Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23790 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23790 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23208/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIASEZ.DIST. BRESCIA n. 482/2021 depositata il 04/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Dalla sentenza in epigrafe emerge quanto segue:
L’RAGIONE_SOCIALE Direzione notificava alla società RAGIONE_SOCIALE avvisi di accertamento, relativi alle annualità 2011, 2012, 2013 e 2014, con i quali contestava alla contribuente l’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti con quantificazione di maggiori imposte IRES, IRAP ed IVA dovute e per effetto dei quali emetteva avvisi di irrogazione sanzioni relativi alle annualità 2011 e 2012. Fonte d’innesco era costituita da PVC redatto dalla G.d.F. di Castiglione RAGIONE_SOCIALE Stiviere a seguito di indagini penali afferenti i rapporti economici intercorsi tra 13 società in gran parte ritenute cartiere ovvero evasori totali ovvero ancora intestate a COGNOME.
La società ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale di Mantova eccep il difetto di motivazione e, comunque, l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE riprese a tassazione, in quanto correlate a congetture elaborate dalla G.d.F. circa l’esistenza di una “supersocietà di fatto” tra persone fisiche cui avrebbe partecipato anche il COGNOME NOME. Quanto, in particolare, all’annualità 2014 concernente prestazioni presso il cantiere RAGIONE_SOCIALE, subappaltate a terzi, con recupero di costi ritenuti indeducibili, assumeva di aver fornito adeguata documentazione in ordine alle loro certezza ed inerenza .
La Commissione adita, con sentenza pubblicata il 26 novembre 2018, accoglieva il ricorso relativo all’annualità
2014 limitatamente al recupero a tassazione dei costi inerenti alla gestione del cantiere RAGIONE_SOCIALE e rigettava nel resto i ricorsi riuniti .
La contribuente proponeva appello, rigettato dalla CTR, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
Va preliminarmente osservato, con riferimento alla richiesta avanzata dalla contribuente di riunione dei giudizi di impugnazione , che non è possibile darvi corso trattandosi di appelli aventi ad oggetto distinte sentenze e pur tuttavia si è proceduto, su concorde richiesta di tutte le parti, alla congiunta trattazione in sede di discussione orale onde consentire loro di evidenziare i profili di interrelazione connotanti i distinti giudizi come, del resto, esplicitato dalla Commissione Tributaria Provinciale.
Con primo motivo RAGIONE_SOCIALE eccepisce la nullità della sentenza per omessa pronuncia in merito alla dedotta nullità degli avvisi di accertamento per omessa motivazione e, in particolare, quello relativo all’annualità 2011 siccome facente rinvio ad accertamenti eseguiti dalla G.d.F. di Spoleto non allegati.
La censura non può essere condivisa.
I Primi Giudici, invero, hanno dato ampio conto del supporto motivazionale degli avvisi impugnati e, seppur implicitamente, ritenuto non integra la violazione del diritto di difesa la mancata allegazione del PVC redatto dalla RAGIONE_SOCIALE Spoleto all’avviso 2011 laddove, scrutinando le n. 15 fatture oggetto di verifica hanno evidenziato le ragioni del diretto collegamento tra RAGIONE_SOCIALE e le società cartiere.
D’altro canto è proprio l’appellante, attraverso la formulata richiesta di riunione dell’odierno giudizio con quello pendente avanti questa Commissione, nell’odierna composizione, promosso dalla società di fatto COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentata dai singoli soci, nonché da costoro personalmente, ad ammettere di essere a perfetta conoscenza di tutti gli elementi scaturiti a seguito RAGIONE_SOCIALE indagini effettuate dalla G.d.F. in veste di Polizia Giudiziaria di talché non può ritenersi sussistente il dedotto vizio motivazionale degli avvisi di accertamento, né dell’impugnata sentenza che di tali intersecate tematiche ha fatto ampia ed esplicita trattazione.
Con secondo motivo RAGIONE_SOCIALE censura la carenza di prova circa la falsità oggettiva o soggettiva RAGIONE_SOCIALE fatture emesse a suo carico riproponendo al riguardo le deduzioni ed argomentazioni di primo grado, lamentandone la reiezione, da parte della Commissione Provinciale, “con la solita motivazione, ossia la pretesa esistenza della supersocietà di fatto”, cui addebita il mancato esame della documentazione in atti.
Afferma l’appellante che l’assunto dei Primi Giudici secondo il quale essa avrebbe fatto parte -‘rectius’ il suo amministratore legale-rappresentante NOME COGNOME – della società di fatto beneficiando del regolare pagamento di canoni di locazione da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE, troverebbe smentita dalla procedura di intimazione di sfratto per morosità attivata e documentata dalla locatrice.
L’allegazione è di per sé irrilevante laddove omette di evidenziare l’entità della morosità, l’ampiezza del suo protrarsi in misura tale da elidere il profilo di convenienza
economica valorizzato in sentenza. Merita comunque ricordare che, secondo quanto riferito alla GdF da testi terzi assolutamente attendibili, i rapporti tra COGNOME, COGNOME e COGNOME si incrinarono e sfociarono in lite generante i contenziosi dei quali costoro hanno dato partitamente conto nelle rispettive difese svolte nel separato giudizio trattato congiuntamente alla presente causa (vi veda in proposito la deposizione di COGNOME NOME riportata nel PVC della G.d.F.).
Quanto all’ulteriore utilità rappresentata dallo svolgimento di attività di trasporto per le varie società riferibili al COGNOME ed al COGNOME, aspetto questo ancora una volta concernente la prova della sussistenza della società di fatto, non rileva qui tanto il profilo dell’effettiva esecuzione RAGIONE_SOCIALE prestazioni quanto piuttosto che RAGIONE_SOCIALE ha concorso, con il proprio ruolo di trasportatore professionale, a sostenere la simulata movimentazione di ingenti partite di materia prima frutto in realtà di transazioni fittizie cui essa ha addirittura partecipato, in ridotta misura, con acquisizione diretta. Va comunque evidenziato che la doglianza prende sistematicamente le mosse dalla contestata esistenza della società di fatto la cui configurazione costituisce, a suo dire, la premessa errata posta dalla Commissione Provinciale a base del proprio argomentare, premessa che, tuttavia, questo Collegio condivide in forza di quanto più approfonditamente ed appropriatamente motivato nel separato giudizio del quale è parte anche NOME COGNOME in veste di socio di tale supersocietà.
Più in dettaglio, in merito alla prova circa la fatturazione di operazioni inesistenti, fondamentale è il richiamo a quanto relazionato dalla RAGIONE_SOCIALE. di Castiglione RAGIONE_SOCIALE Stiviere con il PVC
21.10.15 prodotto dall’Ufficio e, comunque, a NOME COGNOME perfettamente noto.
Le dichiarazioni testimoniali raccolte dai verbalizzanti danno conto che la RAGIONE_SOCIALE era società cartiera partecipante alla frode fiscale orchestrata dalla società di fatto RAGIONE_SOCIALE, evidenziando in particolare che l’amministrazione di detta società era stata di volta in volta affidata a COGNOME NOME, COGNOME NOME ed infine COGNOME NOME dichiaratisi meri prestanome retribuiti e di nulla sapere della società, della sua ipotetica attività, della sua sede né della sussistenza di documenti contabili.
Merita inoltre richiamare gli ulteriori elementi gravi, precisi e concordanti a sostegno della copartecipazione di RAGIONE_SOCIALE e, per essa, del suo legale rappresentante, a partire dal singolare acquisto dalla stessa effettuato nell’anno 2009 di un enorme quantitativo – ben 165.943 – “palle di Natale” fornitala da RAGIONE_SOCIALE per il corrispettivo di euro 597.394,80= che, se da un lato mal si concilia con l’oggetto dell’attività d’impresa di trasporti, d’altro canto la pone in stretta contiguità con altre società del Gruppo – RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE – che a loro volta hanno acquistato ingenti quantitativi di “palle di Natale” per enormi importi (vedasi ricostruzione PVC G.d.F. pagg. 24-27). Ulteriore eloquente elemento probatorio è rappresentato dall’acquisto da parte di RAGIONE_SOCIALE di materia prima (evidentemente finalizzata all’attività di produzione di prodotti in plastica, non già di trasporti commerciali) fornitala da RAGIONE_SOCIALE per un controvalore di euro 594.000,00= e dalla stessa rivenduta pochi giorni dopo alla società RAGIONE_SOCIALE (sempre controllata dal RAGIONE_SOCIALE) per un prezzo maggiorato. Ancora, dopo pochi giorni RAGIONE_SOCIALE ha rivenduto ad RAGIONE_SOCIALE la medesima partita di
materia prima del cui trasporto si è occupata RAGIONE_SOCIALE, il tutto come ben chiaramente ricostruito nel PVC della G.d.F. alle pagine 30-31.
Né può dimenticarsi l’operazione di temporanea vendita e riacquisto di autocarri ed impianti che RAGIONE_SOCIALE ha posto in essere negli anni in oggetto avvalendosi di fittizi acquirenti identificati con le note società del Gruppo, ossia RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE le quali si sarebbero fatte carico di finanziare la venditrice apparente sborsando gli ingentissimi importi riepilogati dalla G.d.F. nel PVC (pagg. 36-41) a fronte di mezzi ed impianti rimasti nella piena disponibilità di ininterrotto utilizzo da parte della cedente.
Con terzo ed ultimo motivo di gravame l’appellante lamenta l’omessa pronuncia da parte della Commissione provinciale circa la “certezza ed inerenza dei costi dedotti da RAGIONE_SOCIALE” allegata a confutazione della violazione dell’art. 109 Tuir. Il motivo è inammissibile prim’ancora che infondato palesandosi privo di minima autosufficienza al cospetto della scarna e generica configurazione. Ed invero, senza alcuno specifico riferimento ai singoli costi sui quali la contribuente vorrebbe sollecitare lo scrutinio giudiziale, la censura si risolve in una indeterminata petizione di principio “che per tutte le operazioni siano rispettati sia il principio di competenza (di cui quello di certezza è mero corollario) che quello di inerenza stante la pacifica correlazione dei costi sostenuti con i ricavi”. Arduo quindi anche per questo Collegio effettuare un vaglio di merito vieppiù considerato che la contabilizzazione genera esclusivamente una regolarità apparente inidonea da un punto di vista probatorio a fronte
RAGIONE_SOCIALE documentate ed argomentate contestazioni volte a disvelare la natura fittizia RAGIONE_SOCIALE operazioni sottese.
L’appello va pertanto respinto con integrale conferma della sentenza gravata .
Proponeva ricorso per cassazione la contribuente con due motivi; resisteva l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
In data 16 novembre 2023 veniva formulata dal Consigliere Delegato proposta di definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. nei seguenti termini:
il primo motivo è inammissibile posto che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, «in tema di motivazione degli avvisi di accertamento, l’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso (art. 7, legge 27 luglio 2000, n. 212) va inteso in necessaria correlazione con la finalità “integrativa” RAGIONE_SOCIALE ragioni che, per l’Amministrazione emittente, sorreggono l’atto impositivo, secondo quanto dispone l’art. 3, comma 3, legge 7 agosto 1990, n. 241: il contribuente ha, infatti, diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si faccia, rinvio nell’atto impositivo e sol perché ad essi si operi un riferimento, ove la motivazione sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero valore “narrativo”), oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo) sia già riportato nell’atto noto. Pertanto, in caso di impugnazione dell’avviso sotto tale profilo, non basta che il contribuente dimostri l’esistenza di atti a lui sconosciuti cui l’atto impositivo faccia riferimento, occorrendo, invece, la prova che almeno una parte del contenuto di quegli atti, non riportata nell’atto impositivo, sia
necessaria ad integrarne la motivazione» (Cass. n. 2614 del 10/02/2016; Cass. n. 26683 del 18/12/2009; v. anche Cass. n. 24417 del 05/10/2018), sicché, da un lato la censura è carente neppure avendo indicato quali elementi di fatto sarebbero stati mancanti, mentre, dall’altro, neppure considera che la CTR ha, con accertamento in fatto, apprezzato la compiutezza della motivazione degli avvisi stessi, evidenziando altresì che il diverso pvc comunque era conosciuto dal legale rappresentante della società in relazione al diverso parallelo accertamento;
il secondo motivo è inammissibile non essendovi alcuna omessa pronuncia, né risultando la motivazione apparente, risolvendosi la contestazione in una censura sulla adeguatezza e analiticità della motivazione, non più consentita ex art. 360 n. 5 c.p.c.
Con atto telematico del 29 dicembre 2023, la contribuente formulava richiesta di ‘decisione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis secondo comma c.p.c. con riserva di presentare memoria illustrativa e di depositare la sentenza penale definitiva’.
Infine, in data 17 maggio 2024, la contribuente deposita memoria telematica mediante la quale, oltre ad insistere nelle proprie ragioni, dimette ‘copia della sentenza penale definitiva n. 659/2022 pronunciata dal Tribunale di Mantova, Giudice AVV_NOTAIO, il 16.06.2022, depositata il 06.07.2022, irrevocabile il 13.11.2022 . In tale procedimento il sig. NOME COGNOME, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, è stato assolto da tutti i capi di imputazione inerenti la pretesa falsità (oggettiva/soggettiva) di tutte le fatture oggetto degli avvisi di accertamento impugnati’.
Considerato che:
Primo motivo. ‘Art. 360 n. 4 c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli articoli 42 del DPR 600/73 e 56 del DPR 633/72 -Nullità degli avvisi di accertamento per gli anni 2011-2012-2013 per omessa motivazione. In ogni caso nullità dell’avviso di accertamento per l’anno 2011 per omessa allegazione del PVC redatto dalla RAGIONE_SOCIALE Spoleto, non allegato all’avviso di accertamento’.
1.1. ‘Si censura la mancata declaratoria di nullità degli avvisi impugnati per carenza di motivazione e per mancata allegazione di un PVC richiamato negli avvisi impugnati e non allegato agli avvisi né notificato al contribuente’.
1.2. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
Esso è inammissibile, in quanto non riproduce, quantomeno nelle parti salienti, le motivazioni degli avvisi di accertamento (cfr. Sez. 5, n. 2928 del 13/02/2015, Rv. 634343 -01: ‘In tema di contenzioso tributario, è inammissibile, per difetto di autosufficienza, il ricorso per cassazione ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., avverso la sentenza che abbia ritenuto correttamente motivato l’atto impositivo, qualora non sia trascritta la motivazione di quest’ultimo, precludendo, pertanto, al giudice di legittimità ogni valutazione’; Sez. 5, n. 16147 del 28/06/2017, Rv. 644703 -01: ‘In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la
verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso’).
Esso è, inoltre e comunque, manifestamente infondato, in quanto non si confronta con il duplice accertamento in fatto, compiuto dalla CTP e dalla CTR, secondo cui il contenuto motivazionale degli avvisi di accertamento, compreso quello relativo all’a.i. 2011, era completo ed idoneo a consentire alla contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa. A fronte di ciò, il motivo – che a ‘a priori’ non individua e non allega alcun concreto pregiudizio sofferto in riferimento alle prerogative difensive – non offre alcuna evidenza testuale del contrario, né, viepiù, confuta l’ulteriore decisiva considerazione della CTR, valida anche, ed anzi soprattutto, per detto avviso, a termini della quale ‘ è proprio l’appellante, attraverso la formulata richiesta di riunione dell’odierno giudizio con quello pendente avanti questa Commissione ad ammettere di essere a perfetta conoscenza di tutti gli elementi scaturiti a seguito RAGIONE_SOCIALE indagini effettuate dalla GRAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. ‘: un tanto, dunque, ad avviso della CTR, dimostra confessoriamente la contribuente in allora appellante possedere positiva, effettiva e diretta conoscenza di tutti gli esiti investigativi (compresi dunque anche della G.d.F. di Spoleto).
Secondo motivo. ‘Art. 360 n. 4 c.p.c. Violazione e falsa applicazione de 112 c.p.c. anche in relazione all’art. 36, comma 2°, n. 4 del D.lgs. 546 del 31.12.1992. Motivazione apparente. Omessa pronuncia’.
2.1. ‘Si deduce omissione della motivazione, sotto il profilo dell’apparenza, in relazione al secondo motivo di appello avverso la sentenza di primo grado.
2.2. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
Esso, a dispetto della rubrica, nello sviluppo argomentativo, non rappresenta alcuna infrapetizione in cui la CTR sarebbe incorsa, né, ad ogni buon conto, ossequia il costante principio secondo cui, ‘nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività RAGIONE_SOCIALE questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del ‘fatto processuale’, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi’ (cfr., da ult., Sez. 2, n. 28072 del 14/10/2021, Rv. 662554 -01). Ciò tanto più in quanto ‘la parte che, in sede di ricorso per cassazione, deduce che il giudice di appello sarebbe incorso nella violazione dell’art. 112 c.p.c. per non essersi pronunciato su un motivo di appello o, comunque, su una conclusione formulata nell’atto di appello, è tenuta, ai fini dell’astratta idoneità del motivo ad individuare tale violazione, a precisare -a pena di inammissibilità -che il motivo o la conclusione sono stati mantenuti nel giudizio di appello fino al momento della precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni’ (Sez. 3, n. 41205 del 22/12/2021, Rv. 663494 -01).
D’altronde, la dedotta infrapetizione è patentemente da escludersi, sol che si consideri come la CTR abbia ‘expressis verbis’ esposto e deciso il secondo motivo del ricorso in appello, cui si riferisce il presente motivo di ricorso per cassazione.
Avuto poi precipuo riguardo allo sviluppo argomentativo del motivo, alla stregua del quale si denuncia un’omessa motivazione sotto il profilo di una motivazione meramente apparente, è a rilevarsi come – in disparte la mancata proposizione della censura sotto il corretto paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., con conseguente autonoma inammissibilità per il divieto derivante dalla cd. doppia conforme di merito, ai sensi dell’art. 348 -ter cod. proc. civ. ‘ratione temporis’ vigente – la sentenza impugnata esibisca, tutt’al contrario, ad una semplice lettura, una motivazione effettiva, sia dal punto di vista grafico che dal punto di vista contenutistico. Quel che dunque il motivo mira a censurare non è un’assenza grafica o contenutistica della motivazione, ma piuttosto l’apparato argomentativo che la CTR ha profuso per addivenire alla decisione. Nondimeno, la deduzione di un tale vizio non è più consentita, quand’anche si avesse a riqualificare la censura ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. Vale, invero, l’insuperato insegnamento secondo cui ‘la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al ‘minimo costituzionale’ del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e
grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione’ (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 -01).
Fermo tutto quanto precede, prima di concludere, mette conto di prendere in considerazione la memoria depositata in vista dell’udienza.
Vi si premette:
In sostanza, il Giudice penale, in seguito ad approfondita istruttoria, con particolare riferimento alla ‘ supersocietà di fatto’ (contestata dall’Amministrazione) ha evidenziato che:
in merito al reato di cui al capo 19), invece, non è emerso dall’istruttoria che gli imputati ivi indicati fossero parte di un gruppo societario di fatto e, quindi, gli stesso devono andare assolti perché il fatto non sussiste, come sopra anticipato e sempre ai sensi dell’art. 530, comma 2° c.p.p.’ (pagina 11, con inizio dalla settima riga dal basso).
in ordine a tutte le altre ipotesi di falsità RAGIONE_SOCIALE fatture, il NOME NOME è stato assolto con formula piena, o per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste.
Indi vi si conclude:
Si ritiene che l’accertamento penale definitivo, giunto all’esito di un’istruttoria piena ed effettiva, pronunciata da un Giudice che non ha fatto mero affidamento alle teorie degli ‘accertatori’ non possa lasciare indifferente Codesta Ecc.ma Corte, anche in considerazione RAGIONE_SOCIALE recenti valorizzazioni degli effetti del giudicato penale definitivo rispetto al processo tributario.
Ciò anche in considerazione del fatto che la sentenza impugnata non ha di fatto affrontato in modo analitico le argomentazioni, le contestazioni e le prove documentali della ricorrente, fornendo una motivazione autoreferenziale, meramente confermativa RAGIONE_SOCIALE tesi dell’accusa.
La tesi dell’esistenza di una supersocietà di fatto è stata completamente smontata in sede penale e le fatture contestate negli avvisi ritenute lecite.
3.1. Il ‘thema’ fatto valere con la memoria volto a rappresentare come la tesi della falsità RAGIONE_SOCIALE fatture non abbia trovato riscontro nel processo penale -non assume rilievo nel presente giudizio.
3.1.1. Esso è del tutto nuovo rispetto ai due motivi di ricorso, che soli individuano e circoscrivono il ‘thema decidendum’, insuscettibile di essere ampliato mediante memoria.
Ed invero, come visto, in nessuno dei due motivi di ricorso è formulata censura per aggredire l’affermazione della CTR di inesistenza RAGIONE_SOCIALE fatture, ragion per cui siffatta affermazione non può essere contestata solo con memoria, viepiù indirettamente, per il tramite della produzione di giudicato penale favorevole.
3.1.2. Né, a dispetto della memoria, dispiegano incidenza le ‘ recenti valorizzazioni degli effetti del giudicato penale definitivo rispetto al processo tributario’.
Al momento della decisione da parte del Collegio, la normativa vigente si individua nel l’art. 20, comma 1, lett. a), n. 3, della legge 9 agosto 2023, n. 111, secondo cui, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 il Governo osserva altresì i seguenti principi e criteri direttivi specifici per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale, con riferimento alle imposte sui redditi, all’IVA e agli
altri tributi indiretti nonché ai tributi degli enti territoriali: a) per gli aspetti comuni alle sanzioni amministrative e penali: rivedere i rapporti tra il processo penale e il processo tributario prevedendo, in coerenza con i principi generali dell’ordinamento, che, nei casi di sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale facciano stato nel processo tributario quanto all’accertamento dei fatti medesimi e adeguando i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di non punibilità e di applicazione di circostanze attenuanti all’effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari, anche nella fase antecedente all’esercizio dell’azione penale .
Tale norma non ha efficacia immediatamente precettiva, limitandosi a stabilire un criterio direttivo volto ad indirizzare gli interventi normativi del Governo, e non prevede un automatico vincolo in capo al giudice tributario discendente dal giudicato penale assolutorio, individuando condizioni e limiti della prevalenza di detto giudicato, di per sé necessitanti di compiuta determinazione in sede di (discrezionalmente vincolata) normazione attuativa.
3.1.3. A fronte di ciò, non dispiega effetto retroattivo l’art. 21 -bis D.Lgs. n. 74 del 2000, inserito dall’art. 1 D.Lga. n. 87 del 2024, entrato in vigore nelle more della redazione della motivazione della presente ordinanza.
Detto articolo recita:
Art. 21 -bis (Efficacia RAGIONE_SOCIALE sentenze penali nel processo tributario e nel processo di cassazione).
La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in
seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi.
La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio.
Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell’interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell’ente e società, con o senza personalità giuridica, nell’interesse dei quali ha agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati.
Trattasi di norma processuale, come si evince dalla rubrica e dal tenore letterale del comma 1, che discorrono di ‘efficacia’ del giudicato: conseguentemente, essa non può disporre che per l’avvenire.
D’altronde, pur diversamente opinando, comunque nella specie non risulterebbe ossequiato il termine di quindici giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio di cui al comma 2 (essendo la memoria stata depositata, come visto, il 17 maggio 2024).
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, con le statuizione consequenziali, anche ai sensi degli artt. 96, commi 3 e 4, e 380-bis, comma 3, cod. proc. civ., come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE le spese di lite, liquidate nella complessiva somma di euro 15.000 (di cui euro 5.000 ex art. 96, comma 3, cod. proc. civ.), oltre spese prenotate a debito.
Condanna la ricorrente a pagare, in favore della Cassa per le ammende, la somma di euro 2.500.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 29 maggio 2024.