Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21585 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21585 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31940/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. del LAZIO n. 4131/2018 depositata il 18/06/2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
con avviso di rettifica e liquidazione n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato alla RAGIONE_SOCIALE, in qualità di soggetto acquirente, nell’ambito della compravendita immobiliare intercorsa con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE giusta atto pubblico del 29 maggio 2012 (registrato il 14 giugno 2012, serie 1T n. NUMERO_DOCUMENTO), l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate richiedeva, ai sensi e per gli effetti degli artt. 51 e 52 del d.P.R. n. 131 del 1986, a titolo di imposte di registro, ipotecaria e catastale, la complessiva somma di euro 138.100,00, imposte determinate in ragione della differenza tra il valore dichiarato in atti ed il maggior valore accertato per la compravendita dei due appartamenti, sulla scorta della stima eseguita secondo il metodo c.d. sintetico-comparativo, nonché dei valori OMI in relazione ai metri quadrati di superficie commerciale; 2. con sentenza n. 3949/47/2016, l’adita Commissione Tributaria Provinciale rigettava l’impugnazione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE ritenendo l’atto motivato in modo congruo e conforme al vigente dettato normativo;
con la sentenza n. 4131/7/2018 la C.T.R. del Lazio rigettava il gravame, confermando la legittimità dell’operato dell’ufficio;
contro
detta sentenza la società contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, cui ha resistito l’ufficio il quale ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso in quanto parte ricorrente non avrebbe censurato tutte le rationes decidendi ; 5. la Procura Generale ha depositato memoria scritta chiedendo rigettarsi il ricorso;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo la società ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art.7 della legge 212 del 2000 , nonché dell’art.3, commi 1 e 3 della legge 241/1990 e dell’ art. 52, comma 2bis , del d.P.R. n. 131 del 1986, non avendo la C.T.R. valutato che l’atto impugnato era privo sia dei presupposti di fatto e cioè dei fatti e degli atti costituenti il supporto motivazionale del provvedimento, che RAGIONE_SOCIALE argomentazioni di natura logica o giuridica poste a base dello stesso; 2. con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art.7 della legge 212 del 2000 nonché dell’art. 3, commi 1 e 3 della legge 241/1990 e dell’art. 52, comma 2bis , secondo periodo del d.P.R. n. 131 del 1986, avendo la sentenza impugnata fatto malgoverno RAGIONE_SOCIALE suddette disposizioni nella parte in cui aveva rigettato i motivi di appello della contribuente in ordine alla nullità dell’atto per illegittima duplice motivazione per relationem e mancata allegazione agli atti di vendita – parametro richiamati nell’avviso rettifica, non conosciuti né conoscibili da parte della contribuente;
3. con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 51, comma 3, secondo periodo del d.P.R. n. 131 del 1986, avendo erroneamente i giudici di appello ritenuto la legittimità dell’avviso che aveva omesso di indicare le caratteristiche intrinseche ed estrinseche degli immobili assunti a comparazione ai fini della rideterminazione del valore in violazione della detta disposizione normativa;
4. con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., violazione dell’art.112 cod. proc. civ. , per avere la C.T.R. omesso di pronunciarsi in relazione all’eccezione di assoluta infondatezza RAGIONE_SOCIALE pretese rettifiche di valore in quanto, nonostante la chiara ed inequivocabile formulazione di specifico motivo di gravame, i giudici avevano omesso di pronunciarsi sul punto;
con il quinto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’ art. 36 del d.P.R. n. 546 del 1992, dell’art.112 cod. proc. civ. nonché dell’art. 111 Cost., in ragione di motivazione meramente apparente; avendo la C.T.R. ritenuto corretto l’accertamento del maggior valore nonché legittimamente motivato per relationem l’avviso sulla base di una motivazione illogica ed incomprensibile;
con il sesto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., per avere la C.T.R. ritenuto legittime le rettifiche operate benché basate su presunzioni semplici prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza;
va, in primo luogo, rilevato che l’eccezione di inammissibilità formulata dall’ ufficio il quale assume che non avendo parte ricorrente impugnato la statuizione contenuta alle pagg. 7-8 della pronuncia (relativa al quinto motivo di appello della COGNOME), costituente autonoma ratio decidendi , il ricorso sarebbe inammissibile -è priva di fondamento;
7.1. la statuizione in questione riguarda, infatti, esclusivamente l’autonomo profilo del difetto di delega del soggetto che aveva sottoscritto l’atto impositivo, profilo che non risulta in alcun modo connesso con le ulteriori questioni dedotte con l’atto di appello e reiterate in questa sede, relative al vizio di motivazione ed alla violazione di legge, quanto ai parametri di riferimento ai fini della rettifica;
deve, quindi, rilevarsi che il ricorso -ammissibile – è infondato per le ragioni appresso specificate;
il primo, il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente in quanto fra loro connessi, sono infondati;
9.1. questa Corte, in tema di accertamento tributario, ha ribadito più volte che, «la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione ha la funzione di delimitare l’ambito RAGIONE_SOCIALE ragioni adducibili
dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, consentendo al contribuente l’esercizio del diritto di difesa » per cui, fermo restando l’onere della prova gravante sulla Amministrazione finanziaria, «è sufficiente che la motivazione contenga l’enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore », e non sussiste « la necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale» ed ancora, «l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore mira a delimitare l’ambito RAGIONE_SOCIALE ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa ed a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Al conseguimento di tali finalità è necessario e sufficiente, pertanto, che l’avviso enunci il criterio astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore, con le specificazioni che si rendano in concreto necessarie per il raggiungimento di detti obiettivi, essendo riservato alla eventuale sede contenziosa l’onere dell’Ufficio di provare nel contraddittorio con il contribuente (e sempre che l’impugnazione giudiziale contenga specifiche e dettagliate allegazioni al riguardo) gli elementi di fatto giustificativi della propria pretesa nel quadro del parametro prescelto e la facoltà del contribuente di dimostrare l’infondatezza della stessa anche in base a criteri non utilizzati per l’accertamento» (vedi Cass. n. 14426/2017; n. 565/2017; n. 11560/2016; n. 25559/2014; n. 25153/2013; n. 14027/2012) richiamate da Cass. civ. n° 26482/20);
9.2. nella specie l’atto impositivo, come correttamente ritenuto dai giudici di primo e di secondo grado, appare adeguatamente motivato attraverso il richiamo non solo ai dati OMI ma anche ai valori di altri due immobili similari di cui sono state specificate le caratteristiche, la metratura e gli estremi dei relativi atti di compravendita;
9.3. l’avviso di rettifica e liquidazione risulta, quindi, conforme ai criteri fissati dall’art. 51, comma 3, del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, essendo fondata la determinazione del valore venale in comune commercio dell’immobile compravenduto sulla base di una ponderata combinazione della stima comparativa con i valori di immobili similari -i cui dati salienti (ubicazione, metratura, prezzo, data dell’atto) sono stati indicati nell’ avviso sì da consentire l’esercizio del diritto di difesa – ed, altresì, con i dati desunti dal listino pubblicato dall’OMI con riguardo ai beni con analoghe caratteristiche, dati OMI, quindi, non utilizzati quale unico parametro di riferimento; 9.4 atteso che l’avviso risulta sufficientemente motivato con indicazione del criterio astratto e degli elementi valutativi, risulta evidente che parte ricorrente, nella sostanza, finisce per contestare non un vero e proprio difetto di ‘ motivazione ‘ dell’atto impositivo quanto piuttosto la carenza di adeguati elementi di ‘ prova ‘ ai fini della rettifica del valore (aspetto tutt’affatto diverso);
il quarto e il quinto motivo, fra loro connessi, sono privi di fondamento;
10.1. orbene, per le Sezioni Unite di questa Corte la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla, allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 19/06/2018, n. 16159 , che menziona Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; conf.: Cass. Sez. U. nn. 22229, 22230, 22231, del 2016. I medesimi concetti giuridici sono espressi da Cass. Sez. U. 24/03/2017, n. 766; Cass. Sez. U. 09/06/2017, n. 14430 ; Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9557 ). Ancor più di recente, Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, 18/04/2018, n. 9558; Cass. Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) ha avuto
modo di ribadire che «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, in quanto attiene all’e sistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione»;
10.2. deve ritenersi che la sentenza, nel disattendere le censure relative alla illegittimità dell’atto impositivo per carenze motivazionali e per la violazione dei parametri normativi di riferimento, raggiunge il c.d. ‘minimo costituzionale’, dovendosi, d a un lato, leggere le relative statuizioni in combinato disposto con le argomentazioni della pronunzia di primo grado richiamata e, per altro verso, rilevare che tutte le questioni dedotte sono state espressamente o implicitamente disattese in forza di univoche ragioni decisorie. Occorre ribadire che il giudice del merito non deve dar conto di ogni argomento difensivo sviluppato dalla parte, essendo, invece, necessario e sufficiente, in base all’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto e di diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo in tal modo ritenersi disattesi, per implicito, tutti gli argomenti non espressamente esaminati, ma sub valenti rispetto alle ragioni della decisione (cfr., ex multis, Cass., Sez. VI/T, 2 febbraio 2022, n. 3108, che richiama Cass., Sez. II, 25 giugno 2020, n. 12652; Cass., Sez. I, 26 maggio 2016, n. 10937; Cass., Sez. VI, 17 maggio 2013, n. 12123);
11. il sesto motivo non coglie nel segno;
11.1. l’atto impositivo impugnato come detto riporta non solo il riferimento ai valori OMI, ma anche il richiamo di ulteriori elementi concorrenti, gli atti di compravendita utilizzati ai fini comparativi, i cui estremi sono stati richiamati nella motivazione dell’ avviso, sicchè l’ufficio non ha fondato l’atto impositivo su mere ‘presunzioni se mplici’. I giudici di appello hanno, pure, correttamente valorizzato la circostanza che gli atti di compravendita erano stati prodotti nel corso del giudizio potendo si, quindi, ritenere che l’Ufficio avesse così appieno assolto all’onere probatorio che gli competeva , mentre la parte contribuente è stata posta nelle condizioni di esercitare il proprio diritto di difesa, da qui la piena legittimità dell’ atto;
11.2. va ribadito che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione. (Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171 – 01);
11.3. parte ricorrente, di fatto, tende ad avvalorare, con la proposizione di un vizio di violazione di legge, una diversa valutazione dei fatti di causa per come interpretati dalla C.T.R., alla quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del
16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004). In buona sostanza, la ricorrente, pur deducendo apparentemente una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013);
12. sulla scorta RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono il ricorso va, dunque, rigettato;
12.1. le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente grado di giudizio che liquida, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE , nella somma di 5.800,00 oltre spese prenotate a debito; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione