 15/04/2025.