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Avviso di accertamento: firma valida anche se illegittima

Una società ha impugnato un avviso di accertamento sostenendo la nullità della firma, apposta da un dirigente la cui nomina si basava su una legge poi dichiarata incostituzionale. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la validità dell’atto dipende dalla funzione di ‘capo dell’ufficio’ esercitata al momento della firma, e non dalla legittimità del conferimento dell’incarico. La Corte ha così separato la validità dell’atto esterno dal rapporto di impiego interno del funzionario, garantendo la stabilità dell’azione amministrativa.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Avviso di Accertamento: La Firma del “Falso Dirigente” non Invalida l’Atto

Un avviso di accertamento resta valido anche se a firmarlo è un funzionario il cui incarico dirigenziale è stato ottenuto tramite una norma poi dichiarata incostituzionale? A questa domanda ha dato una risposta chiara e definitiva la Corte di Cassazione, con un’ordinanza che consolida un importante principio a tutela della stabilità e della continuità dell’azione amministrativa. La Corte ha distinto nettamente tra la legittimità della nomina del funzionario, che attiene al suo rapporto di lavoro con l’ente, e la validità degli atti che egli firma nell’esercizio delle sue funzioni.

I Fatti del Caso

Una società contribuente si vedeva recapitare un avviso di accertamento per maggiori imposte (Ires, Iva e Irap) relative all’anno 2008. L’Agenzia delle Entrate contestava la contabilizzazione di fatture per operazioni ritenute inesistenti. Dopo aver visto il proprio ricorso dichiarato inammissibile in primo grado e rigettato in appello, la società decideva di ricorrere alla Corte di Cassazione. Il motivo centrale dell’impugnazione era del tutto nuovo e si basava su un evento giuridico sopravvenuto: la sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale.

La Questione Giuridica e la validità dell’avviso di accertamento

Il ricorrente sosteneva che l’avviso di accertamento fosse nullo per un vizio di sottoscrizione. Sia il firmatario dell’atto sia il suo delegante erano stati nominati dirigenti in virtù di una legge (art. 8, comma 24, del d.l. 16/2012) che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 37/2015, aveva dichiarato illegittima. Secondo la tesi della società, venuta meno la legittimità della nomina, veniva meno anche il potere di firmare atti impositivi, con conseguente nullità insanabile dell’avviso.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo il motivo infondato e fornendo una dettagliata spiegazione giuridica. Il ragionamento dei giudici si è concentrato sull’interpretazione dell’articolo 42 del D.P.R. 600/1973, la norma che disciplina i requisiti di validità dell’avviso di accertamento.

La Corte ha chiarito che tale articolo richiede, a pena di nullità, che l’atto sia sottoscritto dal “capo dell’ufficio” o da “altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. La norma, quindi, attribuisce rilevanza alla funzione ricoperta e non alla qualifica dirigenziale in sé. In altre parole, ciò che conta è che il firmatario, al momento dell’emissione dell’atto, fosse legittimamente investito del ruolo di capo dell’ufficio, indipendentemente dal fatto che la sua qualifica formale di ‘dirigente’ derivasse da una procedura successivamente giudicata incostituzionale.

I giudici hanno operato una distinzione fondamentale:
1. Il rapporto di impiego interno: La sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015 ha inciso sulla legittimità del conferimento degli incarichi dirigenziali, e quindi sul rapporto di lavoro tra il funzionario e l’amministrazione pubblica.
2. La validità dell’atto esterno: La sorte degli atti firmati da tali funzionari, invece, non è direttamente influenzata da quella declaratoria di incostituzionalità. La validità degli atti impositivi è regolata da norme specifiche, come l’art. 42 citato, che mirano a garantire la continuità e la stabilità dell’azione fiscale, principi cardine dell’ordinamento tributario (artt. 53 e 97 Cost.).

La Cassazione ha affermato che la pronuncia di incostituzionalità è irrilevante per la soluzione del caso, poiché non può incidere sulla validità degli atti tributari che hanno un oggetto e una disciplina differenti. La funzione di “capo dell’ufficio” è sufficiente a manifestare la volontà dell’ente impositore verso l’esterno, rendendo l’atto valido ed efficace nei confronti del contribuente.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio di diritto consolidato: la validità di un avviso di accertamento non è compromessa dalla successiva declaratoria di incostituzionalità della norma che ha consentito la nomina del funzionario firmatario. Viene così confermata la netta separazione tra le vicende del rapporto di impiego del pubblico funzionario e l’efficacia degli atti amministrativi da lui compiuti. Questa interpretazione rafforza la certezza del diritto nei rapporti tributari, evitando che le vicende interne alla pubblica amministrazione possano travolgere, a distanza di anni, la validità di milioni di atti fiscali.

La firma di un dirigente dell’Agenzia delle Entrate, il cui incarico è stato conferito in base a una norma poi dichiarata incostituzionale, rende nullo un avviso di accertamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la nullità non sussiste. La validità dell’atto dipende dalla funzione di “capo dell’ufficio” o di “impiegato della carriera direttiva delegato”, non dalla legittimità del conferimento dell’incarico dirigenziale.

Qual è il requisito fondamentale per la validità della sottoscrizione di un avviso di accertamento secondo l’art. 42 del d.P.R. n. 600/1973?
L’atto deve essere sottoscritto dal “capo dell’ufficio” o da un “altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. La norma non richiede che tale soggetto possieda anche una qualifica dirigenziale formalmente legittima.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015 ha effetti retroattivi sugli atti firmati dai dirigenti nominati con la norma incostituzionale?
No, non sugli atti di accertamento tributario. La sentenza riguarda il rapporto di impiego interno tra il funzionario e l’amministrazione, ma non incide sulla validità degli atti esterni, come gli avvisi di accertamento, che sono regolati da norme specifiche (l’art. 42 del d.P.R. n. 600/1973) che tutelano la stabilità e la continuità dell’azione amministrativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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