Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 158 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 158 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
Oggetto: accertamento
– indagini finanziarie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26086/2016 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAILpec..ordineavvocatifirenze.it) in forza di procura speciale ad litem in calce al ricorso per cassazione
-ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 634/16/2016 depositata in data 05/04/2016, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 06/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
–NOME ricorreva verso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio Finanziario rettificava la sua dichiarazione relativa al periodo di imposta 2006 poiché a seguito di indagini finanziarie erano emersi diversi prelievi e versamenti non giustificati sui conti nella disponibilità del contribuente;
la CTP di Firenze rigettava ricorso; appellava il contribuente;
con la pronuncia gravata in questa sede il giudice dell’impugnazione ha rigettato l’appello poiché ha ritenuto che il contribuente non abbia adempiuto l’onere probatorio a suo carico consistente nel fornire credibile e valida giustificazione ai rilievi dell’erario, risultando sotto tale profilo -in particolare -inidonea a tali fini la dichiarazione di NOME COGNOME relativa alla natura di garanzia di alcune delle operazioni sottoposte a rilievo;
ricorre a questa Corte NOME contribuente con atto affidato
a due motivi di ricorso che illustra con memoria ex art. 380 bis c.p.c.;
resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate;
Considerato che:
-il primo motivo di impugnazione censura la pronuncia gravata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 41 bis e 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 nonché degli artt. 54 c. 5 e 57 c. 4 del d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c.: evidenzia parte ricorrente che la sua posizione reddituale era stata oggetto di una verifica generale svolta dalla Guardia di finanza a partire dal 5 Marzo 2009 conclusasi con il PVC del 9 ottobre 2009, a seguito della quale è stato notificato l’atto n. T8C1050241/2010, relativo al periodo d’imposta 2006, non impugnato in questa sede;
in seguito, ha avuto luogo la notifica dell’ulteriore atto, avviso di accertamento, n. T8B011301041/2011 relativo sempre al periodo
d’imposta 2006, oggetto del presente giudizio; sostiene in sintesi parte ricorrente che tale avviso di accertamento sarebbe illegittimo poiché emanato quando l’Amministrazione finanziaria aveva già esaurito il proprio potere di accertamento generale relativo a tale anno di imposta; – si eccepisce infatti che i dati bancari richiamati nel PVC del 5 maggio 2010 fossero già noti all’Ufficio all’epoca in cui è stata svolta la prima verifica e a maggior ragione nel momento in cui sulla forza degli stessi è stato emanato l’atto impositivo successivo;
il motivo è privo di fondamento;
come infatti si evince dall’esame degli atti di cui si è detto, ambedue prodotti a questa Corte dal ricorrente nel rispetto del canone di specificità e localizzazione dei motivi di ricorso per cassazione, il primo dei due avvisi di accertamento è in realtà non un avviso di accertamento ma un atto di contestazione (come lo si denomina anche in ricorso, in sede di descrizione delle produzioni svolte di fronte a questa Corte, al n. 2 dell’elenco delle stesse) avente contenuto sanzionatorio nel quale cioè è contestata al contribuente una serie di violazioni fondate sul rinvenimento di documentazione extracontabile riferita alla sua attività ritrovata dei verificatori presso la società immobiliare INDIRIZZORAGIONE_SOCIALEINDIRIZZO costituita da uno scadenziario intestato ‘Nero 2007’ riepilogata nel verbale di constatazione n. 536 del 9 ottobre 2009;
-nell’atto in argomento l’Ufficio, in sintesi, sanziona l’omessa tenuta delle scritture contabili e la irregolare tenuta dei libri iva con riguardo alle sopradette operazioni; il che è altro rispetto alla pretesa azionata con l’avviso di accertamento oggetto del presente giudizio;
in questo caso, quindi, l’Ufficio ha dapprima rilevato -con i PVC di cui si è detto -l’esistenza di sanzioni in forza delle informazioni e dell’istruttoria ivi documentata, sanzioni che ha irrogato con l’atto n. T8C1050241/2010 (più correttamente trattasi di ‘atto di contestazione’ come si specifica peraltro anche in ricorso, indicandolo -come si è detto
con tale termine corretto al n. 2 dell’elenco delle produzioni a cui si provvede di fronte a questa Corte);
successivamente, in forza sempre dell’attività istruttoria anche ulteriore svolta, segnatamente in forza delle risultanze delle indagini finanziarie, l’Ufficio ha formulato e quantificato autonoma e ulteriore pretesa di maggiori tributi con l’avviso di accertamento T8B011301041/2011, qui impugnato;
diverse quindi sono le pretese, diversi i titoli e le ragioni che sostengono i due atti sopra detti; nessuna duplicazione quindi del potere di controllo da parte dell’Ufficio qui sussiste, avendo esso dapprima agito richiedendo le sanzioni per le operazioni di cui si è detto quindi in seguito avendo agito richiedendo ulteriori maggiori tributi per altre ragioni dovute;
resta quindi del tutto estraneo alla vicenda che ci occupa il tema sia dell’accertamento parziale, sia dell’accertamento integrativo, che sono del tutto irrelati con i fatti di causa, come risulta dalla sentenza impugnata che riporta sul punto, facendolo proprio, l’accertamento operato dalla sentenza di primo grado che ha ritenuto ‘… che non si sia in presenza di un secondo accertamento, essendo il primo atto notificato al ricorrente di diversa natura’;
il secondo motivo di ricorso si duole della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della L. n. 212 del 2000 e dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto che l’atto impositivo impugnato fosse adeguatamente motivato;
ritiene parte ricorrente che dal testo del PVC del 9 ottobre 2009 richiamato per relazione dal PVC del 5 maggio 2010, non sia possibile comprendere dalla verifica fiscale di quale società sia scaturita quella effettuata nei confronti di NOME;
il motivo è infondato;
– sul punto occorre ribadire il consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Corte in materia di motivazione degli atti impositivi, che riconosce la legittimità della c.d. motivazione per relationem e ne precisa i limiti. E’ stato più volte affermato, infatti, che ‘in tema di avviso di accertamento, la motivazione “per relationem” con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio’ (Cass. n. 32957 del 20 dicembre 2018). Allo stesso modo è stato precisato che ‘ in tema di atto impositivo, ai fini dell’ammissibile motivazione “per relationem” è sufficiente il rinvio dell’avviso di accertamento al PVC notificato al contribuente’ (Cass. n. 29002 del 5 dicembre 2017);
– per quanto riguarda l’atto di irrogazione della sanzione, poi, questa Corte ammette sicuramente la motivazione ‘per relationem’ nel caso in cui le sanzioni siano irrogate contestualmente e unitamente all’accertamento del maggior reddito rispetto a quello dichiarato e contestato (Cass. n. 11610 del 4 maggio 2021). Analoga possibilità va riconosciuta anche con riferimento al provvedimento di irrogazione delle sanzioni separatamente emesso, quando, come nella specie, vengono richiamati atti già pervenuti nella sfera di conoscenza del contribuente, perché allo stesso in precedenza notificati;
– orbene, nel presente caso dal contenuto dell’atto impugnato prodotto a questa Corte ad opera del ricorrente come si è detto, si evince che la motivazione è stata predisposta ed espressa anche attraverso il richiamo alle motivazioni esposte nei PVC tutti in precedenza notificati alla società contribuente e, pertanto, dalla stessa già conosciuti;
Cons. Est. NOME COGNOME – 5
in particolare, il PVC del 5 maggio 2010 contiene i risultati del contraddittorio riguardante le movimentazioni finanziarie prese in esame dai militari della GdF, che analiticamente hanno contestata la percezione di maggiori ricavi in capo al contribuente in forza dell’esame dei rapporti finanziari, il quale contribuente è stato quindi messo in grado di esporre in quella sede le proprie ragioni e giustificazioni di fronte ai militari operanti;
-l’esito del contraddittorio in argomento è riepilogato nel PVC del 2010 succitato a pag. 7, ove se ne esplicita l’esito : in forza di tali elementi di prova presuntiva ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 l’Ufficio ha quindi correttamente rideterminato il reddito del contribuente;
risulta quindi del tutto irrilevante che il PVC del 9 ottobre 2009 non indichi nominativamente la società presso la quale il controllo ha avuto innesco; né crea fraintendimento alcuno il richiamo al PVC redatto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (presso la quale ha avuto luogo la sola operazione materiale di rinvenimento dello scadenziario intestato ‘nero 2007’, che è mero fatto dal quale al più doveva l’Ufficio -come concretamente si è fatto -limitarsi a prendere la mosse per i necessari approfondimenti istruttori); né viene in rilievo l’avere l’Amministrazione riportato nel ridetto PVC stralci delle operazioni svolte nei confronti di NOME COGNOME quale amministratore della società RAGIONE_SOCIALE Montelupo o della società RAGIONE_SOCIALE, in quanto il vizio di motivazione deriva, come è noto, dall’assenza di elementi atti a dar conto dell’iter logico giuridico seguito dell’Ufficio, certo non dalla presenza di elementi ulteriori rispetto a quelli essenziali;
Cons. Est. NOME COGNOME 6 – tali gli elementi essenziali sono in questo caso i risultati -analitici e in ordine ai quali non sono, per vero, proposte censure di alcun genere in questa sede -delle indagini finanziarie, il cui contenuto è del tutto idoneo a consentire al contribuente di comprendere le ragioni poste dall’Ufficio a base dell’avviso di accertamento (quindi di percepirne il contenuto motivazionale) e anche di difendersi dando prova della
insussistenza della pretesa azionata (quindi di percepire la prova della pretesa per contrapporvi i propri -speculari nel senso della sua insussistenza -mezzi di prova);
conseguentemente il ricorso va rigettato;
le spese sono regolate dalla soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 5.900,00 oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della i. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 6 novembre 2024.