Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28933 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28933 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/11/2025
Oggetto: Ires e Iva -accertamento -controllo formale RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni -mancato invio dell’avviso bonario
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29426/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO COGNOME e dall’ AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio del primo difensore in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –
avverso la sentenza n. 8120/17/16 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 7/12/2016.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 16 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME .
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) impugnò dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma la cartella di pagamento con cui l’Ufficio, a seguito di controllo automatizzato ex artt. 36bis del d.P.R. 600/1073 e 54bis del d.P.R. n. 602/1973, aveva recuperato sanzioni e interessi per IRES non versata nonché l’ IVA dovuta per l’anno d’imposta 2010, oltre relativi interessi e sanzioni.
Il Giudice di prime cure accolse il ricorso sul rilievo che la contribuente non era stata messa in condizione di poter verificare se il ruolo dal quale scaturiva la cartella di pagamento impugnata fosse stato o meno sottoscritto dal titolare dell’Ufficio o da un suo delegato, cioè da un soggetto munito di poteri di rappresentanza sostanziale dell’ente impositore e istituzionalmente preposto alla sottoscrizione dei ruoli.
La Commissione tributaria regionale del Lazio respinse il successivo appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, evidenziando che l’atto
impugnato, emesso senza che l’Ufficio avesse previamente attivato il contraddittorio con la contribuente, aveva violato il disposto dell’art. 6, comma 5, della Legge n. 212/2000.
Avverso tale decisione l ‘RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, a cui ha replicato la contribuente con controricorso e ricorso incidentale condizionato per due motivi.
Con ordinanza interlocutoria assunta all’esito dell’adunanza camerale del 28 febbraio 2024 questa Corte, respinta la preliminare eccezione di tardività dell’impugnazione sollevata dalla contribuente, ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’agente della riscossione della Provincia di Roma, RAGIONE_SOCIALE, soggetto che, pur essendo stato parte del giudizio nei due gradi di merito, non risultava aver ricevuto la notifica del ricorso per cassazione.
Considerato che:
1. In via preliminare si osserva che l’evoluzione questa Corte conduce nel caso in esame ad escludere -la decisione interlocutoria cui si è fatto dianzi cenno -integrare il contraddittorio nei confronti dell’agente della riscossione.
La cartella di pagamento che viene qui in rilievo -controllo automatizzato ex artt. 36bis del d.P.R. 600/1073 e 54bis d.P.R. n. 602/1973, e perciò costituente essa stessa atto impositivo -stata pacificamente impugnata dalla contribuente per esclusivamente legate alla regolarità o alla validità degli atti esecutivi.
giurisprudenziale di così superando la necessità di emessa a seguito di del è ragioni non
In controversie di questo tipo, ferma restando la legittimazione passiva, per così dire ‘naturale’, dell’ente impositore siccome titolare del diritto di credito controverso, sussiste altresì una generale legittimazione passiva dell’esattore quale soggetto incaricato della riscossione RAGIONE_SOCIALE somme della cui debenza si controverte. A tale conclusione si giunge sulla base del
disposto dell’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999, a mente del quale « Il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde RAGIONE_SOCIALE conseguenze della lite »: se l’azione del contribuente è svolta direttamente nei confronti dell’ente creditore, il concessionario è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa ; se la medesima azione è svolta nei confronti del concessionario, questi, se non vuole rispondere dell’esito eventualmente sfavorevole della lite, deve chiamare in causa l’ente titolare del diritto di credito. In ogni caso, l’aver il contribuente individuato nell’uno o nell’altro il legittimato passivo nei cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore nell’ipotesi di azione svolta avverso il concessionario, onere che, tuttavia, grava su quest’ultimo, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio.
L’enunciato principio di responsabilità esclude che il giudice debba ordinare ex officio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non sussiste tra ente creditore e concessionario una fattispecie di litisconsorzio necessario, anche in ragione dell’estraneità del contribuente al rapporto (di responsabilità) tra l’esattore e l’ente impositore (Cass, n. 30792 del 2024; nello stesso senso Cass., sez. un., n. 11676 del 2024 che, pur pronunciandosi sulla diversa ipotesi di mancata citazione in appello di una parte che ha partecipato al giudizio di primo grado, ha affermato un principio di portata generale, senz’altro valevole anche nel caso in esame). Nel caso in esame, la mancata evocazione dinanzi a questa Corte dell’agente della riscossione, che pure ha partecipato ad entrambi i gradi del giudizio di merito, non impone, per quanto detto, l’integrazione del contraddittorio.
Con il primo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE deduce la « violazione o falsa applicazione degli artt. 324 c.p.c. in relazione all’art. 2909 c.c., nonché dell’art. 112 c.p.c., in ordine all’art. 360, co. 1 n. 4 c.p.c. ». Secondo la ricorrente, la questione concernente la mancata notificazione dell’avviso bonario, sollevata dalla contribuente nel primo grado di giudizio, era stata respinta dalla Commissione tributaria provinciale, e il relativo capo della sentenza non aveva formato oggetto di appello incidentale da parte della società che, pertanto, aveva prestato acquiescenza a detta statuizione: ne deriverebbe che la sentenza di appello, incentrata esclusivamente sul mancato invio dell’avviso bonario, è stata assunta sia in violazione RAGIONE_SOCIALE regole sul giudicato sostanziale e processuale di cui agli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c., sia in violazione del principio della domanda posto dall’art. 112 c.p.c., avendo essa statuito ultrapetita .
Con il secondo motivo del ricorso principale la ricorrente deduce la « violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis (DPR 600/1973) e 54 bis (DPR 633/1972) in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. ». Secondo l’RAGIONE_SOCIALE fiscale la previa attivazione del contraddittorio non era necessaria in un caso, come quello di specie, in cui la contribuente era pienamente consapevole RAGIONE_SOCIALE violazioni commesse, trattandosi di omesso versamento di importi dalla stessa dichiarati quali dovuti.
Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato la RAGIONE_SOCIALE prospetta l’inammissibilità dell’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado, dolendosi della violazione dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. La ricorrente incidentale lamenta che i motivi di appello, formulati in modo incerto, difettavano del requisito della specificità richiesto dalla norma sopra richiamata, non avendo l’RAGIONE_SOCIALE appellante colto il punto decisivo posto a base della sentenza del primo giudice, ovverosia la mancata
prova di chi avesse sottoscritto il ruolo, punto rispetto al quale le censure svolte dall’Ufficio in sede di appello erano del tutto ininfluenti. 5. Con il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato la RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art . 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per non essere mai stata fornita, neppure nel giudizio di appello, la prova, gravante sull’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di chi avesse sottoscritto il ruolo e se tale soggetto fosse o meno munito dei relativi poteri.
6. La Corte osserva che, in ordine logico, dovrebbe essere esaminato prima il primo motivo del ricorso incidentale e poi quello principale, dal momento che, ove l’appello fosse stato inammissibile e si fosse perciò consolidata la pronuncia di primo grado favorevole alla contribuente, non vi sarebbe necessità di esaminare il ricorso principale.
Ciò nondimeno, il Collegio ritiene di dover invertire l’ordine RAGIONE_SOCIALE questioni, esaminando per primo il ricorso principale. Deve infatti richiamarsi l’insegnamento RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte (sentenza 25 marzo 2013, n. 7381) in base al quale il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito, ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte; ne consegue che, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (nello stesso senso, in tempi più recenti, anche Cass. n. 25694 del 2024).
Nel caso di specie, poiché nel giudizio di merito la RAGIONE_SOCIALE è risultata totalmente vittoriosa, il suo ricorso va senz’altro qualificato
come ricorso incidentale condizionato, del resto conformemente alla qualificazione che del proprio ricorso ha fatto la stessa società.
Il primo motivo del ricorso principale è fondato e va accolto, con conseguente assorbimento del secondo.
7.1. Nel ricorso proposto in primo grado dalla società contribuente veniva tra l’altro dedotta, come sesto motivo di impugnazione dell’atto impositivo, la nullità della rettifica operata dall’Ufficio per «violazione dell’art. 6 Legge n. 212/2000, dell’art. 36/bis del DPR n. 600/73, art. 54/bis del DPR n. 633/72». Nel richiamare le citate disposizioni normative, poste tra loro in un rapporto di genere a specie nella prospettazione della contribuente, quest’ultima lamentava, in sostanza, la mancata comunicazione dell’esito del controllo automatizzato.
La Commissione tributaria provinciale si pronunciava sul punto escludendo qualsiasi violazione dei principi in tema di contraddittorio preventivo: rilevava, in particolare, che nella specie l’iscrizione a ruolo era avvenuta all’esito di un controllo meramente cartolare e che l’eventuale omissione dell’avviso bonario, che in casi siffatti ha il solo scopo di evitare al contribuente la reiterazione di errori e di consentirgli la regolarizzazione di aspetti formali, non incide sull’esercizio del diritto di difesa e non determina alcuna nullità.
7.2. È certo vero, come sottolineato dalla controricorrente, che il primo giudice aveva fatto esclusivo riferimento, escludendone la violazione, agli artt. 36bis del d.P.R. n. 600/1973 e 54bis del d.P.R. n. 633/1972, senza mai citare espressamente l ‘art. 6 RAGIONE_SOCIALE Legge n. 212/2000; ma ciò non esclude che la sua statuizione abbia risposto in termini generali alla doglianza della contribuente attinente, come detto, alla mancata comunicazione dell’esito del controllo: omissione che, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE peculiarità del controllo meramente ‘cartolare’ di cui ai citati artt. 36-
bis e 54bis , è stata ritenuta dal primo giudice inidonea a inficiare la validità della cartella di pagamento.
Né può obliterarsi che, nel respingere la doglianza, la Commissione tributaria provinciale aveva comunque richiamato conforme giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 15311 del 2014) che aveva preso posizione anche in ordine al contenuto precettivo dell’art. 6 della Legge n. 212/2000, riconoscendo che questa norma non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma soltanto ‘ qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione ‘ , situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati direttamente riportati in dichiarazione, senza riscontro documentale esterno e margini di tipo interpretativo.
7.3. Può allora affermarsi che sulla questione concernente la nullità della cartella di pagamento per omessa comunicazione dell’esito del controllo il Giudice di primo grado si era espresso, ritenendo infondata la relativa censura, con una statuizione che la società contribuente, risultata poi vittoriosa in quel grado di giudizio, avrebbe avuto l’onere di appellare mediante proposizione di impugnazione incidentale, pena la formazione di giudicato interno sul punto.
Va infatti rammentato il costante indirizzo di questo Corte secondo cui nel processo tributario, la parte, totalmente vittoriosa nel merito, rimasta soccombente su una determinata questione, onde evitare la formazione del giudicato interno, deve necessariamente proporre impugnazione incidentale sul punto, non essendo sufficiente la mera riproposizione della questione in appello, ai sensi dell’art. 56 del d.lgs. n. 546 del 1992, poiché la dizione “non accolte” ivi utilizzata riguarda le sole domande ed eccezioni su cui il giudice non si sia espressamente
pronunciato (Cass. n. 16477 del 2016; negli stessi termini Cass. n. 23228 del 2015).
7.4. Nel caso in esame è pacifico che la RAGIONE_SOCIALE non abbia proposto appello incidentale sicché al Giudice d’appello era precluso pronunciarsi sulla questione RAGIONE_SOCIALE conseguenze del mancato invio dell’avviso bonario, non essendo stata tale questione, già risolta espressamente in primo grado, regolarmente devoluta alla sua cognizione.
Il primo motivo del ricorso incidentale condizionato è per un verso inammissibile, e per altro verso infondato.
8.1. Esso è, in primo luogo, inammissibile.
Sebbene la RAGIONE_SOCIALE abbia dedotto la violazione dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., dall’esame del motivo emerge che il vero oggetto di lagnanza della ricorrente incidentale è costituito non tanto dalla genericità dei motivi di appello e dalla conseguente inammissibilità RAGIONE_SOCIALE stesso, quanto piuttosto dall’asserita infondatezza dell’appello, con il quale l’RAGIONE_SOCIALE impugnante non sarebbe riuscita a scalfire la statuizione posta dal primo giudice a fondamento della sentenza impugnata. In altri termini, i motivi di appello non sarebbero stati idonei a superare il punto decisivo della controversia, rappresentato dalla mancata dimostrazione dell’avvenuta sottoscrizione del ruolo da parte di soggetto munito dei necessari poteri rappresentativi.
È allora chiaro che la doglianza, ancorché riferita alla previsione di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., non censura alcun vizio procedurale, ed è dunque inammissibile.
8.2. Il motivo, anche a volerlo ritenere ammissibile interpretandolo come censura di un vizio del procedimento, sarebbe stato comunque infondato.
A fronte della statuizione della sentenza di primo grado, che aveva annullato la cartella di pagamento impugnata per non essere stato provato se la stessa fosse stata o meno sottoscritta da persona munita dei relativi poteri rappresentativi, ciò che per il primo giudice violava anche il disposto dell’art. 36, comma 4ter , del decreto-legge n. 248 del 2007, l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello deducendo che: 1) la disposizione normativa richiamata dalla Commissione tributaria provinciale era stata pienamente rispettata, essendo stato chiaramente indicato il nome del funzionario responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo; 2) il ruolo era stato validato e reso esecutivo dal direttore provinciale, ciò che implicava la sottoscrizione del ruolo giusta quanto previsto dall’art. 1, comma 5ter , lett. e), della Legge n. 156 del 2005; 3) la mancata sottoscrizione del ruolo era comunque circostanza inidonea a dar luogo all’annullamento della cartella impugnata, stante il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che tende a far salva la cartella di pagamento allorché, pur in mancanza di sottoscrizione del funzionario competente, l’atto sia inequivocabilmente riferibile, come verificatosi nella specie, all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo.
È del tutto evidente, dunque, che, a prescindere dalla loro fondatezza, i motivi di appello formulati dall’RAGIONE_SOCIALE, puntualmente diretti a contrastare le argomentazioni poste a sostegno della sentenza appellata, fossero pienamente rispettosi del requisito di specificità posto dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992.
9. Quanto al suo secondo motivo, il ricorso incidentale condizionato, con il quale la contribuente ha riproposto uno dei motivi di impugnazione della cartella già dedotti nel giudizio di merito ma non esaminati dal giudice d’appello (mancata prova della sottoscrizione del ruolo ad opera di funzionario munito dei relativi poteri di firma) è invece inammissibile in quanto proposto dalla parte completamente vittoriosa
nel giudizio di appello, fatta salva la facoltà della stessa parte di riproporre la relativa questione nel giudizio di rinvio. Come già chiarito da questa Corte, invero, «il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza (non ricorrendo altrimenti l’interesse processuale a proporre ricorso per cassazione), cosicché è inammissibile il ricorso incidentale con il quale la parte, che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello, risollevi questioni non decise dal giudice di merito, perché non esaminate o ritenute assorbite, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza» (Cass. n. 23548 del 2012; in termini Cass. n. 12475 del 2014 nonché Cass. n. 11270 del 2020).
10. In conclusione, il ricorso principale va accolto, quanto al primo motivo, assorbito il secondo; il ricorso incidentale condizionato va dichiarato inammissibile; va quindi cassata l’impugnata sentenza e rinviato, anche per la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo; dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale condizionato del contributo unificato previsto per
il ricorso incidentale a norma dell’art. 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2025
Il Presidente
NOME COGNOME