Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1755 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1755 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/01/2025
Oggetto:
Associazione
sportiva
dilettantistica
–
Documenti acquisiti durante
l’accertamento
–
Utilizzabilità – Condizioni.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10671/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro-tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
ASSOCIAZIONE RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell ‘avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, in virtù di procura speciale in calce al ricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della C.t.r. del Lazio n. 6494/2016, depositata il 26.10.2016 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3.10.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Latina, l ‘A ssociazione sportiva dilettantistica RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento, con cui l’Agenzia delle entrate, attesa l’omessa presentazione della dichiarazione fiscale relativa all’anno 200 9, aveva recuperato a tassazione le somme dovute a titolo di Irap e Iva, acquisendo presso terzi le fatture emesse nei loro confronti dalla contribuente in relazione ai compensi ricevuti per l’attività di sponsorizzazione. Peraltro, dalla numerazione progressiva delle 65 fatture reperite presso i clienti era stata riscontrata l’assenza di 59 fatture con numerazione intermedia, alle quali era stato attribuito un valore medio, determinato sulla base del fatturato complessivo riferito a quelle reperite. Dal complessivo calcolo degli importi risultanti era emerso l’intervenuto superamento, per l’anno 200 9 , della soglia fissata dall’art. 1 della l. n. 398 del 1991 per poter usufruire del regime fiscale agevolato ivi previsto.
In primo grado, l’impugnazione veniva accolta, in relazione al contestato profilo della inutilizzabilità della documentazione allegata al p.v.c., in quanto illegittimamente acquisita mancando la preventiva autorizzazione del Pubblico Ministero.
Proposto appello dal l’Agenzia delle entrate, la decisione di primo grado veniva integralmente confermata dalla C.t.r., la quale riteneva inutilizzabili le fatture relative al 2009, attesa l’assenza della preventiva autorizzazione del Pubblico Ministero; nonché carente di motivazione l’avviso di accertamento impugnato, privo del dettaglio delle fatture predette.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione l’ Agenzia delle entrate, sulla base di tre motivi. Resisteva l’ Associazione sportiva dilettantistica, depositando controricorso e una memoria. Replicava, a sua volta, l’ Agenzia delle entrate con memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di doglianza, l’A genzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 52 del d.P.R. n. 633 del 1972 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo la C.t.r. errato nel ritenere inutilizzabili le fatture poste alla base dell’atto impugnato, poiché tale documentazione non era stata reperita in sede di accesso presso la sede dell’ Associazione sportiva dilettantistica, ma era stata conseguita da terzi, e precisamente dai clienti e dagli sponsor della contribuente, non essendo quindi necessaria la preventiva autorizzazione del Pubblico Ministero.
Con il secondo motivo di doglianza, l’ Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione de ll’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo la C.t.r. errato nel ritenere non sufficientemente motivato l’avviso di accertamento impugnato, poiché esso era basato su documentazione proveniente dalla stessa contribuente e, pertanto, da essa conosciuta, non essendo necessaria la relativa allegazione. Peraltro, tutta la documentazione era stata prodotta nel giudizio di primo grado, non potendosi quindi ravvisare alcuna menomazione del diritto di difesa.
Con il terzo motivo di doglianza, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 111, comma 6, Cost.; degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., risultando apparente la motivazione relativa alle sanzioni applicate e, peraltro, mero obiter dictum nell’ambito di una decisione che aveva confermato l’integrale annullamento dell’atto impositivo per le ragioni censurate con i precedenti motivi di impugnazione.
Nel controricorso l’ Associazione contribuente eccepisce l’inammissibilità del primo motivo di doglianza, poiché l’inutilizzabilità della prova poteva rilevare solo sotto il profilo della giustificazione del giudizio di fatto che sorregge tale dichiarazione e,
quindi, quale error in procedendo , e poiché con la censura si chiedeva sostanzialmente una rivalutazione delle istanze istruttorie. Eccepisce, altresì, l’inammissibilità del terzo motivo, essendo comprensibile e logico il passaggio motivazionale contestato.
Per motivi di ordine logico e sistematico, appare preliminare l’analisi del secondo motivo di doglianza, che è infondato e va rigettato.
Ed invero, la Suprema Corte ha costantemente affermato la validità dell’avviso di accertamento, anche se motivato per relationem ad altri atti, non rilevando l’omessa allegazione di un documento o la mancata ostensione dello stesso al contribuente, purché la motivazione sia comunque sufficiente (arg. da Cass. n. 8016/2024, Rv. 67085801), tenuto conto che l’obbligo di motivazione è strumentale all’esercizio del diritto di difesa del contribuente e che può dirsi violato solo ove questo illustri come ed in che termini la tempestiva ostensione dei documenti indicati negli atti impositivi impugnati, e ad essi non allegati, avrebbe potuto influenzare l’esito dell’accertamento nei propri confronti (arg. da Cass. n. 36852/2022, Rv. 66651401).
Ciò posto, sin dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, l’ Associazione sportiva ha contestato il vizio di motivazione, lamentando la mancata indicazione e la mancata produzione delle fatture poste alla base dei recuperi. Parimenti, la C.t.r. ha riscontrato la genericità dei rilievi operati, attesa la mancanza di una dettagliata indicazione delle fatture poste alla base dell’accertamento.
E’ pacifico, infatti, che, a fronte della contestazione di 124 fatture, di cui 65 acquisite dai clienti della contribuente e 59 ricostruite induttivamente, mediante l’attribuzione di un valore medio calcolato sulla base del fatturato di quelle reperite, l’amministrazione non ha allegato all’avviso di accertamento nessuna delle fatture che ha rinvenuto, non ha riassunto il relativo contento; non ha indicato il cliente in favore del quale erano state
emesse; né ha indicato il singolo importo, riportando esclusivamente l’ammontare complessivo.
Non può, quindi, ritenersi errata la decisione impugnata, secondo cui la mancata allegazione delle fatture richiamate e poste alla base dell’avviso di accertamento ha comportato una violazione dell’obbligo di motivazione. E’ vero, infatti, che, trattandosi di fatture emesse dalla contribuente, dovevano essere a lei note e che, come affermato dalla Suprema Corte, l’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza (Cass. n. 29968/2019, Rv. 65591701). Tuttavia, nel caso in esame, il diritto di difesa risulta menomato, poiché le fatture contestate non solo non sono state allegate all’avviso di accertamento, ma la contribuente non è stata messa in grado neanche di sapere di quali fatture si trattasse, non essendo stato indicato neppure il numero o il cliente destinatario della prestazione.
Né, del resto, tale lacuna motivazionale può essere colmata nel successivo giudizio di impugnazione, poiché, come affermato dalla Suprema Corte, l’avviso di accertamento privo, in violazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, di una congrua motivazione è illegittimo, senza che la stessa possa, peraltro, essere integrata in giudizio dall’Amministrazione finanziaria, in ragione della natura impugnatoria del processo tributario (Cass. n. 12400/2018, Rv. 64851901).
Tali considerazioni sono decisive e comportano il rigetto del ricorso, con assorbimento dei restanti motivi. La parte ricorrente va condannata al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Rilevato che la parte soccombente è ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il secondo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento del primo e del terzo.
Condanna l ‘Agenzia delle entrate al pagamento in favore d ell’ ASSOCIAZIONE SPORTIVA RAGIONE_SOCIALE delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 9.000,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione