Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4903 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4903 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17534/2018 proposto da:
NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, rappresentata e dall’Avv.
difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, NOME COGNOME con domicilio digitale indicato in ricorso; -ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma è domiciliata alla INDIRIZZO
-controricorrente –
AVVISO DI ACCERTAMENTO
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA – CATANIA n. 4726/13/2017, depositata in data 30/11/2017;
Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 19 dicembre 2024;
Fatti di causa
In data 18/2/2016 , l’Agente per la Riscossione per la provincia di Catania comunicò a NOME COGNOME (d’ora in poi, ‘la contribuente’ ) che in data 30/12/2015 l’Agenzia delle Entrate aveva provveduto ad affidarle , per l’avviso dell’attività di riscossione, le somme richieste con avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE, asseritamente notificatole in data 30 luglio 2015.
Entro sessanta giorni dall’avvenuta conoscenza giuridica del predetto avviso di accertamento in seguito alla notificazione dell’avviso di pre sa in carico, la contribuente propose ricorso contro l’avviso di accertamento chiedendone l’annullamento ‘per la nullità della notifica’ dello stesso, riservandosi di integrare i motivi del ricorso ex art. 24, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, all’esito della produzione documentale di controparte, nel caso in cui fosse divenuto possibile conoscere il contenuto dell’ atto accertativo asseritamente mai notificato e le motivazioni della pretesa tributaria.
Nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate, la C.T.P. di Catania rigettò il ricorso.
La C.T.R. confermò la sentenza di primo grado, nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate.
Avverso la sentenza d’appello, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e cioè la dedotta illegittimità della sentenza di primo grado per illogica e/o contraddittoria motivazione -Art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.’ , la contribuente censura la sentenza impugnata per non essersi pronunciata sull’appello proposto contro la sentenza di primo grado che, pur avendo preso atto della nullità della notificazione dell’avviso di accertamento, ha rigettato il ricorso perché la contribuente, odierna ricorrente, non aveva dedotto alcun vizio di merito dell’avviso di accertamento, né aveva dedotto la decadenza dalla pretesa impositiva dell’amministrazione.
Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 Art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , la contribuente censura la sentenza impugnata per avere contraddittoriamente affermato, da un lato, l’ammissibilità del ricorso per irrituale notifica dell’avviso di accertamento e, dall’altro, l’infondatezza del ricorso per non aver formulato contestazioni sul merito della pretesa impositiva.
Dopo aver richiamato i princìpi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 16412/2007, la contribuente precisa che al suo caso tali princìpi non sarebbero applicabili, essendo viceversa applicabili quelli espressi dalla sentenza a Sezioni Unite n. 19704/2015 sull’impugnabilità dell’estratto di ruolo.
Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29 del d.l. n. 78 del 2010 e dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 -Art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’ , la contribuente censura la sentenza impugnata in quanto la C.T.R. non ha tenuto conto che nel caso di specie si trattava di un avviso di accertamento impo-
esattivo, che sarebbe divenuto esecutivo dopo sessanta giorni dalla notifica.
Ne conseguirebbe che se l’avviso di accertamento impo -esattivo non venga portato a conoscenza del contribuente, nessun valido titolo esecutivo potrebbe mai formarsi.
Avrebbe pertanto errato la C.T.R., una volta accertato il vizio di notifica dell’avviso di accertamento, a non annullarlo.
Con il quarto motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. Art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’ , la contribuente censura la sentenza impugnata per aver rigettato l’appello nonostante la asseritamente contraddittoria motivazione della sentenza di primo grado che, pur avendo rilevato il vizio di notifica dell’avviso di accertamento, ha rigettato il ricorso per assenza di deduzioni nel merito della pretesa impositiva.
Con il quinto motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 60 del d.P.R. n. 600/1973 -Art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , la contribuente censura la sentenza impugnata perché avrebbe violato le regole di riparto dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c.: l’onere di provare la notifica dell’avviso di accertamento sarebbe spettato all’amministrazione, che non vi avrebbe adempiuto e, ciononostante, la C.T.R. ha affermato che la contribuente non era ign ara dei suoi rapporti con l’amministrazione finanziaria.
5.1 I cinque motivi di ricorso pongono questioni simili e in parte sovrapponibili, sicché possono essere trattati e decisi congiuntamente. Essi sono infondati: il dispositivo della sentenza impugnata è corretto
in diritto, ma se ne deve correggere la motivazione.
Innanzitutto, è la stessa contribuente che afferma, nel corpo del ricorso, di non aver impugnato la comunicazione di presa in carico notificata dall’agente della riscossione .
Inoltre, è la stessa contribuente, nel corpo del ricorso, ad aver definito detta comunicazione come ‘atto non impugnabile’ .
Il Collegio concorda con la contribuente quanto alla non impugnabilità della comunicazione di presa in carico.
Essa, infatti, non appartiene al novero degli atti impugnabili di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992; d’altronde, pur volendo estendere l’impugnabilità ad altri atti lesivi non ricompresi nel novero di cui al citato art. 19 (Cass., n. 8719/2020), deve rilevarsi che la comunicazione di presa in carico dell’avviso di accertamento esecutivo da parte dell’agente della riscossione non è un atto lesivo della posizione giuridica della contribuente, bensì un mero atto partecipativo di un evento rilevante solo nel rapporto tra l’ente impositore e quello deputato alla riscossione (cfr. Cass., n. 21254/23): la sua funzione si esaurisce nell’informare la contribuente che un avviso di accertamento esecutivo (nel caso di specie identificato in base al numero) è stato trasmesso all’agente della riscossione.
Senonché, al di là della sua funzione tipica, che lo rende non lesivo e dunque non impugnabile, la comunicazione di presa in carico ha avuto il concreto effetto di far conoscere alla contribuente che un determinato avviso di accertamento, identificato con il numero, era stato emesso nei suoi confronti.
Costituisce, inoltre, circostanza pacifica che il giudice di primo grado, con statuizione non impugnata dall’ufficio in grado di appello, abbia ritenuto ammissibile il ricorso del contribuente a causa della irrituale notifica dell’avviso di accertamento .
Dunque, se la contribuente avesse voluto effettivamente dirigere la sua impugnazione contro l’avviso di accertamento, non avrebbe dovuto limitare l e sue doglianze alla invalida notifica di quest’ultimo : un avviso di accertamento non correttamente notificato, infatti, è un atto inefficace nella sfera giuridica del contribuente, e dunque non lesivo.
In altri termini, la contribuente che impugni un avviso di accertamento deducendo di non averne avuto conoscenza per l’invalidità della notificazione, manca dell’interesse attuale e concreto a ricorrere, che è una condizione dell’azione anche nel processo tributario.
Diverso sarebbe stato il caso in cui la contribuente avesse ricevuto la notificazione di un atto lesivo, e dunque autonomamente impugnabile, a valle dell’avviso di accertamento non notificato, come, ad esempio, un atto di precetto o di intimazione ad adempiere: in un caso del genere, la contribuente avrebbe avuto due possibilità: quella di impugnare l’atto di precetto esclusivamente per la mancata notificazione dell’atto lesivo ( avviso di accertamento, autonomamente impugnabile) a monte (costituendo la mancata notificazione dell’atto lesivo a monte un vizio proprio dell’atto lesivo a valle) ; quella di impugnare, insieme con l’atto lesivo a valle, l’atto lesivo a monte non notificato ma di cui abbia conosciuto l’esistenza oggettiva tramite la notificazione dell’atto a valle (presupponente), facendone valere i ‘vizi propri’ , quali quello procedimentale (decadenza dell’amministrazione dalla potestà impositiva per non averlo ritualmente notificato entro i termini previsti dalla legge) o quelli di merito (infondatezza dell’avviso di accertamento) , per ottenere, oltre che l’annullamento dell’atto lesivo a monte (avviso di accertamento), il consequenziale annullamento dell’atto lesivo a valle (in tesi, l’atto di precetto).
Dalla esposta ricostruzione sistematica, consegue che la contribuente non ha interesse a ricorrere contro l’avviso di accertamento deducendone solo la non rituale notificazione ed affermando di essere venuta a conoscenza della pretesa impositiva solo in seguito alla comunicazione della presa in carico da parte dell’agente della riscossione: ella, come già aveva correttamente affermato la C.T.P., se avesse voluto ottenere la caducazione dell’avviso di accertamento, avrebbe dovuto dedurne o vizi procedimentali (decadenza dalla potestà
impositiva per esserne venuta a conoscenza solo tramite la comunicazione della presa in carico, quando già erano decorsi i termini previsti dalla legge per la notificazione dell’atto impositivo ) o vizi di merito (facendosi parte diligente per entrare in possesso dell’atto ed impugnarlo entro il termine di decadenza decorrente dalla notificazione della comunicazione di presa in carico dell’atto impositivo da parte dell’agente della riscossione).
Sul punto, questa Corte ha già avuto modo di rilevare che la notificazione non è un requisito di validità dell’atto impositivo (anche impoesattivo), ma solo una condizione integrativa di efficacia, sicchè l’inesistenza della notifica non determina automaticamente l’inesistenza dell’atto , se di questo il contribuente abbia avuto conoscenza entro i termini decadenziali di legge (vedi, ex aliis , Cass. N.4760/2009; n.13852/2010; n. n.21071/2018; n.26310/2021).
La contribuente, dunque, potrà far valere il difetto di notificazione dell’avviso di accertamento solo come motivo di invalidità di un atto lesivo ad esso successivo.
Deve, infine, rilevarsi che anche con riferimento all’estratto di ruolo , tramite il quale un contribuente venga a conoscenza di cartelle non notificate, sia la legislazione successiva alla proposizione dell’odierno ricorso, sia la giurisprudenza di questa Corte si sono allineate alla esposta ricostruzione dogmatica, affermando la carenza di interesse ad agire contro cartelle di pagamento solo perché se ne assuma la invalida notificazione (Sez. U-, Sentenza n. 26283 del 06/09/2022, Rv. 665660 -01; Sez. U-, Sentenza n. 12459 del 07/05/2024, Rv. 671380 – 01).
6. Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna NOME COGNOME al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio, che si liquidano in euro duemilacinquecento per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 dicembre