Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33931 Anno 2019
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33931 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/12/2019
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15791/2015 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO (e , fr-t GLYPH -1c, Battistini INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME E COGNOME*L , At A .: vg -iusta da procura a margine;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 2580/01/17 della Commissione tributaria Regionale di Bari, depositata il 15/12/2014;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 6/11/2019 dal Consigliere NOME COGNOME
udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale della Repubblica Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità e, in subordine, per il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni rassegnate dall’Avv. NOME COGNOME per la ricorrente.
Ritenuto in fatto
Il 10.11.2011 il Comune di Molfetta notificava alla COGNOME un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2006, per una presunta evasione ICI di C. 1.091,38 oltre interessi e sanzioni. Il suddetto avviso si fondava, tra l’altro, sulla omessa denuncia di un’area fabbricabile risultante dai dati catastali.
La contribuente proponeva ricorso avverso tale avviso e la CTR con la sentenza n. 2580/01/2014, in riforma della sentenza di primo grado, rideterminava l’importo dovuto dalla COGNOME in C. 1.750,00 sul presupposto che l’area oggetto del tributo aveva un valore di C. 250.000,00 a fronte di quello indicato dall’ente territoriale di C. 500.000,00 e di quello proposto dalla contribuente con perizia giurata di C. 187.000,00.
Nei confronti della suddetta pronuncia la contribuente propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
4 . Il Comune di Molfetta non si è costituito.
In prossimità dell’udienza la ricorrente ha depositato memoria.
Considerato in diritto
Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 11 d.lgs. n. 504 del 1992 e dell’art. 3 I. n. 212 del 2000 anche in relazione all’art. 7 della CEDU, non avendo la CTR rilevato l’intervenuta prescrizione o, comunque, decadenza biennale o triennale in cui è incorso il Comune di Molfetta al momento dell’emissione dell’avviso impugnato.
La contribuente, in particolare, ritiene che la CTR ha errato a ritenere applicabile, anche per i periodi di imposta pendenti alla data del 1 gennaio 2007 e, quindi, in via retroattiva, il termine quinquiennale introdotto dalla I. n. 296 del 2006.
Con il secondo motivo la COGNOME censura, ex art 360, comma primo, n.3 c.p.c., la sentenza della CTR per avere violato l’art. 11, comma 3, d.lgs. n. 504 del 1992 e, in particolare, il principio del contraddittorio preventivo sancito dall’ad 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non avendo il Comune comunicato l’atto di modifica delle rendite catastali, precludendo in tal modo la sua eventuale impugnazione.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione, ex art 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 7, comma 11, d.lgs. n. 504 del 1992 per avere la CTR ritenuto congruamente motivato l’avviso di accertamento per effetto del richiamo in esso contenuto, quanto al valore di stima assegnato agli immobili, ai criteri contenuti in atti del Comune facilmente reperibili dai contribuenti.
Con il quarto motivo la COGNOME censura, ex art 360, comma primo, n. 3, c.p.c. la sentenza emessa dalla CTR in quanto essa, in violazione degli artt. 7 e 12 I. n. 212 del 2000, non avrebbe rilevato l’omessa motivazione nell’avviso di accertamento circa le ragioni per le quali il Comune aveva ritenuto non congrua la valutazione degli immobili offerta dalla contribuente.
Con il quinto motivo la ricorrente deduce, ex art 360, comma primo, n. 5, c.p.c., l’omessa pronuncia della CTR circa la non congruità della valutazione all’area oggetto di giudizio contenuta nella perizia giurata predisposta dalla stessa ricorrente.
Il primo motivo non è fondato.
Ed invero, l’art.1, comma 161, I. n. 296 del 2006 prevede che «gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente,
anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.
Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni». Il successivo comma 171 stabilisce che «Le norme di cui ai comnni da 161 a 170 si applicano anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge».
Nel caso di specie, per effetto delle norme indicate, l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2006, diversamente da quanto dedotto dalla ricorrente, doveva essere notificato entro il termine di cinque anni; termine che risulta pienamente rispettato avendo la contribuente ricevuto la notifica il 31.10.2011.
Gli ulteriori motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione, non sono fondati.
Con essi la COGNOME lamenta, da un alto, la violazione del principio del contraddittorio preventivo e, dall’altro, l’omessa o, comunque, l’insufficiente motivazione dell’avviso di accertamento circa i criteri seguiti nella valutazione, ai fini ICI, dell’area edificabile di s proprietà.
Con riferimento al primo aspetto della censura, le Sezioni unite (Cass. n. 24823 del 2015) hanno limitato l’ambito di applicabilità dell’art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000 ai soli casi di accessi, ispezioni o verifiche presso il locali del contribuente, e così chiarito che GLYPH «in GLYPH tema GLYPH di GLYPH tributi c.d. GLYPH non armonizzati, GLYPH l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il GLYPH contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, GLYPH sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto
dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribu assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto».
Ne consegue, ad ogni evidenza, che la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di detto principio vedendosi in tema di accertamento riguardante l’ICI in relazione al quale va esclusa la sussistenza di un obbligo generalizzato di contraddittorio.
Con riferimento all’onere di motivazione in capo all’Amministrazione in caso di avvisi di liquidazione ICI, la CTR ha correttamente ritenuto assolto lo stesso in quanto la stima dell’area edificabile della contribuente era oggetto di una delibera comunale che, per la zona in questione, aveva recepito la valutazione di stima affidata ad un esperto. In ragione di quanto sopra nessun obbligo di allegazione all’avviso impugnato aveva l’ente territoriale, in quanto esso si fondava su atti comunali resi pubblici mediante la loro affissione all’Albo comunale e, dunque, conoscibili dalla contribuente.
Sul punto vale, infatti, il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale « In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’obbligo di allegazione all’avviso di accertamento, ai sensi dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, degli atti cui si faccia riferiment nella motivazione riguarda necessariamente, come precisato dall’art. 1 del d.lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, gli atti non conosciuti e non altrimenti conoscibili dal contribuente, ma non gli atti generali come le delibere del consiglio comunale (nella specie, delibera relativa ai criteri di stima dei terreni edificabili) che essendo soggette a
pubblicità legale, si presumono conoscibili» (ex plurimis Cass. n. 9601 del 2012).
La sentenza impugnata, poi, diversamente da quanto eccepito dalla ricorrente, con motivazione ampia ed esente da censure, nell’accogliere parzialmente l’appello proposto, dà conto dei criteri utilizzati per determinare il valore del terreno e, dunque, la base imponibile ai fini ICI dello stesso. In proposito i giudici di merit seppure hanno qualificato l’area in questione come edificabile, hanno rilevato che su di essa vi erano degli impedimenti all’edificabilità non riconducibili al solo contribuente, circostanza questa che si rifletteva sulla valutazione di mercato del terreno e che ha portato il collegio a ritenere non congrua quella compiuta dall’ente comunale e posta a fondamento dell’avviso di accertamento impugnato.
Nulla va disposto in ordine al governo delle spese del giudizio, in assenza di attività difensiva da parte della parte vittoriosa.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unifica pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 06.11.2019
Il Consigliere relatore
GLYPH