Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22171 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22171 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9761/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, e rappresentate e difese dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE),
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. TOSCANA n. 1086/2021 depositata il 05/10/2021, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE ha presentato nel 2013 dichiarazione d.o.c.f.a. relativamente alla centrale di produzione di energia geotermica sita nel territorio del Comune d Piancastagnaio, foglio 7, particella 143, proponendo una rendita catastale di euro 44.680,00, rettificata dall’RAGIONE_SOCIALE, con atto notificato nel 2015, in euro 521.395,00.
In altro giudizio RAGIONE_SOCIALE ha impugnato tale atto di rettifica catastale dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Siena, che ha rigettato il ricorso, successivamente accolto parzialmente in sede di appello, con sentenza oggetto di ricorso per cassazione r.g. 29702/2020 e, alla data odierna, già cassata con rinvio con sentenza n. 6970 del 2023.
Successivamente all’instaurazione del primo giudizio, l’RAGIONE_SOCIALE ha notificato alla RAGIONE_SOCIALE, in data 5 marzo 2015, atto di rettifica catastale, riducendo la rendita catastale, oggetto dell’atto già notificato, ad euro 346.997,00.
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato autonomamente tale atto di autotutela, con ricorso accolto in primo grado, ma dichiarato inammissibile all’esito dell’appello dell’RAGIONE_SOCIALE. Nella sentenza di appello si legge che «la sentenza della Commissione provinciale di Siena …ha avuto ad oggetto la rendita catastale nella misura definitivamente accertata di euro 346.997,00…anche se il ricorso era stato presentato contro la prima rideterminazione della rendita in euro 521.395,00. …essendosi il giudice di primo grado già espresso sulla vicenda non era possibile una nuova statuizione sul medesimo contenzioso». All’esito della correzione dell’errore materiale il dispositivo recita: «La Commissione accoglie l’appello in
relazione all’eccezione preliminare e dichiara inammissibile ricorso di primo grado».
La RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, a cui l’impianto è stato assegnato in sede di scissione societaria, hanno proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza di appello e depositato successiva memoria, in cui hanno dato atto della riassunzione del giudizio, avente ad oggetto l’originario atto di rettifica catastale, dinanzi al giudice del rinvio, all’esito della decisione di questa Corte n. 6970 del 2023, che ha cassato con rinvio la relativa sentenza di appello.
5.Si è costituita con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE, concludendo per il rigetto del ricorso.
Considerato che:
Le ricorrenti hanno denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 2 -quater del d.l. n. 564 del 1994, conv. in legge n. 656 del 1994 (oggi abrogata dal d.lgs. n. 219 del 2023), anche in relazione all’art. 2909 cod.civ., atteso che non può ravvisarsi, nel caso di specie, alcuna violazione del ne bis in idem , visto che la pronuncia, resa all’esito del giudizio avente ad oggetto l’originario atto di rettifica catastale, non è passata in giudicato e che il nuovo atto adottato, con diverso numero, non ha annullato espressamente il precedente. Hanno, quindi, concluso per la cassazione della sentenza impugnata, con ogni conseguenza di legge, o per la riunione del presente giudizio con quello avente ad oggetto l’originario atto di rettifica catastale (r.g. 29702/2020). Nella successiva memoria depositata, dato atto della decisione del ricorso r.g. 29702, con sentenza di questa Corte n. 6970 del 2023, e della pendenza del giudizio di rinvio, le ricorrenti hanno insistito nelle conclusioni di merito già formulate nel ricorso per cassazione.
Il ricorso non può essere accolto.
2.1. La pronuncia di inammissibilità del ricorso introduttivo, contenuta nella sentenza di appello, è pienamente corretta alla luce del seguente principio di diritto: in tema di contenzioso tributario, è inammissibile, per carenza di interesse ad agire, l’impugnazione di un atto di rettifica catastale, con cui l’Amministrazione si sia limitata a ridurre, in sede di autotutela conservativa, il valore e la rendita dell’immobile, precedentemente attribuiti, in quanto si tratta di una mera revoca parziale del precedente provvedimento e, pertanto, di un atto privo di innovatività e riconducibile a quello originario, di cui segue le sorti (non solo laddove l’originario atto catastale sia divenuto definitivo, ma anche laddove sia stato tempestivamente impugnato).
In proposito va evidenziato che, nel caso di specie, come emerge dall’accertamento dei giudici di merito e dalle allegazioni di entrambe le parti, ci si trova in presenza di una rettifica in autotutela dell’originario accertamento catastale, consistita semplicemente in una riduzione del valore e della rendita originariamente attribuiti all’immobile, non essendo stati evidenziati ulteriori elementi di novità.
Relativamente agli avvisi di accertamento, si è consolidato l’orientamento secondo cui la modifica in diminuzione di un precedente avviso, non integrando una nuova pretesa tributaria, bensì una mera riduzione di quella originaria, operata in autotutela, non necessita di adempimenti formali né di una specifica motivazione, a differenza della modifica in aumento che, determinando una pretesa nuova, deve necessariamente formalizzarsi nell’adozione di un avviso di accertamento, integrativo o sostitutivo di quello preesistente, il quale, a garanzia del contribuente, esige specifica motivazione, con l’indicazione dei nuovi elementi di fatto di cui è sopravvenuta la conoscenza, così come prescritto a pena di nullità dall’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass., Sez. 6, 30 ottobre 2018, n. 27543).
Più precisamente, il provvedimento con cui l’Amministrazione finanziaria si limiti a modificare in diminuzione il precedente avviso impositivo è riconducibile all’autotutela avente natura conservativa e non sostitutiva, in quanto non esprime una nuova pretesa tributaria, ma si limita a ridurre quella originaria: esso non costituisce un atto nuovo, ma solo la revoca parziale di quello precedente (così Cass., Sez. 6 – 5, 8 giugno 2016, n. 11699, che, previa qualificazione dell’atto riduttivo quale mera revoca parziale del precedente avviso impositivo, ha escluso che lo stesso dovesse essere emesso nel termine decadenziale di esercizio del potere impositivo, essendo sufficiente il rispetto del tale termine al momento dell’adozione dell’atto originario, parzialmente revocato).
Da tali premesse deriva anche che la modificazione, in diminuzione, dell’originario avviso, non costituendo atto nuovo, ma revoca parziale di quello precedente, non può comportare la cessazione della materia del contendere nel giudizio avente ad oggetto l’originario avviso impositivo, in cui permane l’interesse della pubblica amministrazione a veder riconosciuto il proprio residuo credito tributario e quello del contribuente a negare interamente la pretesa, con la conseguenza che l’autorità giudiziaria è tenuta a pronunciarsi sulla fondatezza della ridotta pretesa erariale (v., tra le tante, Cass., Sez. 6-5, 7 settembre 2020, n. 18625).
Per completezza va, inoltre, ricordato che è liberamente consentita all’Ente impositore, nel corso del giudizio e anche con la proposizione di una richiesta subordinata, la rettifica della pretesa impositiva che comporti una riduzione dell’onere richiesto al contribuente, senza necessità di emanare un nuovo provvedimento impositivo, necessario, invece, allorché la rettifica comporti un aumento del predetto onere (Cass., Sez. 5, 9 luglio 2021, n. 19367). Tale facoltà è riconducibile all’art. 4, comma 2, d.m. 11 febbraio 1997 n. 37 (oggi formalmente ed espressamente abrogato
in considerazione della nuova disciplina dell’autotutela tributaria confluita nello Statuto del contribuente, ma vigente all’epoca dei fatti), ai sensi del quale dell’eventuale annullamento … è data comunicazione al contribuente, all’organo giurisdizionale davanti al quale sia eventualmente pendente il relativo contenzioso nonché in caso di annullamento disposto in via sostitutiva – all’ufficio che ha emanato l’atto: disposizione riferita anche all’annullamento/revoca parziale, espressione del potere di autotutela conservativa.
Proprio alla luce di tale complessivo inquadramento sistematico la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’annullamento parziale adottato dall’Amministrazione in via di autotutela o, comunque, il provvedimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi non rientra nella previsione di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 e non è, quindi, impugnabile, non comportando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento, laddove, invece, deve ritenersi ammissibile un’autonoma impugnabilità del nuovo atto se di portata ampliativa rispetto all’originaria pretesa (Cass., Sez. 5, 15 aprile 2016, n. 7511 e Cass., Sez. 5, 16 novembre 2018, n. 29595).
Questi stessi principi operano anche con riferimento agli atti relativi alle operazioni catastali, di cui alla lett. f dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto una rettifica con cui l’Amministrazione si limiti a rivedere, in diminuzione, i precedenti valori attribuiti all’immobile, senza apportare ulteriori modifiche, è pienamente riconducibile all’atto originario, in cui è ricompreso, di cui integra una revoca parziale.
Del resto, in materia catastale non si pone neppure una problematica di doppia imposizione, visto che l’attribuzione e la
variazione della rendita catastale non hanno mai efficacia costitutiva diretta di alcuna obbligazione fiscale, ma solo una efficacia riflessa, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sul reddito complessivo, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sul patrimonio immobiliare e ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte indirette sui trasferimenti immobiliari (Cass., Sez. 6-5, 4 novembre 2021, n. 31574). Il divieto di doppia imposizione scatta al momento della concreta liquidazione della seconda imposta e solo nel caso in cui l’Amministrazione ritenga di avere diritto di ricevere il doppio pagamento (Cass., Sez. 5, n. 1175/12; Sez. 5, n. 5886/13; Sez. 5, n. 6933/17); in una parola, si configura se e quando divenga attuale (Cass., Sez. 5, n. 31013/21).
Dalle premesse illustrate deriva l’inammissibilità di un autonomo ricorso avverso l’atto di autotutela meramente conservativa, rectius in diminuzione, non solo laddove il contribuente abbia lasciato scadere il termine per l’impugnazione del provvedimento originario, ma anche laddove abbia tempestivamente e diligentemente impugnato tale provvedimento originario. Difatti, pure in questa seconda ipotesi l’atto di autotutela riduttivo, che non rechi, salvo la diminuzione del valore dell’immobile e della sua rendita catastale, alcuna ulteriore modifica o innovazione, non configurando un atto nuovo, ma solo una parziale revoca di quello precedente, segue le sorti del primo atto, in cui è ricompreso. Pertanto, difetta l’interesse ad agire, visto che, da un lato, il diritto di difesa può e deve essere esercitato nei confronti dell’originario atto catastale e, dall’altro lato, l’autonoma impugnazione dell’atto di autotutela riduttivo potrebbe determinare un contrasto di giudicati nell’ipotesi in cui, come nella fattispecie in esame, sia stato proposto ricorso avverso l’originario provvedimento. Tale assenza di interesse ad agire si traduce nell’inammissibilità del ricorso avente ad oggetto l’atto catastale, adottato in sede di autotutela, che si sia limitato a ridurre il valore e la rendita originariamente attribuiti all’immobile.
2.2. Va, peraltro, dato atto che alla data odierna risulta concluso il giudizio r.g. 29702/2020, instaurato dinanzi a questa Corte ed avente ad oggetto l’originario atto di rettifica catastale, con sentenza n. 6970 dell’8 marzo 2023. Tale sentenza ha affrontato tutte le doglianze del ricorso incidentale formulate in quel giudizio r.g. 29702/2020 dalle odierne ricorrenti, che coincidono con quelle proposte, avverso l’atto impugnato in questa sede, nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, così delimitando la materia giustiziabile (cfr. elencazione motivi a p. 6 del presente ricorso per cassazione e sentenza n. 6970 del 2023).
Da tale premessa deriva, dunque, una sopravvenuta ragione di carenza di interesse alla decisione RAGIONE_SOCIALE censure formulate nel ricorso introduttivo: sopravvenuta carenza di interesse che rende inammissibile il presente ricorso, ai sensi dell’art. 100 cod.proc.civ., con esonero della parte ricorrente al pagamento del doppio contributo unificato alla luce del consolidato orientamento di questa Corte (cfr., per tutte, Cass., Sez. 5, 7 dicembre 2018, n. 31732, secondo cui, nell’ipotesi di causa di inammissibilità sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del cd. “doppio contributo unificato”).
Solo per completezza, occorre ribadire che, innanzi al giudice di rinvio, stante la struttura chiusa del relativo giudizio, destinato esclusivamente ad una nuova pronunzia in sostituzione di quella cassata, è preclusa alle parti la proposizione di questioni che introducano un tema di decisione diverso da quello discusso nelle precedenti fasi processuali ed in relazione al quale la Corte di Cassazione ha enunziato il principio di diritto, mentre non rientra nell’ambito della suddetta preclusione l’abbandono di una domanda o, comunque, la riduzione della materia del contendere, che non comportano né un nuovo tema di indagine né, conseguentemente, la violazione del diritto di difesa (Cass., Sez. L, 6 settembre 1995,
n. 9401). Nel giudizio di rinvio è, dunque, possibile far valere la riduzione della materia del contendere derivante dall’atto di autotutela conservativa.
In conclusione, il ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse all’esito della sentenza di questa Corte n. 6970 del 2023, con conseguente esonero della parte ricorrente al pagamento del doppio contributo unificato.
Stante la novità della questione, le spese devono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso; compensa le spese di questo giudizio tra le parti. Così deciso in Roma, il 02/07/2024.