Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7698 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7698 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16219/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
–
nonchè contro
REGIONE LIGURIA, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
–
contro
ricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LIGURIA n. 1482/2015 depositata il 21/12/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Udite i difensori delle parti.
Udito il P.G. che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.La Provincia di Imperia, a seguito di sopralluoghi effettuati nell’anno 2011 presso gli uffici annessi alla discarica gestita dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sita nei comuni di Imperia e Pontedassio, ricalcolava il tributo -cd. Ecotassa -dovuto ai sensi dell’art. 3, commi 24 e segg. legge 28 dicembre 1995, n. 549 per le annualità dal 2005 al 2009, notificava alla società l’avviso di accertamento per il recupero del tributo evaso e le relative sanzioni, il quale veniva opposto dalla contribuente.
La CTP di Imperia annullava l’avviso di accertamento limitatamente all’annualità 2005, per l’inosservanza del termine di sessanta giorni che devono decorrere dalla notifica del pvc, prima di notificare l’atto impositivo ex art. 12 legge 27 luglio 2000, n. 212 e disapplicava le sanzioni amministrative, riconoscendo
l’obiettiva incertezza normativa relativa alla interpretazione degli artt. 6, comma 2, d.lgs. del 18 dicembre 1997, n. 4728 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 546, 10, comma 3, legge 212/2000 per gli atti relativi alle annualità 2006-2009, respingendo per il resto il ricorso, in virtù della mancata presentazione della dichiarazione relativa alla quantità e qualità dei rifiuti versati in base al d.m. 18 luglio 1996.
Interposto appello da parte della società, la quale lamentava, tra l’altro, che l’avviso di accertamento non contestava alla società l’omessa presentazione della dichiarazione, mentre la Provincia proponeva gravame incidentale, la CTR della Liguria li respingeva entrambi.
In particolare, i giudici di appello ritenevano che fosse del tutto inconferente che la Provincia non avesse contestato che il modello unico di dichiarazione RAGIONE_SOCIALE (MUD) non era stato sostituito dal formulario di identificazione rifiuti (FIR) di cui all’art. 15 d.lgs. del 5 febbraio 1997, n. 22, per cui in mancanza del Mud, la Provincia aveva correttamente recuperato il tributo, non avendo il contribuente dimostrato di aver diritto all’agevolazione dell’aliquota più bassa; – respingevano altresì la censura .
Aggiungevano che la società aveva compilato esclusivamente il FIR e non il MUD che serviva alla Provincia per effettuare >.
In altri termini, poiché la contribuente non aveva distinto le varie tipologie di qualità dei rifiuti, applicando indistintamente a tutto il quantitativo dei rifiuti la tariffa più bassa, così come per le terre e le rocce, la Provincia, in mancanza di specifica dichiarazione resa dal produttore che ne determinasse le caratteristiche, aveva applicato la maggiore tariffa, in applicazione del disposto dell’art.2, comma 2, d.m. 18 luglio 1996, secondo il quale < nel caso di smaltimento congiunto di diversi rifiuti di cui all'allegato 1, il tributo è dovuto nella misura stabilita per la categoria di rifiuto smaltita, alla quale si applica il valore del tributo più alto e dell'art. 3, comma 3, del medesimo decreto, secondo cui . Da dette premesse, la CTR inferiva la necessaria coesistenza degli obblighi di presentazione dei MUD (richiesto per il calcolo dell’ecotassa) e dei FIR (richiesto per la tracciabilità del trasporto), non potendo dunque, come assunto dalla società, il FIR sostituire il MUD. Al contrario, la CTR affermava che il FIR indica la quantità di rifiuti, ma non la tipologia. Respingeva la Commissione di poi l’appello incidentale relativamente all’annualità del 2005, per l’omesso rispetto del termine dei sessanta giorni di cui al cit. art. 12.
Avverso la sentenza indicata in epigrafe, ricorre la società RAGIONE_SOCIALE sulla base di tredici motivi, illustrati nelle memorie difensive.
Replicano con controricorso sia la Regione Liguria che la Provincia di Imperia. La Regione ha depositato memorie difensive in prossimità dell’udienza.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
1.La prima censura deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, comma 33, legge 28 dicembre 1995, n. 549, dell’art. 8 Legge reg. Liguria 3 luglio 23, nonché dell’art. 12, comma 2, legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod.proc.civ., per avere il decidente respinto il motivo di appello relativo alla illegittimità degli avvisi di accertamento in quanto il p.v.c. del 21 ottobre 2011, cui rinviavano gli atti opposti, non conteneva alcuna contestazione di violazioni tributarie.
La Commissione regionale nell’affermare che i verificatori avevano rappresentato alla contribuente l’oggetto della verifica – vale a dire il controllo sul corretto pagamento dell’ecotassa non ha colto l’ubi consistam della doglianza proposta in sede di appello, atteso che la comunicazione alla società dell’oggetto della verifica tributaria non equivale alla contestazione della violazione delle norme tributarie e non soddisfa l’esigenza di informare il contribuente in ossequio all’obbligo ulteriore e diverso rispetto a quello previsto dall’art. 12 dello statuto del contribuente, che consiste nel fatto che le eventuali violazioni riscontrate debbono essere previamente contestate nel P.V.C. come dispongono gli artt. 3, comma 33, legge 28 dicembre 1995, n. 549 e 8 legge reg. Liguria 23/2007.
A pagina 46 del ricorso, la società ‘RAGIONE_SOCIALE trascrive stralci del PVC in cui si legge ; i medesimi rilievi sono riportati per le annualità 2007, 2008 e 2009.
La mancanza di contestazioni in ordine alla eventuale violazione di norme tributarie non può essere pertanto sostituita dalla comunicazione dell’avvio della verifica e dell’oggetto della stessa, in quanto le citate norme impongono che le violazioni ravvisate siano
previamente contestate al contribuente quale presidio del diritto al preventivo contraddittorio come previsto dall’art. 12 dello statuto del contribuente.
Evidenzia altresì la ricorrente che la carenza di contestazioni nel P.V.C. era stata sottolineata sin dal giudizio di primo grado e sul punto era stato proposto appello.
2. Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212, nonché del principio del contraddittorio preventivo, in relazione all’art. 360, primo comma, numero 3, cod.proc.civ..; in quanto l’assenza di contestazioni nel P.V.C. ha impedito alla società ricorrente di presentare memorie o osservazione in violazione dei diritti di difesa e del preventivo contraddittorio, eludendo e privando di significato l’obbligo per l’amministrazione finanziaria di attendere sessanta giorni tra la notifica del Pvc e l’emissione dell’avviso di accertamento termine previsto proprio per consentire al contribuente di svolgere le proprie osservazioni al P.V.C. Si obietta che l’assenza di contestazioni e di rilievi di incongruenze nel P.V.C. ha compromesso il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo, atteso che il termine di sessanta giorni tra la notifica del P.V.C. e la notifica dell’avviso di accertamento è decorso inutilmente, non avendo avuto il destinatario della verifica alcuna osservazione da svolgere rispetto all’assenza di rilievi.
Detta violazione è equiparabile, ad avviso della società, all’emissione dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di 60 giorni dalla notifica del P.V.C. poiché in entrambi i casi il contribuente viene privato della possibilità di far utilmente valere le sue ragioni nei confronti dell’amministrazione finanziaria, il che rende illegittimo l’accertamento. Cita, al riguardo, la sentenza delle Sezioni Unite 18 settembre 2014, n. 19667, con la quale si è affermato l’obbligo di attivare il contraddittorio preventivo, il cui rispetto è dovuto dall’amministrazione indipendentemente dal fatto
che ciò sia previsto espressamente da una norma positiva e la cui violazione determina la nullità dell’atto lesivo che sia stato adottato senza la preventiva comunicazione al destinatario.
3. Con la terza censura si prospetta la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ. per extra petizione ; per avere il decidente pronunciato sulla contestazione svolta dalla Provincia solo in sede contenziosa in merito all’asserita mancata presentazione della dichiarazione circa la natura dei rifiuti conferiti in discarica ai sensi dell’articolo 3, comma 3, d.m. 18 luglio 1996. Si obietta che negli avvisi di accertamento non vi era stata la contestazione relativa all’omessa presentazione della dichiarazione da parte del contribuente relativa alla natura dei rifiuti versati nella discarica; che, solo nelle controdeduzioni di primo grado la Provincia aveva dedotto per la prima volta che e ancora ; .
Nonostante ciò, sia la commissione di primo grado che i giudici d’appello hanno pronunciato sulla contestazione proposta dalla Provincia soltanto nel giudizio di merito, tant’è che solo a pagina 16 delle proprie controdeduzioni, essa ha esplicitato le ragioni tecniche per cui ha ritenuto di applicare alle tipologie di rifiuti smaltite un’aliquota diversa da quella applicata dall’RAGIONE_SOCIALE; e a pagina 20 delle controdeduzioni, per la prima volta la Provincia ha affermato che le modalità di calcolo sono state rettificate dall’amministrazione non perché fossero errate ma perché mancava
una dichiarazione della società contribuente che indicasse le tipologie di rifiuti conferiti.
In ossequio al principio di specificità nel ricorso la società ricorrente a pagina 54 trascrive il contenuto dell’avviso di accertamento nel quale si evidenzia .
Il quarto strumento di ricorso lamenta la violazione dell’articolo 36, comma 2, n. 4 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’esclusione del difetto di motivazione degli avvisi di accertamento impugnati ex articolo 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.; per avere la sentenza d’appello respinto la doglianza relativa al deficit motivazionale degli avvisi di accertamento in modo apodittico e senza esporre il percorso logico giuridico che ha condotto a tale decisione. La commissione ha ritenuto che . Secondo la ricorrente la sentenza sul punto è immotivata e apodittica dal momento che non si comprende per quale ragione abbia ritenuto validamente motivati gli avvisi di accertamento.
Il quinto motivo lamenta la violazione dell’articolo 7, comma 1, legge 27 luglio 2000 numero 212, in relazione all’articolo 360 primo comma, n. 3, cod.proc.civ.; per avere la sentenza d’appello
respinto il motivo relativo all’omessa allegazione all’avviso opposto degli atti richiamati per relationem, ritenendo che la doglianza era stata esaminata e respinta in primo grado e che la censura risultava infondata . Nel caso di specie era stata dedotta la mancata allegazione della relazione redatta dal settore RAGIONE_SOCIALE in funzione dei dati acquisiti in sede di sopralluogo del 17 ottobre 2011 nella quale era stato ricalcolato il tributo da parte della Provincia; tuttavia, la relazione non era stata allegata agli atti nè era stata comunicata alla contribuente.
La Provincia ha prodotto in giudizio tale documento dal quale emerge che lo stesso sarebbe stato rilevante per capire le motivazioni degli atti impositivi; in particolare nella relazione si legge che < a parere dei tecnici di questa Provincia, tale tariffa pari a 0,0010 € al chilogrammo applicata dalla COGNOME riconducibile alla tipologia di rifiuti elencati nell'allegato 2 del decreto 18 luglio 1996, avrebbe dovuto essere applicata esclusivamente ad alcune tipologie di rifiuti; Per i restanti codici si sarebbe invece dovuto applicare le tariffe previste per i rifiuti elencati negli allegati 3 e 4 del decreto ministeriale 18 luglio 1996. Il documento conteneva, quindi, la motivazione dell'avviso di accertamento notificato alla società; sul punto la società cita la statuizione della Suprema Corte secondo la quale .
6.La sesta doglianza denuncia la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ., in relazione all’articolo 360, primo comma, n.4, cod.proc.civ., nella parte in cui si afferma che la sentenza di prime cure si sarebbe pronunciata in senso negativo in merito al motivo di ricorso relativo all’omessa allegazione di atti richiamati per relazione nella motivazione dell’avviso di accertamento.
Sul punto, la società assume che la commissione di primo grado si è pronunciata su altri profili relativi alla carenza motivazionale degli atti impositivi opposti affermando che . Tale statuizione ad avviso della ricorrente non risponde alla censura relativa all’omessa allegazione degli atti allegati per relazione negli avvisi di accertamento e non allegati.
7. Il settimo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art.2, comma 1 e dell’allegato 1 del decreto ministeriale 18 luglio 1996 nonché dell’articolo 2697 cod.civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.; per avere la sentenza di appello ritenuto che la tariffa minima dell’ecotassa costituisse in realtà un’agevolazione fiscale i cui presupposti dovevano essere dimostrati dalla società contribuente, invertendo in tal modo l’onere della prova che gravava a suo dire sulla Provincia. Assume che l’art.2 citato prevede. L’applicazione di un’aliquota piuttosto di un’altra dipende dunque, ad avviso della ricorrente, dalla tipologia di rifiuto conferito e non da un’agevolazione, con la conseguente erroneità della decisione della Commissione che ha statuito che .
Obietta la ricorrente che l’ente impositore era perfettamente a conoscenza della qualità di rifiuti conferiti in discarica, tant’è che ha contestato alla società, negli avvisi di accertamento opposti, l’attribuzione del codice CER ai rifiuti. Né la tariffa applicata costituisce un’agevolazione che determina l’inversione dell’onere della prova, avendo essa ricorrente applicato l’aliquota del tributo nella misura inferiore risultante dal d.m. 18 luglio 1996 richiamato dalla legge reg. 23/2007 ed in particolare dall’allegato 1 al predetto d.m. il quale prevede tre distinte aliquote a seconda della categoria dei rifiuti per i quali si applica l’ecotassa.
8. La società lamenta con il successivo motivo la violazione dell’articolo 36, comma 2, n. 4, d.lgs. numero 546 del 1992 in relazione al rigetto nel merito dell’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, ex articolo 360, primo comma, numero 4, cod.proc.civ.; per avere il decidente motivato in modo apodittico il rigetto
dell’appello in merito alla debenza della maggiore imposta pretesa, ritenendo ; in particolare la Commissione si è fondata sul rilievo che l’accertamento dell’ufficio. Ad avviso della società sussiste un difetto formale nella motivazione deducibile ai sensi del numero 4 dell’articolo 360, primo comma, cod. proc. civ., mancando l’esplicitazione dell’iter logico giuridico idonea a giustificare la statuizione assunta.
9. Il nono motivo prospetta la violazione e/ o falsa applicazione dell’articolo 3, comma 3, d.m. 18 luglio 1996, nonché degli articoli 15 d.lgs. 5 Febbraio 1997, n. 22, attuato con decreto ministeriale 1 aprile 1998, n. 145 e 193 del d.lgs. 3 Aprile 2006, numero 152, in relazione all’art. 360 primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; per avere il giudicante rigettato il motivo di appello secondo il quale la dichiarazione prevista dal citato art. 3 sarebbe stata sostituita dal formulario di identificazione rifiuti previsto dal rubricato art. 15, laddove afferma che il solo FIR non ha consentito di determinare la qualità dei rifiuti scaricati dalla società. Secondo la Commissione l’equipollenza tra FIR e MUD da sola non incide sull’accertamento per l’aspetto sostanziale. Tuttavia, secondo la contribuente l’art. 3 del decreto ministeriale 18 luglio 1996 prevede che la tipologia e la quantità dei rifiuti di cui agli allegati 2,3 e 4 deve risultare da una dichiarazione scritta resa dal produttore ed acquisito dal gestore della discarica al momento del conferimento dei rifiuti stessi.
Detta dichiarazione, secondo la ricorrente, è stata sostituita o integrata dal formulario di identificazione rifiuti (FIR) previsto dall’articolo 15 citato in rubrica dal momento che la norma nulla
precisa circa la forma e la modalità di compilazione della dichiarazione. La disposizione in parola sarebbe applicabile per parte dell’anno di imposta 2006 fino all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006 che all’art. 964 prevede che durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati dal formulario di identificazione dal quale devono risultare in particolare i seguenti dati: nome di indirizzo del produttore, del detentore, l’origine la tipologia e la quantità del rifiuto, l’impianto di destinazione, la data e il percorso dell’instradamento, il nome e l’indirizzo del destinatario. In altri termini il disposto dell’articolo 15 prevedeva che fosse predisposto un formulario per l’identificazione dei rifiuti che doveva seguire i rifiuti durante il trasporto ed essere infine acquisito dal gestore della discarica dal quale risultasse la qualità dei rifiuti conferiti; tale formulario, imponendo l’obbligo di individuare la tipologia dei rifiuti, ben poteva sostituire la dichiarazione di cui all’art. 3, comma 3, decreto ministeriale 18 luglio 1996 in merito alla qualità dei rifiuti conferiti in discarica. L’art. 15 del decreto legislativo numero 22 del 1997 è stato successivamente abrogato dal decreto legislativo 152 del 2006, ma il formulario di identificazione rifiuti continua ad essere previsto dall’articolo 193 del decreto legislativo numero 152 del 2006; detta disposizione nella versione applicabile ratione temporis, replica la precedente disposizione dell’articolo 15 citato, disponendo in particolare che durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare i dati sopra indicati. Sebbene il formulario di identificazione dei rifiuti sembra destinato al trasporto dei rifiuti esso contiene numerosi dati identificativi della quantità e qualità dei rifiuti da conferire in discarica con la conseguenza che esso ha sostituito la dichiarazione di cui all’art. 3, comma 3, del d.m. 18 luglio 1996.
10. Il successivo motivo denuncia la violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, decreto legislativo numero 546 del 1992, in relazione al rigetto del motivo d’appello sulla omessa pronuncia circa la natura dei rifiuti contestati negli avvisi di accertamento, ex art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc. civ.; per avere i giudici territoriali ritenuto l’irrilevanza delle allegazioni difensive della contribuente del tutto immotivatamente, non comprendendosi le ragioni per le quali la Commissione abbia ritenuto più convincente la contestazione dell’avviso di accertamento piuttosto che le difese svolte dalla società; la mancata esplicitazione dell’iter logico giuridico idoneo a giustificare la statuizione relativa al motivo proposto comporta la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 156, secondo comma, cod. proc. civ., a tenore del quale la carenza formale di un atto del processo ne importa comunque la nullità, in quanto idoneo al raggiungimento dello scopo.
11. Con l’undicesimo strumento di ricorso, la società denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc.civ., in relazione all’articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., con riferimento al rigetto del motivo sulla omessa pronuncia circa la natura dei rifiuti contestati; per avere la CTR trascurato di pronunciarsi sul motivo con il quale la società aveva dedotto l’erronea applicazione delle aliquote ai rifiuti individuati dalla Provincia. In particolare, deduce che la Provincia di Imperia aveva inquadrato i rifiuti quali residui inerti e assimilabili, rifiuti derivanti dalla lavorazione della pietra, fanghi e rifiuti di perforazione di pozzi per acque dolci, miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 170301 nella tipologia diversa da quella indicata negli allegati 2, 3 e quattro. In base alla tabella riportata negli allegati il tributo di cui all’articolo uno si applica, difatti, ai soli rifiuti generati dalle attività minerarie estrattive edilizie lapida lapidee metallurgiche incluse negli allegati 2,3 e 4 del menzionato decreto.
Il giudice di appello ha respinto il motivo ritenendo che non vi fosse una violazione del disposto dell’art. 112 cod. proc. civ., mentre in realtà i giudici di prime pure avevano effettivamente omesso di pronunciarsi sulla doglianza.
12. Il dodicesimo motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia in merito alla denunciata violazione dell’art. 6, legge 212 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ; in quanto la Commissione regionale non si è pronunciata in merito alla eccepita violazione della norma rubricata ritenendo la stessa assorbita dal rigetto dei vizi di motivazione degli avvisi di accertamento.
Assume la ricorrente di aver dedotto che la RAGIONE_SOCIALE in base all’art. 2, comma 2, legge 25 gennaio 1994, n. 70, entro 30 giorni dal ricevimento del modello unico di dichiarazione(MUD) provvede a trasmettere lo stesso alle diverse amministrazioni per le parti di rispettiva competenza; in base all’art. 6 dello Statuto del contribuente, a quest’ultimo non possono in ogni caso essere richiesti documenti e informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente; tali documenti e informazioni sono acquisiti ai sensi dell’art. 18, commi 2 e 3, legge 7 agosto 1990, numero 241, relativo ai casi di accertamento d’ufficio di fatti, stati e qualità del soggetto interessato dall’azione amministrativa.
13. L’ultima doglianza ad oggetto la violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, decreto legislativo numero 546 del 1992, in relazione al rigetto del motivo d’appello concernente l’idoneità dei formulari di identificazione dei rifiuti a determinare la qualità dei rifiuti conferiti in discarica in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod proc civ; sul punto la sentenza di appello ha affermato che <l'onere del contribuente non risulta adempiuto in quanto il solo FIR non ha consentito con criterio e metodo contrapponibile e preferibile a
quello utilizzato e chiaramente esplicitato dalla Provincia nei provvedimenti dirigenziali opposti, di determinare la qualità dei rifiuti discaricati dalla società senza indicare il percorso logico giuridico che ha determinato il suo convincimento.
Discostandosi dall'ordine di prospettazione dei motivi in ricorso, è opportuno esaminare con priorità la quarta e la quinta censura con le quali si deduce la nullità dell'avviso opposto.
Secondo l'insegnamento di questa Corte, è da ritenere che l'ordine di trattazione delle questioni, stabilito dall'art. 276, secondo comma, c.p.c., mentre impone al giudice del merito di esaminare per prime le questioni pregiudiziali di rito rispetto a quelle di merito (cfr., sul punto, Cass. Sez. U – Sentenza n. 11799 del 12/05/2017; Cass. del 09/01/2024, n. 693), consente tuttavia di scegliere, tra varie questioni di merito, quella che il giudice di merito stesso ritenga "più liquida" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9936 del 08/05/2014; Cass., Sez. 6^-5, 22 agosto 2017, n. 20250; Cass., Sez. 5^, 3 ottobre 2018, n. 24061; Cass., Sez. 5^, 17 aprile 2019, n. 10674; Cass., Sez. 5^, 7 ottobre 2020, n. 27989; Cass., Sez. 5^, 19 luglio 2021, n. 20639; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2021, n. 40734; Cass., Sez. 5^, 9 gennaio 2019, n. 363; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35219; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2021, n. 41841; Cass., Sez. 5^, 11 gennaio 2022, n. 522; Cass., Sez. 5^, 17 gennaio 2022, n. 1149). Occorre notare che il principio in questione è stato enunciato con riferimento a scenari nei quali la 'ragione più liquida' presenta rispetto ad altri profili di merito eguale capacità 'di assicurare la definizione del giudizio' (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9936 del 08/05/2014), e cioè si caratterizza per un eguale 'impatto operativo' (cfr. le massime di Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 363 del 09/01/2019; Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 11458 del 11/05/2018; Cass. Sez. 6 – L, Sentenza n. 12002 del 28/05/2014), in tal modo consentendo una più celere definizione del giudizio e non di uno solo dei profili che da quest'ultimo
possono essere toccati. L'applicazione del principio, quindi, postula che ci si trovi di fronte ad un coacervo di profili di merito che -anche se posti in un rapporto di subordinazione logica – risultino nondimeno ciascuno idoneo a condurre autonomamente alla definizione del giudizio, ben potendosi, a questo punto, optare per quella -tra le ragioni dotate di eguale potenzialità di definizione -che presenti aspetti di maggiore evidenza e/o linearità.
15. Dalla trascrizione degli avvisi di cui al controricorso, risulta che l'RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avrebbe effettuato delle ; inoltre, in essi si fa riferimento alla una relazione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in funzione dei dati acquisti in sede di sopralluogo sulla base della quale è stata ricalcolata la tariffa, relazione che non risulta allegata agli avvisi ( allegato n. 2 al ricorso di primo grado: censura ex n. 4, 360 c.p.c.), come confermato dalle difese della controricorrente.
Con gli atti impositivi impugnati non venne, dunque, rilevata e sanzionata l’omessa dichiarazione della contribuente né la mancanza dei MUD -questione introdotta solo nel giudizio di merito dalla Provincia , in quanto l’ente provinciale ha contestato, con gli atti impositivi, ; contraddicendo, peraltro, il contenuto del prodromico PVC, che evidenzia, al contrario, la mancanza di rilievi in relazione all’attività svolta dall’azienda.
15.1.Va osservato, in primo luogo, che è inammissibile una motivazione “postuma” del provvedimento impugnato, situazione che si verifica quando l’Amministrazione finanziaria, come nella specie, colma ex post , e cioè in giudizio, le lacune dell’atto impositivo caratterizzato da un’insufficiente esposizione delle ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda, atteso che “tali elementi
conoscitivi devono essere forniti all’interessato non solo tempestivamente con l’inserimento ad origine nel provvedimento impositivo, ma anche con quel grado di determinatezza ed intellegibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del proprio diritto di difesa”. Orbene, sulla scorta delle allegazioni degli enti impositori non è dato comprendere come la contribuente potesse evincere dalla lettura integrata del p.v.c. -nel quale si afferma che dalla contabilità esaminata a campione non emergono irregolarità – e degli avvisi di accertamento che la maggior somma dovuta dipendesse dalla omessa dichiarazione iniziale oppure dalla mancanza dei MUD e fosse da riferire all’applicazione della tariffa maggiore come previsto dall’art. 2, commi 2 e 3, del d.m. 18 luglio 1996, nemmeno citato negli atti, nei quali, al contrario, si rinvia alla relazione redatta dal RAGIONE_SOCIALE in sede di sopralluogo del 17 ottobre 2011; relazione, che si assume -con la quinta e sesta censura – non allegata agli atti impugnati e prodotta solo nel giudizio di merito.
15.2. Siffatto modus operandi ha impedito alla società di poter apprestare difese impugnatorie sufficientemente specifiche e circostanziate e non frutto cioè di mere congetture ( cfr. S.U. Sez. U – , Ordinanza n. 25665 del 04/09/2023; Cass. 11284 del 07/04/2022; Cass. 26340 del 29/09/2021). L’integrazione in sede giudiziale della motivazione del provvedimento è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento – nella misura in cui i documenti dell’istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta – oppure attraverso l’emanazione di un autonomo provvedimento di convalida, restando, invece, inammissibile un’integrazione postuma effettuata mediante atti processuali o, comunque, scritti difensivi. (S.U. Sez. U -,
Ordinanza n. 25665 del 04/09/2023; Cass. 11284 del 07/04/2022; Cass. 26340 del 29/09/2021).
16.Occorre, altresì considerare che, nella fattispecie sub iudice, l’avviso di accertamento non richiamava il PVC, che del resto alcun rilievo presentava, ma la richiamata relazione tecnica non allegata all’atto né in esso trascritto (come si evince dal contenuto dell’avviso) tant’è che la difesa della Provincia ( v. pagg. 12 e ss del controricorso) deduce contraddittoriamente che nei provvedimenti impugnati, l’amministrazione avrebbe sviluppato precise argomentazioni richiamando la relazione e riportandone nell’atto rinviante il contenuto, il soggetto ed i destinatari dell’atto richiamato; per poi affermare che i dati della relazione erano già a conoscenza della ditta per averli essa stessa compilati e per essere stati riportati nel verbale di contestazione notificato alla ricorrente, il quale, invece, non riportava alcun dato significativo tanto che gli operatori riconoscevano la mancanza di irregolarità.
Dette allegazioni difensive risultano contrastanti prima di tutto con il P.V.C. nel quale si fa riferimento ai registri di carico giornalieri presi a campione rispetto ai quali i dipendenti dell’ente provinciale hanno attestato di non avere nulla da rilevare; in secondo luogo l’atto impugnato, il quale fa riferimento ad autoriduzioni dell’ecotassa per erronea interpretazione delle autorizzazioni amministrativi ( senza ulteriore spiegazione) ed alla relazione redatta dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nella quale era stata ricalcolato il tributo, non contiene la sua trascrizione come assunto dall’ente impositore. Difatti, in detta relazione, prodotta solo in giudizio, si legge che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe applicato la tariffa riconducibile alle tipologie dei rifiuti elencati nell’allegato 2 del d. del 8 luglio 1996 solo ai rifiuti indicati coi codici CER TARGA_VEICOLO.01.01, 17.01.02, 17.01.02, TARGA_VEICOLO.09.04; mentre per i restanti codici si sarebbe invece dovuto applicare la tariffa prevista per i rifiuti
elencati negli allegati 3 e 4 del d.m. 18 luglio 1996, elementi questi non indicati nell’avviso opposto.
La relazione richiamata, quindi, non risulta trascritta nell’avviso opposto, il quale contiene solo un prospetto con codice CER, tipologia dei rifiuti, quantità, tariffa ed importo. Motivato ex post dalla Provincia sulla scorta della mancanza di specifica dichiarazione che dimostrasse il contrario, con la conseguenza che tutti i rifiuti descritti dovevano essere annoverati nella categoria loro propria ed in caso di dubbio in quella alla quale si applica il valore del tributo più alto. Nonostante il contenuto delle contestazioni di cui agli atti impositivi opposti, gli enti impositori hanno introdotto in giudizio un nuovo thema decidendum concernente la mancanza di specifica dichiarazione che dimostrasse che tutti i rifiuti andavano annoverati nella medesima categoria nonché l’assenza dei MUD .
16.1.L’art. 1, comma 162, della l. n. 296 del 2006 (ai sensi del quale alla motivazione dell’avviso di accertamento di un ente locale, laddove faccia riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, deve essere allegato l’atto richiamato, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale) deve essere interpretato conformemente all’art.7, comma 1, della legge n. 212 del 2000 («Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama»), che, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, impone l’allegazione degli atti richiamati solo se non conosciuti né facilmente conoscibili dal contribuente (v., ad esempio, Cass. , n. 14723; in tema di imposta di registro, Cass., Sez. 5, 7 aprile 2022, n. 11283; in tema di Tarsu, del 29/11/2023, n. 33327;). Difatti, alla luce del principio di collaborazione e buona fede, che deve improntare i rapporti tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente, grava sempre su quest’ultimo un onere di diligenza, che gli impone di verificare,
laddove possibile senza uno sforzo eccessivo e senza, dunque, limitazioni del proprio diritto di difesa, il contenuto degli atti richiamati in quello di cui è destinatario.
16.2.Nella fattispecie sub iudice , la circostanza che la relazione del RAGIONE_SOCIALE operativo non era conoscibile alla contribuente né il suo contenuto essenziale era stato riprodotto nell’atto impositivo, ne imponeva all’amministrazione provinciale l’allegazione all’atto impositivo, a cui la motivazione fa riferimento.
17.In conclusione, vanno accolti il quarto ed il quinto motivo di ricorso, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa con l’accoglimento dell’originario ricorso della società ricorrente.Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese del giudizio di merito.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il quarto ed il quinto motivo di ricorso, assorbiti i restanti;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della società ricorrente;
compensa le spese di merito;
condanna le controricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità in favore della società RAGIONE_SOCIALE che liquida in euro 15.000,00, oltre 200,00 euro per esborsi, rimborso forfettario ed accessori.
Così deciso all’udienza del 28 febbraio 2024 della sezione tributaria della Corte di cassazione.
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME