Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5021 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 5021 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
Oggetto: RAGIONE_SOCIALE 2009 – Responsabile del provvedimento impoesattivo -Contraddittorio preventivo -Ammortamento -Scrittore contabili -Tempo di obbligatoria conservazione – Oneri probatori – Modalità di calcolo RAGIONE_SOCIALE sanzioni – Ricorso incidentale.
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa a margine del ricorso, dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, che hanno indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo difensore, alla INDIRIZZO in Roma ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del AVV_NOTAIO, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso
la sentenza n. 2843, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 16.6.2017, e pubblicata il 27.6.2017; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ha confermato la richiesta di rigetto del raccolte le conclusioni del P.M., s.AVV_NOTAIO ricorso principale, accogliendosi invece l’incidentale;
ascoltate le conclusioni rassegnate, per la ricorrente, dal delegato del difensore, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento della propria impugnativa e, per la controricorrente e ricorrente incidentale, dall’AVV_NOTAIO, che ha domandato il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento dell’incidentale;
la Corte osserva:
Fatti di causa
In data 22.11.2013 (ric., p. 11) l’RAGIONE_SOCIALE notificava all’RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, attinente al tributo dell’RAGIONE_SOCIALE in relazione all’anno 2009, mediante il quale l’Amministrazione finanziaria richiedeva il pagamento di maggiori tributi riprendendo a tassazione, con unico rilievo, l’importo imponibile di Euro 337.864,49, relativo a plusvalenza ritenuta tassabile dipendente dalla cessione del ramo d’azienda ‘RAGIONE_SOCIALE‘. Il rilievo risultava articolato su tre voci: 1/5 del valore fiscale residuo dell’avviamento COGNOME (Euro 74.082,40); 1/5 della quota del fondo indennità suppletiva di clientela (Euro 42.270,49); 1/5 del fondo svalutazione crediti residuo (Euro 217.511,60) (ric., p. 11).
La società impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano e contestava, tra l’altro e per quanto ancora di interesse, il vizio di motivazione dell’avviso di accertamento, l’infondatezza di tutti i rilievi proposti dall’RAGIONE_SOCIALE, l’omessa indicazione del responsabile dell’intero procedimento c.d. impoesattivo, il difetto di
legittimazione del firmatario dell’atto impositivo e l’illegittimità dell’elevato valore dell’aggio imposto, peraltro null’affatto commisurato alla modesta prestazione meramente esecutiva richiesta all’esattore. La CTP riteneva che la società avesse provato la correttezza della propria condotta fiscale e, per tale assorbente ragione, accoglieva il ricorso ed annullava l’atto impoesattivo.
Avverso la decisione adottata dalla CTP spiegava appello l’RAGIONE_SOCIALE, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, mentre la contribuente riproponeva tutte le proprie censure. La CTR accoglieva parzialmente il gravame.
La pronuncia dei giudici di secondo grado è stata impugnata per cassazione dalla RAGIONE_SOCIALE, che si affida a nove motivi di ricorso. L’Amministrazione finanziaria resiste mediante controricorso, ed ha proposto ricorso incidentale affidandosi a tre strumenti di impugnazione, cui ha reagito la società mediante controricorso incidentale.
4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il P.M., nella persona del AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO, che ha domandato rigettarsi il ricorso proposto dalla contribuente ed accogliersi i primi due motivi del ricorso incidentale introdotto dall’RAGIONE_SOCIALE. La ricorrente ha pure depositato memoria.
Ragioni della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la società contesta la violazione dell’art. 42, commi 1 e 3, del Dpr n. 600 del 1973, e dell’art. 62, comma primo, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per non avere la CTR rilevato il vizio di legittimazione del soggetto firmatario dell’avviso di accertamento (NOME COGNOME), neppure appartenente alla carriera direttiva dell’RAGIONE_SOCIALE.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente censura la violazione dell’art. 36, comma 4 ter , del Dl. n. 248 del 2007, come conv. e mod., e dell’art. 29, comma 1, lett. g), del Dl. n. 78 del 2010, come conv., nonché dell’art. 62, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, non avendo il giudice dell’appello rilevato l’invalidità dell’atto impositivo, ove risulta indicato solo il funzionario responsabile del procedimento di accertamento, NOME COGNOME, ‘senza tener minimamente conto che l’atto impositivo comprende anche il procedimento di formazione del titolo esecutivo, del precetto e della notificazione’ (ric., p. 36).
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la società critica la violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, anche in relazione all’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonché degli artt. 3, 53 e 97 Cost., e dell’art. 62, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR omesso di pronunciare in ordine alla contestazione relativa alla violazione del diritto di difesa della contribuente, cui non è stato neppure assicurato l’accesso al contraddittorio preventivo.
Mediante il quarto mezzo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 109, quarto comma, lett. b), e 103 del Tuir, dell’art. 22, comma 2, del Dpr n. 600 del 1973, in considerazione del principio generale sancito dall’art. 8, comma 5, della legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), e dell’art. 62, primo comma, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR negato il diritto all’ammortamento pro quota del fondo COGNOME, acquistato nel 1998, ritenendo di dover porre a carico dell’esponente l’onere di esibire documentazione contabile con riferimento ad annualità anteriori al 2002, sebbene la contribuente abbia avuto notizia dell’estensione al periodo 2008
dell’accertamento tributario il 22.11.2013, quando era ormai scaduto il termine decadenziale di quattro anni di cui all’art. 43 del Dpr n. 600 del 1973, ed era pure maturata la prescrizione ordinaria decennale del preteso credito tributario.
Con il suo quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., e dell’art. 62, comma primo, del D.Lgs. n. 546 del 1992, la contribuente contesta la violazione dell’art. 29, comma 1, lett. f), del Dl. n. 78 del 2010, come conv., in combinato disposto con l’art. 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999, nonché dell’art. 2 del D.Lgs. n. 472 del 1997, anche in relazione agli artt. 3, 53 e 97 Cost., e dell’art. 5, comma 4, T.U.E., dell’art. 49 della Carta Europea dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 107 T.F.U.E., in cui è incorsa la CTR per aver ritenuto legittima l’elevata misura dell’aggio (8%) applicato dall’Incaricato per l’esazione, ‘senza minimamente tener conto del servizio reso ai fini della riscossione’ (ric., p. 47).
Mediante il sesto mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., e dell’art. 62, comma uno, del D.Lgs. n. 546 del 1992, la ricorrente censura la violazione dell’art. 29 del Dl. n. 78 del 2010, come conv., per avere l’impugnata CTR confermato la validità dell’atto impoesattivo senza rilevare l’assenza dei requisiti essenziali per l’integrazione della sua componente precettiva, in conseguenza dell’omesso ‘riferimento alla sospensione ex lege di centottanta giorni … in violazione dell’art. 29 del Dl. n. 78 del 2010’ (ric., p. 49) come conv., nonché in relazione alla mancata indicazione RAGIONE_SOCIALE modalità di calcolo degli interessi.
Con il settimo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente critica la violazione dell’art. 62, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, e dell’art. 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997, per non avere il giudice
dell’appello ritenuto l’illegittimità dell’avviso di accertamento con riferimento alle modalità di calcolo RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Mediante l’ottavo mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 3 e 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997, e dell’art. 62, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per non avere la CTR applicato la riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni in considerazione del disposto di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015, in attuazione del principio del favor rei .
Con il nono motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., e dell’art. 62 del D.Lgs. n. 546 del 1992, la contribuente contesta la nullità della impugnata pronuncia del giudice dell’appello, per effetto della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per non aver proceduto ‘alla rideterminazione della sanzione irrogata, quale conseguenza del parziale annullamento della pretesa impositiva relativa al tributo, così demandandone la quantificazione all’Ufficio finanziario’ (ric., pp. 5 e 53).
Mediante il suo primo strumento di impugnazione incidentale, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE censura la nullità della sentenza della CTR, in conseguenza della violazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 88, 115, 116, 132, secondo comma, n. 4, 167 e 416 cod. proc. civ., dell’art. 118 Disp. Att. cod. proc. civ., degli artt. 1, 18, 23, 36, secondo comma, n. 4, 53, 54, 56 e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere il giudice dell’appello erroneamente annullato ‘il recupero a tassazione della somma di € 271.511,60 (relativa al fondo di svalutazione crediti)’ (controric., p. 18).
Con il secondo motivo di ricorso incidentale, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Ente impositore critica la violazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 88,
115, 116, 167 e 416 cod. proc. civ., degli artt. 2423, 2425, 2426, 2256, 2558, 2559 e 2697 cod. civ., nonché degli artt. 83, 86, 101, 106 e 109 del Dpr n. 917 del 1986, per avere la CTR erroneamente ritenuto legittima l’utilizzazione in deduzione del ‘fondo svalutazione crediti’ da parte della società, risultando invece insufficiente la mera produzione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi, ed essendo ancora erroneo il riferimento ad una pretesa non contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Mediante il terzo strumento di impugnazione incidentale, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE lamenta l’omesso esame, da parte della CTR, RAGIONE_SOCIALE specifiche critiche proposte in ordine alla deducibilità del ‘fondo svalutazione crediti’, e fondate sul fatto che dalla documentazione esibita dalla società emergeva la indisponibilità di un fondo ‘tassato’, estinto già nel 2004, e comunque l’omessa prova della ricorrenza dei requisiti di legge per la deducibilità dei costi.
Mediante il primo motivo di ricorso la contribuente contesta la violazione di legge, in cui ritiene essere incorsa la CTR per non aver rilevato l’invalidità dell’avviso di accertamento per cui è causa, in conseguenza del difetto di legittimazione a sottoscrivere l’atto del firmatario, NOME COGNOME (Capo Ufficio Controlli).
13.1. Deve allora rilevarsi che, con provvedimento del AVV_NOTAIO Provinciale AVV_NOTAIO (atto dispositivo 141/2013), a NOME COGNOME, Capo Ufficio Controlli, sono state attribuite, tra l’altro, le deleghe per la sottoscrizione già attribuite al Dirigente dell’Ufficio Controlli NOME COGNOME. La ricorrente critica, però, che non risulta provata la qualifica dirigenziale del COGNOME, che non sono allegate le precedenti deleghe le quali sono state soltanto estese in favore del COGNOME, e che la delega risulta invalida perché non esplicita le ragioni per la quale è stata conferita ed il suo limite temporale.
13.2. Premesso che le mansioni assegnate al sottoscrittore implicano, nel caso di specie, l’attribuzione di funzioni dirigenziali, e che le ragioni proprie dell’Ufficio le quali hanno indotto il dirigente a conferirla non devono necessariamente essere esternate, questa Corte regolatrice ha già avuto occasione di precisare che ‘in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva , cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 20022005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla l. n. 44 del 2012’, Cass. sez. V, 26.2.2020, n. 5177 (evidenza aggiunta); e non si è mancato di chiarire che ‘la delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, è una delega di firma e non di funzioni : ne deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega , che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto’, Cass. 29.3.2019, n. 8814 (evidenza aggiunta).
Il primo motivo di ricorso risulta pertanto infondato, e deve perciò essere rigettato.
Mediante il secondo strumento di impugnazione la ricorrente censura la violazione di legge non avendo il giudice dell’appello rilevato l’invalidità dell’atto impositivo, in cui risulta indicato solo il funzionario responsabile del procedimento di
accertamento, indicato dalla contribuente quale ‘COGNOME NOME‘ ( recte NOME COGNOME, Capo Ufficio Controlli, 30.10.2013), ‘senza tener minimamente conto che l’atto impositivo comprende anche il procedimento di formazione del titolo esecutivo, del precetto e della notificazione’ (ric., p. 36).
14.1. Questa Corte regolatrice, invero, ha già avuto modo di esaminare la questione proposta dalla ricorrente in giudizio svoltosi tra le stesse parti in relazione a diverso anno di imposta (Cass. sez. V, 21.2.2022, n. 5517), ed ha espresso un orientamento interpretativo che le critiche proposte dalla contribuente non inducono a rivedere.
Appare quindi opportuno ricordare che al contribuente è stato notificato un unico e peculiare avviso di accertamento, un c.d. atto impoesattivo. La funzione di questo documento è di contestare al contribuente l’obbligo di pagamento di oneri tributari, ed ha pertanto natura di atto impositivo, ma il documento assolve anche alla funzione di costituire un titolo esecutivo, il primo atto della procedura esattiva.
Nel testo dell’atto è indicato il responsabile del procedimento di accertamento, evidentemente da intendersi quale responsabile dell’intero procedimento con riferimento a tutte le diverse possibili funzioni del provvedimento.
14.2. Pertanto, ai fini della regolarità dell’avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione finanziaria, qualora esso – in conformità alle previsioni normative vigenti per il caso di specie – consista in un atto c.d. impoesattivo, documento che assolve alla funzione di contestare al contribuente l’obbligo di pagamento di oneri tributari, avendo pertanto natura di atto impositivo, ed assolve anche alla funzione di costituire il primo atto della procedura esecutiva, l’indicazione del responsabile del procedimento di accertamento vale ad indicare il soggetto responsabile della complessiva procedura, non essendo necessaria
la specificazione che egli risulti il responsabile sia della procedura di accertamento sia della procedura esecutiva.
Il secondo motivo di ricorso deve pertanto essere rigettato.
Mediante il terzo motivo di ricorso la società critica la violazione di legge, in cui ritiene essere incorsa la CTR per non aver rilevato l’invalidità dell’atto impositivo perché emesso in violazione del diritto di difesa della contribuente, cui non è stato neppure assicurato l’accesso al contraddittorio preventivo.
La ricorrente ha cura di specificare che in relazione all’anno d’imposta oggetto del presente giudizio, il 2008, non le è stato notificato alcun Processo Verbale di Costatazione, e le è stato solo inviato un questionario informativo, prima che le fosse notificato l’atto impoesattivo.
15.1. Occorre quindi premettere che, pacificamente, nel caso di specie ricorre l’ipotesi di un accertamento tributario c.d. ‘a tavolino’, senza accessi o ispezioni presso la contribuente, e tanto motiva anche la legittima omissione della redazione di un Processo Verbale di Costatazione.
Deve quindi confermarsi che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, come chiarito pronunciando a Sezioni Unite, in base alla legislazione applicabile a questo giudizio, che ha ad oggetto tributi non armonizzati, ‘in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi ‘armonizzati’, mentre, per quelli ‘non armonizzati’, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le
ipotesi in cui risulti specificamente sancito’, Cass. S.U., 9.12.2015, n. 24823.
Il terzo motivo di ricorso risulta pertanto infondato, e deve perciò essere respinto.
Mediante il quarto mezzo di impugnazione la ricorrente censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per avere negato l’ammortamento pro quota dell’avviamento Du COGNOME, acquistato nel 1998.
16.1. La CTR, premesso che in relazione a tale ripresa ‘l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sostiene che la società contribuente non avrebbe ricostruito il valore fiscale dell’avviamento per tutti i periodi d’imposta precedenti al 2007′, osserva che quanto al rilievo ‘concernente l’avviamento derivante dall’acquisto di ramo d’azienda Dupont effettuato nel 1998, il Collegio osserva che la quantificazione del RAGIONE_SOCIALE tassato non può prescindere dalla ricostruzione della sua movimentazione fin dall’anno iniziale. A riguardo la società contribuente non ha esibito il libro cespiti per gli anni dal 1999 al 2001 e la ripresa deve essere confermata’ (sent. CTR, p. 5).
In sostanza il giudice del gravame ha ritenuto che in relazione a tale fondo, in mancanza di documentazione relativa agli anni ‘dal 1999 al 2001’, quando il ramo d’azienda era già stato acquisito, non potendosi operare verifiche sul RAGIONE_SOCIALE tassato, sia mancata la prova, che gravava sulla società, del possesso di un legittimo titolo per poter operare la invocata deduzione della quota di ammortamento dell’avviamento.
16.1.1. La contribuente, con riferimento al fondo RAGIONE_SOCIALE COGNOME rileva, in primo luogo, che l’ammortamento del fondo è stato negato dall’Amministrazione finanziaria in relazione all’anno 2007, e l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha esteso la negazione all’anno 2009, e ricorda di aver avuto conoscenza di tale circostanza soltanto per
effetto della notificazione dell’avviso di accertamento per cui è causa, perfezionatasi il ’22 novembre 2013′ (ric., p. 43).
16.2. La società interpreta quindi la negazione del riconoscimento del diritto all’ammortamento del fondo ‘Du COGNOME‘ da parte dell’Ente impositore come dipendente dalla mancata esibizione di documentazione contabile con riferimento alle annate precedenti il 2001, ma trattasi, nella sua prospettazione, di documentazione che la legge non richiede fosse conservata per un tempo così lungo.
16.3. Tanto premesso, a quanto è dato comprendere, la contribuente reputa sufficiente la documentazione prodotta per dimostrare che l’ammortamento ai fini fiscali è stato legittimamente effettuato in più anni rispetto a quelli previsti per l’accertamento ai fini civilistici, e ritiene di assicurare la prova del giusto fondamento RAGIONE_SOCIALE proprie ragioni attraverso la produzione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi da essa redatte, e del libro dei cespiti (ma solo) a far data dal 31.12.2001. L’Amministrazione finanziaria invece riteneva necessaria, in relazione al fondo COGNOME COGNOME, la produzione del libro cespiti, a far data dall’acquisto del ramo d’azienda. La società non ha prodotto i documenti richiesti ed afferma che neppure era tenuta a farlo, stante il tempo trascorso tra l’acquisto del ramo d’azienda e la conoscenza dell’accertamento fiscale.
In memoria, quindi, la contribuente sollecita questa Corte anche a fare applicazione RAGIONE_SOCIALE jus superveniens costituito dall’art. 1, comma 1, lett. h), n. 1, del D.Lgs. n. 219 del 2023, da intendersi quale norma interpretativa e perciò avente efficacia retroattiva. Invero, l’art. 8, comma 5, della legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente) come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. h), n. 1, del D.Lgs. n. 219 del 2023, dispone ora ‘ 5. L’obbligo di conservazione di atti e documenti, incluse le scritture contabili, stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il
termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla loro formazione o utilizzazione. Il decorso del termine preclude definitivamente la possibilità per l’amministrazione finanziaria di fondare pretese su tale documentazione ‘. Ora, a parte ogni altra considerazione, occorre in questa sede rilevare che, nel caso di specie, non si verte in un’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria abbia fondato proprie pretese su documentazione contabile ultradecennale della contribuente, bensì in un caso in cui è la stessa contribuente ad invocare un vantaggio fiscale, dichiarando però di non essere in grado di produrre quella documentazione contabile che pure l’Ente impositore ritiene indispensabile perché possa affermarsi il giusto fondamento della pretesa tributaria della società.
16.3.1. Rappresenta tuttavia un principio generale, in materia tributaria, che chi intende avvalersi di un vantaggio fiscale debba provare di avervi diritto, ed appare corretta anche l’osservazione del Pubblico Ministero secondo cui la parte che intende invocare un vantaggio fiscale è tenuta a conservare le scritture necessarie a provare di essere in possesso del titolo legittimante, anche oltre il termine decennale previsto in generale dalla legge per la conservazione RAGIONE_SOCIALE scritture contabili. Tanto deve affermarsi in considerazione del disposto di cui all’art. 22, secondo comma, del Dpr n. 600 del 1973, che infatti detta: ‘ Le scritture contabili obbligatorie ai sensi del presente decreto, di altre leggi tributarie, del codice civile o di leggi speciali devono essere conservate fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo di imposta, anche oltre il termine stabilito dall’art. 2220 del codice civile o da altre leggi tributarie …’, e trattasi, pertanto, di norma speciale che prevale anche sul disposto di cui all’art. 8, comma 5, della legge n. 212 del 2000.
16.4. Pertanto, nel caso del fondo RAGIONE_SOCIALE, la società non si confronta con la decisione adottata dal giudice dell’appello, non ne confuta il fondamento, e si limita a la sua propria diversa
ricostruzione dei fatti di causa basata su una propria personale lettura RAGIONE_SOCIALE norme che presiedono all’obbligo di conservazione della documentazione tributaria, non condivisibile, nonché sui diversi termini di ammortamento ai fini civilistici e fiscali, problematica che non appare rilevante, perché la questione è se sia stata assicurata nei modi di legge la prova di avere diritto alla deduzione di un costo, certo ed inerente.
Anche il quarto mezzo d’impugnazione risulta pertanto infondato e deve essere respinto.
Mediante il quinto strumento d’impugnazione la ricorrente contesta la violazione di legge, in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per non aver rilevato l’illegittimità, anche alla luce del diritto eurounitario, dell’applicazione di un importo quale aggio esattoriale per la riscossione, pari all’8% della pretesa tributaria, senz’altro eccessivo e pure completamente privo di correlazione con il servizio di riscossione effettivamente reso, che ha richiesto un modesto impegno di natura meramente esecutiva.
17.1. In materia la CTR scrive che ‘f) assolutamente inconferente l’eccezione sull’aggio che potrebbe rilevare, eventualmente, in relazione ai provvedimenti dell’agente della riscossione e non dell’avviso in esame’, (sent. CTR, p. 4). Invero trascura, il giudice dell’appello, che il peculiare avviso di accertamento per cui è causa ha natura anche esattiva e, se l’aggio è stato richiesto nel documento, la contribuente è legittimata a contestarlo. Trattasi di questione di diritto su cui questa Corte di legittimità è tenuta a pronunciarsi.
17.2. Sembra corretto ritenere, poiché non risulta criticata l’erronea applicazione della normativa vigente, che la società intenda contestare la incostituzionalità della disciplina che regola l’ammontare dell’aggio, applicabile ratione temporis , perché prevede la pretesa di un importo elevato e non proporzionato al servizio reso dall’Incaricato per la riscossione. Inoltre, la ricorrente
censura pure la ritenuta violazione della disciplina europea sugli aiuti di RAGIONE_SOCIALE che deriverebbe dalle criticate disposizioni normative.
17.2.1. Invero, questa Corte regolatrice ha chiarito che l’aggio imposto non ha natura sanzionatoria, spiegando che ‘attesa la natura retributiva dell’aggio di riscossione, derivante dalla sua funzione di compenso per l’attività esattoriale del soggetto incaricato, è manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 17 d.lgs. n. 112 del 1999 come modificato dall’art 2 del d.l. n. 262 del 2006, convertito con modificazioni dalla legge n. 286 del 2006, fondata sull’asserita violazione della capacità contributiva prevista dall’art. 53 Cost.’, Cass. sez. V, 14.2.2018, n. 3524; e la Corte di legittimità ha statuito pure che ‘in tema di riscossione, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1999, come modificato dall’art. 2, comma 3, lett. a), del d.l. n. 262 del 2006, convertito dalla l. n. 286 del 2006, per violazione degli artt. 3, 25, 53 e 97 Cost., nella misura in cui detta disposizione, onerando il contribuente di corrispondere l’aggio esattoriale, nell’ipotesi sia di pagamento tempestivo che tardivo, in quest’ultimo caso in misura integrale, introdurrebbe una misura sostanzialmente sanzionatoria o, comunque, una vera e propria nuova tassa con effetti retroattivi, in violazione dell’art. 25 Cost., nonché dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza ex art. 3 Cost., di capacità contributiva ex art. 53 Cost. e di buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost., atteso che l’aggio ha natura retributiva e non tributaria’; Cass. sez. V, 19.1.2018, n. 1311; non avendo mancato questo giudice di legittimità di specificare, recentemente ed in relazione ad analoga problematica, che ‘in tema di riscossione, a seguito della sostituzione della concessione esattoriale con l’attribuzione ex lege del servizio di riscossione dei tributi a società a prevalente partecipazione pubblica strumentale all’RAGIONE_SOCIALE,
permane la giustificazione alla imposizione normativa di un corrispettivo per lo svolgimento dell’attività esattoriale, e la percentuale fissata dall’art. 5, comma 1, d.l. n. 95 del 2012, conv. in l. n. 135 del 2012 non costituisce un limite quantitativo massimo, non avendo l’aggio natura di compenso modulabile proporzionalmente all’entità dell’attività di volta in volta espletata dall’esattore’, Cass. sez. V, 3.12.2020, n. 27650.
17.2.2. A tanto deve aggiungersi, conclusivamente, come lo stesso Giudice RAGIONE_SOCIALE leggi abbia di recente confermato che ‘sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate … in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 53, 76 e 97 Cost. – dell’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1999, come sostituito dall’art. 32, comma 1, lett. a), del d.l. n. 185 del 2008, conv., con modif., nella legge n. 2 del 2009 che, con riguardo alla remunerazione del servizio di riscossione, impone a carico del debitore un aggio in percentuale fissa, integrale o ridotta, anziché riferito all’effettivo costo del servizio. Le esigenze prospettate dal rimettente, pur meritevoli di considerazione, implicano una modifica rientrante nell’ambito RAGIONE_SOCIALE scelte riservate alla discrezionalità del legislatore’, Corte cost. 10.6.2021, n. 120, per quanto la Consulta abbia invitato il legislatore a rimeditare la disciplina vigente.
17.3. La natura remuneratoria del servizio reso dall’esattore dell’aggio, così come disciplinato dalla normativa applicabile alla fattispecie, induce anche a ritenere non ricorrente neppure la violazione della disciplina degli aiuti di RAGIONE_SOCIALE, così come prevista in sede di legislazione europea.
Il quinto motivo di ricorso deve essere pertanto respinto.
Con il sesto strumento di impugnazione la società critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR, per non aver rilevato l’invalidità dell’atto impoesattivo in conseguenza del mancato riferimento nell’avviso di accertamento esecutivo alla
‘sospensione ex lege di 180 giorni’ (ric., p. 49) prevista dall’art. 29 del Dl n. 78 del 2010, come conv.
18.1. Il motivo di ricorso risulta infondato. Dalle stesse parole della ricorrente si evidenzia che la sospensione di cui trattasi è prevista dalla legge, e non vi era pertanto necessità della sua indicazione nel testo dell’avviso di accertamento esecutivo.
18.2. Nel testo del motivo, peraltro, la contribuente propone lamentele anche in relazione alla mancata indicazione RAGIONE_SOCIALE modalità di calcolo degli interessi nell’avviso di accertamento. La questione, di per sé, può invero assumere rilievo in materia di completezza della motivazione degli atti tributari, come è dimostrato pure dalla recente pronuncia con cui le Sezioni Unite hanno statuito che ‘la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il “quantum” del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati -attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990; se, invece, la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati – la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o RAGIONE_SOCIALE modalità di calcolo’, Cass. S.U., 14.7.2022.
18.3. Nel presente giudizio, però, il rilievo proposto dalla parte in proposito appare generico, perché la società non riporta il testo
della pretesa contestata, e si limita ad osservare che ‘fuori dei casi di riscossione frazionata, il contribuente non è posto in condizione di quantificare con esattezza le somme dovute a titolo di interesse’ (ric., p. 50). Non indica la ricorrente se intenda contestare le modalità con le quali l’Ente impositore ha calcolato gli interessi legali, o interessi di diversa natura. Non indica in qual modo avrebbero dovuto invece calcolarsi gli interessi dovuti. Non segnala, soprattutto, quando abbia proposto la specifica questione nei gradi di merito, e mediante quali formule, non riportate neppure in sintesi, e come abbia coltivato la contestazione, impedendo a questa Corte di provvedere al controllo che le compete in materia di tempestività e congruità, oltre che di diligente coltivazione, RAGIONE_SOCIALE censure proposte dalle parti, prima ancora di provvedere a valutarne la decisività. Le doglianze proposte dalla società in materia risultano in conseguenza inammissibili.
Il sesto motivo di ricorso deve essere pertanto respinto.
Con il settimo, l’ottavo ed il nono mezzo d’impugnazione, che presentano ragioni di connessione ed appare perciò opportuno trattare congiuntamente, la società propone le sue contestazioni in materia di ritenuta illegittima applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
19.1. In primo luogo censura la mancata applicazione del cumulo giuridico tra le sanzioni, reputando debba trovare applicazione la continuazione tra le violazioni commesse in una pluralità di anni d’imposta. In sostanza, se ben si comprende, sostiene la società che essendo state irrogate le sanzioni già in relazione ad anni precedenti, il 2005, 2006, 2007 e 2008, queste assorbirebbero per intero le sanzioni irrogate in relazione all’anno 2009, che dovrebbero quindi essere pari a zero. L’Amministrazione finanziaria replica in controricorso che l’applicazione della disciplina di cui all’art. 12, comma 5, del D.Lgs. n. 472 del 1997, invocata dalla ricorrente, ‘comporterebbe l’applicazione di un trattamento
sanzionatorio superiore a quello in concreto irrogato’ (controric., p. 17).
19.2. La censura proposta dalla parte risulta inammissibile per difetto di specificità. La società non ha infatti avuto cura di trascrivere in qual modo le sanzioni siano state calcolate dall’Amministrazione finanziaria, né in relazione all’anno 2009 oggetto di causa, né in relazione agli anni precedenti, fornendo solo dati parziali ed impedendo ogni riscontro in concreto della fondatezza dei suoi argomenti.
19.2.1. Sulla base della prospettazione della parte, peraltro, la critica risulta comunque infondata. La società invoca l’applicazione dell’art. 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997 e, sebbene non lo specifichi, sembra corretto ritenere che intenda operare riferimento al quinto comma, ai sensi del quale: ‘ 5. Quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo. Se l’ufficio non contesta tutte le violazioni o non irroga la sanzione contemporaneamente rispetto a tutte, quando in seguito vi provvede determina la sanzione complessiva tenendo conto RAGIONE_SOCIALE violazioni oggetto del precedente provvedimento … ‘.
19.2.2. A quanto è dato comprendere, la società ritiene che nel caso di violazioni omogenee, commesse in più anni d’imposta, la ‘sanzione base’ dovrebbe essere calcolata in considerazione del primo anno accertato, ed alla sanzione così determinata dovrebbe essere applicato l’incremento conseguente alle omogenee violazioni commesse negli anni successivi.
Diversamente, come rilevato anche dal AVV_NOTAIO.M. nelle sue conclusioni, la sanzione base da prendere in considerazione è quella più grave, in questo caso quella irrogata con riferimento all’anno 2007 che però, applicandosi le regole della continuazione, comporterebbe per la contribuente l’irrogazione di una sanzione meno favorevole rispetto all’applicazione del cumulo materiale.
19.3. Inoltre, la parte lamenta, con il sintetico ottavo motivo di ricorso, la mancata applicazione del favor rei , in considerazione del ius superveniens di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015.
19.3.1. La censura risulta inammissibile, perché la contestazione della ricorrente difetta di specificità e non consente di valutare l’applicabilità alla fattispecie della modifica normativa. Questa Corte regolatrice ha già avuto modo di precisare, in proposito, che ‘in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, le modifiche apportate dal d.lgs. n. 158 del 2015 non operano in maniera generalizzata in “favor rei”, rendendo la sanzione irrogata illegale, sicché deve escludersi che la mera deduzione, in sede di legittimità, di uno “ius superveniens” più favorevole, senza specifiche allegazioni rispetto al caso concreto idonee ad influire sui parametri di commisurazione della sanzione, imponga la cassazione con rinvio della sentenza impugnata’, Cass. sez. V, 28.6.2018, n. 17143.
19.4. Ancora la contribuente critica la nullità della decisione adottata dalla CTR perché, pur avendo disposto l’annullamento parziale dell’atto impositivo, non ha provveduto a rideterminare le sanzioni da applicare, rimettendone il calcolo all’Amministrazione finanziaria.
La contestazione appare infondata. La sanzione è stata calcolata quale percentuale della pretesa fiscale, annullata in parte quest’ultima, si riduce proporzionalmente la sanzione, senza che sia prevista né necessaria alcuna attività di rideterminazione della sanzione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE.
Il settimo e l’ottavo motivo d’impugnazione devono quindi essere dichiarati inammissibili, mentre il nono deve essere respinto.
Mediante i suoi strumenti di impugnazione incidentale l’RAGIONE_SOCIALE, in relazione ai profili della nullità della sentenza, della violazione di legge e del vizio di motivazione,
contesta la pronuncia del giudice dell’appello per aver erroneamente annullato ‘il recupero a tassazione della somma di € 271.511,60 (relativa al fondo di svalutazione crediti)’ (controric., p. 18), risultando a tal fine senz’altro insufficiente la mera produzione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi da parte della contribuente, ed essendo ancora erroneo il riferimento ad una pretesa non contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria. I motivi di ricorso incidentale presentano elementi di connessione, ed appare opportuno trattarli congiuntamente, per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
20.1. Riassumendo, l’Ente impositore afferma che il fondo svalutazione crediti il quale, secondo la società, sarebbe stato regolarmente tassato, costituisce in realtà il coacervo di una pluralità di poste formatesi nel tempo in considerazione di causali diverse. L’Amministrazione finanziaria rileva quindi che la contribuente non ha prodotto la documentazione fiscale necessaria per ricostruire analiticamente le singole voci componenti del complessivo fondo in anni precedenti il 2001, e l’Amministrazione finanziaria ha pertanto dovuto recuperare a tassazione l’importo dell’ammortamento indicato ai fini RAGIONE_SOCIALE in relazione alla cessione del ramo d’azienda ‘RAGIONE_SOCIALE‘, non essendo stato provato che l’invocato diritto alla deduzione effettivamente sussistesse.
20.2. In proposito la CTR scrive che ‘la società sostiene di avere assolto l’onere di provare la correttezza RAGIONE_SOCIALE proprie dichiarazioni con l’esibizione dei moRAGIONE_SOCIALE unico per gli anni dal 1998 al 2007 nonché con l’esibizione del libro cespiti per gli anni dal 2002 in poi. Il Collegio osserva al riguardo che l’esibizione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dal 1999 al 2008 è idonea a dimostrare la corretta contabilizzazione della quota tassata del RAGIONE_SOCIALE essendo il dato espressamente riportato nel quadro RF RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni. Il rilievo dell’RAGIONE_SOCIALE fondato sulla mancata ricostruzione del valore del RAGIONE_SOCIALE gli
anni precedenti al 2002 deve pertanto ritenersi superato in mancanza di specifiche eccezioni dell’RAGIONE_SOCIALE alla ricostruzione posta in essere dalla società contribuente sulla base della documentazione presentata’ (sent. CTR, p. 5).
20.3. Critica l’Amministrazione finanziaria che il recupero a tassazione del RAGIONE_SOCIALE traeva fondamento, come chiaramente illustrato sin dall’avviso di accertamento, di cui provvede ad indicare gli specifici passaggi (controric., p. 19, in part. note nn. 14, 15, 16), proprio ‘sull’assenza di documentazione utile … alla ricostruzione del valore fiscale del fondo … con conseguente manifesta insufficienza del mero dato indicato in dichiarazione’, evidenziando come la ricostruzione fornita dalla contribuente ‘risulta inutile ai fini del controllo in quanto gli importi di partenza, cioè quelli relativi alla consistenza iniziale del fondo svalutazione crediti, non sono stati in alcun modo documentati’ ( ibidem ), e rimane non calcolabile quale sia l’importo riferibile al fondo tassato, avendo l’Ufficio ribadito le proprie censure circa l’inadeguatezza della documentazione fornita dalla contribuente, sia nel primo grado del giudizio di merito che in sede di gravame. ‘La sussistenza dei presupposti per la legittima imputazione alla base imponibile IRES di costi e/o componenti negativi di reddito dichiarate dal contribuente, costituiscono fatti e circostanze del tutto ignote all’Ufficio, rispetto ai quali non appare neppure astrattamente predicabile un onere di contestazione specifica.
Tanto più, che secondo il consolidato orientamento di codesta Ecc.ma Corte ‘i costi, per essere ammessi in deduzione quali componenti negativi del reddito d’impresa, debbono soddisfare i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità” (contoric., p. 24), occorrendo pure verificare se il valore del RAGIONE_SOCIALE svalutazione crediti risulti superiore al limite del 5% ed indeducibile ai sensi degli artt. 83,
primo comma, e 106, secondo comma, del Dpr n. 917 del 1986 (Tuir).
L’Ufficio ha in realtà specificamente ed insistentemente contestato che la società, nell’anno 2009 in esame, disponeva soltanto di un ‘fondo svalutazione crediti non tassato … già dal 2004 non deteneva nessun fondo tassato, e addirittura dall’anno 2003 gli utilizzi del fondo tassato risultavano eccedenti rispetto alla consistenza del fondo stesso … la società avrebbe dovuto fornire la prova non solo dell’esistenza e dell’entità del fondo in parola, ma anche della sua composizione (percentuale di fondo tassata ovvero non tassata in quanto già dedotta ai sensi dell’art. 106 del TUIR) e della sua esclusiva riferibilità ad una parte dei crediti trasferiti alla società RAGIONE_SOCIALE per effetto del contratto di cessione d’azienda … esclusa la rilevanza dei dati riportati nella dichiarazione (in quanto non specificamente riferibili ai crediti oggetto di cessione ed ai quali il fondo di svalutazione crediti afferiva)’ (controric., p. 33 s.).
20.4. L’RAGIONE_SOCIALE propone i suoi argomenti con chiarezza, non mancando di indicare come gli stessi fossero esposti già nell’avviso di accertamento, e siano stati anche coltivati nel corso dei gradi di merito del giudizio.
La CTR decide tuttavia in base ad una pretesa non contestazione della prospettazione fornita dalla contribuente da parte dell’Amministrazione finanziaria, che all’evidenza non ricorre, e sul fondamento RAGIONE_SOCIALE sole dichiarazioni dei redditi prodotte dalla contribuente e della incompleta documentazione relativa al libro dei cespiti, senza chiarire per quale motivo le pregnanti allegazioni proposte dall’Ente impositore dovrebbero ritenersi infondate.
Il ricorso incidentale proposto dall’RAGIONE_SOCIALE appare pertanto fondato, e deve essere perciò accolto.
21. In definitiva occorre rigettare il ricorso principale introdotto dalla RAGIONE_SOCIALE, e devono essere accolti i motivi di ricorso
incidentale proposti dall’Ente impositore. La sentenza impugnata deve essere perciò cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia perché proceda a nuovo giudizio.
21.1. Deve ancora darsi atto che risultano integrati i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , ed accoglie i motivi di ricorso incidentale introdotti dall’RAGIONE_SOCIALE, cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a liquidare le spese di lite del giudizio di legittimità.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, l’8 febbraio 2024.