Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16310 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16310 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13139/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che ex lege la rappresenta e difende.
–
contro
ricorrente –
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.VENETO n. 1084/2017, depositata il 30/10/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe la Commissione tributaria regionale accoglieva parzialmente l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Venezia, pronunciata nel giudizio avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento con il quale l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE elevava il valore catastale e rideterminava la rendita proposta dalla società con procedura di variazione DOCFA, relativamente ad un compendio immobiliare di categoria D/2 e C/1, sito in Comune di CavallinoTreporti INDIRIZZO), e rideterminava il classamento e conseguentemente la rendita catastale attribuita.
La CTR osservava che l’avviso, non affetto da vizi formali, è censurabile, nel merito, perché il coefficiente di vetustà «deve essere calcolato nella misura del 10%» in quanto «l’hotel con piscina classificato a 4 stelle, dependance e appartamenti situati in villini unifamiliari e un ampio ristorante e, dopo il recente intervento, di un centro benessere» risultava «in ottime condizioni manutentive tali da consentire la piena efficienza e dal non incidere sulla redditività come del resto dimostra la classificazione di struttura 4 stelle» e, inoltre, perché andava «accolta una riduzione della superficie determinata con l’avviso di accertamento impugnato relativamente alla seconda struttura» da mq. 418 a mq. 383, con conseguente rideterminazione della rendita catastale, ferma la Cat. D/2 (euro 75.165,52) e quella C/1 (euro 7.239,59).
Avverso la sentenza la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi,
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., nullità della sentenza di appello per motivazione apparente, stante la violazione e falsa applicazione dell’art. 36, d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto la CTR ha ritenuto adeguato l’apparato motivazionale dell’avviso di accertamento impugnato, nonostante l’evidenziata insufficienza del contenuto della «scheda allegato 1 (per unità a destinazione speciale)» e della «tabella nuovi dati di classamento e rendita accertati per quanto riguarda la destinazione ordinaria’, la «differenza, pari a mc 135,» della differente volumetria riferita «all’unità censita sub 9 (categoria catastale ‘D/2’ – albergo)», della altrettanto incomprensibile differenziazione, nella valutazione di una struttura in realtà omogenea, «tra una ‘destinazione a servizi’ ed una destinazione a vera e propria ‘attività ricettiva’», nonché del deprezzamento del 15 per cento, calcolato dall’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, con riguardo alla dependance (…).» Deduce, altresì, che allo stesso modo all’unità censita sub 10 (categoria catastale ‘C/1’ ristorante) risulta attribuita una consistenza (mq. 418) diversa e maggiore di quella (mq. 374) indicata dalla società in sede di denuncia di variazione, nonché una classe (n. 4) diversa da quella originaria (n.3) e, infine, un indice di vetustà altrettanto non comprensibile.
Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., violazione degli artt. 7, l. n. 212 del 2000, 3, l. n. 241 del 1990, in quanto la CTR ha disatteso le regole generali dettate in tema di motivazione ed applicabili anche all’accertamento catastale, richiamando la mera natura di provocatio ad opponendum dell’atto impugnato.
Con il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 2, l. n. 212 del 2000, 5, comma 3, l. n. 241 del 1990, in punto di mancata indicazione del responsabile del procedimento.
Con il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 e n. 3, cod.proc.civ., in quanto la CTR ha ritenuto l’avviso munito di idonea sottoscrizione e considerato sufficiente, ai fini della delega RAGIONE_SOCIALE funzioni, un semplice ‘ordine di servizio’.
Con il quinto motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ. e 112 cod.proc.civ., in quanto la CTR ha omesso di pronunciarsi su varie questioni (indagini comparativistiche condotte dalla società, accertamento della classe dell’unità adibita a ristorante e del valore dell’area) poste con l’impugnazione dell’avviso di accertamento.
Il primo, il secondo ed il quinto motivo di ricorso, scrutinabili congiuntamente, sono infondati.
La ricorrente, innanzitutto, propone la questione della validità della sentenza, sotto il profilo dell’apparenza della motivazione della decisione resa dal giudice di secondo grado, che si ridurrebbe ad apodittiche e generiche affermazioni circa l’adeguatezza, ai fini del soddisfacimento del richiesto contenuto motivazionale minimo dell’avviso di accertamento impugnato, della «semplice indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’Ufficio, nel caso di specie dopo il sopralluogo, relativi alla consistenza, alla categoria e alla classe, trattandosi di elementi sufficienti a consentire al contribuente una puntuale difesa.»
Per costante giurisprudenza di questa Corte, il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111, sesto comma, Cost.), ossia dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e (in materia di processo tributario) dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione. La sanzione di nullità colpisce, pertanto, non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e che presentano «una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (Cass. Sez. U., n. 8053/2014), ma anche quelle che ne contengono una meramente apparente, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la stessa non consente di «comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato», non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un «ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga
con un certo procedimento enunciativo», logico e consequenziale, «a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi » (Cass. Sez. U., n. 22232/2016), non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U., n. 22232/2016; Cass. n. 14927/2017).
La sentenza impugnata, per le ragioni meglio di seguito precisate, non è riconducibile ad alcuna RAGIONE_SOCIALE ipotesi sopra ricordate.
L’attività afferente al catasto, ai sensi degli artt. 2, comma 2 e 19, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 546 del 1992, oggetto del giudizio tributario, è del tutto funzionale alla pronuncia di una sentenza che determina la corretta misura della rendita catastale e che è destinata, a seguito dell’accertamento giudiziale divenuto definitivo, a costituire l’unica rendita valida ed efficace per l’individuazione della base imponibile dei tributi.
Va ricordato che l’esito del procedimento di classamento è di tipo accertativo, alla luca della situazione esistente alla data di presentazione della domanda di accatastamento, mirando solo a fornire chiarezza sul valore economico del bene, attraverso il sistema del catasto, in vista di una congrua tassazione secondo le diverse leggi d’imposta, tanto che l’Ufficio può sempre intervenire a rettificare la rendita proposta dal contribuente, così come quest’ultimo può eventualmente correggere i propri errori od omissioni o sollecitare un adeguamento dell’esatto valore secondo il reddito effettivamente retraibile dal bene (tra le altre, Cass. n. 34001/2019).
La giurisprudenza della Corte, in considerazione della struttura fortemente partecipativa della procedura che conduce all’emissione dell’avviso di accertamento catastale, è ferma nel ritenere che l’obbligo di motivazione , in tema di classamento di immobili a destinazione speciale compresi nella categoria D, deve ritenersi osservato ogni qual volta nel provvedimento siano indicati i dati oggettivi acclarati dall’Ufficio e la classe conseguentemente attribuita, poiché l’atto di classamento costituisce l’esito di un’attività procedimentalizzata e specificamente regolata dalla legge, che prevede la partecipazione del contribuente (DOCFA) e che, per gli immobili appartenenti all’indicata categoria, trova il proprio presupposto in una stima diretta eseguita dall’Ufficio, in relazione alla quale, viene espresso un giudizio sul valore economico dei beni classati di
natura eminentemente tecnica, stima che integra il presupposto ed il fondamento motivazionale dell’avviso di classamento (tra le altre, Cass. n. 12519/2021; n. 8236/2021; n. 34701/2019; n. 32861/2019; n. 17971/2018; n. 15495/2013; n. 19459/2013; n. 5404/2012).
Non dissimili principi trovano applicazione in tema di avvisi di accertamento catastale riguardanti gli immobili a destinazione ordinaria (per i quali il d.P.R. n. 1142 del 1949, art. 75, prevede il classamento per comparazione), proprio perché la dichiarazione DOCFA contiene l’indicazione, da parte del contribuente, degli elementi fattuali rilevanti, dati che costituiscono la base oggettiva per determinare, mediante appositi coefficienti di ragguaglio, la effettiva consistenza catastale ed il provvedimento di classamento.
Pertanto, nel caso in cui l’avviso contenga una difforme valutazione circa il valore economico dei beni, che porta all’attribuzione di una rendita diversa da quella proposta, il dissenso del dichiarante deve, piuttosto, esprimersi censurando l’atto sotto il distinto profilo del merito catastale, essendo già sufficientemente delimitato l’oggetto dell’eventuale contenzioso con l’Ufficio (tra le altre, Cass. n. 12777/2018; n. 31809/2018).
Nel caso di specie, la CTR non avrebbe potuto rilevare il dedotto difetto di motivazione, essendo sufficiente, per consentire all’interessata società l’apprestamento RAGIONE_SOCIALE proprie difese, l’indicazione del criterio estimativo applicato, della categoria (D/2- alberghi e C/1-ristoranti) attribuita e degli altri dati oggettivi di riferimento del compendio immobiliare («Intestazione … Fg. … particella …»), attesa la presentazione della dichiarazione DOCFA (art. 1, d. m. 701 del 1994) ed il successivo ‘sopralluogo’ disposto dall’Ufficio.
L’RAGIONE_SOCIALE, quindi, ha considerato il compendio immobiliare secondo una prospettiva di tipo ‘reale’ riferibile, appunto, alle caratteristiche costruttive e tipologiche del bene ed alla sua idoneità a produrre ricchezza, sulla base dei dati in suo possesso, ed alla presenza di tali dati che la CTR ha inteso fare riferimento per disattendere la fondatezza RAGIONE_SOCIALE deduzioni svolte dalla società RAGIONE_SOCIALE.
La bontà intrinseca della motivazione dell’avviso di accertamento, in relazione ai risultati estimativi in esso riportati, è profilo che non attiene alla regolarità formale dell’atto e, peraltro, appare ampiamente esaminato dai giudici di merito. Proseguendo l’esame degli ulteriori profili censori, osserva il Collegio che non è revocabile in dubbio che, nell’atto impugnato, la differenza con la rendita proposta derivi – in massima parte – da una diversa metodologia valutativa, che ricomprende la vetustà ed i coefficienti di ragguaglio per il calcolo RAGIONE_SOCIALE superfici, incidendo sul giudizio concernente il valore economico (classamento) dei singoli beni componenti l’unità immobiliare da stimare, le acclarate «ottime condizioni» della struttura alberghiera, classificata «4 stelle» per la presenza, tra l’altro, di una piscina e di un ristorante, e la «piena efficienza» della stessa, a seguito degli «interventi realizzati» dalla società RAGIONE_SOCIALE.
Va da sé che spetta al giudice tributario la delibazione RAGIONE_SOCIALE prove acquisite agli atti di causa e che le censure della ricorrente non possono risolversi in una inammissibile istanza di revisione RAGIONE_SOCIALE valutazioni e dei convincimenti espressi dallo stesso giudice di merito.
La CTR ha indicato gli elementi ritenuti rilevanti, in quanto idonei a sorreggere la ratio decidendi della sentenza e neppure va trascurato il fatto che l’allora parte appellante ha visto parzialmente accolte le contestazioni formulate, avendo ottenuto la rideterminazione della rendita attribuita.
E’ appena il caso di aggiungere che le censure non colgono nel segno quando denunciano come strutturalmente carente la sentenza impugnata, richiamando quanto richiesto dall’art. 36, d.lgs. n. 546 del 1992, proprio perché, per costante giurisprudenza della Corte, non è nulla la sentenza quando dalla motivazione risulti che il giudice, ancorché implicitamente, ha portato il proprio esame sul contenuto RAGIONE_SOCIALE domande e RAGIONE_SOCIALE eccezioni RAGIONE_SOCIALE parti e la decisione emessa ha toccato tutti i punti decisivi della controversia.
I restanti motivi sono parimenti infondati.
Con la terza e quarta censura la ricorrente deduce l’erroneità della decisione del giudice d’appello nella parte in cui la CTR disattende la «eccezione relativa al responsabile del procedimento e alla sottoscrizione dell’atto impugnato», quanto al primo profilo, perché «il direttore dell’Ufficio indicato per nome e cognome»
è anche il responsabile del procedimento e, quanto al secondo profilo, «essendo stata la notifica effettuata da soggetto delegato in virtù di ordine di servizio prodotto in atti.»
La nullità dell’avviso di accertamento per violazione dell’art. 7, comma 2, l. n. 212 del 2000, viene predicata in ragione della omessa indicazione nell’atto impugnato del «Funzionario responsabile, ovvero di colui che ‘conosce la pratica’ per aver redatto l’atto e si può confrontare in contraddittorio con il contribuente.»
Anzitutto, va ricordato che la norma stabilisce che gli atti dell’Amministrazione finanziaria e dei Concessionari della riscossione devono tassativamente indicare, tra l’altro, il responsabile del procedimento, ma siffatta indicazione non è richiesta, a pena di nullità, a differenza degli altri adempimenti previsti dal medesimo Statuto del Contribuente, in quanto tale sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento dall’art. 36, comma 4ter , del d.l. n. 248 del 2007, convertito, con modificazioni, nella l. n. 31 del 2008, applicabile, secondo la Corte (Cass. Sez. U., n. 11722/2010) soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008, né la nullità, in mancanza di un’espressa previsione normativa, può dedursi dai principi di cui all’art. 97 Cost. o da quelli del diritto tributario e dell’azione amministrativa.
Inoltre, va evidenziato che la censura, per come formulata, non supera l’affermazione della CTR che ha ritenuto di indentificare proprio in «NOME COGNOME», Direttore dell’Ufficio, il responsabile del procedimento.
La ricorrente lamenta anche la mancanza di valida sottoscrizione dell’avviso impugnato, recando esso la firma di «NOME COGNOME – assistente tributario (…) apposta sotto il timbro con la dizione (…) ‘p. il Direttore RAGIONE_SOCIALE‘», ma non la sottoscrizione autografa del Direttore provinciale in calce alla delega e non sembra, comunque, escludere la possibilità di una successiva verifica della corrispondenza tra il sottoscrittore e il destinatario della delega.
Deduce l’RAGIONE_SOCIALE che «alla data di perfezionamento della notifica, l’RAGIONE_SOCIALE (che ha emesso l’avviso) e l’RAGIONE_SOCIALE (oggi in giudizio) erano due enti distinti, ciascuno dotato di autonomia operativa,
regolamentare, amministrativa, organizzativa e contabile in conformità dei rispettivi statuti così come stabilito dal D.L.vo 300/’99 (art. 57 e ss.gg.)» e che, ai sensi dell’art. 5, l. n. 241 del 1990, l’avviso è stato sottoscritto dal soggetto delegato «in virtù della delega rilasciata con apposito Ordine di Servizio n. 20 del 23.09.2009 dal Direttore, ossia dal responsabile del procedimento individuato dalla legge.»
La controricorrente sottolinea che prima dell’incorporazione (1° dicembre 2012) dell’RAGIONE_SOCIALE nell’RAGIONE_SOCIALE «per la notifica RAGIONE_SOCIALE rendite catastali non esisteva alcuna norma specifica che imponesse determinati requisiti al sottoscrittore» così come prevede, in materia di avvisi di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, l’art. 42, d.P.R. n. 600 del 1973, richiama il principio affermato dalla Corte Costituzionale nell’ordinanza n. 296 del 1988 secondo cui «non possono assimilarsi le classificazioni catastali agli accertamenti in materia di imposte dirette» e la regola generale posta dall’art. 5, l. n. 242 del 1990, per cui «’1. Il dirigente di ciascuna unità organizzativa provvede ad assegnare a sé o ad altro dipendente addetto all’unità la responsabilità dell’istruttoria’.»
Rileva il Collegio che la Corte (Cass. n. 23524/2020) ha già chiarito che, nelle fattispecie – come quella oggetto d’esame – in cui viene in considerazione una dichiarazione di variazione (d.l. n. 16 del 1993, art. 2, conv. in l. n. 75 del 1993), la disciplina procedimentale (cd. DOCFA) rinveniente dal d.m. 19 aprile 1994, n. 701, art. 1, comma 10, prevede che ‘L’ufficio notifica al contribuente le risultanze RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di cui al comma 1 nei soli casi in cui abbia apportato variazioni a quelle denunciate o proposte dalla parte’.
Va, inoltre, considerato che, ai sensi della l. n. 311 del 2004, art. 1, comma 375, ‘Gli atti comunque attributivi o modificativi RAGIONE_SOCIALE rendite catastali per terreni e fabbricati possono essere prodotti e notificati ai soggetti intestatari, a cura dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, avvalendosi di procedure automatizzate. In tal caso, la firma autografa del responsabile è sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo dello stesso.’
La procedura DOCFA è fondata (anche) sulla ‘redazione automatizzata dei (…) documenti.’ (d.m. n. 701 del 1994, art. 1, comma 7; v., altresì, il previgente
d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, art. 3, comma 2) e per l’avviso di accertamento in contestazione non viene, quindi, prescritta la sottoscrizione a pena di nullità né, in altro modo, ne è disciplinata l’imputazione soggettiva secondo i requisiti che, diversamente, sono posti (solo) dal d.p.r. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1 (sottoscrizione del capo dell’ufficio ovvero di altro impiegato della carriera direttiva delegato).
La Corte, nella richiamata sentenza (n. 23524/2020) ha «rimarcato la non essenzialità ontologica del requisito della sottoscrizione degli atti amministrativi ai fini della loro esistenza e validità (cfr. Cass., 22 novembre 2004, n. 21954; Cass., 5 maggio 2000, n. 5684; Cass., 24 settembre 1997, n. 9394); ciò in quanto l’evoluzione giurisprudenziale in materia, nel completare un processo di svalorizzazione della sottoscrizione autografa come dichiarazione della provenienza dell’atto dalla persona del titolare dell’organo, e come prova scritta di tale provenienza, ha rilevato che «l’atto amministrativo esiste come atto di un certo tipo se esso proviene dall’organo oggettivamente inteso e reca contrassegni che impegnano la responsabilità della persona titolare dell’organo» (così Cass., 6 luglio 2012, n. 11458; v., altresì, Cass., 10 giugno 2009, n. 13375 e, con riferimento alla cartella esattoriale, Cass., 5 dicembre 2014, n. 25773; Cass., 27 luglio 2012, n. 13461).»
La l. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21septies (nullità del provvedimento), a sua volta, dispone che: ‘È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.’.
Orbene, a fronte di un principio generale (l. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21 septies , nullità del provvedimento), che postula, con riferimento all’atto amministrativo e – per quel che qui interessa – all’atto tributario, la rilevanza (solo) RAGIONE_SOCIALE nullità testuali (sul principio di tassatività RAGIONE_SOCIALE nullità v. Cass. n. 24492/2015; n. 22810/2015 e Corte Cost. n. 117 del 2000), va ribadito che «la nullità dell’avviso di accertamento catastale, per difetto di sottoscrizione, non è conseguenza prevista dalla legge (a differenza di quanto disposto dal d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 42; v., in tema di avviso di accertamento catastale,
Cass., 7 marzo 2019, n. 6633; v., altresì, quanto alla sottoscrizione del ruolo, Cass., 18 maggio 2018, n. 12243; Cass., 14 novembre 2014, n. 24322; e, quanto alla sottoscrizione della cartella esattoriale, Cass., 27 febbraio 2009, n. 4757 cui adde , ex plurimis , Cass., 7 settembre 2018, n. 21844).»
Ad ogni buon conto, la CTR ha accertato che la notifica dell’avviso «è stata effettuata da soggetto delegato in virtù di ordine di servizio prodotto in atti» e che l’RAGIONE_SOCIALE, a riprova della riferibilità all’Ufficio dell’atto, ha richiamato (pag. 11 controricorso) la «delega di firma prot. 776 del 23.09.2009» e «l’ordine di servizio n. 17 prot. 667 del 09.09.2009» con il quale «si conferisce delega alla firma RAGIONE_SOCIALE Notifiche da spedire. Venezia, il Direttore NOME COGNOME. COGNOME.to COGNOME».
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater ).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, liquidate in euro 4.500,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 31 maggio 2024.