Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18930 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18930 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
Sul ricorso n. 4236-2016, proposto da:
COGNOME NOME (cf. CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato in Roma, al INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale , unitamente all’AVV_NOTAIO, è rappresentato e difeso –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , cf CODICE_FISCALE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato –
Resistente
Avverso la sentenza n. 807/01/2015 della Commissione tributaria regionale della Liguria, depositata il 9.07.2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25 gennaio 2024 dal AVV_NOTAIO,
Rilevato che
S.n.c. -Recesso del secondo socio -Sopraggiunta carenza della pluralità di soci -Verifica alla società Avviso d’accertamento al socio anteriormente receduto -Motivazione per relationem
Nella sentenza impugnata si riferisce che relativamente all’anno d’imposta 200 7 l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , all’esito di una verifica eseguita nel 2011 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, esercente attività di commercio RAGIONE_SOCIALE e al dettaglio di motocicli e di ciclomotori, notificò al COGNOME NOME l’avviso d’accertamento, con cui pretese il pagamento di € 177.126,14 per illegittima detrazione di iva, oltre interessi e sanzioni, queste ultime nella misura di € 243.548,25.
Il COGNOME NOME, che in data 28 dicembre 2007 aveva ceduto la propria quota sociale al germano NOME, amministratore della società, impugnò l’atto impositivo dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Genova, lamentando: a) la sua estraneità alla compagine sociale da oltre quattro anni, che dunque, per il venir meno della pluralità di soci, si era trasformata in una impresa individuale di cui titolare era il solo fratello NOME; b) la mancata notifica nei suoi confronti del processo verbale di constatazione; c) la nullità dell’avviso d’accertamento, motivato per relationem , senza allegazione dei documenti a cui l’atto impositivo rinviava.
Il giudice di primo grado accolse il ricorso con sentenza n. 156/12/2013.
L’appello proposto dall’ufficio dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Liguria fu invece accolto con sentenza n. 807/01/2015. Il giudice regionale ha rappresentato i fatti e le contestazioni elevate alla ‘società’ per operazioni inesistenti, ha rilevato l’uscita dalla compagine sociale dell’odierno ricorrente sin dalla fine del 2007, anno sottoposto a verifica, nonché la prosecuzione dell’attività come ditta individuale da parte del germano NOME (da quanto si evince comunque senza una formale trasformazione del soggetto giuridico operante in forma sociale), ha rilevato che, pur notificato il p.v.c. al COGNOME NOME quale legale rappresentante della società, la pretesa impositiva era indirizzata nei confronti di entrambi i fratelli, illimitatamente responsabili per il pagamento dei debiti sociali; ha quindi rilevato che al COGNOME NOME, pur non destinatario del p.v.c., l’avviso d’accertamento notificato ne riassumeva significativamente il contenuto, illustrandone i passaggi salienti. Ha pertan to ritenuto di accogliere l’appello, reputando salve le garanzie del contraddittorio e difensive del contribuente ed evidenziando che comunque la difesa di questi fosse solo incentrata sulle doglianze relative ai vizi dell’atto impositivo, senza contestare l’inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni registrate dalla società.
Il COGNOME NOME ha censurato la decisione affidandosi a quattro motivi. L’RAGIONE_SOCIALE ha depositato un irrituale ‘atto di costituzione’, al solo fine della partecipazione all’udienza di discussione.
All’esito dell’adunanza camerale del 2 5 gennaio 2024 la causa è stata riservata e decisa.
Considerato che
Con il primo motivo il contribuente ha denunciato la «violazione del contraddittorio ex art. 12 dello Statuto del contribuente. Violazione degli artt. 40, comma 2 d.p.r. n. 600/1973 e 102 c.p.c.» in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3 cod. proc. civ.
Con il secondo motivo ha lamentato la «violazione art. 28, comma 4 d.lgs. 175/2014 e dell’art. 12 Statuto del contribuente», in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.
Con il terzo motivo si è doluto della «violazione dell’obbligo di motivazione dell’accertamento ex art. 10 Statuto del contribuente, art. 42 d.p.r. n. 600/73, art. 56 d.p.r. n. 633/72» in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
I tre motivi possono essere trattati congiuntamente, perché tra loro connessi.
Con le censure il COGNOME ha criticato la pronuncia impugnata perché il giudice d’appello non avrebbe tratto le dovute conseguenze dal dato obiettivo del suo recesso dalla compagine sociale sin dal 2007, con cessione della sua quota al COGNOME NOME, così che nel 2011 -anno della verifica-, a distanza di quattro anni dall’uscita dalla società, non era stato in alcun modo coinvolto nell’attività accertativa , né gli era stato consegnato il processo verbale di constatazione, apprendendo della verifica solo in occasione della notificazione dell’avviso d’accertamento. Pertanto, era stato pretermesso nelle garanzie difensive e in particolare dal rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, ex art. 12, comma 7, della l. 27 luglio 2000, n. 212, non potendo valere nei suoi confronti nessuna ricostruzione giuridica, atta a giustificare l ‘ irrilevanza della violazione del diritto alla difesa. Il contribuente ha peraltro criticato il richiamo operato dal giudice d’appello all’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014, inapplicabile al caso di specie, poiché la struttura sociale, con la cessione della quota dal COGNOME NOME, odierno ricorrente, al COGNOME NOME, rimasto dunque unico socio, era venuta meno
dal 2007 , e dunque ben prima dell’entrata in vigore della disciplina richiamata. La società si era dunque già estinta e, al contrario di quanto accaduto, avrebbe dovuto rendersi necessario il coinvolgimento del ricorrente nella verifica medesima, nel rispetto del contraddittorio con tutti coloro che della società in vita ne erano stati soci. Il giudice regionale avrebbe inoltre erroneamente respinto le critiche mosse dal contribuente sul mancato rispetto dell’obbligo di motivazione dell’accertamento, per mancata allegazione del processo verbale di constatazione e dei suoi allegati, considerato che aveva appreso della verifica solo al momento della notifica nei suoi confronti dell’avviso d’accertamento , senza poter avere contezza degli atti in questo richiamati.
I motivi sono tutti infondati, sebbene occorra in parte correggere la motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 384, quarto comma, cod. proc. civ.
Per escludere il mancato rispetto del contraddittorio il giudice regionale invoca l’art. 28 del d.lgs. 175 del 2014, secondo il quale «Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro RAGIONE_SOCIALE imprese». Da ciò fa discendere la corretta attività accertativa eseguita nei confronti della società, e, deve dedursene, l’efficacia nei riguardi del ricorrente, ancorché uscito dalla società alcuni anni prima della verifica condotta.
Sennonché quella disciplina non poteva trovare applicazione ad una società incorsa in una causa estintiva (il venir meno della pluralità dei soci) che, sebbene mai formalizzata, risaliva comunque ad epoca anteriore alla entrata in vigore della disciplina dettata dal citato art. 28 del d.lgs. n. 175 del 2014. In questo la sentenza impugnata è errata.
Le considerazioni appena svolte non incidono tuttavia sulla statuizione della Commissione regionale.
Ciò perché, sebbene la verifica, risalente al 2011, e l’accertamento risalente al 2012, abbia interessato e attinto ormai una impresa individuale, coincidente con COGNOME NOME, ancora formalmente amministratore della società ma di fatto unico titolare del l’impresa, altrettanto correttamente l’ufficio ha ritenuto che dei debiti sociali relativi all’anno 2007 dovessero
rispondere i soci dell’epoca, e dunque anche il COGNOME NOME, che solo il 28 dicembre 2007 aveva ceduto la propria quota all’altro socio.
Ciò non è neppure astrattamente contestato dalla difesa del ricorrente, che invece lamenta la violazione RAGIONE_SOCIALE regole di difesa e RAGIONE_SOCIALE garanzie del contraddittorio endoprocedimentale.
Sennonché, per un verso al COGNOME risulta ritualmente e tempestivamente notificato un avviso d’accertamento, senza che nei suoi confronti l’Amministrazione finanziaria abbia inteso far valere contestazioni e pretese accertate in altra sede e nei confronti di altri soggetti (sia essa la vec chia società, sia esso l’altro socio) ; per altro verso, le ragioni addotte dalla difesa del ricorrente non possono trovare condivisione, perché con esse non sono stati contestati gli addebiti accertati, ma, come già chiarito, la nullità dell’atto impositivo, per violazione RAGIONE_SOCIALE regole di garanzia e difesa nella fase endoprocedimentale,
Tali critiche si rivelano infondate.
Quanto alla denuncia del mancato coinvol gimento nell’attività di verifica e di consegna del processo verbale di constatazione, la commissione regionale, con la seconda RAGIONE_SOCIALE ragioni d ‘accoglimento dell’appello dell’ufficio, ha affermato che «in ogni caso, nel successivo avviso di accertamento l’Ufficio ha riportato in sintesi le motivazioni della verifica, allegando le pagine 5, 6, 7 e 21 riferite all’attività svolte dalla società, si deve quindi ritenere adempiuto l’obbligo di cui all’art. 7 Statuto del Contribuente». In tal modo il giudice ha deciso secondo i principi più volte espressi sul tema dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il pvc e gli atti cui l’avviso d’accertamento faceva rinvio risultavano riprodotti nei contenuti essenziali, così come previsto dall’ultima parte del secondo comma dell’art. 42, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dall’art. 56, comma 5, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Parimenti infondata è la critica elevata dal contribuente in riferimento al mancato rispetto del contraddittorio. Sul punto, infatti, non ha pregio affermare che al caso di specie non potessero trovare applicazione i principi enunciati in tema di contraddittorio da questa Corte, e in particolare del principio secondo cui in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta
l’invalidità dell’atto, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito (Sez. U, 9 dicembre 2015, n. 24823; Sez. Trib., 11 maggio 2018, n. 11560).
È appena il caso di avvertire come nel caso di specie, ai fini della cd. prova di resistenza, anche le ragioni che il contribuente ha elencato tra quelle da far valere in sede di contraddittorio, si rivelano o del tutto eccentriche, come la cessazione della società o la possibilità di beneficiare di misure premiali, o completamente generiche (opportunità di ricercare atti o documenti utili a contrastare la ricostruzione dell’Ufficio ), atteso che di essi il COGNOME non ne ha menzionato neppure uno.
I primi tre motivi vanno pertanto rigettati.
Con il quarto motivo il COGNOME ha denunciato la «violazione degli artt. 3 472/97 e 5 e 6 d.lgs. 471/1997, nel testo sopravvenuto che ha ridotto la misura RAGIONE_SOCIALE sanzioni», in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Nelle more del procedimento è intervenuto l’art. 15 del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, che ha ridotto la misura minima RAGIONE_SOCIALE sanzioni previste dagli artt. 5, comma 4 e 6, comma 6, del d.lgs. n. 471 del 1997, dal 100% al 90% del minor importo dichiarato e dell’illegittima detrazione dell’iva. Il motivo è infondato perché con esso il contribuente non si è neppure premurato di indicare le ragioni per le quali avrebbe avuto diritto all’applicazione del minimo RAGIONE_SOCIALE sanzioni applicabili alle condotte fiscalmente illegittime contestategli.
In conclusione il ricorso va rigettato. Nulla va disposto in ordine alle spese di causa, stante la mancata rituale costituzione dell’Amministrazione finanziaria.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella
NUMERO_DOCUMENTO AVV_NOTAIO rel. COGNOME
misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il giorno 25 gennaio 2024