Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27803 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27803 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9837/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO , per procura speciale in atti; -ricorrente-
-contro-
COGNOME NOME; COGNOME NOME, rappres. e difesi dall’AVV_NOTAIO, per procura speciale in atti;
-controricorrente avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Pisa, n. 47/2021 pubblicata in data 19.01.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18.09.2025 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME e NOME COGNOME in data 23/12/2014 presentavano ricorso in opposizione a sanzione amministrativa ex L. 689/1981, innanzi al giudice di Pace di Pisa, richiedendo l’integrale annullamento dell’avviso di accertamento impugnato, n. 138/2014, emesso dalla RAGIONE_SOCIALE nei loro confronti per l’omessa denuncia e l’omesso totale versamento relativo all’indennità di occupazione di suolo pubblico -cosap – per il periodo 1.01.2010-31.12.2014, con il quale veniva loro intimato il pagamento dell’importo di € 661,78 per canoni non pagati, indennità di occupazione, interessi e spese, relativo all’asserita esistenza di un passo carrabile sito in Pisa INDIRIZZO.
Il giudice di Pace, con la sentenza n. 369/15, accoglieva integralmente il ricorso, dichiarando l’inesistenz a del diritto di credito della RAGIONE_SOCIALE e condannando la stessa al pagamento delle spese processuali in favore dei ricorrenti, con la seguente motivazione: ‘ Difetta la prova della titolarità in capo al Comune di Pisa dell’area, in particolare il marciapiede, dove risulta il passo carrabile. La proprietà pubblica della carreggiata non comporta necessariamente la proprietà del marciapiede. Parimenti dif etta la prova dell’esistenza di una servitù di pubblico passaggio.
Il Tribunale di Pisa, con sentenza n. 47/2021, depositata in data 19.01.2021, rigettava l’appello della RAGIONE_SOCIALE, osservando che l’atto di accertament o era talmente difforme da quella che la stessa appellante aveva poi, correggendosi, allegato quale realtà fattuale.
La RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione, avverso la suddetta sentenza, con due motivi, illustrati da memoria.
NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono con controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione, falsa ed omessa applicazione degli artt. 346 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 4 c.p.c. , circa il principio del tantum devolutum quantum appellatum , e del giudicato implicito, avendo il Tribunale confermato la sentenza del giudice di Pace -che aveva annullato l’ avviso di accertamento cosap emesso dalla RAGIONE_SOCIALE sulla base della mancata prova della natura pubblica del marciapiede su cui insisteva il passo carrabile di COGNOME e COGNOME, o della sussistenza di una servitù di pubblico passaggio su tale marciapiede- per aver totalmente omesso di decidere e valutare in merito ai cinque motivi di ricorso presentati dai ricorrenti, che sono stati quindi assorbiti dalla motivazione della sentenza di primo grado.
In particolare, la ricorrente lamenta che il Tribunale, pur aderendo su tale aspetto in modo pedissequo a lle difese dell’appellante, riconoscendo l’erroneità della motivazione della sentenza di primo grado, atteso che non era stata contestata la natura pubblica del marciapiede, ha ritenuto comunque di confermare la sentenza impugnata e, quindi, l’annullamento dell’avviso di accertamento RAGIONE_SOCIALE , sulla base di una diversa motivazione, che muove e si fonda sul preliminare assunto, del tutto errato, per cui la parte appellata avrebbe ripresentato in secondo grado il motivo di opposizione, promosso in primo grado, relativo all” errore sull’identificazione dell’accesso alla pubblica via ‘, mentre le uniche due censure riproposte da COGNOME e COGNOME, riguardavano la presunta ‘ arbitraria retroattività dei canoni ‘ e la presunta ‘ violazione del Regolamento COSAP da parte di RAGIONE_SOCIALE ‘, con specifico riferimento all’art. 12.
Il secondo motivo -in subordine- denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 10 D.L. 212/2000 (Statuto del contribuente) ed art. 3 L. 241/1990 (legge sul procedimento amministrativo) in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., in ordine alla corretta motivazione dell’atto impugnato ed all’esatta individuazio ne delle contestazioni contenute nell’avviso di accertamento impugnato .
Al riguardo, la ricorrente si duole che nessuna carenza motivazionale (da rapportare alle norme sul procedimento amministrativo) o violazione poteva essere validamente eccepita, non sussistendo elementi fattuali e giuridici indicativi di una concreta lesione delle prerogative difensive in sede giurisdizionale del destinatario dell’atto .
Il ricorso è inammissibile.
Non già, tuttavia, per l’eccezione opposta preliminarmente dai controricorrenti circa vizio che inficerebbe la procura rilasciata dalla ricorrente, notificata senza la firma della parte, in quanto la sottoscrizione della procura è presente sull’originale del ricorso depositato; ciò, rinvenendosi nella specie le relative condizioni, in conformità del consolidato orientamento di questa Corte a tenore del quale, qualora l’originale del ricorso per cassazione rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l’autenticazione ad opera del medesimo della sottoscrizione della parte che gli ha conferito la procura, la mancanza degli stessi elementi sulla copia notificata non determina l’inammissibilità del ricorso, ma una mera irregolarità, quando tale copia contenga elementi idonei (come la trascrizione o l’indicazione della procura o l’attestazione dell’ufficiale giudiziario in ordine alla richiesta di notificazione) a dimostrare la provenienza dell’atto da difensore munito di mandato speciale . (Cass., n. 13385/2005; n. 4548/2011; n. 3791/2014).
Premesso ciò, il primo motivo è inammissibile. La ricorrente ha impugnato la sentenza del Tribunale formulando varie doglianze, tra cui quella relativa alla questione dell’erronea identificazione del numero civico interessato dal passo carrabile (su cui il Tribunale ha fondato la decisione contestata).
Ora, anzitutto, la parte appellata non aveva alcun onere di ripresentare specificamente i motivi del ricorso introduttivo, essendosi riportata al contenuto di quest’ultimo. Invero, il Tribunale ha esposto che gli appellati avevano affermato di aver effettivamente contestato la sussistenza di un passo carrabile situato su
una via diversa da quella poi ritenuta asseritamente corretta, e all’altezza di un numero civico che non corrispondeva, né sulla via indicata erroneamente, né su quella che si assumeva corretta, al passo carrabile.
Infatti, il Tribunale, rilevato che era pacifico, in quanto non contestato, che nel giudizio di primo grado, come sostenuto dall’a ppellante, non fosse stata posta in discussione la natura pubblica del marciapiede, ha osservato che era stata invece contestata la sussistenza del passo carrabile (cfr. pag. 2, punto 1, del ricorso in primo grado degli odierni appellati), così come è stata contestata nel presente giudizio.
Pertanto, non è configurabile il vizio denunziato in quanto la questione posta a fondamento della sentenza del Tribunale è stata oggetto dell’impugnazione della RAGIONE_SOCIALE e dunque ha costituito oggetto del thema decidendum .
Ne consegue che non si è formata alcuna preclusione processuale, né un giudicato sui motivi inerenti ai presupposti dell’atto impugnato che, come detto, hanno costituito oggetto dell’appell o espressamente richiamati dagli appellati nelle loro difese.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile.
Al riguardo, è stato affermato che l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, sancito dall’art. 7 del c.d. Statuto del contribuente, deve essere interpretato avendo riguardo ai canoni di leale collaborazione e buona fede, espressi dal successivo art. 10, la cui portata deve essere ricostruita alla luce dei principi di solidarietà economica e sociale e di ragionevolezza sanciti, rispettivamente, dagli artt. 2 e 3 Cost.: ne deriva che sono irrilevanti le violazioni formali che non abbiano arrecato un’effettiva lesione della sfera giuridica del contribuente (Cass., n. 11052/2018).
Nella specie, la censura non attinge correttamente la ratio decidendi. Invero, il Tribunale, confermando sostanzialmente la motivazione della sentenza di primo grado, ha affermato in maniera chiara ed esaustiva che il numero civico relativo
al passo carrabile in questione non era riconducibile al ritenuto trasgressore, in quanto l’indirizzo indicato non presenta alcun collegamento: a) col passo carrabile per il quale è causa; b) con altro passo carrabile; c) con l’indirizzo dei presunti trasgressori.
Ne consegue che il motivo in esame esprime del tutto impropriamente un vizio di violazione di legge, mal declinato che, in sostanza, si traduce in una generica critica delle suddette ragioni poste a sostegno del provvedimento impugnato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, a favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 700,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15%, quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile del 18 settembre 2025.
Il Presidente
Dott. NOME COGNOME