Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1145 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1145 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/01/2025
Oggetto: operazioni ogget- tivamente inesistenti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 767/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (Pec: EMAIL, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME (Pec: EMAIL) in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1173/6/2015 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia depositata il 25.5.2015, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 21 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale della Puglia rigettava l’appello proposto dall ‘ Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bari n. 1224/17/2014 con la quale era stato accolto il ricorso avverso l’avviso di accertamento per II.DD. e IVA relativamente all’ anno di imposta 2006 notificato alla società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per operazioni oggettivamente inesistenti.
In sentenza si legge che l’Agenzia, a seguito dell’attività ispettiva intrapresa nei confronti della impresa RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, riteneva inesistenti i lavori di pavimentazione, tramezzatura, opere murarie, ecc. eseguiti da quest’ultima in favore della contribuente, per un costo complessivo pari ad euro 150.000,00 e conseguentemente liquidava in capo alla società le seguenti maggiori imposte: IRES per euro 49.500,00, IRAP per euro 6.715,00, IVA per euro 30.000,00, oltre sanzioni ed interessi.
Il giudice di prime cure accoglieva il ricorso affermando in via preliminare che nella fattispecie non sussistevano i presupposti e le condizioni per l’applicazione del raddoppio dei termini per l’accertamento, accertava la carenza di motivazione dell’atto accertato e, nel merito, che l’ufficio aveva fondato l’accertamento sulle fatture fornite dalla ricorrente, senza effettuare alcuna verifica in cantiere sull’effettiva esecuzione delle opere e senza effettuare alcun ulteriore riscontro contabile.
Il giudice d’appello riteneva superabile la questione del raddoppio del termine di accertamento, che riteneva operante nel caso in esame, ma condivideva la decisione di primo grado quanto alla carenza motivazionale dell’avviso di accertamento impugnato. Il giudice riteneva che gli unici elementi oggettivi posti a fondamento dell’accertamento fossero gli esiti del questionario inviato al contribuente ovvero le stesse fatture commerciali oggetto di contestazione, mentre i restanti elementi indiziari da cui desumere l’inesistenza oggettiva delle operazioni derivavano dagli esiti di un accertamento nei confronti di altra impresa contenuti in un processo verbale di accesso e contestazione del 19.5.2011 spiccato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, le cui risultanze venivano solo richiamate in maniera apodittica dall’amministrazione nell’a vviso di accertamento impugnato, in assenza di allegazione dell’atto suddetto.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia, affidato a due motivi, cui replica la contribuente con controricorso e ricorso incidentale condizionato per tre motivi.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 42, del d.P.R. n.600 del 1973 e 7 della legge n. 212 del 2000, per aver il giudice erroneamente ritenuto non adeguatamente motivato l’avviso, il quale ben poteva contenere una motivazione per relationem ad altri atti, riprodotti nel loro contenuto essenziale.
Il motivo è inammissibile perché, come eccepito in controricorso, non soddisfa il requisito di specificità. Il principio di diritto posto a base della censura è astrattamente condivisibile, poiché la motivazione per relationem è possibile purché il contenuto degli atti o documenti richiamati e non allegati siano almeno riprodotti nell’atto
impugnato nei loro contenuti essenziali. Tuttavia, la sentenza impugnata ha accertato che elementi indiziari essenziali da cui desumere l’inesistenza oggettiva delle operazioni contestate dall’Amministrazione, derivanti dagli esiti di un accertamento nei confronti di altra impresa contenute in un processo verbale di accesso e contestazione del 19.5.2011 emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, sono stati solo richiamati in maniera apodittica dall’amministrazione nell’atto di accertamento e non allegati. Era onere dell’Agenzia contrastare tale preciso accertamento fattuale riproducendo il contenuto dell’avviso, per permettere alla Corte di comprendere se questo sintetizzasse i punti essenziali del p.v.c. del 19.5.2011 spiccato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e pacificamente non allegato all’avviso. Non è sufficiente esporre il contenuto del p.v.c. come fatto alle pagg.3 e 4 del ricorso, perché non è dimostrato che tale contenuto essenziale sia stato effettivamente trasfuso nell’avviso impugnato e il giudice del merito ha accertato il contrario.
Con il secondo motivo la ricorrente, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., prospetta anche la violazione e falsa applicazione da parte della sentenza impugnata dell’art. 2697 cod. civ. concernente la ripartizione dell’onere probatorio tra le parti in materia di operazioni oggettivamente inesistenti.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, come eccepito in controricorso, oltre che per non cogliere la ratio decidendi .
La censura non riporta il capo della decisione impugnata e, in effetti, il Collegio constata che nessun capo della sentenza di appello si pronuncia sul merito delle riprese. A pag.3 della sentenza viene riportato il contenuto dell’appello dell’Agenzia che ribadisce nel merito le ragioni alla base dell’avviso, ma la ratio decidendi è incentrata sulla preliminare questione della nullità dell’avviso per difetto di motivazione ex art. 7 della legge n. 212 del 2000 («Nella specie i rilievi
della commissione provinciale circa la carenza motivazionale dell’accertamento meritano condivisione»). Il giudice si arresta a tale profilo procedimentale preliminare, senza pronunciarsi sul merito e, quindi, senza giungere a vagliare il canone di riparto della prova in materia di operazioni oggettivamente inesistenti oggetto della censura in disamina.
Il rigetto del ricorso principale determina l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato, proposto dalla contribuente nella denegata ipotesi di accoglimento del ricorso dell’Agenzia .
Le spese di lite sono regolate come da dispositivo e seguono la soccombenza.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, in presenza di soccombenza della parte ammessa alla prenotazione a debito non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 5.900,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21.11.2024