Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26505 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 26505 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/10/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17294/2023 R.G. proposto da
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma alla via
INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale
è rappresentato e difeso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL LAZIO n. 631/2023 depositata il 9 febbraio 2023
udita la relazione svolta nell’udienza pubblica del 12 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice Generale NOME COGNOME, la quale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udito per la controricorrente l’AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
Con provvedimento dell’11 maggio 2018 la Direzione Provinciale I di Roma dell’RAGIONE_SOCIALE rigettava la rinnovata istanza del contribuente NOME COGNOME, volta ad ottenere l’annullamento in autotutela di due avvisi di accertamento emessi nei suoi confronti dal medesimo Ufficio, di cui egli assumeva di essere venuto a conoscenza soltanto a sèguito della notificazione di altrettanti inviti al pagamento effettuata dall’agente della riscossione RAGIONE_SOCIALE in data 26 giugno 2013.
Mediante gli atti impositivi in questione era stato rideterminato con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38, commi 4 e 5, del D.P.R. n. 600 del 1973, il reddito dichiarato dal predetto contribuente ai fini dell’IRPEF in riferimento agli anni 2007 e 2008.
Il COGNOME impugnava il provvedimento di diniego dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, la quale, con sentenza n. 631/2023 del 9 febbraio 2023, rigettava l’appello della parte privata.
A fondamento della decisione assunta il collegio regionale osservava che: -la pronuncia gravata aveva fatto corretta applicazione dei princìpi di diritto in tema di autotutela tributaria affermati da questa Corte regolatrice, in particolare con l’ordinanza n. 24827/2021 del 15 settembre 2021, resa in analoga controversia riguardante l’impugnazione del silenzio -rifiuto formatosi su altra precedente istanza di annullamento in autotutela presentata dal COGNOME in relazione agli stessi avvisi di accertamento di cui sopra; -la citata ordinanza forniva «una
risposta completa a tutti i motivi di doglianza contenuti nell’appello» ; segnatamente, in essa era stato evidenziato che: (a)in materia di contenzioso tributario, non è consentito al contribuente avanzare reiterate istanze di annullamento in autotutela avverso accertamenti definitivi e decidere quale provvedimento di diniego impugnare in sede giurisdizionale, potendo egli ricorrere unicamente avverso il diniego relativo alla prima istanza proposta; (b)il sindacato giurisdizionale sul provvedimento di diniego del chiesto annullamento in autotutela può riguardare solo eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell’RAGIONE_SOCIALE, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere; (c)anche la Corte Costituzionale, con sentenza n. 181/2017, ha avallato la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’autoannullamento tributario non è un mezzo di protezione del contribuente e ha natura pienamente discrezionale.
Contro tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, accompagnati dalla prospettazione di una questione di legittimità costituzionale.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Per la discussione della causa è stata fissata l’odierna pubblica udienza.
Entro il termine previsto dal comma 1 dell’art. 378 c.p.c. il Pubblico Ministero ha depositato memoria, concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Nel successivo termine di cui al comma 2 del medesimo articolo anche il contribuente ha depositato memoria, insistendo nelle proprie richieste.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione dell’art. 2 del D.M.
11 febbraio 1997, n. 37, in combinato disposto con gli artt. 3, 23, 53, 97 e 111 Cost..
1.1 Al riguardo, si deduce quanto segue:
-ai sensi dell’art. 2 del D.M. citato, «l’RAGIONE_SOCIALE finanziaria può procedere, in tutto o in parte, all’annullamento o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nei casi in cui sussista illegittimità dell’atto o dell’imposizione»;
-la CGT di secondo grado avrebbe , perché afferente ad atti impositivi divenuti definitivi in mancanza di impugnazione, senza considerare che: (1)gli avvisi di accertamento di cui è stato chiesto l’annullamento non possono considerarsi definitivi, essendo stati impugnati in sede giurisdizionale dal contribuente insieme agli atti consequenziali (costituiti dagli inviti al pagamento notificati dall’agente della riscossione RAGIONE_SOCIALE il 26 giugno 2013) e risultando tuttora pendenti dinanzi a questa Corte i relativi giudizi; (2)il D.M n. 37 del 1997 non pone limiti alla reiterazione di un’istanza di annullamento in autotutela, tanto più nell’ipotesi in cui siano prospettati ; e nel caso in esame l’elemento di novità è rappresentato dal sopravvenuto passaggio in giudicato della sentenza n. 5050/2020 dell’11 marzo 2020, con la quale il Tribunale di Roma, all’esito del giudizio per querela di falso introdotto dal COGNOME nel corso RAGIONE_SOCIALE vertenze tributarie in parola, ha dichiarato ;
-l’istanza di autotutela di cui si discetta non poteva essere disattesa, dal momento che il contribuente aveva dato prova di
posto alla base degli accertamenti sintetici operati dall’Ufficio: risultava, infatti, dimostrato che tale incremento, derivante dall’acquisto di due unità immobiliari, era avvenuto in virtù di una prevedente la parziale compensazione del prezzo dovuto all’alienante con il maggior credito vantato nei confronti AVV_NOTAIO stesso dagli acquirenti coniugi COGNOME, ai quali detto credito era stato ceduto «pro soluto» da RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2005;
-nel descritto contesto, ;
-per contro, esso ha riconosciuto solamente alla COGNOME, moglie del COGNOME, unica titolare formale del menzionato credito «pro soluto» , uno sgravio di oltre mezzo milione di euro, rifiutandosi di provvedere allo stesso modo nei riguardi dell’odierno ricorrente, sebbene dalla documentazione prodotta a supporto dell’istanza emergesse che il credito in parola era riferibile a entrambi i coniugi, che lo avevano acquistato con risorse comuni;
-nella presente fattispecie, : ciò perché ;
– , in quanto .
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., è lamentato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e discusso fra le parti.
2.1 Viene rimproverato alla CGT di secondo grado di non aver tenuto conto RAGIONE_SOCIALE statuizioni recate dalla sentenza n. 5050/2020 dell’11 marzo 2020 emessa dal Tribunale di Roma nell’àmbito del giudizio per querela di falso di cui si è detto sopra, passata in giudicato, con la quale era stata accertata .
, in caso di mancato accoglimento dei motivi che precedono, il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 1, lettera b), del D. Lgs. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010, .
Il primo motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 -bis n. 1) c.p.c., in quanto la sentenza impugnata ha risolto la questione di diritto in modo conforme alla costante giurisprudenza di legittimità e l’esame RAGIONE_SOCIALE censure formulate in questa sede dal ricorrente non offre elementi che possano indurre a un ripensamento della stabile nomofilachia richiamata.
4.1 Giova premettere che l’istituto dell’autotutela tributaria è disciplinato «ratione temporis» dall’abrogato Decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE Finanze 11 febbraio 1997, n. 37, emanato in attuazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni contenute nell’art. 2 -quater , comma 1, del D.L. n. 564 del 1994, convertito in L. n. 656 del 1994, non assumendo rilievo, ai fini della soluzione della presente controversia, le novità introdotte «in subiecta materia» dall’art. 1, comma 1, lettera m), del D. Lgs. n. 219 del 2023, che ha inserito nella L. n. 212 del 2000 (cd. statuto del contribuente) gli artt. 10 -quater e 10 -quinquies , dedicati, rispettivamente, all’esercizio dell’«autotutela obbligatoria» e dell’«autotutela facoltativa» da parte dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
4.2 In particolare, l’art. 2 del predetto decreto stabilisce che:
«1. L’RAGIONE_SOCIALE finanziaria può procedere, in tutto o in parte, all’annullamento o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nei casi in cui sussista illegittimità dell’atto o dell’imposizione, quali tra l’altro:
a
)errore di persona;
b
c
)evidente errore logico o di calcolo; )errore sul presupposto dell’imposta;
d )doppia imposizione;
e )mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti;
f )mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza;
g )sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;
h )errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’RAGIONE_SOCIALE.
Non si procede all’annullamento d’ufficio, o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all’RAGIONE_SOCIALE finanziaria».
4.3 Il successivo art. 3 precisa che «nell’attività di cui all’articolo 2 è data priorità alle fattispecie di rilevante interesse generale e, fra queste ultime, a quelle per le quali sia in atto o vi sia il rischio di un vasto contenzioso».
4.4 Ciò posto, sull’argomento in discussione la giurisprudenza di legittimità è ormai da tempo costante nel ritenere che:
-l’istanza di autotutela non è un mezzo di protezione sostitutivo dei rimedi giurisdizionali messi a disposizione del contribuente per contestare la pretesa fiscale (cfr. Cass. n. 24652/2021, Cass. n. 8947/2018, Cass. n. 12930/2013, Cass. n. 15451/2010);
-il sindacato del giudice sul provvedimento di diniego dell’annullamento in autotutela di un atto tributario divenuto definitivo è limitato all’accertamento della ricorrenza di ragioni, originarie o sopravvenute, di rilevante interesse generale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla rimozione dell’atto medesimo (cfr. Cass. n. 35034/2023, Cass. n. 7318/2022, Cass. n. 31063/2021, Cass. n. 7616/2018);
-esso, pertanto, può riguardare solamente eventuali profili di illegittimità del rifiuto (cfr. Cass. n. 37435/2021, Cass. n.
21146/2018), e non la fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si verificherebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa o un’inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo (cfr. Cass. n 2437/2024, Cass. n. 161/2024, Cass. n. 7318/2022, Cass. n. 8866/2019, Cass. n. 19740/2012);
-non si giustifica l’esplicazione del potere di autotutela ove il contribuente si limiti a dedurre a sostegno della propria istanza la violazione del diritto di ciascun cittadino a una tassazione conforme al principio di capacità contributiva, trattandosi di un interesse astratto, coincidente con il ripristino della legalità (cfr. Cass. n. 4937/2019) e con l’interesse privato ad evitare una tassazione superiore a quella che si assume dovuta (cfr. Cass. n. 1965/2018);
-l’esercizio di tale potere si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non rappresenta uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente (cfr. Cass. n. 18521/2024, Cass. n. 25659/2023, Cass. n. 12468/2020).
-la determinazione assunta dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che, agendo d’impulso oppure su sollecitazione dell’interessato, adotti un provvedimento di sgravio parziale di una pretesa impositiva non più suscettibile di impugnazione non permette di contestare la pretesa residua per profili di interesse proprio ed esclusivo del contribuente, rimanendo possibile una siffatta contestazione unicamente quando si invochino ragioni di rilevante interesse generale dell’RAGIONE_SOCIALE medesima alla rimozione dell’atto (cfr. Cass. n. 21590/2024, Cass. n. 17976/2024, Cass. n. 33610/2023).
4.5 Anche la Corte Costituzionale -nel dichiarare infondate, con sentenza n. 181/2017, le questioni di legittimità dell’art. 2 -quater , comma 1, del D.L. n. 564 del 1994, convertito in L. n. 656 del 1994, e dell’art. 19, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 sollevate in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 53, 97 e 113 Cost. -ha affermato
che l’autotutela tributaria costituisce un potere esercitabile d’ufficio da parte RAGIONE_SOCIALE agenzie fiscali sulla base di valutazioni largamente discrezionali, e non uno strumento di protezione del contribuente, e che l’annullamento d’ufficio non ha funzione giustiziale, ma è espressione di amministrazione attiva e necessita di preliminari valutazioni comparative con altri interessi, fra cui anche quello alla stabilità dei rapporti giuridici di diritto pubblico, il quale, per effetto della previsione di un’autotutela meramente facoltativa, è bilanciato in modo non irragionevole con l’interesse alla corretta esazione dei tributi.
Il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi ha, altresì, sottolineato che:
-non esiste un dovere in capo all’RAGIONE_SOCIALE di pronunciarsi sull’istanza di autotutela;
-mancando tale dovere, il silenzio su di essa non equivale a inadempimento e non può essere considerato un diniego, in assenza di una norma specifica che così lo qualifichi giuridicamente, con la conseguenza che detto silenzio non è contestabile davanti ad alcun giudice;
-affermare l’obbligo dell’RAGIONE_SOCIALE di rispondere all’istanza di autotutela tributaria significherebbe creare una nuova situazione giuridicamente protetta del contribuente, per giunta azionabile «sine die» dall’interessato, il quale potrebbe riattivare in ogni momento il circuito giurisdizionale, superando il principio della definitività del provvedimento amministrativo e della correlata stabilità della regolazione del rapporto che ne forma oggetto.
4.6 Intervenendo ancora sul tema, questa Corte regolatrice ha ulteriormente precisato che non è consentito al contribuente proporre ripetute istanze di annullamento in autotutela avverso accertamenti tributari definitivi e decidere quale diniego opposto dall’Ufficio impugnare in sede giurisdizionale, potendo egli ricorrere esclusivamente avverso il diniego, espresso o tacito (a sèguito della formazione del silenzio rifiuto) relativo alla prima istanza proposta,
e sempre che siano invocate ragioni di interesse generale all’annullamento dell’atto asseritamente trascurate dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (cfr. Cass. n. 26907/2022, Cass. n. 24827/2021, Cass. n. 20200/2020).
4.7 I suenunciati princìpi di diritto, ai quali si è correttamente uniformata la Corte regionale, non risultano scalfiti dalle pur diffuse argomentazioni sviluppate dal ricorrente, il quale, a sostegno dell’esperito gravame di legittimità, deduce che: (1)gli avvisi di accertamento di cui è stato chiesto l’annullamento in autotutela non possono considerarsi definitivi, essendo tuttora pendenti dinanzi a questa Corte i relativi giudizi di impugnazione (aventi ad oggetto i suddetti atti e quelli consequenziali); (2)la proposizione di un’ulteriore istanza di autotutela, dopo che altre erano state precedentemente disattese dall’RAGIONE_SOCIALE con provvedimento espresso o tacito (come leggesi alle pagine 10 -11 del ricorso), troverebbe giustificazione in un elemento di novità costituito dalla sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma a definizione del giudizio civile di falso da lui stesso introdotto nel corso RAGIONE_SOCIALE cause tributarie, passata in giudicato; (3)nel caso di specie, l’interesse pubblico alla rimozione degli atti sarebbe individuabile nell’esigenza di da una pretesa impositiva e in quella di porre rimedio a un da parte dell’RAGIONE_SOCIALE.
4.8 Le surriportate deduzioni non appaiono concludenti.
4.9 Invero, il carattere di definitività acquisito dall’avviso di accertamento a sèguito della scadenza del termine fissato dall’art. 21, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992 per la proposizione del ricorso dinanzi al giudice tributario non viene automaticamente meno per il fatto che il contribuente lo abbia successivamente impugnato insieme all’atto consequenziale, come accaduto nel caso di specie.
4.10 Deve, infatti, ritenersi che soltanto qualora venga acclarata, all’esito di tale impugnazione, l’inesistenza o l’invalidità della notifica dell’atto impositivo presupposto, quest’ultimo non possa più essere considerato definitivo, e perciò stesso inoppugnabile.
4.11 La descritta situazione non ricorre, in tutta evidenza, nella presente fattispecie, giacché al momento della proposizione dell’istanza di autotutela non era intervenuta alcuna pronuncia del giudice tributario recante l’accertamento della mancanza o della nullità della notifica degli avvisi di cui trattasi.
4.12 Fermo quanto precede, anche in questa sede il COGNOME continua a denunciare pretesi vizi degli atti impositivi, che avrebbero dovuto essere fatti valere con tempestivo ricorso giurisdizionale, e a prospettare genericamente l’astratto interesse pubblico al , il quale, per quanto innanzi chiarito, non può costituire una ragione di rilevante interesse generale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE idonea a giustificare l’esercizio del potere di autotutela.
4.13 Riguardo, poi, all’ asseritamente commesso dall’RAGIONE_SOCIALE per essersi rifiutata di accogliere l’istanza , anche sul punto le allegazioni del ricorrente prescindono del tutto dal consolidato indirizzo nomofilattico richiamato in precedenza -il quale ha ricevuto pure l’autorevole avallo della Corte Costituzionale -, secondo cui non solo l’esercizio del potere di autotutela è ampiamente discrezionale, ma nemmeno può ritenersi configurabile un obbligo dell’RAGIONE_SOCIALE di rispondere all’istanza del contribuente intesa a sollecitarlo.
4.14 I rilievi fin qui svolti rendono superfluo l’esame della tesi difensiva del contribuente incentrata sulla dedotta riproponibilità dell’istanza di autotutela in presenza di nuovi elementi sopravvenuti, non potendo, in ogni caso, trovare ingresso, per i motivi indicati, l’impugnazione del rigetto (espresso o tacito) di una
rinnovata richiesta di annullamento d’ufficio dell’atto (quand’anche, in ipotesi, ammissibile) non supportata da ragioni di rilevante interesse generale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Anche il secondo motivo è inammissibile.
5.1 A fronte di una duplice conforme pronuncia di merito, il ricorso per cassazione è ammesso esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., in base al combinato disposto dei commi 4 e 5 dell’art. 348 -ter del medesimo codice, applicabile «ratione temporis» .
5.2 In una simile evenienza, per evitare di incorrere nella declaratoria di inammissibilità del motivo, il ricorrente deve dimostrare che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello sono fra loro diverse (cfr. Cass. n. 18497/2024, Cass. n. 26934/2023, Cass. n. 13064/2022).
5.3 Nel caso di specie, pur essendosi al cospetto di una cd. «doppia conforme», il cennato onere probatorio non è stato assolto dal COGNOME, sicchè la sollevata censura non può essere esaminata.
Per quanto, infine, attiene alla questione di illegittimità costituzionale illustrata nel sottoparagrafo 3), la stessa appare irrilevante.
6.1 Perché possa ravvisarsi il requisito della rilevanza di cui all’art. 23, comma 2, della L. n. 87 del 1953 è necessaria l’esistenza di un nesso strumentale fra la definizione del giudizio principale e la risoluzione della questione afferente al bene della vita per il quale si agisce.
6.2 In assenza di tale stretta connessione fra la norma censurata e il «thema decidendum» del processo a quo , non si configura il presupposto indispensabile per sollevare l’incidente di costituzionalità (cfr. Corte Cost. n. 95/2023, Cass. n. 9428/2024).
6.3 Tanto premesso, si è già avuto modo di chiarire che nel presente giudizio si discute della legittimità del provvedimento
amministrativo di diniego dell’istanza del contribuente volta ad ottenere l’annullamento in autotutela di due avvisi di accertamento emessi nei suoi confronti dalla Direzione Provinciale I di Roma dell’RAGIONE_SOCIALE, divenuti definitivi in mancanza di tempestiva impugnazione.
6.4 Ora, nella prospettiva del ricorrente, l’accoglimento della sollevata questione di legittimità costituzionale dovrebbe condurre a ritenere insussistente il presupposto della definitività degli atti impositivi di cui egli ha chiesto l’annullamento in autotutela.
6.5 Sennonchè, ciò comunque non basterebbe a giustificare la cassazione della sentenza gravata, essendo il fulcro della decisione assunta dalla CGT di secondo grado costituito dall’assorbente rilievo per cui il sindacato giurisdizionale in tema di autotutela tributaria può unicamente riguardare «eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell’RAGIONE_SOCIALE, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere» .
6.6 Su questa fondamentale «ratio decidendi» non verrebbe in alcun modo ad incidere la soluzione della prospettata questione di costituzionalità, la quale, pertanto, si appalesa priva di rilevanza.
6.7 Del resto, atteso che l’autotutela -è bene ribadirlo -non rappresenta uno strumento di protezione sostitutivo dei rimedi giurisdizionali di cui dispone il contribuente per contestare la legittimità della pretesa tributaria, l’ipotetico riconoscimento della non definitività degli avvisi di accertamento in discorso varrebbe, tutt’al più, a rendere ammissibile la deduzione di vizi propri dei predetti atti all’interno dei giudizi tributari separatamente promossi dallo stesso COGNOME, aventi ad oggetto l’impugnazione degli atti medesimi e di quelli consequenziali (inviti al pagamento) che li presuppongono.
6.8 Per completezza di trattazione, si reputa, infine, opportuno rimarcare che non incidono sulla decisione dell’odierna controversia
le questioni rimesse alle Sezioni Unite con ordinanza interlocutoria n. 33665/2023 del 1° dicembre 2023, specificamente riguardanti: (a)la possibilità per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di adottare in autotutela provvedimenti di annullamento «in malam partem» in presenza di vizi sostanziali (e non soltanto formali) dell’atto impositivo;
(b)il rapporto fra il potere di autotutela, il principio dell’unicità dell’accertamento e l’accertamento integrativo; in particolare, se l’esercizio del potere di autotutela tributaria costituisca un’ulteriore deroga (non specificamente normata, alla luce del tenore letterale dell’art. 1 del D.M. n. 37 del 1997) al suddetto principio, avuto riguardo alle disposizioni recate dagli artt. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972, che disciplinano l’istituto dell’accertamento integrativo, e alla diversità strutturale e funzionale di tale potere rispetto a quello di accertamento integrativo.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile, sulle conformi conclusioni del Pubblico Ministero.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 7.600 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P .R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis AVV_NOTAIO stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione