Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 457 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 457 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28189/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE in virtù di procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. RAGIONE_SOCIALE in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
Oggetto: tributi – urgenza -fallimento -contraddittorio -motivazione ‘rinforzata’
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Trento n. 62/01/17 depositata il 6 giugno 2017
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 24 febbraio 2023.
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE COGNOME Daniele RAGIONE_SOCIALE, già in fallimento, ha impugnato tre avvisi di accertamento relativi ai periodi di imposta 2011, 2012 e 2013, con i quali -a seguito di PVC -veniva ritenuta l’indetraibilità dell’IVA in relazione a fatture di acquisto di articoli sportivi, procedendosi a rettificare il credito IVA della società contribuente e a chiedere il rimborso per l’IVA utilizzata in compensazione nell’esercizio 2013. Gli avvisi sono stati impugnati anche dal curatore del fallimento.
La Commissione tributaria di primo grado di Trento ha respinto i ricorsi riuniti.
La Commissione tributaria di secondo grado di Trento, con sentenza depositata in data 6 giugno 2017, ha respinto l’appello del contribuente. Preliminarmente il giudice di appello ha respinto l’eccezione di difetto di legittimazione attiva del contribuente, affermando la legittimazione straordinaria del fallito e ha rigettato la richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti del curatore del fallimento, trattandosi di cause scindibili. Nel merito, il giudice di appello ha ritenuto legittima l’emissione ante tempus dell’atto impositivo, motivata dalla necessità per l’Erario di procurarsi il titolo al fine di insinuarsi allo stato passivo del fallimento. Ha, poi, ritenuto il giudice di appello correttamente motivato l’atto impositivo quanto alla descrizione delle operazioni contestate, nonché quanto alle osservazioni del contribuente, confermando nel merito la legittimità dell’avviso impugnato.
Propone ricorso per cassazione il contribuente, affidato a tre motivi , cui resiste con controricorso l’Ufficio, il quale propone a sua volta ricorso incidentale, affidato a un unico motivo.
CONSIDERATO CHE
1.1. Con il primo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n . 3 cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell ‘art. 12 l. 27 luglio 2000, n. 212, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto legittima l’emissione dell’atto impositivo senza il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni decorrenti dalla notifica del PVC. Osserva il ricorrente che l’emissione dell’atto ante tempus viola il principio di leale cooperazione tra amministrazione e contribuente, in quanto dal suo rispetto non sarebbe potuto conseguire alcun pregiudizio all’Ufficio, che poteva comunque insinuarsi allo stato passivo, posto che il termine dilatorio scadeva l’ultimo giorno utile per insinuarsi allo stato passivo.
1.2. Con il secondo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 42 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 7 l. n. 212/2000, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che gli atti impositivi fossero sufficientemente descrittivi delle operazioni contestate , nonché nella parte in cui ha ritenuto rispettato l’obbligo di motivazione . Osserva il ricorrente che l’obbligo di motivazione debba essere specifico in relazione alle osservazioni del contribuente, le quali devono essere oggetto di valutazione da parte dell’Ufficio , ciò anche ai fini del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente.
1.3. Con il terzo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo e nullità della sentenza o del procedimento, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto insussistente il diritto alla detrazione
avvalendosi di presunzioni dotate di pregnanza indiziaria. Il ricorrente deduce che il giudizio di inesistenza delle operazioni a monte sarebbe stato giustificato dalla mancanza di documenti di trasporto; osserva come la valutazione di alcune dichiarazioni dimostrerebbe l’effettività delle operazioni sottostanti, così come decisivo si rivelerebbe l’esame di alcuni documenti « sopravvenuti » alla decisione, estratti dal procedimento penale a carico del contribuente, nonché di altri documenti (note di credito, pagamenti). Il ricorrente osserva, inoltre, come sarebbe stato omesso l’esame di altre circostanze (giurisprudenza della Corte di giustizia in tema di abusivo esercizio del diritto alla detrazione, l’essere la società contribuente in concordato preventivo e poi in fallimento). Ulteriormente, il ricorrente deduce che non sarebbero stati valutati i rapporti con altre società del gruppo. Si deduce, infine, omessa motivazione su punti essenziali circa la prova della insussistenza delle operazioni a monte e circa la generazione del credito IVA.
1.4. Con l’unico motivo del ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione degli artt. 43 l. fall. e 100 cod. proc. civ. in relazione alla dedotta sussistenza della legittimazione attiva del fallito a im pugnare l’atto impositivo in assenza di parere negativo del giudice delegato ad impugnare. Osserva parte ricorrente incidentale che la legittimazione del ricorrente non sussisterebbe, in quanto il curatore aveva ritenuto di non appellare la sentenza impugnata dal ricorrente, per cui non vi sarebbe inerzia degli organi del fallimento ma una specifica valutazione che farebbe venir meno l’interesse ad agire del ricorrente.
Il primo motivo del ricorso principale è infondato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la legittimità dell’emissione dell’avviso di accertamento prima dello spirare del termine dilatorio, di cui all’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000, richiede specifiche ragioni di
urgenza, a tutela dal pericolo di compromissione del credito erariale, secondo un giudizio prognostico ex ante , relazionato cioè ad elementi o fatti emergenti in epoca anteriore alla notificazione dell’avviso di accertamento, la cui sussistenza deve essere dimostrata dall’amministrazione finanziaria e vagliata dall’organo giudicante (Cass., Sez. V, 13 ottobre 2022, n. 29987). Tra queste ragioni vi è l’intervenuta dichiarazione di fallimento del contribuente (come anche l’apertura della liquidazione giudizia le), ove insorge la necessità per l’Ufficio di opporre il credito erariale al concorso dei creditori con la domanda tempestiva di ammissione allo stato passivo (Cass., Sez. V, 11 aprile 2018, n. 8892; Cass., Sez. V, 28 giugno 2016, n. 13294). Urgenza che si apprezza anche nella opportunità di procedere alle eventuali ripartizioni parziali, oltre quella di legittimare attivamente l’Ufficio come correttamente indicato nella giurisprudenza richiamata -all’eventuale impugnazione di ammissioni di creditori concorrenti. La sentenza impugnata ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
Quanto, poi, al fatto che il rispetto del termine avrebbe consentito comunque all’Ufficio di insinuarsi allo stato passivo del fallimento (essendo il termine per la presentazione della domanda coincidente con il giorno in cui sarebbe scaduto il termine dilatorio), trattasi di apprezzamenti di fatto (es., eventuali difficoltà nell’esecuzione della notifica nell’ultimo giorno, necessità di approntare la domanda di ammissione allo stato passivo e la relativa documentazione allegata, procedere con le operazioni di inoltro della PEC al curatore), apprezzamenti in fatto riservati al giudice del merito, non deducibili con la censura di violazione di legge.
Il secondo motivo del medesimo ricorso è inammissibile nella parte in cui deduce l’assenza di descrittività dell’atto impositivo in relazione alle singole operazioni contestate, in quanto il ricorrente non
trascrive gli avvisi impugnati al fine di consentire a questa Corte di esaminare la censura, del tutto sommariamente tracciata.
Il motivo è, invece, infondato nella parte in cui censura la sentenza impugnata per avere ritenuto motivato l’avviso anche in presenza di osservazioni del contribuente. In disparte l’inammissibilità anche di questo profilo, per avere il giudice di appello in ogni caso considerato che l’Ufficio abbia preso in esame tali osservazioni (« alle pagine 12, 17 e 21 del processo verbale sono riportati alcuni dei chiarimenti allegati dal contribuente ai quali fanno seguito le confutazioni degli agenti verificatori. Ciò significa che le argomentazioni prodotte dalla parte sono state considerate e denegate con motivazione »), deve ritenersi che non sussista, in generale, un diritto del contribuente a una motivazione «rinforzata » dell’atto impositivo , anche senza menzione delle osservazioni del contribuente.
Tale conclusione deriva dall’assunto che la nullità di un atto impositivo consegue solo alle irregolarità per le quali tale sanzione sia espressamente prevista dalla legge, ovvero fa seguito a lesione di specifici diritti o garanzie del contribuente tale da impedire la produzione di ogni effetto; nel qual caso, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non anche di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo (Cass., Sez. V, 4 gennaio 2022, n. 94; Cass., Sez. V, 32 dicembre 2021, n. 40925; Cass., Sez. V, 28 settembre 2021, n. 26299; Cass., Sez. V, 10 dicembre 2020, n. 27401; Cass., Sez. V, 23 gennaio 2019, n. 1778; Cass., Sez. VI, 31 marzo 2017, n. 8378; Cass., Sez. V, 20 aprile 2016, n. 7897; Cass., Sez. V, 24 febbraio 2016, n. 3583), così procedendo l’amministrazione a un loro implicito rigetto al fine di realizzare economie di scrittura (Cass., Sez. V. 3 agosto 2016 n. 16155).
Tale statuizione è conseguenziale all’ulteriore osservazione così rigettandosi le ulteriori doglianze del contribuente -secondo cui il
contraddittorio endoprocedimentale in materia di IVA sussiste se e nella misura in cui il contribuente assolva alla « prova di resistenza », esplicitando le ragioni che avrebbe potuto far valere nella fase amministrativa (CGUE, 3 luglio 2014, Kamino, C-129/13 e C-130/13, punti 78 e 79), deducendosi le ragioni che, in caso di rispetto ex ante del contraddittorio, avrebbero messo il contribuente in condizione di giungere a un diverso esito in sede di emissione dell’atto impositivo (CGUE, 18 giugno 2020, RQ, C-831/18 P, punto 105; CGUE, 4 giugno 2020, CS C.F., C-430/19, punto 35; CGUE, 4 giugno 2020, SEAE, C187/19 P, punto 69; CGUE, 20 dicembre 2017, Prequ, C27616, punto 62; ex multis Cass., Sez. V, 2 febbraio 2023, n. 3118; Cass., Sez. V, 15 dicembre 2022, n. 36852), ragioni che nel caso di specie non sono state illustrate.
Il terzo motivo è infondato in relazione al dedotto vizio di motivazione, essendo questo vizio non più deducibile alla luce della novella dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., essendo lo stesso deducibile solo in caso di vizio assoluto di motivazione che renda del tutto incomprensibile l’iter motivazionale seguito dal giudice di merito (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), motivazione ampiamente e diffusamente evincibile.
Il motivo è, invece, inammissibile in relazione ai dedotti fatti storici omessi dal giudice di appello in quanto -in disparte l’inammissibilità della de duzione di omesso esame di documenti e di elementi di prova, non costituenti fatti storici -nel caso di specie opera il principio della « doppia conforme » di cui all’art. 348 -ter cod. proc. civ.
Il ricorso principale va, pertanto, rigettato e il ricorso incidentale va, conseguentemente, dichiarato assorbito. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 10.000,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente principale, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 24 febbraio 2023