Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23100 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23100 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17351/2020 R.G., proposto DA
NOME Angelo, in qualità di titolare dell’impresa individuale corrente in Piraino (ME) sotto l’omonima ditta, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Messina, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche: EMAIL, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Comune di Piraino (ME), in persona del Sindaco pro tempore ;
INTIMATO
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Sicilia -sezione staccata di Messina il 22 marzo 2019, n. 1862/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 luglio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
ICI -IMU ACCERTAMENTO FABBRICATI CENSITI IN CATASTO FIRMA DEL PRESIDENTE SU ULTIMA PAGINA DELLA SENTENZA IMPUGNATA
NOME COGNOME in qualità di titolare dell’impresa individuale corrente in Piraino (ME) sotto l’omonima ditta, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Sicilia -sezione staccata di Messina il 22 marzo 2019, n. 1862/02/2019, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione n. 5508 del 26 agosto 2003 da parte del Comune di Piraino (ME) nei confronti del medesimo per l’omesso versamento dell’ICI relativa all’anno 199 8 per l’importo di € 1.758,66 (con i relativi accessori), in relazione ad immobili ubicati nel medesimo Comune, ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti del Comune di Piraino (ME) avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Messina il 13 gennaio 2009, n. 17/11/2009, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure – che aveva parzialmente accolto il ricorso originario del contribuente nel senso di rideterminare la sola entità delle sanzioni amministrative -sul presupposto che: a) l’atto impositivo era adeguatamente motivato ed era corredato da un prospetto riepilogativo con l’indicazione dei dati rilevanti per il calcolo del tributo; b) i fabbricati erano stati assoggettati a tributo in base alla rendita, dovendosene presumere -in difetto di prova contraria da parte del contribuente -l’ultimazione della costruzione; c) i fabbricati erano stati solo in parte dichiarati.
Il Comune di Piraino (ME) è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per v iolazione dell’art. 36, comma 2, nn. 2), 3) e
4), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di riportare nella redazione della sentenza impugnata le richieste delle parti, la succinta esposizione dei motivi in fatto, oltre che dei motivi aggiunti con la memoria conclusiva, e la contestazione dei fatti dedotti dal contribuente da parte dell’ente impositore .
2.1 Il predetto motivo è infondato.
2.2 L’art. 36, comma 2, nn. 2), 3) e 4), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 la cui formulazione è similare a quella dell’art. 132, secondo comma, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., con il riferimento, rispettivamente, a « le conclusioni del pubblico ministero e quelle delle parti » ed a « la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e in diritto della decisione» – statuisce che la sentenza della commissione tributaria deve contenere, tra l’altro, « la concisa esposizione dello svolgimento del processo », « le richieste delle parti » e la « succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto ».
Inoltre, l’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. – sicuramente applicabile anche al nuovo rito tributario, in forza del generalissimo rinvio materiale alle norme del codice di procedura civile « compatibili » per quanto non disposto da quelle « speciali », operato dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e, quindi, anche alle sue disposizioni di attuazione – statuisce, tra l’altro (primo comma), che « la motivazione della sentenza di cui all’art. 132 numero 4 del codice consiste nell’esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione ».
Le richiamate disposizioni costituiscono attuazione, anche nel processo tributario, del principio costituzionale, secondo cui « tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati »
(art.111, sesto comma, Cost, quale novellato dall’art. 1 della legge cost. 23 novembre 1999, n. 2).
Per il processo civile ordinario, è pacifico che l’omessa trascrizione delle conclusioni delle parti e l’inadeguata esposizione dello svolgimento del processo di per sé non costituiscono motivo di nullità della sentenza, se le omissioni e le carenze espositive non hanno inciso in concreto sul processo decisionale del giudice, determinando una mancata pronunzia sulle domande o eccezioni proposte dalle parti, oppure una motivazione carente o apparente della decisione adottata dal giudice (tra le tante: Cass., Sez. 2^, 27 febbraio 2004, n. 4015; Cass., Sez. 2^, 26 novembre 2015, n. 24156; Cass., Sez. 1^, 18 luglio 2024, n. 19818).
Parallelamente, in forza del generale rinvio materiale alle norme del codice di rito compatibili (e, dunque, anche alle sue disposizioni di attuazione) contenuto nell’art. 1, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, è applicabile al rito tributario il principio desumibile dalle norme di cui agli artt. 132, secondo comma, nn. 3) e 4), cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., secondo il quale la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 22 settembre 2003, n. 13990; Cass., Sez. 6^-5, 18 aprile 2017, n. 9745; Cass., Sez. 5^, 29 ottobre 2021, n. 30829; Cass., Sez. 6^-Trib., 28 ottobre 2022, n. 31898; Cass., Sez. Trib., 6 marzo 2023, n. 6691; Cass, Sez. Trib., 12 novembre 2024, n. 29234).
A ben vedere, la sentenza impugnata contiene in narrativa una sufficiente illustrazione degli antefatti processuali, con un’esauriente sintesi delle rispettive difese, laddove si riporta: « Proponeva appello il contribuente rilevando la carenza di motivazione dell’atto impugnato, deducendo che il calcolo delle somme sarebbe stato effettuato sui valori catastali di appartamenti all’epoca in corso di edificazione e privi ancora di allacci, utenze, collaudi e certificazioni sanitarie, invece che sull’area edifi cabile. Si costituiva in giudizio il Comune di Piraino, rilevando come l’avviso di liquidazione fosse stato emesso sulla base delle verifiche effettuate dall’ente, delle dichiarazioni presentate e dei versamenti eseguiti ».
Il ricorrente lamenta anche l’omessa trascrizione di non meglio precisati ‘ motivi aggiunti ‘ con una memoria conclusiva, che, comunque, se da intendersi come vizi dell’atto impositivo, sarebbero stati inammissibili.
Per il resto, la sentenza impugnata contiene una sintetica, ma sufficiente motivazione della decisione adottata, che vale a raggiungere la soglia del mimino costituzionale.
Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunciarsi sul motivo di appello n. 2), con il quale si censurava una duplicazione di imposta in relazione agli « immobili di cui ai numeri d’ordine 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 , 14 afferiscono alle aree edificabili di cui ai numeri d’ordine 1 e 6 dei prospetti 1 e 2 ».
3.1 Il predetto motivo è inammissibile.
3.2 Invero, per quanto il motivo di appello sia stato integralmente trascritto in ricorso (alle pagine 7 e 8), il mezzo non riporta anche il contenuto dell’avviso di accertamento, che
avrebbe consentito di verificare se l’ente impositore avesse effettivamente liquidato il tributo per l’anno di riferimento sia in relazione all’area edificabile che in relazione alle porzioni del fabbricato edificato sulla stessa. Né tale lacuna è colmata dalla trascrizione in ricorso dei ‘ motivi aggiunti ‘ depositati in appello (alle pagine 9 e 10). Per cui, non è concessa la possibilità di verificare la corrispondenza del contenuto dell’atto impositivo rispetto a quanto asserito dal contribuente, comportando il radicale impedimento di ogni attività nomofilattica, la quale presuppone, appunto, la certa conoscenza del tenore dell’atto impositivo.
Con il terzo motivo, si denuncia v iolazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunciarsi sul motivo di appello n. 3), con il quale si censurava la nullità della sentenza di prime cure per essere stata sottoscritta dal Presidente del collegio giudicante soltanto in calce all’ultima pagina .
4.1 Il predetto motivo è infondato.
4.2 Ora, nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi; pertanto,
non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del ” fatto processuale “, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (tra le tante: Cass., Sez. 2^, 14 ottobre 2021, n. 28072; Cass., Sez. 5^, 4 maggio 2022, n. 14172; Cass., Sez. 3^, 13 giugno 2023, n. 16899; Cass., Sez. 1^, 23 settembre 2024, n. 25386).
4.3 Ad ogni modo, nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di Cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass., Sez. 5^, 28 ottobre 2015, n. 21968; Cass., Sez. 5^, 20 luglio 2016, n. 14878; Cass., Sez. 5^, 28 giugno 2017, n. 16171; Cass., Sez. 5^, 27 aprile 2018, n. 10217; Cass., Sez. 5^, 16 maggio 2019, nn. 13128 e 13136; Cass., Sez. 1^, 17 dicembre 2020, n. 28903; Cass., Sez. 6^-5, 24 maggio 2021, n. 14208; Cass., Sez. 6^5, 19 luglio 2022, n. 22605; Cass., Sez. 3^, 16 giugno 2023, n. 17416; Cass., Sez. Trib., 17 ottobre 2023, n. 28794; Cass., Sez. Trib., 7 marzo 2024, nn. 6128, 6138 e 6186; Cass., Sez. Trib., 4 ottobre 2024, nn. 26047 e 26055; Cass., Sez. Trib., 12 gennaio 2025, n. 791).
4.4 Nella specie, per quanto il testo integrale del motivo di appello sia stato trascritto in ricorso (a pagina 4) secondo il canone di autosufficienza e la mancata sottoscrizione della sentenza appellata comporti la regressione della causa al giudice di primo grado (art. 59, comma 1, lett. e), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), ciò non di meno, non si può ravvisare alcuna causa di nullità della sentenza di primo grado.
Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. 1^, 19 maggio 2006, n. 11860; Cass., Sez. 6^-5, 6 maggio 2014, n. 9728), la mancanza della sottoscrizione o della sigla dell’estensore e del presidente in alcuna delle pagine che compongono la sentenza non integra violazione dell’art. 132, terzo comma, n. 5), cod. proc. civ., il quale richiede la sottoscrizione del giudice come sigillo conclusivo del testo in cui è documentata la decisione, che implica, come è confermato dal secondo comma dell’art. 119 disp. att. cod. proc. civ. (che riflette l’ipotesi in cui il testo originale sia stato formato dal cancelliere) la verifica analitica della corrispondenza del testo scritto, in ogni sua parte, a quello steso dal relatore ed approvato dal presidente; sicché l’autenticità della sentenza sottoscritta dal giudice può essere contestata soltanto con la querela di falso per materiale contraffazione in ipotesi attuata in tempo successivo al deposito in cancelleria a norma dell’art. 133 cod. proc. civ., come nella specie.
Per cui, l’art. 132 cod. proc. civ., nel prevedere la sottoscrizione del giudice, esige che la firma sia apposta in calce alla sentenza, riferendosi tale sottoscrizione all’intero atto e non al solo foglio che la contiene, sicché è irrilevante che il giudice sottoscriva o sigli anche i fogli intermedi (Cass., Sez. 1^, 27
settembre 1997, n. 1404; Cass., Sez. Lav., 23 maggio 2001, n. 7059).
4.5 Ne discende che la sottoscrizione apposta dal presidente del collegio giudicante soltanto in calce alla pagina finale della sentenza non ne comporta alcuna nullità, essendo conforme alla previsione dell’art. 36, comma 3, del d.lgs. 3 dicembre 1992, n. 546.
Con il quarto motivo, si denuncia v iolazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., e violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.; in subordine, violazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ , per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunciarsi sui ‘ motivi aggiunti ‘ con la memoria conclusiva del 20 agosto 2018 al fine di contrastare le difese del l’ente impositore , delle quali egli era venuto a conoscenza soltanto in sede di riassunzione (dopo l’interruzione per decesso del proprio difensore) con la richiesta di differimento dell’udienza di trattazione dell’11 settembre 2018, giacché la sospensione feriale dei termini processuali non consentiva di depositare ulteriori documenti (in replica alle difese dell’ente impositore) fino a 20 giorni prima.
5.1 Il predetto motivo è inammissibile.
5.2 Con la commistione di plurime censure, il ricorrente si duole per l’omesso esame delle argomentazioni illustrate nella memoria conclusiva (riprodotta dalla pagina 8 alla pagina 11 del ricorso, in ossequio al canone di autosufficienza), che non risultano essere state ritualmente dedotte tra i motivi di appello e che reiterano le argomentazioni illustrate nella memoria del 20 agosto 2018.
Nel merito, comunque, le argomentazioni ivi accennate sono state esaustivamente trattate nella motivazione della sentenza impugnata per giustificare il rigetto del gravame, esaurendosi nella sollecitazione ad un controllo sul l’esatt ezza dei presupposti per la liquidazione del tributo sui singoli immobili. Per cui, il mezzo tende, in buona sostanza, ad una revisione del merito e ad una rinnovazione dell’accertamento in fatto, che sono preclusi al giudice di legittimità.
Laddove, il giudice di appello ha diversamente riconosciuto che: « L”avviso di accertamento per omesso versamento’ , analiticamente redatto, nell’elencare i cespiti immobiliari e la relativa rendita catastale, dava altresì atto dell’aliquota applicata e delle detrazioni spettanti per l’abitazione principale. Ad esso risultano allegati un prospetto riepilogativo dei ‘dati accertati’, in riferimento all’anno d’imposta 1999, con accanto il ‘valore effettivo’, attribuito sulla scorta dei dati catastali e delle caratteristiche degli immobili, ai cespiti soggetti a tassazione, » nonché, l’avviso di liquidazione, per ciascuno di questi ultimi analiticamente compilato, con l’importo dovuto, detratto eventualmente, come abbiamo visto, in parziale accoglimento del ricorso del contribuente, in primo grado ridotte, in applicazione dei più favorevoli criteri di cui all’art. 12 del D.Lgs. nr. 472/1997. Risulta, pertanto, adeguatamente assolto l’onere motivazionale incombente sull’ente impositore e l’ iter procedimentale seguito. Nel merito, vale, poi, rilevare come l’avvenuta edificazione dei detti immobili sia stata ritualmente accertata e desunta dall’avvenuta catastazione degli stessi e dalla relativa rendita a questi ultimi attribuita. Sarebbe stato onere del contribuente, nonostante la significativa avvenuta catastazione, semmai positivamente
provare la inabitabilità e/od inagibilità degli stessi, sicché non ancora ultimati »
Peraltro, siffatta motivazione è in piena sintonia con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’obbligo motivazionale dell’avviso di accertamento in materia di ICI (ma le stesse argomentazioni possono valere anche per l’IMU) deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare l’ an e il quantum dell’imposta; in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi e oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2021, n. 1569; Cass., Sez. 6^-5, 3 febbraio 2021, n. 2348; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2021, n. 16681; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. Trib., 18 novembre 2022, n. 34014; Cass., Sez. Trib., 17 ottobre 2023, n. 28758; Cass., Sez. Trib., 31 gennaio 2024, n. 2929; Cass., Sez. Trib., 12 marzo 2024, n. 6501; Cass., Sez. Trib., 4 gennaio 2025, n. 121).
Pertanto, l’indicazione attraverso un prospetto analitico e riassuntivo -dell’identificazione catastale, della superficie rilevante, del valore imponibile, dell’aliquota applicabile e dell’imposta liquidata per ciascun immobile (come è avvenuto nel caso di specie , in base all’accertamento del giudice di
appello) è sufficiente ad assicurare la completezza motivazionale dell’avviso di accertamento in ossequio ai parametri dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (in termini: Cass., Sez. Trib., 4 gennaio 2025, n. 121).
In definitiva, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi l’ inammissibilità/infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.
Nulla deve essere disposto in ordine alla regolamentazione delle spese giudiziali, essendo rimasta intimata la parte vittoriosa.
Ai sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del l’11 luglio