Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22260 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22260 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 01/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18800/2016 R.G. proposto da :
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA LOMBARDIA n. 388/05/16 depositata il 22/01/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 388/05/16 del 22/01/2016, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza n. 542/03/14 della Commissione tributaria provinciale di
Varese (di seguito CTP), che aveva a sua volta rigettato il ricorso del contribuente relativo a un avviso di accertamento per IRPEF e IVA relative all’anno di imposta 2007.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo era stato emesso a seguito di un accertamento compiuto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, dal quale risultava che il sig. COGNOME, amministratore unico della società, aveva effettuato prelievi e emesso assegni senza valida giustificazione. Tali somme erano state considerate dall’Ufficio quale reddito da lavoro autonomo. Inoltre, il contribuente non aveva versato le imposte relative ad un canone di locazione percepito.
1.2. La CTR respingeva l’appello di NOME COGNOME evidenziando che: a) l’avviso di accertamento era stato legittimamente sottoscritto dal capo dell’ufficio; b) la sentenza di primo grado aveva accertato la percezione del canone di locazione da parte del contribuente; c) l’avviso di accertamento si fondava su idonee presunzioni a fronte delle quali il sig. COGNOME non aveva fornito la prova contraria.
NOME COGNOME impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
AE resisteva in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a tre motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 42, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto validamente sottoscritto l’avviso di accertamento, firmato per delega dal sig. NOME COGNOME Con riferimento alla persona del sottoscrittore, infatti, non sarebbe stata dimostrata dall’Ufficio la legittima
appartenenza alla terza area funzionale e la partecipazione ad un concorso pubblico.
1.2. Con il secondo motivo si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., insufficiente pronuncia su fatti decisivi della controversia, per avere la CTR erroneamente ritenuto che il contribuente non abbia fornito la prova contraria rispetto alla presunzione di compenso per l’attività di amministratore formulata dall’Ufficio.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., per avere la CTR reso motivazione apparente in ordine alle riprese dell’Ufficio.
Il primo motivo, con il quale si contesta la legittima sottoscrizione dell’atto impositivo, è inammissibile.
2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « ai sensi dell’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, conv. dalla l. n. 44 del 2012, giusta sentenza della Corte cost. n. 37 del 2015, non produce effetti retroattivi sui giudizi in corso qualora il tema della mancanza di una valida sottoscrizione non sia stato fatto valere con il ricorso introduttivo del giudizio, poiché, per effetto della natura impugnatoria del processo tributario, l’ordinaria efficacia retroattiva della pronuncia di illegittimità costituzionale incontra il limite di un rapporto ormai esaurito » (così, da ultimo, Cass. n. 32480 del 14/12/2024).
2.2. Nel caso di specie, è pacifico che la contestazione concernente la legittimità della sottoscrizione dell’avviso di accertamento è stata proposta dal contribuente solo in appello e non anche nel giudizio di primo grado.
Il secondo motivo, con il quale si deduce un vizio di insufficiente motivazione in ordine alla presunzione di compensi
percepiti dall’amministratore di RAGIONE_SOCIALE, è inammissibile sotto un duplice profilo.
3.1. In primo luogo, va osservato che « le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui all’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 348-ter cod. proc. civ., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che l’art. 54, comma 3-bis, del d.l. n. 83 del 2012, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546”, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito » (Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014).
3.1.1. Nel caso di specie, le circostanze rilevanti ai fini della decisione (percezione di compensi da parte dell’amministratore unico) sono state esaminate dal giudice di appello e, prima ancora, dal giudice di primo grado, i quali hanno concluso in senso sfavorevole all’odierno ricorrente, sicché il vizio di motivazione non può essere riproposto in sede di legittimità.
3.2. Secondariamente, come si rileva chiaramente dalla rubrica, la denuncia prospettata dal ricorrente tende a censurare non tanto un omesso esame di fatti rilevanti, quanto una insufficiente motivazione della sentenza impugnata, non più deducibile in sede di legittimità (Cass. S.U. nn. 8053 e 8054 del 2014, cit.; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018).
Il terzo motivo, con il quale si denuncia un vizio di motivazione apparente, è infondato.
4.1. Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero -e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali -l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; Cass. S.U. n. 16599 del 05/08/2016).
4.1.1. Determina, infine, una violazione di legge costituzionalmente rilevante anche la motivazione contraddittoria, nella misura in cui esprima un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, mentre deve escludersi la possibilità di sindacare in sede di legittimità la semplice motivazione insufficiente (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014).
4.2. Nel caso di specie, la CTR, facendo legittimamente propria anche la motivazione del giudice di primo grado, ha ritenuto comprovate documentalmente le due riprese, con riferimento alla stipulazione del contratto di locazione e ai prelievi dal conto corrente della società. A fronte di tali evidenze, gravava, dunque, sul contribuente la prova contraria; prova che non è stata fornita.
4.3. Si tratta di motivazione sicuramente essenziale, ma congrua, logica e per nulla apparente, essendo idonea ad esternare la ratio decidendi .
In conclusione, il ricorso va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di lite, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 56.236,35.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 5.900,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/06/2025.