Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32882 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32882 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
IRAP AVVISO DI ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16186/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore e del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dal Prof. Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio legale tributario COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della LIGURIA n. 1515/4/15 depositata il 22/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Alla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (già denominata RAGIONE_SOCIALE in liquidazione), consolidata dalla RAGIONE_SOCIALE, veniva consegnato in data 22/12/2009 un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza dal quale emergevano, per l’anno di imposta 2009, una serie di violazioni tributarie. A
seguito della denuncia di un exdipendente della società nell’ambito di un giudizio civile e della conseguente segnalazione da parte del Tribunale interessato, era emerso che l’amministratore della società aveva organizzato un sistema diretto a sottrarre al fisco una parte delle somme ricavate dalla vendita di appartamenti, mediante la sottoscrizione da parte degli acquirenti di due copie della proposta di acquisto, l’una per un prezzo inferiore, quello dichiarato e fatturato, e l’altra per un prezzo superiore, quello realmente versato.
1.1. La società decideva di adeguarsi alle risultanze del p.v.c. e per questo emetteva una serie di fatture includendo i maggiori ricavi percepiti e verificati dalla Guardia di Finanza. La società contribuente adeguava l’importo previa emissione di fattura anche per la compravendita riguardante l’acquirente RAGIONE_SOCIALE per complessivi euro 160.000,00 ad integrazione del prezzo già versato per l’acquisto di due unità immobiliari.
1.2. Successivamente la RAGIONE_SOCIALE affermava di aver ricevuto una contestazione dalla RAGIONE_SOCIALE che affermava di non aver mai corrisposto la maggior somma di cui alla seconda fattura; per questa ragione la società alienante emetteva una nota di credito nel dicembre del 2010 a storno della precedente fattura.
Nel febbraio del 2012 l’Agenzia delle Entrate, ritenuto ingiustificato lo storno della fattura, notificava alla società l’avviso di accertamento n. TL303T200291/2012 con il quale per l’anno di imposta 2009, e in relazione alla stessa operazione, erano accertati maggiori ricavi non fatturati per euro 160.000,00, con conseguente imposizione ai fini IRAP e sanzioni per infedele presentazione della dichiarazione.
La società proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio riaffermando la legittimità della condotta impositiva. La Commissione tributaria
provinciale di Genova accoglieva il ricorso e annullava l’accertamento con la sentenza n. 88/4/13 del 4/4/2013.
Avverso detta sentenza proponeva appello l’Amministrazione finanziaria. La società contribuente si costituiva chiedendo il rigetto dell’impugnazione. L’adita Commissione tributaria regionale della Liguria accoglieva l’appello e confermava l’atto di accertamento.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione articolando cinque motivi di ricorso ed un ulteriore motivo in via subordinata. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. La società ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis. 1 c.p.c.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 15/11/2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso la società contribuente deduce che la sentenza della Commissione tributaria regionale avrebbe errato nel non rilevare che sulla questione si sarebbe formato un giudicato esterno che varrebbe ad escludere la legittimità dell’accertamento impugnato. In particolare in un giudizio tra le stesse parti e con riguardo al medesimo rapporto negoziale tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, la Commissione tributaria regionale della Liguria avrebbe definitivamente accertato, ai fini della applicazione dell’IVA, l’insussistenza del maggior valore di vendita come dedotto dalla Agenzia delle Entrate.
1.1. Il motivo non può essere accolto, innanzi tutto perché la parte ricorrente non ha provato il passaggio in giudicato della sentenza alla quale attribuisce efficacia di giudicato sui fatti controversi nel presente procedimento. In proposito la società ricorrente ha depositato, in allegato alla memoria ex art. 380-bis. 1 cod. proc. civ., una copia della sentenza invocata della Commissione tributaria regionale della Liguria. Deve, tuttavia, rilevarsi che la copia prodotta è priva della attestazione circa il passaggio in giudicato e
che, in tal senso, è privo di efficacia il messaggio via posta elettronica inviato dalla cancelleria della Corte di giustizia di secondo grado della Liguria secondo la quale non risulta trasmessa istanza di trasmissione del fascicolo. Assume rilievo, infatti, il costante orientamento di questa Corte secondo il quale «nel processo tributario, in mancanza di una previsione specifica sulla certificazione del passaggio in giudicato della sentenza, va applicato per analogia legis , secondo la previsione dell’art. 1 comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, l’art. 124 disp. att. cod. proc. civ. ed è, quindi, necessario che il segretario della Commissione tributaria, provinciale o regionale, certifichi, in calce alla copia della sentenza contenente la relazione della notificazione alla controparte o alla copia della sentenza non notificata che nei termini di legge non è stata proposta impugnazione, con la conseguenza che non può ritenersi equipollente l’attestazione della Commissione tributaria provinciale secondo cui, ad una data posteriore alla scadenza del termine per la proposizione dell’appello di una sua sentenza, non è stata chiesta dalla Commissione tributaria regionale competente la trasmissione del fascicolo di primo grado prevista dall’art. 53, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992» (Cass. 7.9.2010, n. 19135; conformi Cass. 21/10/2015, n. 21366; Cass. 07/02/2019, n. 3621 del 07/02/2019).
1.2. Occorre, altresì, considerare come «affinché il giudicato esterno -per quanto rilevabile d’ufficio – possa far stato in accoglimento della relativa eccezione, la certezza della sua formazione deve essere provata attraverso la produzione della sentenza, completa della motivazione, posta a fondamento dell’eccezione, e recante il relativo attestato di cancelleria di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c., non potendone risultare la portata dal solo dispositivo» (Cass. 29/11/2017, n. 28515).
1.3. La società ricorrente assume, poi, che nel controricorso l’Agenzia delle Entrate non avrebbe contestato l’esistenza del
giudicato e che, al contrario, avrebbe ammesso il giudicato. In senso contrario deve rilevarsi come la difesa erariale nel controricorso riferisca della eccezione di giudicato ma attribuisca alla controparte l’asserzione circa l’efficacia del giudicato, senza farla propria e comunque contestando in radice l’eccezione. Si consideri, poi, che per esentare la parte che invoca il giudicato dal deposito di una sentenza munita della attestazione ai sensi dell’art. 124 cod. proc. civ. non è sufficiente nemmeno la non contestazione del giudicato della controparte ma occorre una esplicita ed espressa ammissione (Cass. 01/03/2018, n. 4803).
1.4. il primo motivo di ricorso deve, allora, essere rigettato.
Con il secondo motivo di ricorso la società contribuente deduce la nullità della sentenza ai sensi degli artt. 1, comma 2, e 36 del d.lgs. 546/1992 , nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.. Secondo la difesa della società della parte ricorrente la sentenza di appello sarebbe nulla perché mancante della esposizione dei fatti di causa e di coerenti e complete ragioni della decisione.
2.1. Il motivo è infondato. Sebbene in via sintetica, la sentenza della Commissione tributaria regionale riferisce dei fatti di causa e, quanto alla motivazione, non si limita a far proprie le ragioni poste dal giudice a fondamento della sua decisione, ma le ripercorre e le valuta in modo autonomo; per questa via la motivazione è sufficiente ad assicurare il minimo costituzionale come individuato dalla giurisprudenza della Corte. Si consideri, in proposito, che «la motivazione della sentenza, con rinvio per relationem a provvedimenti giudiziari resi in altro processo, è ammissibile e rispetta il minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., purché la condivisione della decisione avvenga attraverso un autonomo esame critico dei motivi d’impugnazione, con richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, non potendosi risolvere in una
acritica adesione al provvedimento richiamato» (Cass. 06/07/2022, n. 21443).
Con il terzo motivo di ricorso la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della legge 212/2000 nonché dell’art. 42 d.P.R. 600/1973 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.. La parte ricorrente deduce, in particolare, che la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria sarebbe errata nella parte in cui ha respinto, in via implicita, l’eccezione relativa al preteso difetto di motivazione dell’atto di accertamento.
3.1. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata, nel disattendere la doglianza circa il difetto di motivazione dell’accertamento, non è incorsa in errori in questa sede censurabili. L’accertamento riportava i fatti all’origine della vicenda e le ragioni che, per l’Amministrazione finanziaria, giustificavano la pretesa impositiva. Si consideri, peraltro, che «in tema di avviso di accertamento, la motivazione per relationem con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio» (Cass. 20/12/2018, n. 32957).
Con il quarto motivo di ricorso la difesa della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 2719 e dell’art. 2729 c.c. e dell’art. 39 del d.P.R. 600/1973 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.; la società ricorrente deduce, in sostanza, la violazione delle regole sulla prova e sulle presunzioni, violazione che sarebbe idonea a
inficiare il ragionamento seguito dalla Commissione tributaria regionale e a viziarne la motivazione.
4.1. Il motivo è infondato. La motivazione, sebbene sintetica, riporta le circostanze ritenute dall’Ufficio idonee a fondare la prova del maggior reddito e le considera plausibili, concatenandole logicamente e congruamente per costituire un quadro indiziario caratterizzato da gravità, precisione e concordanza. La motivazione della sentenza richiama in proposito: il sistema generale creato dalla società per sottrarre imponibile come applicato in decine di altre ipotesi, l’esistenza di una copia di un contratto tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE in cui è riportato l’importo maggiore poi sottoposto a tassazione perchè superiore a quello fatturato, l’esistenza di stretti rapporti tra le parti (partecipazione societaria della RAGIONE_SOCIALE per il 20% alla RAGIONE_SOCIALE), l’intervenuto spontaneo adeguamento da parte della società in un primo momento anche per questo contratto con emissione della fattura per l’importo maggiore, l’assenza di elementi decisivi per acclarare la pretesa falsità del contratto siglato per un importo maggiore atteso che la ricostruzione operata dall’ex dipendente della società si era rivelata affidabile per tutti gli altri contratti tanto da provocare l’adesione della società. Non si ravvisa, allora, manifesta illogicità del percorso logico seguito, nè violazione delle regole di diritto sulle presunzioni nella motivazione della Commissione tributaria regionale della Liguria.
4.2. Va, altresì, ricordato che non è consentito alla Corte ripetere il ragionamento probatorio condotto dal giudice di appello per offrire una diversa valutazione nel merito degli elementi probatori ma solo valutare se il ragionamento probatorio sia viziato da parzialità, manifesta inadeguatezza, incongruità logica (Cass. 19/04/2024, n. 10615).
Con il quinto motivo di ricorso la società RAGIONE_SOCIALE deduce nullità della sentenza per omessa pronuncia (violazione
dell’art. 112 c.p.c.) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. perché la sentenza della Commissione tributaria regionale avrebbe omesso di pronunciarsi circa l’applicabilità dell’art. 6 del d.lgs. 472 del 1997 sussistendo in questo caso la buona fede della società nella violazione.
5.1. Il motivo è fondato. La ricorrente ha riproposto, nel giudizio di appello, le sue doglianze circa l’applicazione delle sanzioni assumendo di avere diritto ai benefici concessi dalla norma invocata al contribuente da ritenersi in buona fede. La sentenza non ha pronunciato in alcun modo in ordine al trattamento sanzionatorio e ha trascurato del tutto la specifica doglianza.
La parte ricorrente, in via subordinata, ha proposto un sesto motivo di impugnazione e ha chiesto anche valutarsi la riduzione delle sanzioni irrogate a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 24/09/2015, n. 158 che ha modificato l’art. 1, comma 2, del d.lgs. 18/12/1997, n. 471 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ..
6.1. Il rilievo deve essere accolto. In applicazione del principio del trattamento sanzionatorio più favorevole al contribuente, stabilito dall’art. 3, comma 3, del d.lgs. 18 dicembre 1997 n.472, la sopravvenuta revisione del sistema sanzionatorio tributario introdotta dal decreto legislativo n. 158 del 2015, vigente dal 1 gennaio 2016 a norma dell’art.32 del d.lgs n.158 del 2015, come modificato dall’art.1 comma 133 della legge 28 dicembre 2015 n.208, è applicabile retroattivamente alla condizione, ricorrente nel caso in esame, che il processo sia ancora in corso con la conseguente non definitività della parte sanzionatoria del provvedimento impugnato (conforme Cass. 27/06/2017, n. 15978; Cass. 24/01/2018, n. 1706). La sentenza, che ha omesso del tutto di pronunciarsi circa il trattamento sanzionatorio, non ha fatto applicazione della legge più mite sopravvenuta per ricalcolare le sanzioni.
In conclusione vanno respinti i primi quattro motivi di ricorso e vanno accolti il quinto e il sesto motivo riguardanti la rivalutazione del trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
rigetta il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso; accoglie il quinto e il sesto motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria cui è demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 15 novembre