Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34681 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34681 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27000/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente principale- contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOMECOGNOME dal quale è rappresentata e difesa
-controricorrente/ricorrente in via incidentaleTRIBUTARIA
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE REGIONALE DEL LAZIO n. 2168/29/16 depositata il 18 aprile 2016
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 14 novembre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
All’esito dell’attività di verifica fiscale condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria di Sassari della Guardia di Finanza, la Direzione Provinciale I di Roma dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della fallita RAGIONE_SOCIALE
avviso di accertamento con il quale determinava d’ufficio con metodo induttivo, ai sensi degli artt. 41 del D.P.R. n. 600 del 1973, 25, comma 1, del D. Lgs. n. 446 del 1997 e 55 del D.P.R. n. 633 del 1972, il reddito complessivo netto, il valore della produzione netta e il volume d’affari della predetta società relativi all’anno 2006, operando le conseguenti riprese a tassazione ai fini dell’IRES, dell’IRAP e dell’IVA e irrogando nei confronti della stessa le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla legge.
L’atto veniva notificato alla socia NOME COGNOME titolare di una quota pari al 96% del capitale, essendo nel frattempo intervenuta la chiusura della procedura concorsuale aperta nei confronti della società.
La COGNOME impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, la quale, in accoglimento del suo ricorso, annullava l’atto impositivo sulla scorta dell’assorbente rilievo che non fosse possibile estendere ai soci della RAGIONE_SOCIALE la responsabilità per il pagamento delle imposte dovute dalla società, in difetto di prova della sussistenza delle condizioni all’uopo richieste dall’art. 36 del D.P.R. n. 602 del 1973.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che con sentenza n. 2168/29/16 del 18 aprile 2016 respingeva l’appello dell’Amministrazione Finanziaria.
A fondamento della pronuncia adottata, per quanto nell’odierna sede processuale ancora interessa, il collegio regionale osservava che: -sussisteva il «difetto di legittimazione passiva» della Testoni rispetto all’avviso di accertamento emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, non ricorrendo, nel caso di specie, «i presupposti di cui all’art. 36 D.P.R. n. 602/1973 necessari per estendere ai soci di una società fallita la pretesa tributaria» ; -ai fini della decisione, non assumeva rilievo la circostanza che, sulla base delle risultanze dell’atto impositivo in contestazione, fosse stato emesso altro
avviso di accertamento personalmente indirizzato alla stessa COGNOME in quanto quest’ultimo formava oggetto di un distinto giudizio e in ogni caso la relativa deduzione non poteva trovare ingresso in appello perché nuova.
Avverso questa sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
La COGNOME ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale articolato in quattro motivi.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 5 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), dell’art. 38, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 36 del D.P.R. n. 602 del 1973, nonché degli artt. 2495, 2697 e 2729 c.c.
1.1 Si rimprovera alla CTR di aver a torto affermato l’illegittimità dell’impugnato avviso di accertamento per difetto di legittimazione passiva dell’ex socia COGNOME.
1.2 Viene, al riguardo, evidenziato che l’atto impositivo in questione, emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, doveva essere necessariamente notificato alla predetta ex socia, costituendo il presupposto del successivo avviso di accertamento adottato dalla Direzione Provinciale di Sassari dell’Agenzia delle Entrate nei confronti della medesima COGNOME per la ripresa a tassazione, ai fini dell’IRPEF, del maggior reddito da partecipazione da lei asseritamente conseguito nell’anno 2006; ripresa fondata sulla presunzione che i ricavi occulti non dichiarati dalla società, avente ristretta base partecipativa, fossero stati distribuiti «pro quota» ai soci in forma di utili extracontabili.
1.3 L’intento dell’Ufficio, , era, quindi, soltanto quello di .
1.4 In tale contesto, poiché anteriormente all’emissione dell’avviso di accertamento societario era già stata dichiarata la chiusura della procedura fallimentare aperta a carico della RAGIONE_SOCIALE, la notificazione dell’atto non poteva essere eseguita se non nei confronti del legale rappresentante dell’ente e dei soci.
1.5 Attraverso l’improprio richiamo alla previsione di cui all’art. 36 del D.P.R. n. 600 del 1973, la Commissione regionale avrebbe, quindi, mostrato di essere caduta in un palese fraintendimento delle argomentazioni addotte dall’Ufficio a giustificazione del proprio operato, nonchè del senso della censura dallo stesso articolata con l’atto di appello.
1.6 Avrebbe, inoltre, errato la CTR nel ritenere inammissibile, per la sua novità, la deduzione svolta in grado d’appello dall’Agenzia delle Entrate con cui veniva segnalata la pendenza del giudizio di impugnazione avverso l’avviso di accertamento emesso personalmente a carico della COGNOME, trattandosi di una mera difesa, e non di un’eccezione in senso stretto preclusa in appello.
Il ricorso è inammissibile.
2.1 Secondo la tesi sostenuta dall’Amministrazione Finanziaria, l’avviso di accertamento per cui è causa, emesso a carico della RAGIONE_SOCIALE, sarebbe stato notificato alla COGNOME non già per far valere nei suoi confronti la responsabilità prevista dall’art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 602 del 1973 nei riguardi dei soci di una società messa in liquidazione, bensì al solo fine di necessario per l’emissione del successivo, distinto, atto impositivo personalmente rivolto alla stessa COGNOME, avente ad oggetto il recupero a tassazione, ai fini dell’IRPEF, del maggior reddito da partecipazione da lei presuntivamente conseguito nell’anno 2006; presupposto rappresentato dall’esistenza di un valido accertamento relativo alla società partecipata.
2.2 Ciò posto, a prescindere da ogni considerazione in ordine all’eccepita novità della questione, per la prima volta prospettata dall’Agenzia delle Entrate solamente nel giudizio d’appello, deve rilevarsi che, per quanto è dato ricavare dalla lettura della sentenza impugnata, l’avviso di accertamento in questione era stato notificato alla COGNOME nell’esclusiva veste di socia della RAGIONE_SOCIALE, fondandosi l’intera decisione sulla ritenuta inapplicabilità al caso di specie della citata norma di cui all’art. 36, comma 3, D.P.R. n. 602 del 1973, riguardante la responsabilità dei soci per il pagamento delle imposte dovute dalla società in liquidazione.
2.3 Nel descritto contesto, per dare sostanza al proprio assunto difensivo, la parte erariale avrebbe dovuto anzitutto dimostrare -a tal fine trascrivendo in ricorso l’avviso di accertamento o quantomeno riportandone sinteticamente il contenuto, in ossequio al principio di autosufficienza di cui all’art. 366, comma 1, n. 6) c.p.c. -che l’atto impositivo di cui si discetta fosse stato, invece, notificato alla contribuente nella sua esclusiva qualità di amministratrice e legale rappresentante della società tornata «in bonis» , non spettando al socio in quanto tale la rappresentanza di una RAGIONE_SOCIALE ( arg. ex art. 2475 -bis c.c.).
2.4 A tanto, tuttavia, essa non ha provveduto, il che preclude in radice alla Corte la possibilità di scrutinare la fondatezza della doglianza, inevitabilmente conducendo alla declaratoria di inammissibilità della spiegata impugnazione.
Il ricorso incidentale della COGNOME, formalmente articolato in quattro mezzi di gravame, consiste, in realtà, in un’unica censura con la quale viene lamentata l’omessa pronuncia della CTR sugli ulteriori motivi di impugnazione dell’avviso di accertamento da lei svolti con il libello introduttivo della lite e di poi ribaditi in secondo grado con l’atto di controdeduzioni contenente appello incidentale; motivi rimasti assorbiti dalle statuizioni rese dai giudici di merito, che hanno rilevato il «difetto di legittimazione passiva» della
contribuente, nella qualità di socia della RAGIONE_SOCIALE, rispetto all’atto impositivo concernente la società partecipata.
3.1 Le lagnanze in questione vengono riproposte come segue nella presente sede processuale:
(a) ;
(b) ;
(c) ;
(d) .
Il gravame non può trovare ingresso.
4.1 Per costante giurisprudenza di questa Corte, il ricorso incidentale, anche se condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza ed è pertanto inammissibile ove sia proposto dalla parte risultata totalmente vittoriosa nel giudizio di appello, al solo scopo di risollevare questioni non decise dal giudice di merito perché assorbite dall’accoglimento di altra tesi avente carattere preliminare, restando comunque salva la facoltà di riproporle dinanzi al giudice del rinvio in caso di annullamento della sentenza impugnata (cfr. Cass. n. 29662/2023, Cass. n. 11270/2020, Cass. n. 22095/2017, Cass. n. 23548/2012).
Le spese del presente giudizio di legittimità possono essere interamente compensate fra le parti, attesa la loro reciproca soccombenza.
Non deve farsi luogo all’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 nei confronti dell’Agenzia fiscale delle Entrate, essendo ad essa applicabile -in virtù del rinvio contenuto nell’art. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012 -la disposizione recata dall’art. 158, comma 1, lettera a), dello stesso D.P.R., prevedente la prenotazione a debito del contributo unificato in favore delle amministrazioni pubbliche.
6.1 Va, invece, resa la predetta attestazione nei riguardi della ricorrente incidentale.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili sia il ricorso principale che quello incidentale e compensa interamente fra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P .R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente
incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione