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Avviso accertamento per relationem: quando è valido?

Una contribuente ha impugnato un avviso di accertamento basato ‘per relationem’ su un verbale della Guardia di Finanza non prodotto in giudizio. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando la legittimità di un avviso di accertamento per relationem. La Corte ha chiarito che spetta al contribuente l’onere di contestare specificamente i fatti e le motivazioni riportate nell’atto, anche se derivanti dal documento esterno. La mancata contestazione specifica rende i fatti pacifici, sanando la mancata produzione del documento richiamato.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Avviso di accertamento per relationem: quando è valido?

Ricevere un avviso di accertamento fiscale è una delle esperienze più stressanti per un contribuente. Un aspetto cruciale di questi atti è la loro motivazione, che deve permettere al destinatario di comprendere le ragioni della pretesa fiscale e di difendersi adeguatamente. Ma cosa succede quando la motivazione rinvia a un altro documento, come un verbale della Guardia di Finanza? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla validità dell’avviso di accertamento per relationem e sugli oneri che gravano sul contribuente che intende contestarlo.

I Fatti del Caso: Un Accertamento Basato su un Atto Esterno

Una contribuente riceveva un avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA relativo all’anno d’imposta 2008. L’atto si basava interamente, per quanto riguarda le motivazioni, su un processo verbale di constatazione (p.v.c.) redatto dalla Guardia di Finanza. Tale verbale, tuttavia, non era stato né allegato all’avviso di accertamento né prodotto in giudizio dall’Agenzia delle Entrate.

La contribuente decideva di impugnare l’atto, sostenendo, tra le altre cose, la nullità della motivazione proprio perché l’Agenzia si era limitata a recepire acriticamente le conclusioni del p.v.c., senza una propria valutazione autonoma, e perché la mancata produzione del verbale in giudizio ledeva il suo diritto di difesa e impediva al giudice di verificare la fondatezza della pretesa. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale respingevano il ricorso, ritenendo che la conoscenza pregressa del p.v.c. da parte della contribuente fosse sufficiente a garantire la validità dell’atto. La questione giungeva così dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili tutti i motivi di ricorso presentati dalla contribuente, confermando la legittimità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria e delle sentenze dei giudici di merito. La decisione si fonda su principi consolidati in materia di motivazione degli atti tributari e di onere della prova nel processo.

Le Motivazioni: L’analisi dell’avviso di accertamento per relationem

La Corte ha smontato le argomentazioni della ricorrente attraverso un’analisi approfondita dei diversi profili di doglianza, offrendo chiarimenti fondamentali sulla gestione di un avviso di accertamento per relationem.

Validità della Motivazione “per relationem”

In primo luogo, la Cassazione ribadisce un principio pacifico: la motivazione per relationem è pienamente legittima. L’Amministrazione Finanziaria può motivare un avviso di accertamento rinviando alle conclusioni contenute in un altro atto, come un p.v.c., senza che ciò violi il diritto di difesa del contribuente. Questa prassi, spiegano i giudici, risponde a un’esigenza di economia procedurale, specialmente quando l’atto richiamato è già noto al destinatario. Il punto non è se l’Agenzia possa rinviare a un atto esterno, ma se, attraverso tale rinvio, la motivazione risulti complessivamente adeguata e comprensibile. Spetta al contribuente, in sede di ricorso, indicare specificamente le cause dell’eventuale inadeguatezza o insufficienza della motivazione, non potendosi limitare a una critica generica.

L’Onere di Produzione del PVC e il Principio di Non Contestazione

Il secondo punto, forse il più rilevante, riguarda la mancata produzione in giudizio del p.v.c. La Corte chiarisce che il p.v.c. non è un presupposto di ammissibilità del ricorso, ma un mezzo di prova. La sua produzione è rimessa all’onere dispositivo delle parti.

Qui entra in gioco il principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.), applicabile anche al processo tributario. Se l’avviso di accertamento riporta determinati fatti (derivanti dal p.v.c.) e il contribuente nel suo ricorso non li contesta specificamente, tali fatti si considerano pacifici e provati. In questo scenario, la mancata produzione del p.v.c. diventa irrilevante, perché la prova è già formata sulla base della non contestazione. Il contribuente, quindi, non può rimanere passivo, lamentando solo la mancata allegazione del documento, ma deve prendere posizione attiva sui fatti che l’Amministrazione gli addebita.

Specificità dei Motivi di Ricorso

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibili anche gli altri motivi relativi alla deducibilità dei costi e alla tassazione dei buoni pasto. In entrambi i casi, la ricorrente non aveva centrato il punto. Invece di contestare nel merito le ragioni dell’indeducibilità (es. la non inerenza dei costi) o di denunciare il corretto vizio processuale (l’omessa pronuncia del giudice d’appello), si era limitata a lamentarsi della genericità della motivazione per relationem. Questo, secondo la Cassazione, dimostra una carenza del requisito di specificità dei motivi di ricorso, che devono confrontarsi puntualmente con la ratio decidendi della sentenza impugnata e con i fatti di causa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per il Contribuente

Questa ordinanza offre una lezione importante per chi si trova a dover impugnare un avviso di accertamento per relationem. Non è sufficiente contestare il metodo (il rinvio a un atto esterno), ma è necessario entrare nel merito della pretesa. Il contribuente deve:

1. Analizzare attentamente le ragioni esposte nell’avviso, anche se mutuate da un p.v.c. o altro documento.
2. Contestare specificamente i singoli fatti, le valutazioni e le qualificazioni giuridiche su cui si fonda l’accertamento.
3. Evitare censure generiche sulla motivazione, ma dimostrare, se del caso, perché quella specifica motivazione è incomprensibile o insufficiente a sostenere la pretesa fiscale.

In definitiva, la difesa del contribuente deve essere proattiva e puntuale. Trincerarsi dietro la mancata allegazione di un documento già noto si rivela una strategia processuale perdente, poiché il principio di non contestazione può supplire efficacemente alla carenza documentale dell’Amministrazione Finanziaria.

Un avviso di accertamento che si basa su un verbale della Guardia di Finanza (p.v.c.) è valido se il verbale non viene allegato all’atto stesso?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che la motivazione ‘per relationem’ è legittima. L’omessa allegazione di un atto già noto al contribuente, come il p.v.c. notificatogli in precedenza, non invalida di per sé l’avviso di accertamento, purché la motivazione nel suo complesso consenta di comprendere le ragioni della pretesa.

Se l’Agenzia delle Entrate non produce in giudizio il p.v.c. richiamato nell’avviso, l’accertamento è nullo per carenza di prova?
Non necessariamente. Il p.v.c. è un mezzo di prova, e la sua mancata produzione non determina automaticamente una carenza probatoria a carico dell’Agenzia. Se il contribuente, nel suo ricorso, non contesta specificamente i fatti che l’Amministrazione ha posto a fondamento dell’avviso (e che sono tratti dal p.v.c.), tali fatti si considerano non contestati e, quindi, provati ai sensi dell’art. 115 c.p.c.

Cosa deve fare il contribuente per contestare efficacemente un avviso di accertamento per relationem?
Il contribuente non può limitarsi a una critica generica del metodo della motivazione per rinvio. Deve, invece, contestare in modo specifico l’adeguatezza delle ragioni esposte nell’atto e, soprattutto, i singoli fatti e le valutazioni che l’Amministrazione Finanziaria ha mutuato dal documento esterno. L’onere della difesa è quello di entrare nel merito della contestazione, non di fermarsi all’aspetto formale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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