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Avviso accertamento per relationem: quando è valido?

Una società ha impugnato un avviso di accertamento per recupero IVA, basato su un PVC che a sua volta richiamava altri atti non allegati. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la validità di un avviso di accertamento per relationem, a condizione che il contribuente sia messo in grado di comprendere le ragioni della pretesa. La Corte ha inoltre chiarito che il giudice d’appello, salvo casi eccezionali, deve decidere la causa nel merito e non rinviarla al primo grado.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Avviso di Accertamento per Relationem: la Cassazione ne Conferma la Legittimità

L’avviso di accertamento per relationem rappresenta uno degli strumenti più discussi nel diritto tributario. Si tratta di un atto con cui l’Amministrazione Finanziaria motiva una pretesa fiscale facendo riferimento a documenti esterni non allegati. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione torna sul tema, delineando i confini di legittimità di tale pratica e chiarendo importanti principi processuali.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata riceveva un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava l’IVA indebitamente detratta per l’annualità 1999. L’atto si basava su un Processo Verbale di Constatazione (PVC) che contestava alla società l’esistenza di fatturazioni per operazioni inesistenti. La contribuente impugnava l’atto, sostenendo, tra le altre cose, di aver regolarizzato la propria posizione aderendo a una definizione automatica per gli anni dal 1997 al 2001.

Mentre la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione, confermando la validità dell’avviso di accertamento. La questione giungeva così dinanzi alla Corte di Cassazione, con la società che affidava il proprio ricorso a tre distinti motivi.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato e respinto tutti i motivi di ricorso, fornendo chiarimenti fondamentali su tre aspetti cruciali del contenzioso tributario.

Il Primo Motivo: la validità dell’avviso di accertamento per relationem

La società lamentava la violazione dell’obbligo di motivazione, poiché l’avviso di accertamento e il PVC richiamavano processi verbali redatti nei confronti di altre società senza allegarli. La Cassazione ha ritenuto il motivo infondato. Ha ribadito il principio secondo cui la motivazione per relationem è pienamente legittima. Non è necessario che l’atto richiamato sia materialmente allegato, a condizione che l’avviso ne riproduca il “contenuto essenziale”. Ciò significa che devono essere esplicitate le parti del documento esterno (oggetto, contenuto, destinatari) necessarie a sostenere la pretesa fiscale. Questo permette al contribuente e al giudice di comprendere e verificare le ragioni dell’atto. L’onere dell’Ufficio è quello di “mettere in grado il contribuente di conoscere le ragioni della pretesa”, e ciò può avvenire anche con una doppia motivazione per relationem, cioè quando il PVC richiamato fa a sua volta riferimento a documenti già in possesso o facilmente conoscibili dal contribuente.

Il Secondo Motivo: il Ruolo del Giudice d’Appello

Il ricorrente sosteneva che la Commissione Tributaria Regionale, avendo constatato l’errore del giudice di primo grado sulla questione della definizione agevolata, avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice. Anche questo motivo è stato respinto. La Corte ha precisato che la rimessione al primo grado è un’ipotesi eccezionale, prevista solo per casi tassativi (art. 59, D.Lgs. 546/1992). Al di fuori di queste ipotesi, il giudizio d’appello ha carattere sostitutivo: il giudice di secondo grado, se accoglie l’appello, è tenuto a decidere la causa nel merito, senza che ciò violi il principio del doppio grado di giurisdizione.

Il Terzo Motivo: il Requisito del “Minimo Costituzionale” della Motivazione

Infine, la società contestava un vizio di motivazione della sentenza d’appello, ritenuta carente al punto da non rendere comprensibile il percorso logico seguito dai giudici. La Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile, spiegando che, a seguito della riforma dell’art. 360, n. 5, c.p.c., il sindacato di legittimità sulla motivazione è limitato alla verifica del rispetto del “minimo costituzionale”. Una sentenza è nulla solo se la sua motivazione è totalmente mancante, meramente apparente, o basata su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti. Nel caso di specie, la sentenza d’appello presentava una trama argomentativa idonea e sufficiente a sorreggere la decisione.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale volto a bilanciare l’efficienza dell’azione amministrativa con il diritto di difesa del contribuente. L’obbligo di motivazione non è un mero formalismo, ma uno strumento essenziale per garantire la trasparenza e la possibilità di contestare efficacemente gli atti impositivi. Tuttavia, questo obbligo può essere assolto in modo flessibile, purché il risultato – la piena conoscibilità delle ragioni della pretesa – sia garantito. Allo stesso modo, i principi processuali sono interpretati in modo da assicurare la ragionevole durata del processo, evitando rinvii non strettamente necessari e valorizzando la funzione sostitutiva del giudizio d’appello.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce che un avviso di accertamento motivato per relationem è legittimo se espone chiaramente gli elementi essenziali degli atti richiamati, anche se non allegati, specialmente se questi sono già noti al contribuente. La decisione conferma inoltre che il processo tributario d’appello è deputato, di regola, a decidere la controversia nel merito. Per le aziende e i professionisti, questa pronuncia sottolinea l’importanza di analizzare non solo l’atto ricevuto, ma anche tutti i documenti in esso citati, per costruire una difesa completa ed efficace.

Un avviso di accertamento è valido se non allega i documenti su cui si basa?
Sì, è valido a condizione che l’avviso riproduca il contenuto essenziale dei documenti richiamati, in modo da permettere al contribuente di comprendere pienamente le ragioni della pretesa fiscale e di esercitare il proprio diritto di difesa.

Il giudice d’appello tributario, se ritiene sbagliata la sentenza di primo grado, deve sempre decidere la causa nel merito?
Sì, di regola deve decidere la causa nel merito. La rimessione al giudice di primo grado è prevista solo per un elenco tassativo di casi eccezionali e non può essere applicata al di fuori di tali ipotesi.

Cosa significa che la motivazione di una sentenza deve rispettare il “minimo costituzionale”?
Significa che la motivazione non può essere totalmente mancante, meramente apparente o fondata su un contrasto logico insanabile. Deve esistere un percorso argomentativo, seppur sintetico, che renda comprensibile la decisione del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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