Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1784 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1784 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME CECILIA
Data pubblicazione: 24/01/2025
Oggetto: RAGIONE_SOCIALE – Documenti acquisiti durante l’accertamento – Utilizzabilità – Condizioni.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10681/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’RAGIONE_SOCIALE , presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO; -ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende, in virtù di procura speciale in calce al ricorso;
– controricorrente – avverso la sentenza della C.t.r. del Lazio n. 6493/2016, depositata il 26.10.2016 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3.10.2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE:
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Latina, l ‘RAGIONE_SOCIALE
Management impugnava l’avviso di accertamento, con cui l’RAGIONE_SOCIALE, a ttesa l’omessa presentazione della dichiarazione fiscale relativa all’anno 20 10, aveva recuperato a tassazione le somme dovute a titolo di Irap e Iva, acquisendo presso terzi le fatture emesse nei loro confronti dalla RAGIONE_SOCIALE in relazione ai compensi ricevuti per l’attività di sponsorizzazione. Peraltro, dalla numerazione progressiva RAGIONE_SOCIALE 47 fatture reperite presso i clienti era stata riscontrata l’assenza di 82 fatture con numerazione intermedia, alle quali era stato attribuito un valore medio, determinato sulla base del fatturato complessivo riferito a quelle reperite. Dal complessivo calcolo degli importi risultanti era emerso l’intervenuto superamento, per l’anno 20 10 , della soglia fissata dall’art. 1 della l. n. 398 del 1991, per poter usufruire del regime fiscale agevolato ivi previsto.
In primo grado, l’impugnazione veniva accolta, in relazione al contestato profilo della inutilizzabilità della documentazione allegata al p.v.c., in quanto illegittimamente acquisita mancando la preventiva autorizzazione del Pubblico Ministero.
Proposto appello dal l’RAGIONE_SOCIALE, la decisione di primo grado veniva integralmente confermata dalla C.t.r., la quale riteneva inutilizzabili le fatture relative al 2010, attesa l’assenza della preventiva autorizzazione del Pubblico Ministero; nonché carente di motivazione l’avviso di accertamento impugnato, privo del dettaglio RAGIONE_SOCIALE fatture predette.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione l’ RAGIONE_SOCIALE, sulla base di tre motivi. Resisteva l’ RAGIONE_SOCIALE, depositando controricorso e una memoria. Replicava, a sua volta, l’ RAGIONE_SOCIALE con memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di doglianza, l’RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 52 del d.P.R. n. 633 del 1972 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo la
C.t.r. errato nel ritenere inutilizzabili le fatture poste alla base dell’atto impugnato, poiché tale documentazione non era stata reperita in sede di accesso presso la sede dell’ RAGIONE_SOCIALE, ma era stata conseguita da terzi, e precisamente dai clienti e dagli sponsor della RAGIONE_SOCIALE, non essendo quindi necessaria la preventiva autorizzazione del Pubblico Ministero.
Con il secondo motivo di doglianza, l’ RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione de ll’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo la RAGIONE_SOCIALE.t.r. errato nel ritenere non sufficientemente motivato l’avviso di accertamento impugnato, poiché esso era basato su documentazione proveniente dalla stessa RAGIONE_SOCIALE e, pertanto, da essa conosciuta, non essendo necessaria la relativa allegazione. Peraltro, tutta la documentazione era stata prodotta nel giudizio di primo grado, non potendosi quindi ravvisare alcuna menomazione del diritto di difesa.
Con il terzo motivo di doglianza, l’RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 111, comma 6, Cost.; degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., risultando apparente la motivazione relativa alle sanzioni applicate e, peraltro, mero obiter dictum nell’ambito di una decisione che aveva confermato l’integrale annullamento dell’atto impositivo per le ragioni censurate con i precedenti motivi di impugnazione.
Nel controricorso l’ RAGIONE_SOCIALE eccepisce l’inammissibilità del primo motivo di doglianza, poiché l’inutilizzabilità della prova poteva rilevare solo sotto il profilo della giustificazione del giudizio di fatto che sorregge tale dichiarazione e, quindi, quale error in procedendo , e poiché con la censura si chiedeva sostanzialmente una rivalutazione RAGIONE_SOCIALE istanze istruttorie. Eccepisce, altresì, l’inammissibilità del terzo motivo, essendo comprensibile e logico il passaggio motivazionale contestato.
Per motivi di ordine logico e sistematico, appare preliminare l’analisi del secondo motivo di doglianza, che è infondato e va rigettato.
Ed invero, la Suprema Corte ha costantemente affermato la validità dell’avviso di accertamento, anche se motivato per relationem ad altri atti, non rilevando l’omessa allegazione di un documento o la mancata ostensione RAGIONE_SOCIALE stesso al RAGIONE_SOCIALE, purché la motivazione sia comunque sufficiente (arg. da Cass. n. 8016/2024, Rv. 67085801), tenuto conto che l’obbligo di motivazione è strumentale all’esercizio del diritto di difesa del RAGIONE_SOCIALE e che può dirsi violato solo ove questo illustri come ed in che termini la tempestiva ostensione dei documenti indicati negli atti impositivi impugnati, e ad essi non allegati, avrebbe potuto influenzare l’esito dell’accertamento nei propri confronti (arg. da Cass. n. 36852/2022, Rv. 66651401).
Ciò posto, sin dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, l’ RAGIONE_SOCIALE ha contestato il vizio di motivazione, lamentando la mancata indicazione e la mancata produzione RAGIONE_SOCIALE fatture poste alla base dei recuperi. Parimenti, la RAGIONE_SOCIALE ha riscontrato la genericità dei rilievi operati, attesa la mancanza di una dettagliata indicazione RAGIONE_SOCIALE fatture poste alla base dell’accertamento.
E’ pacifico, infatti, che, a fronte della contestazione di 12 9 fatture, di cui 47 acquisite dai clienti della RAGIONE_SOCIALE e 82 ricostruite induttivamente, mediante l’attribuzione di un valore medio calcolato sulla base del fatturato di quelle reperite, l’amministrazione non ha allegato all’avviso di accertamento nessuna RAGIONE_SOCIALE fatture che ha rinvenuto, non ha riassunto il relativo contento; non ha indicato il cliente in favore del quale erano state emesse; né ha indicato il singolo importo, riportando esclusivamente l’ammontare complessivo.
Non può, quindi, ritenersi errata la decisione impugnata, secondo cui la mancata allegazione RAGIONE_SOCIALE fatture richiamate e poste alla base dell’avviso di accertamento ha comportato una violazione
dell’obbligo di motivazione. E’ vero, infatti, che, trattandosi di fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE, dovevano essere a lei note e che, come affermato dalla Suprema Corte, l’art. 7, comma 1, RAGIONE_SOCIALE Statuto del RAGIONE_SOCIALE, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il RAGIONE_SOCIALE non abbia già integrale e legale conoscenza (Cass. n. 29968/2019, Rv. 65591701). Tuttavia, nel caso in esame, il diritto di difesa risulta menomato, poiché le fatture contestate non solo non sono state allegate all’avviso di accertamento, ma la RAGIONE_SOCIALE non è stata messa in grado neanche di sapere di quali fatture si trattasse, non essendo stato indicato neppure il numero o il cliente destinatario della prestazione.
Né, del resto, tale lacuna motivazionale può essere colmata nel successivo giudizio di impugnazione, poiché, come affermato dalla Suprema Corte, l’avviso di accertamento privo, in violazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, di una congrua motivazione è illegittimo, senza che la stessa possa, peraltro, essere integrata in giudizio dall’Amministrazione finanziaria, in ragione della natura impugnatoria del processo tributario (Cass. n. 12400/2018, Rv. 64851901).
Tali considerazioni sono decisive e comportano il rigetto del ricorso, con assorbimento dei restanti motivi. La parte ricorrente va condannata al pagamento, in favore della parte controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Rilevato che la parte soccombente è ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non si applica l’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il secondo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento del primo e del terzo.
Condanna l ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore d ell’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre 15% per le spese generali, Euro 200,00 per esborsi, ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione