Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12537 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12537 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/05/2025
RAGIONE_SOCIALE ristretta base-Avviso nei confronti del socio Motivazione per relationem
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24021/2021 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t ., domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 655/2021 depositata in data 18/02/2021, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 marzo 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME era destinatario di tre avvisi di accertamento a fini Irpef per gli anni di imposta 2013, 2014 e 2015, con cui gli erano attribuiti, pro quota , i maggiori redditi accertati nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, di cui egli era socio al 45 per cento, in considerazione della ristretta base sociale.
La Commissione tributaria provinciale (CTP) di Pavia accoglieva il ricorso e annullava gli avvisi.
La Commissione tributaria regionale (CTR) della Lombardia accoglieva l’appello erariale; in particolare evidenziava che gli avvisi erano stati notificati alla società, cancellata in data 20/09/2016, nella vigenza dell’art. 28 d.lgs. n. 175/2014 , che prevede l’efficacia degli atti nei confronti della società cancellata per cinque anni dopo l ‘ estinzione; in particolare gli avvisi erano stati notificati al liquidatore, non essendo stato rinvenuto nel domicilio originariamente eletto, presso la casa comunale; evidenziava ancora che gli avvisi erano sufficientemente motivati, che la mancata allegazione degli avvisi nei confronti della società non violava l’art. 7 , comma 1, della legge n. 212 del 2000, che non prevede una sanzione di nullità, e che l’obbligo non sussiste ove l’atto prodromico sia conosciuto o conoscibile dal contribuente come verosimile nel contenzioso in esame; in caso di ristretta base opera la presunzione della distribuzione degli utili accertati nei confronti della società, fatta salva la prova contraria che i maggiori ricavi siano stati accantonati o reinvestiti, il che non viola il divieto di presunzione di secondo grado.
Il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui l ‘Agenzia dell e entrate resiste con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 18 marzo 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, proposto in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175 del 2014, dell’art. 60, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973 e degli artt. 137, 139, 140 e 145 c.p.c., deducendo il ricorrente che non possa considerarsi valida la notifica dell’avviso di accertamento nei confronti della società , effettuata, due anni dopo la sua cancellazione e cinque dopo la sua messa in liquidazione, con il rito degli irreperibili al liquidatore ma presso la ormai inesistente sede sociale.
Con il secondo motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132 c.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. , censurando l’apparenza della motivazione con cui la CTR ha ritenuto congruamente motivato l’avviso di accertamento.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., si deduce violazione dell’art. 42, commi 2 e 3, d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione alla nullità degli avvisi per omessa allegazione di atti richiamati in motivazione di cui non sia riprodotto il contenuto essenziale e che non siano conosciuti né conoscibili dal socio, alla luce della cancellazione della società.
Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art.3 60, primo comma, n. 3 c.p.c., si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 38 e 42 d.P.R. n. 600 del 1973, 44, comma 1, lett. c) e 47 t.u.i.r., e l’errata applicazione del principio dell’onere della prova , in quanto il contribuente avrebbe potuto liberarsi anche dimostrando l’avvenuta estraneità alla gestione societaria, poichè nel caso di specie, negli anni oggetto di accertamento, la società era in liquidazione.
Deve preliminarmente rigettarsi il secondo motivo, con cui la sentenza è censurata in termini di nullità per motivazione apparente.
Alla luce delle coordinate ermeneutiche di Cass. Sez. U. n. 8053/2014 tale vizio sussiste solo ove la motivazione manchi del tutto o si caratterizzi per la mera parvenza, non garantendo il cd. minimo costituzionale, il che nel caso di specie non sussiste in quanto la motivazione esiste graficamente e ne risulta pienamente evincibile la ratio decidendi .
Il primo e il terzo motivo devono essere esaminati congiuntamente e sono invece fondati.
In tema di cancellazione della società dal registro delle imprese, il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione, previsto dall’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014 – disposizione di natura sostanziale, operante solo nei confronti dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati, con riguardo a tributi o contributi – implica che il liquidatore conservi tutti i poteri di rappresentanza della società sul piano sostanziale e processuale, con la conseguenza che egli è legittimato non soltanto a ricevere le notificazioni degli atti impositivi, ma anche ad opporsi ad essi, conferendo mandato alle liti, mentre sono privi di legittimazione i soci, poiché gli effetti previsti dall’art. 2495, secondo comma, c.c. sono posticipati anche ai fini dell’efficacia e validità degli atti del contenzioso (Cass. n. 36892/2022; Cass. n. 18310/2023).
Cass. n. 21126/2020 ha altresì statuito che in materia di accertamento tributario di un maggior reddito nei confronti di una società di capitali, organizzata nella forma della società a responsabilità limitata ed avente ristretta base partecipativa, e di accertamento conseguenziale nei confronti dei soci, l’obbligo di motivazione degli atti impositivi notificati ai soci è soddisfatto anche mediante rinvio per relationem alla motivazione dell’avviso di accertamento riguardante i
maggiori redditi percepiti dalla società, ancorché solo a quest’ultima notificato, giacché il socio, ex art. 2476 c.c., ha il potere di consultare la documentazione relativa alla società e, quindi, di prendere visione dell’accertamento presupposto e dei suoi documenti giustificativi.
Si è precisato che tale presunzione di conoscenza venga meno ove, tra l’anno d’imposta sottoposto ad accertamento ed il momento della notificazione alla società dell’atto impositivo, il socio sia receduto dalla compagine sociale, e che quindi sia nullo l’avviso di accertamento a lui notificato per i maggiori redditi di capitale presuntivamente distribuiti, quando esso, rinviando per relationem alla motivazione dell’avviso di accertamento notificato alla società, manchi dell’allegazione della documentazione citata o della riproduzione dei suoi contenuti essenziali (Cass. n. 4239/2022; Cass. n. 16968/2024).
In questo caso è oltremodo evidente che di per sé la notifica alla sola società non renda l’avviso allo stesso opponibile, potendo egli quindi contestare, allorché gli venga notificato l’ulteriore avviso contenente l’imputazione della quota di utili extracontabili, anche la stessa base imponibile determinata dall’Agenzia, senz’essere vincolato dall’eventuale definitività dell’atto, che allora riguarda solo la società stessa o i destinatari della notifica dell’atto primigenio. Per poter procedere alla contestazione in parola, il socio deve ricevere un atto che contenga di necessità tutti quegli elementi che riguardano la ricostruzione tanto dell’ an che del quantum della pretesa tributaria, in difetto essendo leso il suo diritto alla difesa e quindi nullo l’avviso di accertamento spiccato nei suoi confronti. In particolare, il mero rinvio per relationem o l’incompletezza della documentazione o dei dati riportati nell’avviso societario non possono essere rimediati attraverso l’esercizio dei poteri di cui all’art . 2476 c.c., che infatti non spettano più al cessato socio.
Tale principio appare applicabile anche al caso di specie non potendo operare la presunzione di conoscenza (declinata dalla CTR in termini di «verosimiglianza») dell’avviso societario da parte del socio dopo la cessazione della società e sulla base di una notifica dell’avviso di accertamento effettuata al liquidatore della stessa col rito degli irreperibili in quanto effettuata non nel domicilio del medesimo ma presso la ormai cessata sede societaria.
Ciò comporta l’accoglimento del primo e del terzo motivo del ricorso.
Il quarto motivo, relativo al merito della pretesa, con cui il ricorrente assume che egli avrebbe potuto liberarsi anche dimostrando l’avvenuta estraneità alla gestione societaria , è assorbito dall’accoglimento dei motivi relativi al vizio di motivazione dell’avviso , aventi natura preliminare.
L’accoglimento del primo e terzo motivo, laddove censurano una non corretta valutazione della motivazione per relationem dell’avviso opposto, determina la cassazione dell’originaria sentenza ; non sussistendo la necessità di ulteriori accertamenti in fatto, la causa può quindi essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente.
A tale decisione segue la compensazione delle spese dei giudizi di merito e la condanna dell’ Agenzia delle entrate a pagare le spese di lite del giudizio di legittimità in favore del ricorrente, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
accoglie il primo e il terzo motivo del ricorso, rigettato il secondo e assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente; compensa le spese dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio
di legittimità, spese che liquida in euro 2.300,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie al 15% sui compensi. Così deciso in Roma il 18 marzo 2025.