Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1787 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1787 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/01/2025
Oggetto:
Associazione
sportiva
dilettantistica –
Regime fiscale agevolato –
Presupposti.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16091/2018 R.G. proposto da
ASSOCIAZIONE RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell ‘avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, in virtù di procura speciale in calce al ricorso.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO controricorrente – avverso la sentenza della C.t.r. del Lazio n. 6713/2017, depositata il 20.11.2017 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3.10.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Latina, l ‘A ssociazione sportiva dilettantistica RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento, con cui l’Agenzia delle entrate, attesa l’omessa presentazione della dichiarazione fiscale relativa all’anno 2006, aveva recuperato a tassazione le somme dovute a titolo di Irap e Iva, acquisendo presso terzi le fatture emesse nei loro confronti dalla contribuente in relazione ai compensi ricevuti per l’attività di sponsorizzazione. Peraltro, dalla numerazione progressiva delle 59 fatture reperite presso i clienti era stata riscontrata l’assenza di 20 fatture con numerazione intermedia, alle quali era stato attribuito un valore medio, determinato sulla base del fatturato complessivo riferito a quelle reperite. Dal complessivo calcolo degli importi risultanti, era emerso l’intervenuto superamento, per l’anno 2006, della soglia fissata dall’art. 1 della l. n. 398 del 1991, per poter usufruire del regime fiscale agevolato ivi previsto.
In primo grado, l’impugnazione veniva accolta, in relazione al contestato profilo della inutilizzabilità della documentazione allegata al p.v.c., in quanto illegittimamente acquisita mancando la preventiva autorizzazione del Pubblico Ministero.
Proposto appello dal l’Agenzia delle entrate, la decisione di primo grado veniva integralmente riformata dalla C.t.r., la quale riteneva utilizzabili le fatture relative al 2006, poiché, essendo state acquisite presso terzi e non mediante accesso domiciliare, non necessitavano della preventiva autorizzazione del Pubblico Ministero. Riteneva, inoltre, sufficientemente motivato l’avviso di ac certamento impugnato, in quanto basato su documentazione proveniente dalla stessa contribuente e, pertanto, da essa conosciuta, non essendo necessaria la relativa allegazione. Infine, stante il superamento dell’importo limite di € 250.000, riteneva sussistente l’obbligo di tenuta della contabilità ordinaria in luogo di quella forfettaria.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione l’associazione sportiva dilettantistica, sulla base di due motivi.
Resisteva l’Agenzia delle entrate , depositando controricorso e una memoria. Replicava, a sua volta, l’associazione contribuente con memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di doglianza, l’Associazione sportiva dilettantistica RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del la l. n. 212 del 2000 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo la C.t.r. errato nel ritenere sufficientemente motivato l’avviso di accertamento, ancorché privo dell’indicazione delle fattur e contestate, neanche ad esso allegate.
Con il secondo motivo di doglianza, l’Associazione sportiva dilettantistica RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della l. n. 398 del 1991, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo la C.t.r. errato nel ritenere non applicabile il regime fiscale forfettario, a seguito dell’asserito superamento dell’importo limite di € 250.000 dei proventi, poiché il predetto requisito quantitativo doveva essere riferito non all’anno in corso, bensì all’anno pre cedente, e doveva essere calcolato non sugli importi fatturati, bensì su quelli effettivamente incassati: aspetti non presi in considerazione né nell’avviso di accertamento, né dal giudice di merito.
Nel controricorso l’Agenzia delle entrate eccepisce l’inammissibilità del secondo motivo di doglianza, poiché l’ Associazione ricorrente non ha mai sollevato tali contestazioni nelle fasi di merito.
Per motivi di ordine logico e sistematico, appare preliminare l’analisi del primo motivo di doglianza, che è fondato e va accolto.
Ed invero, la Suprema Corte ha costantemente affermato la validità dell’avviso di accertamento, anche se motivato per relationem ad altri atti, non rilevando l’omessa allegazione di un documento o la mancata ostensione dello stesso al contribuente, purché la motivazione sia comunque sufficiente (arg. da Cass. n. 8016/2024, Rv. 67085801), tenuto conto che l’obbligo di
motivazione è strumentale all’esercizio del diritto di difesa del contribuente e che può dirsi violato solo ove questo illustri come ed in che termini la tempestiva ostensione dei documenti indicati negli atti impositivi impugnati, e ad essi non allegati, avrebbe potuto influenzare l’esito dell’accertamento nei propri confronti (arg. da Cass. n. 36852/2022, Rv. 66651401).
Ciò posto, sin dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, l’ Associazione sportiva ha contestato il vizio di motivazione, lamentando la mancata indicazione e la mancata produzione delle fatture poste alla base dei recuperi.
E’ pacifico, infatti, che, a fronte della contestazione di 79 fatture, di cui 59 acquisite dai clienti della contribuente e 20 ricostruite induttivamente, mediante l’attribuzione di un valore medio calcolato sulla base del fatturato di quelle reperite, l’amministrazione non ha allegato all’avviso di accertamento nessuna delle fatture che ha rinvenuto, non ha riassunto il relativo contenuto; non ha indicato il cliente in favore del quale erano state emesse; né ha indicato il singolo importo, riportando esclu sivamente l’ammontare complessivo.
Ha errato, pertanto, la C.t.r. nel ritenere che la mancata allegazione delle fatture richiamate e poste alla base dell’avviso di accertamento non abbia comportato una violazione dell’obbligo di motivazione. E ‘ vero, infatti, che, trattandosi di fatture emesse dalla contribuente, dovevano essere a lei note e che, come affermato dalla Suprema Corte, l’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza (Cass. n. 29968/2019, Rv. 65591701).
Tuttavia, nel caso in esame, il diritto di difesa risulta menomato, poiché le fatture contestate non solo non sono state allegate all’avviso di accertamento, ma la contribuente non è stata messa in grado neanche di sapere di quali fatture si trattasse, non essendo
stato indicato neppure il numero o il cliente destinatario della prestazione.
Né, del resto, tale lacuna motivazionale può essere colmata nel successivo giudizio di impugnazione, poiché, come affermato dalla Suprema Corte, l’avviso di accertamento privo, in violazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, di una congrua motivazione è illegittimo, senza che la stessa possa, peraltro, essere integrata in giudizio dall’Amministrazione finanziaria, in ragione della natura impugnatoria del processo tributario (Cass. n. 12400/2018, Rv. 64851901).
Tali considerazioni sono decisive e comportano l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo.
Pertanto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice a quo per l’ulteriore esame dell’appello proposto dall’associazione ricorrente e per il regolamento delle spese di lite anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento del secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria del Lazio, in diversa composizione, per l’ ulteriore esame dell’appello proposto dall’ Associazione ricorrente, secondo quanto esposto in parte motiva, e per il regolamento delle spese di lite anche del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione