Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6027 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6027 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/03/2025
ICI 2011 – L.C.N. -OMESSA PRONUNCIA MOTIVAZIONE AVVISO BENE PIGNORATO E
SEQUESTRATO – INAGIBILITA
sul ricorso iscritto al n. 24593/2020 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE.
– RICORRENTE –
CONTRO
il COMUNE DI APRILIA (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in INDIRIZZO in persona del Sindaco pro tempore , NOME COGNOME rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e
nomina poste in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE.
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio -Sezione distaccata di Latina -n. 7044/19/2019, depositata il 18 dicembre 2019, non notificata.
UDITA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale del 4 dicembre 2024.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso indicato in atti, con cui il Comune di Aprilia accertò l’omesso versamento dell’ICI relativa all’anno di imposta 2011 per l’importo complessivo di 52.977,00 €.
La Commissione tributaria regionale del Lazio -Sezione distaccata di Latina – decidendo sugli appelli riuniti proposti dalla contribuente e dall’ente territoriale, rigettò l’appello proposto dalla società ed accolse quello avanzato dal Comune.
Con riferimento all’appello avanzato da RAGIONE_SOCIALE la Commissione ritenne che:
i motivi di appello si fossero limitati a riproporre, ai limiti dell’inammissibilità, le doglianze già espresse con il ricorso principale e senza alcuna censura alle motivazioni, invero del tutto condivisibili, espresse dai primi giudici nella sentenza impugnata e, tra queste, anche la motivazione che esclude la perdita della titolarità del bene, in conseguenza della « procedura monitoria ( rectius esecutiva) e del sequestro penale ai fini della soggettività dell’imposta ICI in questione» (così nella sentenza impugnata);
-l’inagibilità del bene, ai fini dell’esenzione di cui all’art. 8 d.lgs. n. 504/1992, dovesse essere accertata dall’Ufficio tecnico del Comune, dietro istanza di parte fondata su perizia all’uopo redatta, ovvero su dichiarazione sostitutiva di atto notorio, laddove nella specie non era stata avanzata alcuna istanza ed era emerso che il bene non necessitava di interventi strutturali, ma solamente di risanamento igienico;
-fosse « infondata la doglianza relativa alla determinazione della base imponibile in considerazione della redditività dell’immobile, osservando che quando l’immobile è classato in Categ. D, si fa riferimento alla redditività solo quando manchino le rendite catastali che, invece, nel caso di specie sussistono».
Quanto, invece all’appello proposto dal Comune, il Giudice regionale lo accolse -come anticipato – ritenendo non dovuta la riduzione del 50% della tassazione, non ricorrendo la dedotta inagibilità, « poiché, ai sensi dell’art. 13, co. 3, del D.L. 201/11, si ha l’inagibilità per fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, quando questa sia strutturale, ossia non superabile con interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione. Nella specie, infatti, gli immobili abbisognavano di meri lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, come risulta dall’Ordinanza comunale n. 38 del 2/3/11» (così nella sentenza impugnata).
CRAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione avverso la suindicata sentenza, con atto notificato in data 17/18/21 settembre 2020, nel rispetto del termine lungo di impugnazione, come sospeso dagli arrt. 83 d.l. n. 18/2020 e 36, comma 1, d.l. n. 23/2020, formulando cinque motivi di impugnazione.
Il Comune di Aprilia resisteva con controricorso notificato il 22 ottobre 2020.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la contribuente ha lamentato, in relazione al paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 4 e 5 c.p.c., la «violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 14 e 59 del D.Lgs. n. 546 del 1992 omessa pronuncia su un punto essenziale della controversia -nullità della sentenza» (v. pagine nn. 4 e 6 del ricorso), ponendo in rilievo che il Giudice regionale non si era espresso sull’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per violazione del contraddittorio per non essere stata chiamata in causa l’Agenzia del Territorio, litisconsorte necessario.
1.1. Va osservato che l’istante ha riferito di aver articolato l’appello, eccependo «In via preliminare la violazione degli artt. 14 e 59 del D.L.gs n. 546 del 1992 per violazione del contraddittorio», rinviando sul punto alla nota 6 di pagina n. 3 del ricorso in esame, ribadendo poi che «In sede di appello il Contribuente lamentava la nullità della sentenza di primo grado per violazione del principio del contraddittorio» (v. pagina n. 7 del ricorso).
Tuttavia, dalla nota n. 6 di pagina 3 del ricorso in rassegna risulta che «Con il primo motivo di appello il contribuente riproponeva l’inesistenza della notifica dell’avviso di accertamento», il che, in assenza di altri elementi, lascia perplessi sul contenuto effettivo del primo motivo di appello e sulla dedotta omessa pronuncia da parte del Giudice regionale.
1.2. Ad ogni modo, la rilevabilità (anche di ufficio) della questione (cfr. Cass. n. 24482/2013) impone di esaminarla.
L’eccezione è infondata.
Questa Corte ha, infatti, più volte precisato che « tra la controversia relativa all’ICI e quella relativa al classamento vi è un rapporto di pregiudizialità, che esclude il ‘litisconsorzio necessario fra l’Agenzia del territorio ed il Comune, privo di autonoma legittimazione nella causa relativa alla rendita catastale, il provvedimento di attribuzione della quale, una volta divenuto definitivo, vincola non solo il contribuente, ma anche l’ente impositore, tenuto ad applicare l’imposta unicamente sulla base di quella rendita, costituente il presupposto di fatto necessario ed insostituibile per tutta l’imposizione fiscale che la legge a tale dato commisura’ (Cass. nn. 9203 del 2007; 25278 del 2008; v. anche Cass. nn. 6386 e 26380 del 2006)» (così Cass. n. 3226/2021; nello stesso senso, sul tema in esame, Cass. 9894/2017 e Cass. n. 1439/2017 -che richiama Cass. sez. 5, 30 dicembre 2011, n. 30717; Cass. sez. 5, 16 dicembre 2011, n. 27180; Cass. sez. 5, 30 aprile 2010, n. 10571 – secondo cui sussiste solo un litisconsorzio facoltativo improprio).
Con la seconda censura la società ha eccepito, con riferimento ai parametri di cui all’art. 360, primo comma, num. 3 e 5, c.p.c. la «violazione e falsa applicazione, nonchè omessa e carente motivazione su un punto essenziale della controversia. Difetto di motivazione: violazione degli artt. 3 della Legge n. 241/1990 e 7 della Legge n. 12 in relazione all’art. 5 del D.Lgs. n. 504 del 1992» (v. pagina nn. 5 e 8 del ricorso), contestando alla Commissione territoriale di aver omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame concernente il difetto di motivazione dell’avviso impugnato, carente per il fatto di essersi limitato solo ad indicare il valore dei beni, senza fornire i dati catastali e le rendite, né come esse si fossero formate, rendendo così non comprensibile la determinazione della base imponibile, i
coefficienti applicati e senza allegare le risultanze catastali presenti presso l’Agenzia del Territorio.
2.1. La censura è fondata.
In effetti, la sentenza, pur dando conto del relativo motivo di appello, non ha fornito alcuna statuizione sul dedotto vizio di motivazione dell’avviso.
Non può allora non riconoscersi l’omessa pronuncia su tale domanda.
2.2. Va, difatti, esclusa sul punto la sussistenza di una motivazione per relationem rispetto a quella del primo Giudice, non essendo stata la stessa nemmeno riportata nei suoi contenuti, il che elide, a monte, ogni prospettiva di verificarne la relazione.
2.3. Non ricorre neanche l’ipotesi di una motivazione implicita, giacchè la pronuncia impugnata nemmeno lambisce il tema della motivazione, ma omette di esaminarlo e di pronunciarsi sul motivo di appello, dovendo sul punto osservarsi che la soluzione offerta dal Giudice del gravame sul merito della controversia non può far ritenere decisa, sia pure in modo non espresso, la preliminare tematica dell’eccepita nullità dell’avviso, non ricorrendo tra le suddette questioni una connessione logicogiuridica, stante la loro assoluta autonomia, il che preclude la verifica di un’impostazione logico -giuridica della pronuncia compatibile con il rigetto implicito del motivo di gravame.
Ragionare diversamente condurrebbe ad una costante, perfetta equivalenza tra l’omissione di pronuncia sulla domanda e l’implicito rigetto della stessa, con l’inammissibile risultato di neutralizzare la portata precettiva dell’art. 112 c.p.c.
2.4. Non vi è, infine, spazio per rimediare in tale sede all’omissione con una pronuncia in diritto (su cui v., tra le tante, Cass. n. 22698/2024 e Cass. n. 17416/2023), giacchè la valutazione sulla motivazione dell’avviso, nella sua valenza di atto amministrativo, impegna il giudice in un apprezzamento fattuale che non può essere esercitato nella sede che occupa (cfr. Cass. n. 5966/2022; Cass. n. 23532/2017; Cass. n. 9585/2013; Cass. n. 17367/2010; Cass. n. 7313/2005; Cass. n. 17762/2002).
L’accoglimento del suindicato motivo assorbe l’esame delle restanti censure.
Va, infatti, dato conto che:
3.1. con la terza doglianza la società ha denunciato la «violazione e falsa applicazione, nonchè omessa e carente motivazione su un punto essenziale della controversia. Violazione falsa applicazione degli artt. 1 e 3 del D.Lgs. n. 504 del 1992 e del Regolamento Comunale per l’applicazione dell’Imposta Comunale sugli Immobili » (v. pagina n. 13 del ricorso), rappresentando di non aver avuto il possesso del bene in quanto prima sottoposto a procedura esecutiva immobiliare, con nomina del custode giudiziario, e poi a sequestro penale.
3.2. con la quarta ragione di contestazione la ricorrente ha dedotto, in base ai canoni censori di cui all’art. 360, prima comma, num. 3 e 5, c.p.c., la «violazione e falsa applicazione, nonchè omessa e carente motivazione su un punto essenziale della controversia. Violazione falsa applicazione dell’art. 5 del D.Lgs. n. 504 del 1992 e del Regolamento Comunale per l’applicazione dell’Imposta Comunale sugli Immobili » (v. pagina n. 16 del ricorso), duolendosi della non corrispondenza al
valore commerciale del valore catastale assegnato al bene, censito in categoria D01 e nemmeno al suo valore contabile.
3.3. con il quinto motivo di impugnazione la società s’è doluta, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c., della violazione dell’art. 5 d.lgs. n. 504/1992, assumendo che, contrariamente alla valutazione del Giudice regionale, « i beni sono stati rilevati dallo stesso Comune in stato di abbandono, dunque inagibili» (v. pagina n. 19 del ricorso).
3.4. Si tratta -come è evidente -di questioni di merito, il cui esame è conseguenziale alla valutazione circa l’adeguata motivazione dell’avviso sui cui dovrà pronunciarsi il Giudice dell’appello.
Alla stregua delle valutazioni svolte il ricorso va accolto nel suo secondo motivo e la causa va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio -in diversa composizione -anche per regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio -in diversa composizione -anche per regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 dicembre